Intervento di Lorella Zanardo. Intervista a Massimiliano Panarari. Conduce Roberto Natale
Lorella ZANARDO
Consulente organizzativa, formatrice e docente, è autrice del documentario “Il corpo delle donne”, disponibile gratuitamente sul sito www.ilcorpodelledonne.net e divenuto anche un libro dallo stesso titolo (Feltrinelli 2010).
ultimo aggiornamento 25 novembre 2011
Massimiliano PANARARI
Docente di Analisi del linguaggio politico all’Università di Modena e Reggio Emilia, ha scritto nel 2010 “L’egemonia sottoculturale” (Einaudi). Collabora con La Stampa e le riviste il Mulino e Reset.
ultimo aggiornamento 25 novembre 2011
Roberto NATALE
Giornalista, è responsabile della Responsabilità Sociale Rai. E’ stato prima portavoce del “Gruppo di Fiesole”, poi vicepresidente dell’Associazione Stampa Romana. Dal novembre 1996 all’ottobre 2006 è stato Segretario dell’Ussigrai (il Sindacato dei Giornalisti Rai)
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Roberto Natale
Buonasera, forse ci conosciamo ma non con tutti, mi chiamo Roberto Natale, sono un giornalista Rai e sono il presidente della Federazione Nazionale della Stampa, cioè il sindacato dei giornalisti . Siamo tra i patrocinatori dei seminari di Capodarco fin dall'inizio. Fa bene ricordare che si viene a Capodarco per fare ricarica di senso e se l'atmosfera culturale di questi tempi forse è un po' meno pesante, forse, di quella che abbiamo vissuto negli anni scorsi, è anche grazie al fatto che iniziative come Capodarco, in anni anche duri, hanno continuato a far insistentemente domande sull'informazione, chiedendo a noi giornalisti cosa stiamo facendo.
Quantità e qualità dell'informazione
Credo che il tema di quest'anno sia particolarmente azzeccato: bulimia è il punto di quantità, ne abbiamo tantissima, sulla qualità abbiamo invece serie perplessità . Non credo si tratti di proporre di consumarne meno informazione, penso che si tratti, per stare alla similitudine, di mangiar meglio, perché la quantità d'informazione alla quale siamo abituati per certi aspetti sembra troppa, per altri, ne farò un paio di esempi, è perfino poca. Mangiar meglio cosa significa? In questi giorni tutti abbiamo nuovamente familiarizzato, ove mai avessimo smesso di farlo, con Michele Misseri, lo zio Michele e non è ancora al processo, mentre è arrivata la sentenza di primo grado del processo sulla 'ndrangheta al nord: facciano i presenti una comparazione tra lo spazio che ha avuto fin qui la vicenda di Avetrana e quella che ha avuto e avrà una vicenda come quella della 'ndrangheta al nord.
Tra le nostre paroline magiche dovrebbe esserci il metro di misura della rilevanza sociale dei fatti, che non significa, per esser chiari, che bisogna esser giornalisti sensibili a certi temi, si può esserlo o no, dal mio punto di vista se lo si è, meglio, ma il metro di misura oggettivo col quale misurare il nostro lavoro e fare le nostre scelte dovrebbe esser quello del quante persone tocca il fatto del quale sto parlando. Avetrana è una tragedia privata, tristissima ma privata, il processo sulla 'ndrangheta al nord tocca un'intera regione. Io vivo in una città, Roma, nella quale i dati sulla criminalità sono quelli che stiamo leggendo tutti, verosimilmente ogni due pizzerie che aprono dalle parti di casa mia, una delle due almeno è frutto di capitali della criminalità organizzata, m'interesserà o no? Mi tocca o no? E' notizia questa più che sapere come si sta svolgendo la vicenda tra zio Michele e zia Cosima?
Questa bulimia non è casuale, è parte di un progetto politico-culturale lucidissimo, su questo do il titolo appena, perché sarà uno dei temi principali della conversazione che avremo tra poco con Massimiliano Panarari.
Lo svuotamento del servizio pubblico
Stefano Trasatti ha chiesto come sta la televisione oggi. L'attuale servizio pubblico ha concorso disastrosamente al processo che ha portato alla situazione attuale, è stato oggetto e soggetto di un'azione di pauroso svuotamento con alcune eccezioni, fortunatamente, come il video che abbiamo appena visto, andato in onda su una rete Rai in prima serata e che giustamente ha vinto il premio Anello Debole, e che da giornalista Rai mi fa doppiamente piacere vedere. Complessivamente però l'aria di questi tempi è stata quella di un pauroso svuotamento nel quale si sono inseriti per esempio Enrico Mentana e Santoro. Tutti abbiamo chiaro il grande successo di questo ultimo anno del telegiornale di Mentana, a riprova del fatto che forse l'informazione non è troppa, tanto è vero che c'era spazio per un nuovo Tg. Vedi anche la vicenda di Santoro che va fuori dalla Rai, meglio viene cacciato, la sostanza è questa anche se la forma si presta a valutazioni controverse, è stato sbattuto fuori e chiama la sua trasmissione Servizio Pubblico e nessuno dei vertici Rai può credibilmente indignarsi più di tanto perché quello è, ossia non si è potuto fare servizio pubblico, piaccia o non piaccia Santoro, mentre si trattava di un programma che faceva informazione sulla rete del servizio pubblico per 6milioni di cittadini e cittadine ogni giovedì sera. Al giovedì sera prima è stato sostituito da Criminal Minds, poi da talent show che è durato 3 numeri, poi Harrison Ford con Indiana Jones, non so cosa ci sia stato negli ultimi giovedì.
Dello svuotamento del servizio pubblico fanno parte anche, per stare al tema alimentare sollecitato dalle bulimie, le caramelle di Minzolini. Lo accenno appena, però se vogliamo ragionare anche dei fondamenti culturali di quello che è successo, va tenuto a mente una risposta di Augusto Minzolini, direttore del Tg1, criticato come sapete da alcuni e alcune dentro al suo Tg e molto fuori, per le scelte di svuotare i contenuti del servizio pubblico e riempire l'ultima parte del Tg con servizi, diciamo così, non degni di un veroTg. La risposta che ha dato Minzolini in questi mesi testualmente a chi gli chiedeva come mai avesse messo tante fesserie, soft news, è stata: ma queste sono le caramelle che io ho bisogno di dare agli spettatori per far digerire loro la parte istituzionale del mio Tg… Avrete letto del fatto che sta arrivando a conclusione la vicenda di Minzolini alla direzione del Tg1 pare per questioni connesse all'inchiesta sull'uso delle carte di credito: ci tengo a dire che a me questo elemento non interessa per nulla in confronto alla gravità che trovo incomparabile della risposta sulle caramelle. Su una risposta del genere il direttore del Tg1 andava cacciato, perché non si può accettare che si abbia un'idea così bassa, così infantile del proprio pubblico da dovergli somministrare caramelle con le quali addolcire la bocca.
"Lasciateci entrare"
L'informazione apparentemente è troppa però ce n'è altra che ci manca, c'è la difficoltà a realizzare reportage come questo che abbiamo appena visto . A proposito di questo, vorrei dirvi della campagna "Lasciateci entrare" che insieme noi Federazione e Ordine insieme a tante altre associazioni stiamo portando avanti contro la circolare dell'ex ministro Maroni che impedisce a noi giornalisti di entrare nei Centri d'identificazione ed espulsione degli immigrati, e questo semplicemente in un paese civile non è tollerabile. Abbiamo chiesto al nuovo ministro dell'Interno, come avevamo fatto nei mesi scorsi con Maroni, di cancellare questa circolare che autorizza a pensare che dentro i CIE avvengano le peggiori nefandezze, forse non è vero, ma il fatto che un giornalista non possa entrare, vedere e raccontare, autorizza i peggiori sospetti.
Mantenere in funzione il filtro dello spirito critico
Nella presentazione del seminario di quest'anno, si parla della necessità di capire se sia possibile una nuova sobrietà nella vita quotidiana, ma anche nel consumo e nella produzione di informazione. Con la capacità di annusare l'aria del tempo è stata usata una parola che adesso va di gran moda col governo dei tecnici, ma come sappiamo tutti Capodarco viene pensato mesi prima di novembre. Mi piace sottolineare che se vogliamo ragionare di sobrietà però dobbiamo aver chiaro che non si tratta solo di tecniche diverse, quello che abbiamo alle spalle ci chiede di capire, usando le categorie della politica e della cultura, cosa sia accaduto. In tempi in cui va molto in voga la categoria del tecnico, anche io ritengo che la soluzione alla questione della comunicazione, a partire dalla situazione del servizio pubblico, elemento trainante nel male e forse nel bene, nella comunicazione di un paese, non può essere solo una soluzione di tipo tecnico. Come mantenere in funzione il filtro dello spirito critico, oltre che venendo a Capodarco ovviamente, cerchiamo di capirlo adesso con Lorella Zanardo e Massimiliano Panarari.
