Fino a che punto il giornalista può farsi coinvolgere dagli eventi?
E se il coinvolgimento è "lecito, quali fattori possono ostacolarlo e quali favorirlo?
Dopo il diritto di cronaca e la gerarchia delle notizie, l'edizione 1999 di Redattore Sociale affronta un altro dei miti del giornalismo: il distacco personale dai fatti raccontati. Cosa significa distacco, quando le cose da capire richiedono il contatto diretto con persone in vari stati di disagio? Come declinare la "professionalità" senza scivolare nel cinismo, nell'indifferenza o persino nell'insofferenza?
La questione porta inevitabilmente a riflettere sullo status del giornalismo nella società moderna. Da una parte, è una professione d'èlite in quanto presuppone un bagaglio di conoscenze, un dovere di aggiornamento e dei riferimenti deontologici di altissimo livello. Dall'altra parte. Senza un'adeguata formazione e una giusta tensione etica - l'essere d'èlite può scivolare nell'elitarismo, nonché trasformarsi in credersi d'èlite o, peggio, nell'andare con le èlites.
L'elitarismo e le sue degenerazioni hanno un legame stretto con il coinvolgimento, e indicano per contrasto anche alcune forme che esso dovrebbe assumere.
Coinvolgimento come:
- comprensione dei problemi, oltre i pregiudizi;
- dovere di documentarsi, oltre la fatica che ciò comporta;
- legittimazione delle culture, oltre la propria;
- attenzione alle situazioni personali, oltre le esigenze narrative,
- rispetto dei "cattivi", oltre la ragione dei "buoni"
- coraggio di indagare ambiti nascosti, oltre a sicurezza dei propri riferimenti sociali;
- onestà nello schierarsi, oltre il pericolo della faziosità.
Di questi antagonismi, e di molto altro, discuteremo nella particolare atmosfera della Comunità di Capodarco.
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