Lo studioso americano Charles Seife sostiene che l’informazione è sempre più eterodiretta. La selezione di cosa pubblicare non si deve solo alle redazioni giornalistiche, ma anche ad altri fattori. Per esempio, a ciò che viene maggiormente cercato su Google; o a ciò che è più condiviso su Facebook. Sono i motori di ricerca e i social network a generare la fetta ormai principale del traffico sui siti di notizie, dunque non si può ignorare la loro forza. Anzi, non si può evitare di esserne spesso condizionati in modo invasivo.
Unito alle note difficoltà in cui il web ha contribuito a gettare buona parte del giornalismo tradizionale, questo scenario restringe ulteriormente la varietà di argomenti che i mass media scelgono di trattare. Prevale ciò che emoziona, purché lo faccia velocemente; vince quello che vuole “il popolo di internet”. E, come spesso abbiamo sostenuto durante i seminari di Capodarco, ne fanno le spese le cose difficili, complesse, quelle che rattristano o fanno pensare e interrogarsi, le storie più deboli perché non hanno nessuna spinta accessoria oltre il fatto di meritare di essere raccontate.
Tutto questo mentre il mondo non sta semplicemente cambiando al suo ritmo naturale, ma sembra trovarsi, per molti aspetti, di fronte a vere e proprie frontiere.
Frontiere geografiche, innanzitutto, con lo spostamento epocale di intere popolazioni da un continente all’altro a causa di guerre, persecuzioni, povertà, degrado ambientale. Frontiere che riguardano la sostenibilità del nostro benessere, nella misura in cui è regolato dai sistemi di welfare. Frontiere di quella convivenza tra diverse fedi che, seppure non sia mai stata facile, appare in crescente pericolo. Frontiere, infine, tra comportamenti consolidati e dalle precise conseguenze economiche (crescita, disponibilità illimitata di risorse, equilibrio demografico…) e nuovi modi di vivere da assorbire al più presto.
Il giornalismo è obbligato a trovare prima possibile forme inedite per raccontare queste frontiere, salvaguardando l’informazione di qualità per tutti e rendendo questo mestiere nuovamente sostenibile e autonomo nelle sue scelte.