"Il corpo delle donne"
Lorella Zanardo è autrice di quel documento di straordinaria importanza dal titolo "Il corpo delle donne" che due anni fa ha cominciato a circolare sulla rete e con la quantità di click che riceveva, cominciava a dirci del cambiamento dell'aria culturale nel paese, non faccio riferimenti politici. Se uno dei segni di straordinaria importanza di questo notevole 2011 italiano è stata la manifestazione "Se non ora quando" di metà febbraio, di sicuro il germe dal quale una cosa del genere è nata, mi sento di dire, è nel video preparato da Lorella Zanardo e nel tipo di accoglienza del tour nelle scuole, del modo in cui le giovani, i giovani maschi, sorprendentemente, hanno ragionato su questa cosa. Io credo che di queste cose, se vogliamo parlare anche del futuro possibile, anche il servizio pubblico dovrà ricordarsi. Mi piacerebbe che ci sia nuova Rai, a marzo scade la legge Gasparri e si spera vivissimamente, da parte del sindacato dei giornalisti che non ci sia una nuova applicazione di questa pessima legge, che quando ci sarà la nuova Rai alla quale pensare, temi come questi che apparentemente non hanno diretta rilevanza politica, ma che concorrono in maniera potente a creare il modo di pensare di un paese, siano al primo posto nell'agenda di chi dovrà decidere. Detto in altri termini, classicamente come tutti sappiamo, quando si tratta di decidere sulla Rai, la prima preoccupazione è chi sarà il nuovo direttore del Tg1.
Una forma di solidità culturale ha resistito e adesso sta dando i suoi frutti
L'ultimo accenno vuole essere di non forzato ottimismo, riferendomi ai referendum di giugno, che a me piace ricordare da giornalista e da cittadino: da giornalista lo ricordo con qualche imbarazzo perché neanche lì abbiamo fatto bene il nostro mestiere , da cittadino ne sono pienamente contento. Lo dico perché riguarda anche l'informazione, dato che l'informazione cosiddetta generalista se n'è quasi completamente disinteressata, eppure abbiamo scoperto a giugno che su certi temi c'è la maggioranza assoluta di noi italiani, non era un sondaggio, ci siamo contati in nome e cognome e siamo risultati il 57%, 27 milioni più o meno. Hanno mostrato che tengono al bene comune, categoria pochissimo popolare nella nostra informazione, nello specifico dell'acqua, ma forse senza troppe forzature possiamo ritenere che quella maggioranza culturale, non di tipo politico, sia disponibile anche a sostenere beni comuni di tipo diverso, magari nell'informazione, magari aiutare chi all'interno della categoria dei giornalisti ritiene che non tutto e non sempre possa essere merce. Questo secondo me è un elemento che dobbiamo portare con noi, perché ci dice che nelle pieghe della società italiana, mi sento di dire anche grazie ad iniziative come Capodarco che continua a seminare da 16 anni, questa parte una forma di solidità culturale ha resistito e adesso sta dando i suoi frutti.
Lorella Zanardo
Buongiorno a tutte e a tutti, grazie di avermi invitata, io non sono giornalista, sono blogger, all'estero mi dicono: allora è giornalista! So che in Italia non è così, diciamo sono blogger non sono giornalista . Credo che sia molto pertinente il mio lavoro con il titolo di questo seminario perché io mi sono occupata di bulimie di corpi di donne. Mi sono occupata di un tema che è il più impopolare in Italia. Ho visto con grande partecipazione, e devo dire sgomento, il documentario di prima, però mentre c'è giustamente partecipazione ma anche orrore di fronte a un documento così, spiace dire che spesso i dati rispetto alle violenza sulle donne, invece, suscitano fastidio. Diciamo che mi occupo in assoluto del tema più impopolare in Italia, che sono le donne. È uscito l'altro giorno il dato sul gender gap che è quell'indice che misura il divario tra i generi e l'Italia è al 74° posto. Quando mi chiedono: lei è femminista? No, dico dei dati e quindi non è importante essere femministe o meno, è un dato che riguarda il paese e ci occupiamo del 51% della popolazione, quindi non di una minoranza. Vi chiedo veramente di fare lo sforzo di partire da questo presupposto ossia dal fatto che, vi assicuro, solo in Italia questo argomento viene visto come da femministe. Questo è un argomento che coinvolge la maggioranza della popolazione e quindi la maggioranza degli elettori che sono elettrici.
Dico delle cose scomode ma perché mi fa piacere con questa platea arrivare al dunque, voi siete giornalisti, è diverso da quando vado ai dibattiti o nelle scuole.
…questa è la televisione…
Il documentario "Il corpo delle donne" che dura 25 minuti, e di cui adesso vedremo solo un estratto di 4 minuti, è nato dal fatto che io non ho visto la televisione per anni.Come vi dicevo non sono giornalista, sono stata dirigente di aziende straniere e consulente per la Comunità Europea e per anni ho vissuto all'estero ed è successo semplicemente che quando sono tornata in Italia ho acceso la televisione e quello che ho visto mi ha stupito, quindi il primo dato che ho rilevato e racconto nelle scuole è che non c'è all'estero una televisione così. Ho visto qualcosa che non vedevo in Germania, in Inghilterra, in Francia, quindi mi sono stupita. Questo è un dato interessante, perché visto che siamo Comunità Europea sarebbe interessante che anche la televisione avesse delle guide, una guida simile a quella di altri paesi. La seconda cosa che mi ha stupito è stata quando ho visto in tv una ragazza sotto un tavolo: ho cominciato a telefonare a tutti, da mia madre, agli amici giornalisti, agli amici registi, agli amici manager, dicendo c'è una sotto il tavolo, pensavo di aver beccato, non sto scherzando, un'immagine eccezionale… Dicevo chiamiamo la trasmissione, chiamiamo i quotidiani e la risposta era: no, no, Lorella questa è la televisione. Mi sono accorta che in questi 30 anni era successo che come il veleno, una piccola dose al giorno, aveva portato a questa televisione. Mi sono accorta che c'era un gruppo di persone a cui dicevo: ma che cosa accade? che mi rispondeva: è la televisione ed è normale. C'era poi un gruppo consistente di amici colti e intellettuali che mi diceva: si ma la televisione tanto io non la guardo. E questo mi è sembrato gravissimo, questa forse è la cosa più grave che ho sentito dire. I miei amici che avevo perso magari di vista, di "sinistra", mi dicevano io tanto non la guardo, me ne ricordo uno che m'ha detto: ma io la sera leggo; contemporaneamente mi sono accorta che invece la gente in Italia la televisione la guardava e tanto. Ho visto, quindi, che da una parte c'era tanta gente che guardava la televisione e quelli che potevano fermare questo obbrobrio negli ultimi 20 anni facevano altro, avevano spento la televisione. Spegnere la televisione è un atto elitario. Spegnere la televisione a mio avviso ha voluto dire che intanto c'è stato quello che noi sappiamo in questi 30 anni.
Conservare lo sguardo critico
La mia reazione è stata di dire no, non spengo la televisione, non l'ho vista, non c'ero, ma forse son colpevole anch'io, adesso la guardo, ne guardo tanta e faccio qualcosa visto che ho conservato questo sguardo critico . Avevo già fatto un documentario nella mia vita, era un po' una passione, era un hobby, non era una professione; insieme a due amici di cui uno è montatore professionista, maschi, ci siamo focalizzati sull'intrattenimento, abbiamo pensato che non potevamo prendere in visione tutto e abbiamo visto in un tempo ristretto 400 ore di intrattenimento televisivo sia registrando quindi quello che andava in onda, sia andando su youtube. Perché 400 ore per 25 minuti? Perché volevamo fare un'analisi ben fatta. Un'esperienza forte, però dico che vedere almeno 8 ore di fila la televisione è un esercizio di grande cittadinanza attiva, ho capito tante cose: di come votiamo, perché in Italia votiamo in un certo modo, del paese che siamo, ho capito le notti di Arcore, da lì è passato tutto e quindi è stato un grande aiuto. Da subito abbiamo pensato che volevamo metterlo on line gratuitamente perché volevo arrivare ai ragazzi e alle ragazze italiane, prima che sia troppo tardi faccio in modo che qualcosa accada loro. Abbiamo aperto un blog su blogspot e abbiamo fatto un montaggio di 25 minuti, ho scritto il testo e nel maggio del 2009 l'abbiamo messo on line. Non abbiamo nessun ufficio stampa, fino al momento in cui abbiamo messo il documentario on line non c'è stato 1 euro d'investimento, una quantità di lavoro immensa e basta. Dal maggio del 2009 ad oggi il documentario è stato visto da 4 milioni di persone solo attraverso il passaparola e questa cosa diciamo che ha cambiato le nostre vite, mie e di Marco Malfi Chindemi e di Cesare Cantù che sono gli altri autori.
PROIEZIONE DOCUMENTARIO
La mia generazione ha delle responsabilità enormi
Per chi non ha visto il documentario chiaramente è un po' penalizzante vedere solo questo spezzone, chiaramente in 25 minuti c'è un senso . Stiamo facendo centinaia e centinaia di proiezioni in giro per l'Italia, alla fine lascio sempre qualche secondo questa immagine della donna come in un campo di concentramento. Chiedo alle persone che hanno la mia età: ci siamo distratti? Che cosa stavamo facendo di più importante? Dove eravamo? Queste immagini vanno in onda da 30 anni e hanno assolutamente plasmato il modo di essere delle persone e dei ragazzi e delle ragazze, chiaramente come voi vi immaginate non è un problema delle donne ed è una tragedia perché quando poi è successo tutto quello che è successo in politica e mi hanno intervistato dicendo: ma lei che cosa dice? È scandalizzata? No, era tutto qui, c'era già tutto raccontato in televisione, bastava guardare la televisione e occuparsene, le caramelle di Minzolini andavano in onda da 30 anni e non pochi minuti, ma tutto il giorno su 5 reti su 6 e quindi io credo che la mia generazione abbia delle responsabilità enormi. Non credo che il problema sia stato solamente Berlusconi, dire chiudo la televisione, leggo, è la cosa più scandalosa che ho sentito dire e questo viene detto da alcuni intellettuali di sinistra.
