“Se alzi un muro, pensa a cosa lasci fuori” (Italo Calvino)
“Il faut cultiver notre jardin” (Voltaire)
Chi lasciamo fuori dal nostro “giardino”? Cosa proteggiamo al suo interno? Cosa coltiviamo e per ottenere quali frutti? Domande che interrogano società contemporanee fragili, percorse da crisi e tensioni sociali, divise tra spinte individualiste e un’idea di comunità. E, mentre rafforzano i propri confini e li difendono, spesso percependo un limite nella differenza, convivono con una dimensione globalizzata e iperconnessa. In questa ottica il fenomeno migratorio pone certamente la sfida più alta, ma non è la sola realtà che solleciti una riflessione sul “giardino” che vogliamo coltivare. Povertà, disuguaglianze, qualità delle relazioni, solitudini, periferie, contrasti generazionali, la sfida di un progetto di vita autonomo per le persone disabili: rispetto a questi temi politica e società sembrano disorientate, camminano con passo diverso a livello nazionale e internazionale e faticano a progettare un domani aperto, accogliente e condiviso.
Eppure non mancano esperienze (riuscite) e laboratori (aperti) di coesione sociale, a cui instancabilmente lavora il mondo associativo. Modelli avanzati di un welfare di comunità.
Se cultura e conoscenza sono i pilastri su cui rifondare una collettività più coesa, un nuovo pensiero e un terreno comune da cui possano nascere politiche adeguate ai bisogni e nuove cittadinanze, allora anche il mondo dell’informazione deve interrogarsi, avendo ben presente le proprie responsabilità: monitorare, anticipare fenomeni e definire criticità, trovare nuovi strumenti e linguaggi per raccontare un mondo che cambia sempre più velocemente.