L'edizione 1997 di Redattore Sociale prende spunto dalla recente legge sulla privacy, che impone, anche alla professione giornalistica, precisi adempimenti rispetto alla pubblicazione di dati personali - in particolare impedendo che siano "trattati" senza il consenso dell'interessato dati sull'origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, lo stato di salute, la vita sessuale - la legge tocca alcuni nodi cruciali del modo stesso di "fare cronaca" su fatti che coinvolgono categorie e posizioni deboli della società (malati, immigrati, minori, suicidi, gay, imputati, carcerati, disagiati psichici).
Il Seminario vorrebbe aprire una pacata riflessione sul diritto di cronaca, fondamento della libertà di espressione e informazione del giornalista.
Un diritto che va esercitato con il necessario discernimento e nel rispetto di alcune accortezze: ad esempio quella di valutare il danno che la notizia può causare alle persone interessate; o quella di considerare l'opportunità di tacere determinati particolari.
E' un tema, quest'ultimo, di cui conosciamo le delicatissime implicanze e controindicazioni, ma che introduciamo rifacendoci proprio al richiamo alla "essenzialità dell'informazione" contenuto dalla legge sulla privacy, nonché al dibattito da tempo in corso in altri Paesi.
Il Filo conduttore di Redattore Sociale '97 è l'idea che il giornalista "sociale" è un giornalista "maturo", cioè in grado di esercitare i suoi inalienabili diritti di cronista tenendo conto anche di variabili diverse da quelle della pratica odierna dei nostri mezzi di informazione, senza per questo sentirsi limitato o reticente.