Il video è fatto in forma interrogante, ci si chiede come mai accettiamo quest'umiliazione continua, cercando di dare delle risposte.
Il successo del documentario soprattutto nelle scuole
Una volta uscito il documentario c'è stata un'immensità di persone che guardavano il documentario on line poi abbiamo iniziato a ricevere centinaia e centinaia, migliaia di e-mail da tutt'Italia e non solo, di persone che volevano il dibattito e noi non eravamo preparati, ci chiedevamo: perché volete il dibattito? il documentario è gratis on line guardatelo. Volevano guardare insieme il documentario e dibatterlo, quindi da 2 anni e mezzo, da quando è uscito il documentario, siamo impegnati, io, i miei due colleghi e un gruppetto esiguo di volontari, ad andare in tutta Italia. Ci chiamano scuole, Regioni, Comuni, ma fate conto che noi soddisfiamo il 5% delle richieste che riceviamo. Ho fatto presente ad alcuni rappresentanti politici di questa emergenza affinché ci aiutasse ma c'è pochissimo aiuto mentre le persone coinvolte sono centinaia di migliaia.
Vi racconto di un'Italia interessante che esiste e resiste da Aosta a Siracusa, che va sul blog, per chi è interessato, il corpodelledonne.com, c'è un calendario, facciamo 5-6 dibattiti alla settimana e più di così non si può. La grande sorpresa sono state le scuole: centinaia di migliaia di studenti e studentesse. Stimiamo che questo lavoro è seguito per il 60% da donne e per il 40% da 16-17enni-18enni maschi, se mi chiedete perché però porto via tempo, se volete dopo ne discutiamo un'enormità. Ci chiamano a mostrarlo il video durante l'autogestione dei centri sociali, nelle scuole anche negli istituti tecnici, istituti per geometri dove sono tutti maschi, dibattiti a non finire. La cosa che ci coinvolge di più sono le scuole: ci hanno scritto migliaia di professori, chiedendoci degli strumenti per decodificare la televisione. E lo chiedevano a noi, come dire, è stato anche difficoltoso.
Abbiamo messo a punto un progetto che si chiama "Nuovi occhi per la tv" non vi posso raccontare qui come funziona, diciamo che insegniamo ai ragazzi a leggere l'immagine, non demonizzando la televisione perché non serve, chiaramente dire non guardare la tv sortisce l'effetto contrario, ma cercando di decodificare e di leggere, imparare a leggere le immagini. Cosa facciamo? Stiamo facendo un lavoro enorme di monitoraggio di tutto quello che va in onda con dei volontari per cui cercheremo anche dei finanziamenti, ma il Ministero non sente, schediamo quasi tutto quello che va in onda, specialmente d'intrattenimento, selezioniamo e poi facciamo un lavoro di analisi. Un anno e mezzo fa è uscito il libro "Il corpo delle donne" per Feltrinelli, che rispetto al documentario racconta questa militanza sul territorio e cerca anche di dare delle risposte.
Nelle scuole facciamo Media Education
Cosa facciamo nelle scuole? Come dicevamo è stupido demonizzare senza chiaramente dare una spiegazione, quindi insegniamo a leggere l'immagine, la Media Education, una materia che in moltissimi paesi esteri è obbligatoria. Da noi insegnano ai ragazzi a leggere le parole scritte, ma come sapete passiamo molto più tempo davanti le immagini, è importante quindi imparare a leggere le immagini, questo lo hanno detto molti altri prima di noi. In pratica vediamo insieme ai ragazzi un piccolo spezzone insieme, guardiamolo insieme, dura pochi secondi.
Proiezione di un breve passaggio televisivo
Esercizio di lettura delle immagini
I ragazzi lo guardano, chiediamo se hanno notato qualcosa, e loro che la guardano da 15 anni, dicono no, c'è quella che parla di chirurgia… Per chi guarda la televisione la chirurgia estetica è uno dei temi che viene proposto di più durante la giornata, anche durante i telegiornali, quindi poi è abbastanza ipocrita da parte degli adulti chiedersi perché le ragazze chiedono l'intervento di mastoplastica additiva. La vogliono perché noi gliela proponiamo, se non gliela proponessero non la comprerebbero. Andiamo ad analizzare, rallentiamo il messaggio televisivo… Prima di tutto ragazzi che cosa stiamo vedendo? Domenica in. Che cos'è Domenica in? È un programma del pomeriggio. Dove? Rai 1. Bene. E chi lo guarda? Io lo guardo con mia mamma, mia sorella… Quindi è un programma per famiglie? Si. Facciamo rispondere loro ed è interessantissimo che mentre rispondono è come se per la prima volta intuissero. Noi non facciamo un lavoro maietuico, non diciamo mai niente. Benissimo è un programma e come si chiama? Domenica in salute. Cosa vuol dire salute? Eh, tipo il diabete… come mia mamma… Qui si parla di salute, avete visto salute? No. Basta andiamo avanti, non sottolineiamo… La prima cosa che notiamo è la presenza di due adulti maturi che discutono della modificazione del corpo di una ragazza molto giovane, quindi l'avete visto, adesso stiamo rallentando, quello che abbiamo visto e facciamo delle riflessioni, loro stessi a volte le fanno. Prima di tutto ci sono due adulti maturi che di solito sono persone di riferimento, in questo caso stanno vendendo un prodotto che avviene attraverso il corpo di questa ragazza. Si evidenzia l'attrattiva del prodotto in vendita, una protesi. Provate a pensare se qualche hanno fa avessero fatto una zoommata così, quello che ha in mano questo signore che è un chirurgo è una tetta finta che dopo viene inserita nel nostro corpo, questo alle 4 del pomeriggio della domenica… Abbiamo sdoganato completamente, sono tecniche di vendita, di marketing, di solito si fa in pubblicità, quando si vende un prodotto… c'è la zoommata sul prodotto, in questo caso è un seno finto. La donna adulta fa riferimento alle dimensioni del seno della ragazza prima dell'operazione e cosa dice? Un pochino meno di una coppa di champagne, avete visto che c'è il montaggio prima e dopo. E poi cosa dice ragazzi nel verbale? Sapete che al verbale ci si fa sempre meno attenzione rispetto all'immagine, ma in questo caso possiamo ritornare "ciò nonostante anche se aveva un seno piccolo questo non le ha impedito di trovare un ragazzo…". Ma qual è il colpo finale? Eccolo qua: che le volesse bene. Questo scusate, non voglio dire cose feroci, però non so se è tanto più o meno grave del filmato terribile che abbiamo visto prima sugli ospedali psichiatrici, perché poi vi dovete far raccontare dalle psicologhe che cosa sta succedendo alle ragazzine, sono dei racconti dell'orrore, perché tutto questo chiaramente ha un peso enorme sulle ragazze. La dimensione del seno collegata al fatto di poter avere dell'amore nella vita. Si fa riferimento a un prima e a un dopo, questa è una tecnica di marketing molto efficace, usata spesso in pubblicità, avete visto qui lei prima dell'operazione, avete visto, poi dopo. Questa tecnica viene usata ad esempio in "lavato con Perlana" avete in mente? Prima è tutto ruvido, poi si vede tutto peloso e morbido. Qui è una tecnica di marketing che viene usata sul corpo umano, ma si usa nei prodotti. Anche qui è interessante, la presentatrice è adulta, ha potere in quel momento, guarda allusiva e compiaciuta i seni della ragazza con segno di approvazione. Per chi si interessa, è appassionato come me di teatro dell'assurdo, penso sempre che Beckett vorrebbe tanto resuscitare. Quella alle loro spalle è una valigetta di seni: alle 4 del pomeriggio della domenica c'è un chirurgo che ha studiato, non so 12 anni, e porta una valigetta di seni, e la tua è un'età in cui uno decide della propria vita… La presentatrice chiede trionfante alla regia di fare la ripresa dall'alto dei seni operati. Queste chiaramente sono tutte tecniche, voi lo sapete, che inducono all'acquisto. Questa è una tecnica interessante, viene usata spesso nelle trasmissioni quando si propongono degli interventi di chirurgia estetica: alla fine quando la giovane conquistata a casa ha convinto la madre, c'è una spiegazione tecnica medica, in modo tale che ci sia ancora più avallo, il medico fa una spiegazione veloce di come andrà l'operazione, quindi gli dà professionalità, il pubblico applaude e ci domandiamo cosa applaude.
"Nuovi occhi per la tv"
Chiaramente adesso siamo stati molto sintetici. Questo progetto si chiama "Nuovi occhi per la tv", è un progetto appunto di media education che prevede dei corsi per piccoli gruppi della durata di 8 ore. Per ora lo abbiamo realizzato per i ragazzi, ma ormai ce lo chiedono molto gli insegnanti. Dato che la cosa è diventava per noi ingestibile perché siamo un gruppo di volontari e l'Italia non è piccola, le richieste sono migliaia, abbiamo iniziato un progetto molto bello, con la sponsorizzazione della Coop, in Toscana. Questa primavera abbiamo formato 15 formatori, che già di professione vanno nelle scuole, 64 ore di media education, a settembre abbiamo fatto un giro di tutte le province toscane, abbiamo presentato a tutti i provveditorati e gli insegnanti delle medie superiori il progetto che è già partito in 300 classi coinvolgendo 6mila studenti. Speriamo che parta anche in altre regioni. Io credo che questo sia uno strumento di incredibile efficacia per cercare di non consegnare anche queste generazioni di 14-18enni a questa televisione. Contemporaneamente bisogna chiaramente battersi per avere un'altra televisione. Questo strumento di media education serve anche ad avere una fruizione corretta anche delle immagini che arrivano on line. Grazie.
Roberto Natale
Questo è il libro del quale parliamo "L'egemonia sotto culturale da Gramsci al gossip", pubblicato da Einaudi e che ha un capitolo dedicato a Gramsci e gli altri, per rimanere alla stessa altezza di pensiero, Antonio Ricci, Simona Ventura … però il primo capitolo serve a spiegare tutti gli altri. Dicevamo prima che la bulimia non è fenomeno casuale, è fenomeno che ha una forte connotazione politica. Massimiliano, in che senso quello che è successo negli ultimi 30 anni in televisione può esser letto in maniera connessa a quello che è successo a livello internazionale, non solo italiano, nel campo politico ed economico? Che c'entra?
Massimiliano Panarari
Grazie per l'invito e grazie anche per aver mostrato queste immagini. La forza delle immagini è devastante ed è per questo che il lavoro che sta facendo Lorella Zanardo, non lo dico per piaggeria, perché ci siamo conosciuti poco fa nel corso del pomeriggio, nonostante sapessi del suo lavoro, è di straordinaria efficacia e ha un valore educativo per l'appunto fondamentale.
Da il "tutto è politica" degli anni '60 e '70, al "tutto è economia" degli anni '80
Diceva un signore con la barba, a cui Gramsci si rifaceva, che l'economia è la struttura e tutto il resto è sovrastruttura , naturalmente era un'altra fase storica, e giustamente l'accusano di essere stato un comunista, il padre dei comunisti, però dal momento che a pensar male magari si sbaglia, ma non si fa mai peccato, credo che questo sia il punto di partenza. Quello che è accaduto a partire dagli anni '80, assumendo un decennio simbolo di cui avrete sentito tantissimo parlare che ha trasformato anche il linguaggio televisivo, facendoci entrare nell'era della neo-televisione come l'ha chiamata Umberto Eco, è stato il passaggio da il "tutto è politica" degli anni '60 e '70, al "tutto è economia". Tutto è economia significa che dalla televisione, di cui sono state mostrate alcune immagini molto sapide, sino alle modificazioni della politica e dei sistemi politici attuali, non a caso li chiamiamo sistemi post-politici, è avvenuta una generale subordinazione, che voi conoscete benissimo, dati i settori in cui lavorate. C'è stata una impressionante trasformazione del tipo di capitalismo in cui viviamo, che chiamiamo comunemente neo-liberismo, che ha fatto si che tutto dovesse diventare per l'appunto merce da vendere. Questa è la ragione per la quale la politica non è più in grado di dirigere, orientare o quanto meno di definire degli indirizzi rispetto alla società che è il compito, anzi la missione alta a cui è stata chiamata in altre epoche storiche. La politica è diventata sostanzialmente una saponetta e con tecniche di televendita o di marketing come quelle che vi illustrava Lorella è diventata niente di più che, appunto, un ambito come gli altri da utilizzare per agevolare sostanzialmente il dominio dell'economia. Da questo punto di vista, quindi, cosa meglio per rincuorare la politica, dei bassi istinti, del gossip, delle cose che più tranquillamente interessano buona parte di noi che appaiono disimpegnate e che sono figlie appunto del decennio del reflusso…
Roberto Natale
Tu dici in sostanza Gramsci e la sinistra l'hanno studiato, la destra e non solo a livello italiano, l'hanno applicato, perché?
Massimiliano Panarari
L'egemonia culturale
Assolutamente. Un brevissimo richiamo a Gramsci. Gramsci come sapete utilizzava due categorie, diceva che per comandare una popolazione si possono utilizzare sostanzialmente due strumenti : uno è quello, come lo chiamava Gramsci, dell'utilizzare il dominio, quello della forza bruta, i manganelli, la repressione, come stanno facendo per esempio i generali in Egitto in questo momento in piazza Tahrir; l'altro è un metodo molto più sofisticato e indolore, che ha il vantaggio di non produrre rivolte in genere e che consiste nel costruire una filosofia di vita, uno stile esistenziale, una modalità di comportarsi che è conforme agli interessi di quelle che lui chiamava le classi dominanti e di calarlo sulle classi subordinate. Questo metodo Gramsci lo chiamava "direzione culturale", ed è passato alla storia come "egemonia culturale" e ha il vantaggio di indurre i subordinati a non ribellarsi perché per l'appunto aderiscono spontaneamente al modello di vita che è stato costruito per loro. E' esattamente quello che hanno fatto le destre neoconservatrici a partire dagli anni '80 e giusto per aggiungere un elemento, non so se tutti voi lo sapete, ma Ronald Regan e Margaret Thatcher sono le massime manifestazioni della trasformazione della politica e dell'economia a partire da quegli stessi anni, sono i veri protagonisti della rivoluzione neo conservatrice o ultra conservatrice. La cosa migliore era davvero procedere per la manipolazione dell'immaginario e la nostra storia, a partire dagli anni '80, è frutto di un gigantesco processo di manipolazione dell'immaginario collettivo.
Roberto Natale
C'è una direzione strategica in questo? In un paio di passaggi del libro, tu dici di non voler cedere a visioni complottiste, ma siti in maniera precisa dal punto di vista cronologico e anche dal punto di vista politico-culturale, la regia di questa operazione. Chi ne tira i fili?
Massimiliano Panarari
Negli anni '80 le maggiori forze dell'economia hanno riorientato la società
Non amo la dietrologia, pur tuttavia è evidente che all'interno della storia del mondo operano delle forze. Diciamo i più forti, quelli che hanno maggiori strumenti per agire, in genere trovano accordi con altri soggetti che vanno nella loro direzione, oppure si confrontano, si scontrano molto duramente con quelli che non la pensano come loro. È evidente che, a partire appunto dagli anni '80, nei paesi anglosassoni le maggiori forze dell'economia, le multinazionali insieme a un pezzo di politica, hanno pensato di trovare degli accordi, quindi di riorientare la società in maniera da soddisfare gli interessi di entrambi. È una storia che è cominciata per l'appunto in quel decennio nei paesi più importanti dal punto di vista economico, in cui l'economia stava diventando qualcos'altro, in cui la finanza stava acquisendo sempre più importanza, in cui diciamo il capitalismo della produzione materiale stava invece perdendo importanza, perché non garantiva i margini di profitto della finanza. Questa storia, poi, è stata calata con grandissima forza sul resto del mondo e l'abbiamo vissuta anche noi.
Roberto Natale
Chi è fautore di questo sviluppo che ha avuto la televisione per cui siamo passati dal bianco e nero al colore, da una vita grigia a una vita ricca di emozioni? Provo a spiegarmi: che c'è di male in questo? In che senso questo risponde invece a, come tu dici, un progetto di controllo politico-culturale?
Massimiliano Panarari
Dalla televisione pubblica a quella commerciale
Io non sono un nostalgico, del resto non ho mai vissuto la stagione del bianco e nero televisivo, ma quello che possiamo fare come osservatori e analisti della società, è di constatare, come diceva anche Lorella, una serie di trasformazioni . La televisione, lo sapete, in questo paese come in altri paesi, è nata come monopolio pubblico, come servizio pubblico, una televisione, possiamo ricordare un nome quello di Bernabei, naturalmente in bianco e nero, con una carica e una caratura pedagogica formidabile, una televisione della differenza, nel senso che la si guardava come la classe politica dell'epoca, con una certa distanza. Una televisione che veicolava degli insegnamenti, in cui il ruolo dell'economia per l'appunto, non era assolutamente presente. Naturalmente aveva anche un disegno politico, era la televisione della Democrazia Cristiana, ma che ha per esempio fortemente aiutato questo paese, una parte di questo paese non secondaria, a imparare una lingua comune. Ricordiamoci che fino ad alcuni decenni orsono, non tutti gli italiani parlavano comunemente per l'appunto italiano. Una serie di trasformazioni, ancora una volta di trasformazioni innanzi tutto dell'economia e poi della società e di grandi innovazioni tecnologiche, hanno portato poi alla nascita di un altro tipo di televisione, la nascita dei canali privati, dapprima piccoli, locali, poi federati, acquisiti da pochi imprenditori che li hanno concentrati. Le concentrazioni sono sempre nemiche del libero mercato, questa è una legge che tutti i liberisti dovrebbero tenere a mente. A quel punto diventava decisivo utilizzare la televisione commerciale, la televisione privata, per vendere dei prodotti, per fare pubblicità, perché a differenza del servizio pubblico, viveva naturalmente di inserzioni pubblicitarie, di slot pubblicitari venduti. È in questo che si registra la prima grande trasformazione: per vendere di più bisogna aumentare, allargare il più possibile l'audience, come abbiamo imparato a chiamarlo, bisogna avere il maggior numero possibile di telespettatori, di teleutenti e per farlo naturalmente una televisione pedagogica o addirittura critica, è controproducente, bisogna andare laddove si mettono insieme le persone, laddove si trova un minimo comun denominatore.
L'ingresso nella società dello spettacolo
La televisione è emotiva, è la televisione in cui l'utente deve avere la sensazione di essere parte dello spettacolo ed è per l'appunto questo l'effetto di questa grande trasformazione degli anni '80, l'ingresso nella società dello spettacolo. Nella televisione in bianco e nero non c'erano gli utenti, al massimo come dire, bisognava avere delle competenze spettacolari, cioè essere degli incredibili campioni di nozionismo per andare a "Rischiatutto", ma non c'erano le storie personali. La neo televisione invece si impregna, si imbeve di storie e di esperienze raccontate come eccezionali, ma che producono dei meccanismi di identificazione nei cittadini. Dal momento che funzionava così bene l'equazione fu quella di utilizzarla anche per costruire consenso politico nel momento in cui le ideologie erano definitivamente tramontate, in cui i pubblici e gli elettorati si differenziavano, in cui gli individui salivano alla ribalta, sul proscenio e in cui per l'appunto i partiti cominciavano a perdere la loro funzione storica. Era un modo per costruire facilissimo consenso.
Roberto Natale
Una delle varie ragioni di interesse di questo libro è che cerca di penetrare nel profondo dei meccanismi. Uno dei capitoli è dedicato a Maria De Filippi: il programma "Amici" è un confessionale a microfono aperto per gli adolescenti italiani, una sorta di talk show ipergiovanilistico che scoperchia il bisogno di comunicare di un pezzo di società italiana under 20, una fetta di paese fino a quel momento sostanzialmente priva di voce. Anche qui, provando a mettersi dal punto di vista di chi queste cose le ha fatte e ha contribuito al loro successo, che c'è di male nel fatto che una fetta di una generazione, fino a quel momento cancellata dalla televisione, abbia un suo protagonismo, o non è protagonismo?
Massimiliano Panarari
A partire dagli anni '80 ciascun individuo ha il diritto di urlare la propria esistenza
Nella storia si producono dei fenomeni e poi ci sono persone che utilizzano questi fenomeni per arricchirsi, magari per acquisire importanza, per gestire il potere.Esattamente in quello "speakers corner" non c'era nulla di particolarmente grave neanche in termini moralistici, c'era un'attività di individuazione. Maria De Filippi, come tutte le persone di cui si parla in questo libro, è una straordinaria professionista della tv, di un certo tipo di tv che diventano a volte, più o meno, geni del male, però sempre dalla parte del male, a mio giudizio, si collocano. Il fatto di rilevare un bisogno è di per sé stesso appunto tutt'altro che negativo, il punto è come viene utilizzato questo bisogno, in quale direzione lo si piega. Questa neo televisione avverte le storie personali, il bisogno di raccontarsi, come un punto decisivo, questo perché a partire dagli anni '80, altra grandissima trasformazione, si afferma sempre di più l'individualità. La società degli anni '60 e '70, era una società per molti versi ancora fordista in cui esistevano le fabbriche, esistevano i partiti politici, in cui gli individui erano inseriti all'interno di racconti collettivi, le ideologie. Con gli anni '80 qualcuno ci viene a raccontare che, come dire, è cominciata l'ora della ricreazione, per cui ciascun individuo, ciascun io, ha il diritto di urlare la propria esistenza. È per questo che la televisione, rilevando questo bisogno, che è il frutto della trasformazione della società e dell'economia che le coglie immediatamente, diventa un grandissimo specchio che riflette le storie individuali. Inizialmente lo fa, come dire, raccontandosi come una sorta di servizio, alcuni di voi ricorderanno una trasmissione come "Portobello" alla fine degli anni '70 o "Il gioco delle coppie" o il "Maurizio Costanzo show"; in una società che si disgrega, in una società in cui gli individui per l'appunto si affermano, tutto questo significa anche indebolimento dei legami familiari, e questi programmi si propongono come dei problem solver, hai una crisi di coppia? Arriva la televisione. Hai problemi con gli amici? Arriva la televisione. Voi raccontate il bisogno da un megafono o da un microfono, ed ecco che la televisione ti affianca e svolge per l'appunto una funzione che le grandi organizzazioni collettive non riescono più a svolgere. Tutto questo naturalmente conquista la fiducia degli individui e offre per l'appunto di urlare la propria individualità. Quello che succede nelle trasmissioni di Maria De Filippi mutatis mutandis è sempre lo stesso filo rosso. Da quei ragazzi che raccontano i propri problemi sentimentali, che i genitori non li capiscono, fino agli urlatori professionali, a quella specie di sceneggiata che riproduce il corteggiamento tra tacchini di "Uomini e donne" ultima fase, si riproduce sempre la messa in scena, la costruzione di un palcoscenico per degli individui. Tutto questo per l'appunto dà l'impressione di rovesciare e di riprodurre la vita reale, quella di tutti quanti, con un carico emotivo naturalmente formidabile. In questo sta il segreto del successo, che è un segreto però che apre le porte ad una formidabile potenzialità di manipolazione.
Roberto Natale
Non sarà che chi critica questo tipo di televisione lo fa con una certa supponenza e distanza dai bisogni popolari che in certe trasmissioni in maniera più o meno manipolata trovano espressione?
Massimiliano Panarari
Non esistendo le regole il più forte detta la legge
Naturalmente in parte c'è stato anche questo. Stiamo passando alla politica, perché in realtà nel post moderno, e tutto quello che stiamo raccontando è il mondo post moderno, non c'è una vera soluzione di continuità ovvero non ci sono delle divisioni rigide tra i campi , per cui effettivamente oggi parlare di politica, di televisione, di gossip, di trash, di economia significa fare riferimento ad ambiti che sono molto permeabili gli uni agli altri. Questa stagione neo liberista ci ha raccontato una cosa molto evidente, che non esistono le regole e che coloro che sostenevano di rifarsi al liberalismo campione delle regole, in realtà l'hanno completamente tradito. Non esistendo le regole, il più forte detta la legge. Queste trasmissioni che per l'appunto solleticano, creano i bisogni popolari, in realtà costruiscono enormi spazi di manipolazione, perché c'è sempre qualcuno che li utilizza per fare delle cose legittime naturalmente, come vendere degli spazi pubblicitari oppure per costruire delle forme di consenso o delle nuove estetiche. Per rifarci a Maria De Filippi, è chiaro che questi programmi hanno una straordinaria vocazione di merchandising, è una forma di capitalismo anzi di neo capitalismo, in cui dai diari alle magliette, fino effettivamente agli oggetti come dire iperstrech che siamo costretti a subire vedendo quelle trasmissioni, tutto questo diventa moda di strada e un grande invito al consumo. In tutto questo, soprattutto, si riproduce in realtà una visione incredibilmente tradizionale della società italiana. Il lavoro di Lorella Zanardo lo mostra. Tutte queste trasmissioni, come dire, molto partecipative e molto interattive, apparentemente molto dalla parte della gente con 4G come si sente dire dai tronisti o dai protagonisti dei reality stile Grande Fratello, tutti questi individui in realtà, questi personaggi, questi singoli che cercano il loro quarto d'ora di celebrità a cui teoricamente avremmo tutti diritto nella società dello spettacolo, riproducono precisamente lo stesso tipo di società tradizionalista sostanzialmente patriarcale, in cui non c'è spazio per il nuovo, per rimescolare le carte e per inventarsi dei ruoli. Non a caso sentirete che gran parte delle riflessioni epocali che si svolgono all'interno di questi programmi hanno a che fare spesso con la svirilizzazione, cioè il fatto che l'omo non è più omo e che la donna non si sente abbastanza corteggiata. Dietro questo c'è un preciso disegno di società, lo possiamo chiamare pre-politico o sub-politico come dicono gli accademici, se non direttamente politico, ma è sempre là, ad una visione ed a una direzione di marcia della società.
Roberto Natale
La categoria di post moderno: tu sottolinei che il post moderno significa, tra le altre cose, la cancellazione dei fatti, la cancellazione del reale a vantaggio del reality o dell'iper realtà. Perché c'è bisogno di cancellare i fatti?
Massimiliano Panarari
Con la caduta delle ideologie si apre un vuoto
Certo il post moderno sapete è un grande fenomeno culturale, un mosaico in realtà di tendenze tra loro a volte anche contraddittorie . Nel post moderno c'è una cosa e il suo contrario, ma un filo comune consiste nel fatto che all'indomani della caduta delle ideologie, siamo ancora una volta alla fine degli anni '70, con la caduta delle speranze politiche di panagenesi di trasformazione della società, si apre un grande vuoto. Alcuni ci raccontano questo vuoto come una grande occasione di liberazione, perché non ci sono più, per l'appunto, le gabbie ideologiche all'interno delle quali le nostre esistenze e i nostri modi di pensare vengono sostanzialmente costretti. Sotto i calcinacci però del post moderno rimane anche una grandissima idea che aveva animato la storia occidentale dell'800 e del'900, l'idea di progresso, che declinata in maniera differente dalle varie ideologie sostanzialmente indicava il fatto che i movimenti collettivi delle persone avrebbero prodotto nella storia, attraverso il conflitto, l'avanzamento della società. Alcuni descrivono questo processo molto liberatorio come l'occasione per darsi alla pazza gioia. Roberto D'Agostino, che avrà un ruolo così importante negli anni futuri, il creatore di Dago Spia, un sito che mischia gossip per le stanze del potere e come dire, azione politica molto diretta, in una trasmissione televisiva, non a caso, ci disse che era iniziato il decennio dell' edonismo organiano , cioè tutti quanti finalmente potevamo spassarcela e smetterla di occuparci di cose pallose e noiose che ci toglievano tempo per divertirci o arricchirci come la politica precisamente. Il post moderno è stato letto, anche da una parte della sinistra orfana delle ideologie dei tempi precedenti, come l'occasione liberatoria di conoscere i diritti di tutte le minoranze e le soggettività, degli studi post coloniali, il femminismo, il soggettivismo, ma anche come l'impossibilità di stabilire delle gerarchie. Se non si stabiliscono delle gerarchie, perché violente, perché tese a prevaricare, in cui si mette un ordine alle cose, c'è però un rischio che è quello per l'appunto che si aboliscono le distinzioni e non si possono più formulare dei giudizi, esattamente la storia che stiamo vivendo da un po' di tempo a questa parte. Il fatto per esempio che se qualcuno critica certe trasmissioni, può rischiare che un pezzo di sinistra gli dica con aria un po' snob ed eccessivamente radicalchic, chi ti dà il diritto di stabilire delle gerarchie? Perché dici quella trasmissione è brutta? In realtà alla gente piace. È più o meno il principio per cui Maria Antonietta diceva: Non c'è il pane? Ebbene dategli le brioches.
Roberto Natale
Nasce da questo fondamento teorico il fatto che la nostra informazione si mescola con cose che con l'informazione non c'entrano?
Massimiliano Panarari
Si riduce il livello di informazione e si aumenta quello dell'intrattenimento
Esattamente è una storia assolutamente figlia delle vicende che stiamo raccontando.La nostra soglia di attenzione cala drasticamente, lo sappiamo, lo viviamo ogni giorno, perché siamo bombardati da quantità infinite di messaggi che quando sono informazioni serie è straordinario perché il pluralismo è straordinario ma non il grande bombardamento del rumore di fondo che invece spesso viene utilizzato da qualcuno per distogliere l'attenzione. In una situazione di questo genere bisogna ridurre il livello d'informazione e aumentare il livello d'intrattenimento. Questo vuol dire che si utilizzano i sacchi dell'immondizia, oppure il plastico di Cogne, oppure per l'appunto, soubrette che fanno le opinioniste, oppure trasmissioni come "Porta a porta" che viene presentata come esempio di approfondimento giornalistico o quanto meno d'informazione. Questo è un rischio serissimo che riguarda la serietà e la deontologia, ovviamente, degli operatori dell'informazione, che io credo siano fondamentali, anzi ancora più fondamentali proprio nel mondo di wikipedia e dell'incessante flusso comunicativo della rete.
Roberto Natale
Nel libro tu citi la definizione di Giovanni Sartori della tv, meglio dello spettatore di cui parla come "Homo Videns". Non c'è un'idea radicalmente o ontologicamente, negativa della tv che magari non regge quando uno vede che la tv generalista è anche, per esempio, quel Riccardo Iacona che abbiamo visto prima? Qual è la tua idea di tv?
Massimiliano Panarari
Qui sembra che parliamo di canzonette, appunto di gossip di Alfonso Signorini. Si ne parliamo perché sono questioni decisive nel nostro discorso pubblico ed è la ragione per cui grandi liberali come Giovanni Sartori e Karl Popper si occuparono di televisione. Lo fecero da liberali naturalmente, da liberali classici. Ora sapete che la teoria liberale che è straordinariamente importante per l'Occidente, nasce però in un contesto molto preciso. I liberali dell''800 ritenevano che non tutti dovessero votare, perché dicevano che se non hai un censo e soprattutto non hai gli strumenti giusti, puoi essere manipolato. I liberali dell'800 erano terrorizzati dall'idea che i preti potessero manipolare gli operai votanti comuni e per questo non volevano far votare le donne. Ci sono dei dibattiti tremendi, affascinanti per la loro negatività come quelli dei costituenti francesi che dicevano che dal momento che le donne sono, come dire, preda dell'emotività e figure dicevano loro, uterine, potevano essere facilmente manipolate da chiunque e non potevano esprimere liberamente la loro opinione. Ecco qui sta un punto decisivo: noi abbiamo bisogno di televisione non soltanto come strumento di svago ed intrattenimento, che è assolutamente legittimo, ma ne abbiamo bisogno, io credo, come grande canale, come straordinario strumento. La televisione generalista è ancora oggi e lo resterà a lungo, nonostante il moltiplicarsi delle fonti d'informazione e di comunicazione, la principale finestra informativa per la maggioranza dei nostri connazionali, ed è proprio per questo che dovremmo provare a fare uno sforzo creativo. Ed è proprio per questo che gli operatori dell'informazione, i giornalisti, i mediatori culturali, sono fondamentali. Dobbiamo provare, soprattutto chi se ne occupa direttamente, a rimettere dei contenuti pedagogici ed educativi, mi permetto di utilizzare questa espressione, anche all'interno della televisione generalista. Naturalmente si può dibattere a lungo su chi stabilisce questi contenuti, i custodi della Repubblica di Platone, però se ci nascondiamo sempre dietro la teoria che le opinioni del post moderno sono intercambiabili, che è un atto di violenza e di autoritarismo stabilire dei contenuti educativi, ci sarà qualcuno che farà pedagogia. La pedagogia, anzi l'antipedagogia, in questo trentennio l'hanno fatta Alfonso Signorini, Lele Mora, Fabrizio Corona e un personaggio che io giudico veramente letale, che si chiama Antonio Ricci.
Roberto Natale
Hai già accennato a quello che c'è bisogno di fare per provare a invertire la tendenza, ossia non vergognarsi dell'uso della pedagogia di massa, rimettere al centro quella nozione di servizio pubblico che ci rende ormai lontani ahinoi dalle nazioni occidentali.Tu pensi anche all'individuazione di qualche nuova modalità di comunicazione. Se qualche soggetto mettesse in piedi, dall'imprenditoria al movimento cooperativo alla società civile organizzata tramite l'azionariato popolare, se la sentisse di dar vita quale imperativo etico, ad ulteriori network di comunicazione ispirati alle proprie visioni della realtà e del mondo, mica sarebbe un delitto, no? L'esperienza che per esempio sta facendo Servizio Pubblico può essere un segnale in quella direzione?
Massimiliano Panarari
Far ritornare fra noi il grande assente di questo trentennio: lo spirito critico
Lo dicevi prima tu, c'è un segnale che lo spirito dei tempi un po' è cambiato, ci sono tante manifestazioni. Il caso di Servizio Pubblico mi sembra una sfida anche dal punto di vista informativo estremamente interessante , perché si traduce nel passaggio dalla piattaforma della tv generalista, per l'appunto, a una pluralità di piattaforme, la convergenza digitale, anzi la convergenza multimediale, che consentono di veicolare un format. Anche se l'ultima puntata, come ci raccontano i dati, è stata meno seguita della seconda e ancora meno della prima, si tratta comunque di una sfida impegnativa e molto importante. Io credo che anche in termini imprenditoriali, ci sia bisogno di rispondere ad una domanda e come ci insegna la legge del mercato e del marketing, nel momento in cui esiste questa domanda, il problema è quello di costruire un'offerta. Vedo che tra gli sponsor di questo appuntamento ci sono le BCC e per l'appunto, il movimento cooperativo. Alcuni soggetti economici dovrebbero fare delle riflessioni, mi permetto di avanzare come ipotesi, per verificare la possibilità di costruire quest'offerta, rispetto ad una domanda che è diffusissima. Una parte significativa, e che sta aumentando, dei nostri concittadini ha bisogno, chiede, vorrebbe potersi confrontare, poter ragionare, poter guardare strumenti differenti, offerte di contenuti televisivi differenti da quelli monomaniacali ed ossessivi che vengono riprodotti su tutti i principali canali generalisti. Mi permetto in questo di avere un'opinione dissenziente dal grande maestro della nostra disciplina, appunto Giovanni Sartori. Questo è un modo di stimolare l'opinione pubblica. Uno dei grandi temi della teoria liberale, ancora una volta, ha a che fare con la costruzione di una sfera pubblica. Bene la sfera pubblica in questo paese, e l'hanno dimostrato questi durissimi ultimi 30 anni, passa anche e necessariamente per la televisione generalista e proprio per questo è un campo da non lasciare. Io non penso che la tv generi, come dice Sartori,l'Homo Videns , ossia necessariamente delle distorsioni o delle dissonanze cognitive, tutt'altro è il tipo di televisione che viene proposto ed è proprio per questo che io ritengo ci debba essere uno spazio importante per i mediatori, perché non tutti siamo in grado di organizzare le informazioni, non tutti siamo in grado di fare un lavoro di riflessione di ricostruzione di questo enorme panorama, di questo enorme flusso di notizie, di news, di comunicazioni che rischia di travolgerci. C'è bisogno di qualcuno che l'organizzi in maniera razionale, in maniera deontologica e con professionalità. E proprio per questo penso che non abbiamo bisogno di meno giornalisti, come sostengono alcuni entusiasti della rete, ma al contrario di più operatori avvertiti, consapevoli e in grado di stimolare e di far ritornare fra noi il grande assente di questo trentennio, lo spirito critico, che tanti poteri hanno avversato e terremotato.
Roberto Natale
Vi leggo due righe del libro di Panarari che riguardano la tv: "Ripensarne linguaggio e contenuti senza cadere nella duplice tentazione del rigetto apocalittico del piccolo schermo, né della volontà di condizionare banalmente le coscienze". C'è un bel programma di lavoro per chi volesse metter mano, tra l'altro, alla tv di servizio pubblico in primo luogo.
Jacopo Gori
La mia non è una domanda, è una semplice riflessione. Io mi occupo della parte tv su corriere.it dove stiamo cercando di fare cose nuove al di là di tutto quello che è stato detto oggi, che è estremamente interessante. Io non sono un esperto di televisione, quindi non do giudizi di nessun tipo, ma faccio una riflessione partendo da quello che dicevi di Santoro. Santoro, ripeto, senza nessun tipo di presunzione da parte mia, sta sbagliando a fare un programma televisivo mettendolo in rete, perché in rete come sapete, il tipo di fruizione e di attenzione è molto più basso rispetto alla televisione. Cosa ha fatto Santoro? Ha fatto una mossa mediatica meravigliosa, è venuto sulla rete a parlare con un linguaggio vecchio che è quello della tv. Rispetto alla crescita di internet, di cui stamani ho fatto vedere le diapositive, in particolare del nostro Corriere della sera dove siamo a una media giornaliera di 2milioni e 220mila utenti unici/lettori in un giorno, ci siamo accorti che il trand negli ultimi due anni è di una crescita della curva delle connessioni a partire dalle ore 20. Perché la curva risale dopo le 20, questo che vuol dire? A mio modesto avviso vuol dire che la gente è abituata ad essere informata in rete, vuole essere informata in rete, forse non trova in televisione quello che vuole, dato che, credo che quella è proprio la fascia massima di ascolto per la televisione.
Cos'è successo? Quello che facciamo noi a corriere.tv è lavorare sulle dirette, è dare tutto in diretta ed è una diretta che è molto atipica, perché è su web. Il giorno della caduta del governo, delle dimissioni di Berlusconi quando è salito al Quirinale, noi abbiamo fatto una diretta dalle 18 a mezzanotte e trenta, in modo molto atipico perché senza mediazione giornalistica. Abbiamo fatto dei numeri che sono per noi, ripeto, impensabili, circa 2milioni e 400mila in streaming… Oramai il multitasking è così entrato nelle abitudini delle persone che la televisione forse non basta più, non è più sufficiente.
Io credo che oltre a far vedere ai ragazzi di 15 anni i documentari come quello di Lorella Zanardo, la chiave sia, questa forse è la sfida di noi che lavoriamo su internet, capire che tipo di televisione loro vorranno vedere e che vedranno su internet. Ora la nostra grande sfida, di Repubblica, della BBC, delle altre grandi emittenti, è quella di trovare dei contenuti che siano fruibili in televisione tramite internet. Mi chiedo quindi se avete voi un'idea di che tipo di linguaggio possa essere quello nuovo della televisione, della televisione che verrà.
Angelo Perrino
Il libro dell'amico Massimiliano deliziosamente stigmatizza programmi e personaggi, dalla De Filippi in giù, tutti molto popolari diciamo, tutti mainstream. Allo stesso modo il bel lavoro della Zanardo ci fa vedere programmi di grande audience. Abbiamo detto che sono un po' delle porcherie, dunque dovremmo fare dell'altro, esattamente l'opposto di quello che accade. Per legarmi anche al tema che abbiamo affrontato stamattina sui modelli di business e su alla fine chi paga, considerato il duopolio televisivo, a parte un canone che oramai non si capisce più che senso abbia, visto che la Rai insegue il modello della tv commerciale che è quello pubblicitario e visto che la pubblicità insegue le grandi audience, alla fine la domanda è: se vogliamo produrre qualità, le risorse per farle dove le prendiamo? Assodato che la pubblicità privilegia proprio la De Filippi o Ricci, che tu hai citato come massimo esempio negativo, questi però risultano i top sellers. C'è una contraddizione tra voi e quelli che stanno dall'altra parte e che producono, ma voi che siete degli intellettuali il problema del produrre non ce l'avete, quindi fate bene la critica, ed io, quindi, vi chiedo un consiglio: dove andiamo a sbattere? Chi paga il conto visto che non possono esserci pasti gratis? Grazie.
Gianni Giampietro
Io ho molto apprezzato il lavoro di Lorella Zanardo e soprattutto il fatto che lo mostri nelle scuole. Spero che nel maggior numero possibile di scuole venga visto ed esaminato questo lavoro. Spero anche che lo veda qualche Procura, qualcuno alla Corte dei Conti, la Vigilanza Rai. Noi come giornalisti e dipendenti Rai, come iscritti ad albi professionali, siamo sottoposti a una miriade di regole, dalla legge istitutiva, alle carte deontologiche, al contratto di servizio, ecc., tutte cose che secondo me proibirebbero di fare quel tipo di programmi che abbiamo visto e anzi sappiamo che qualche nostro collega che ha fatto della pubblicità subliminale, anche subliminale, pochi, però qualcuno è stato beccato ed è stato licenziato. Quindi forse di norme ce ne sono fin troppe, forse c'è una bulimia anche di normative, di carte deontologiche, spero che prima o poi ci sia qualcuno che sia in grado di imporre il rispetto di queste norme. Mi sembra strano che sinora non si sia trovato il modo, il titolo, per intervenire sul fatto che un medico e una giornalista vanno in televisione, aprono una valigetta ed esibiscono i loro trofei di tette al silicone e cercano di venderle senza neanche pagare questo inserto pubblicitario alla Rai.
Daniela De Robert
Torno al tema della bulimia perché ho l'impressione che non ci siano troppe informazioni, ma ci siano troppe emozioni, nel senso che non ci si chiede più di trovare notizie bensì ci si chiedono emozioni. A chi fa cronaca non si chiede di stare dietro gli inquirenti bensì di trovare la mamma possibilmente piangente, si chiede di trovare il bambino, di intervistarlo, se stava per morire, per raccontarci… Quindi la bulimia è di emozioni nei Tg nella parte anche informativa e questo secondo me è un virare proprio del nostro lavoro. C'è anche un problema serio del nostro lavoro che è quello delle fonti: il ping pong di notizie che vanno dal web ai tg, dai tg ai giornali, dai giornali al web, ai Tg, non si sa mai da chi è partita la notizia, chi sta copiando chi, ci copiamo tutti e ci rincorriamo nel copiarci di corsa, perché quelli l'hanno fatto e noi no… Parlavo con un giornalista di Repubblica tv a cui ho detto che fanno sempre notizia e a noi ci tocca copiare le schifezze che fanno e lui mi ha detto: guarda che noi copiamo le schifezze che fate voi…
In termini di bulimia c'è ancora in televisione, secondo me, la bulimia o l'invasione dell'audience nell'informazione, ne abbiamo parlato tante volte alle riunioni in redazione, i direttori si distraggono e quando arriva il foglio col minutaggio minuto per minuto, poi dicono: ah guarda il pezzo sulla mamma che piangeva ha fatto il picco d'ascolto, il pezzo sulla rivoluzione in Libia è andato in basso, oggi non parliamo di esteri, troviamo un'altra mamma che piange… Questa è una forma di bulimia dell'audience che entra nell'informazione.
Faccio un esempio che a me ha colpito molto, e torno sulle emozioni, perché le emozioni non sono solo le mamme piangenti. C'è stata una situazione drammatica di alluvione in Thailandia di cui ci siamo occupati ma che poi è stata cancellata dall'alluvione in Liguria, perché ovviamente è casa nostra, conta di più; abbiamo fatto giornali quasi monografici, l'unica volta in cui è rientrata l'alluvione in Thailandia, non era per dire 300 morti bensì per far vedere un gruppo di elefanti che era rimasto isolato dall'acqua. Questa è bulimia di emozione, emozione strana, ma così facciamo informazione. In questa bulimia di emozioni secondo me c'è una forte richiesta di informazioni e prendo due esempi non a caso, Mentana e Report, lascio fuori Santoro, perché secondo me sono due esempi di informazione molto poco televisiva. Mentana fa un telegiornale che praticamente è radio, lui parla ininterrottamente, commenta tutto, ci sono servizi fatti in casa e non servizi sul posto. Report è un programma di inchieste assolutamente non televisivo, all'estero non lo comprano perché non ci sono immagini. Sono due programmi che fanno un ascolto enorme, che hanno un successo enorme perché forse fanno informazione. Questo ci dice che c'è richiesta di notizie al di là della bellezza estetica.
Sulle donne: il documentario della Zanardo io l'ho visto per intero e io che sono una che ancora spesso si scandalizza per quello che vede, vederlo tutto fa veramente impressione. C'è un uso delle donne anche nei giornali e lo sintetizzo. C'è molto di più, ma anche nei Tg e nelle conduzioni servono corpi giovani e belli, senza rughe, non servono brave giornaliste, poi leggano bene o leggano male, sappiano fare, non importa, e questo da Sky al Tg1. C'è stata una ricerca fatta negli anni '80 da una sociologa che si chiama Marina D'Amato, sui fumetti e sui cartoni animati in tv, dove a proposito dei Puffi diceva che hanno tutti un carattere, c'è quello iracondo, quello che non ci vede, quello che piange, quello saggio, quello secchione, poi c'è la Puffa il cui carattere è l'essere femmina, è l'unico carattere che ha, è l'unica caratteristica che ha. La televisione, l'informazione è ancora così, noi raccontiamo le donne, per dire, la donna commissario, la donna pilota ecc., poi se è brava o se è pessima non ha importanza, è come la Puffa.
Lorella Zanardo
Vorrei rispondere a Gianni Giampietro: noi abbiamo iniziato a protestare, in modo molto faticoso, non avendo nessun partito e istituzione alle spalle, in modo molto civile. Siamo riusciti ad avere un'audizione in Senato rispetto al nostro documentario e inoltre l'abbiamo mostrato a tutto il Consiglio amministrazione Rai e alla Commissione di Vigilanza Rai ed è stata un'esperienza forte. Tutto questo senza avere un partito alle spalle, da soli, siamo 4 gatti veramente, e ci siamo riusciti. Abbiamo avuto anche un'audizione al Parlamento Europeo, presenti tutti i Paesi. Per quello che riguarda, senza che mi dilunghi, l'esperienza delle istituzioni italiane, è stata forte perché si nega l'evidenza: quando l'ho presentato in Commissione di Vigilanza e al Consiglio di Amministrazione Rai, negavano l'evidenza, mi dicevano di aver preso delle immagini che accidentalmente passavano. Chiaramente secondo me questo è un errore perché tutto parte invece dall'ammettere. Diverso al Parlamento Europeo dove l'accoglienza è stata molto interessante. Per chi è interessato, sul sito ilcorpodelledonne c'è la parte media dove ci si accorge che questo documentario ha avuto una visibilità a livello di recensione a livello internazionale tristemente superiore all'Italia. La BBC ad esempio ha fatto già un sacco di servizi sul nostro lavoro, il primo giornale che ha parlato di noi è stato Le Monde, siamo stati sul New York Times. Devo dire con dolore che molto dopo è arrivata la stampa italiana e poco… A livello internazionale, quindi, c'è stata una grande attenzione, in particolare nel lavoro che stiamo facendo nelle scuole. Il lavoro di denuncia se così si può dire, l'abbiamo fatto e l'ascolto è quello che è, anche se io credo invece, che le cose stiano cambiando.
Da due anni a questa parte sulla rete, i ragazzi giovani, in particolare le ragazze, i giovani e le giovani blogger, stanno usando lo strumento del mailbombing quindi del bombardamento pacifico di mail, per denunciare quelle pubblicità che offendono. Attraverso questo sistema di militanza sono già state ritirate decine di campagne pubblicitarie anche di multinazionali. La domanda è: perché non ne parlano i giornalisti? Non è una notizia che delle ragazzine di 17-18 anni hanno fermato nomi, cognomi, multinazionali, cambiato campagne pubblicitarie? Queste sono notizie grosse e i giornali, c'è qui presente corriere.it, dove spesso c'è la donna che bacia il coccodrillo, le tette più grosse d'Italia, perché non danno queste notizie, che mi sembrano più interessanti? Io non sono un'intellettuale, ho fatto la manager nel marketing per 20 anni e adesso sono una militante. Non sono un'intellettuale, so bene quello che dico. La Rai è in grave ritardo su quello che sono i gusti degli spettatori e delle spettatrici. Non ho la certezza che Santoro vada così bene, perché è una trasmissione fortemente maschilista dove non ci sono né autrici, né registe, né presentatori donne, dove non si tiene mai conto del pensiero del femminile che è la maggioranza della popolazione. Le ragazze oggi sono molto più sensibili, non si può più fare finta che le donne non esistano in questo paese. Guardate che io vi do dei dati preziosi, non parlo della mia generazione. Vi garantisco, studiate la rete, le ragazze, sto parlando delle 16-25enni, sono delle macchine della guerra, sono della forza della natura, vogliono essere rappresentate. La trasmissione di punta dell'anno scorso "Vieni via con me" era fatta da 5 registi, 4 autori, 2 presentatori, non c'era una ragazza, questo vuol dire non capire il paese, il mondo. Il 51% è fatto di forza femminile, creatività femminile, vogliamo essere rappresentate. Se uno capisce questo forse in futuro si riuscirà anche a progettare delle trasmissioni interessanti, perché c'è una grande creatività in rete di cui non si sta occupando nessuno. Si possono progettare anche dei siti molto interessanti.
Farei una distinzione tra quello che deve fare la Rai e quello che devono fare le televisioni private. Non c'è nulla nella democrazia che giustifichi la tesi di quel capo della tv, secondo il quale il fatto di offrire trasmissioni di livelli sempre peggiori dal punto di vista educativo, corrisponde ai principi della democrazia, perché la gente lo vuole. Al contrario, la democrazia ha sempre inteso a far crescere il livello dell'educazione, è questa una sua vecchia, tradizionale aspirazione. La Rai deve fare anche informazione e non badare solamente al profitto.
Ultima provocazione: Fiorello, con la sua trasmissione nazional popolare che ha fatto un'audience molto alta senza umiliare nessuno, facendo un intrattenimento assolutamente decoroso, ha dimostrato che si può fare, credo che sia solo un fatto di pigrizia.
In Italia tutto quello che abbiamo detto vale per il mercato pubblicitario. Le pubblicità lesive dell'immagine delle donne e degli uomini che si vedono in Italia, non ci sono in nessun altro stato d'Europa. In Inghilterra da poco tempo c'è una legge per cui in advertising puoi mostrare il corpo nudo di una donna solo se il corpo è direttamente legato al prodotto che devi vendere. Mostrerò una donna in mutande se devo vendere le mutande, ma se devo vendere un copertone, un'auto, una sedia, no e l'Inghilterra non è un paese bigotto. Secondo voi hanno smesso di vendere prodotti? Sapete di quella vecchia teoria per cui se non mostri più il corpo delle donne va a rotoli l'economia? Non è vero, le vendite sono aumentate e sapete perché? Perché i creativi si sono messi a fare il loro lavoro, hanno inventato campagne creative, quindi vedete che si può fare, si può fare assolutamente.
Roberto Natale
Nel suo intervento Jacopo Gori parlava della diretta su internet, cosa funziona e cosa non funziona in rete e poi c'è il modello di business del quale parlava Angelo Perrino, chi ce li mette i soldi? Come funziona la macchina visto che i pasti non sono gratis?
Massimiliano Panarari
Io premetto che, come diceva Jacopo Gori di non essere un esperto di televisione, non sono un esperto di rete, quindi diciamo le mie sono considerazioni non da bar sport, ma riflessioni che possono venire in mente a chiunque. Io credo, e la storia lo dimostra ampiamente, che gran parte di quello che ci accade è l'effetto dell'innovazione tecnologica. La scienza delle comunicazioni è nata in Canada dove due importanti ricercatori si misero a studiare le concentrazioni, i monopoli nel campo delle strade ferrate, cioè delle ferrovie, poi del trasporto del legname, e da lì derivarono tutta una serie di trasformazioni. Possiamo osservarlo molto facilmente nel caso di Steve Jobs e la sua grande capacità di costruire innovazioni tecnologiche, che poi nel nostro mondo post moderno diventa stile di vita, per cui ci siamo trovati una marea di persone che, per carità, è un evento luttuoso naturalmente, ma che piangevano alla sua morte e lo paragonavano a Buddha, a Gesù e in un florilegio di altri paragoni a mio giudizi impropri. Il punto è che anche le nostre modalità comunicative hanno moltissimo a che fare con i padroni delle ferriere, come si sarebbe detto un tempo, cioè col tipo di innovazioni tecnologiche che vengono introdotte o non, in relazione ovviamente alle dinamiche e ai vantaggi di mercato, all'interno del mondo dei consumatori. Una riflessione a mio giudizio fondamentale, è anche questa, cioè sapere che tutto il nostro discutere di internet, ha molto a che fare anche col tipo di innovazioni che verranno introdotte oppure no. Il tipo di fruizione che diceva Angelo, ha molto a che fare anche col tipo di stili di vita, è un fenomeno che io verifico, e infatti faccio il consulente cercando di cullare 80 lavori non straordinariamente pagati per vivere e so benissimo che in questo tipo di società nessun pasto è gratis, perché assistiamo a un fenomeno di precarizzazione molto forte, che ha a che fare soprattutto con le professioni di molti di noi. Questa è la ragione per cui, per esempio, una parte di noi è costretta nel multitasking, ossia a consultare strumenti comunicativi e informativi differenti e magari ha tempo solamente la sera per dedicarsi alla consultazione di questo flusso di informazioni. Io credo che questo problema importante ha a che fare con la politica, che deve ritornare ad essere un oggetto delle nostre occupazioni.
Vengo alla risposta all'amico Angelo. Credo che, lo diceva Lorella, si debba distinguere tra l'imprenditoria privata nel campo della comunicazione e il servizio pubblico. Il servizio pubblico, ovviamente da ripensare, dal momento che viene finanziato dai cittadini, deve avere uno statuto e una missione diversa dall'imprenditoria privata. Del resto, senza fare della storia controfattuale, chi può dire che se tutto il giorno la televisione proponesse delle commedie di Eschilo in greco antico, magari gli italiani, anziché appassionarsi alle Veline, non si potrebbero appassionare alle tragedie di Eschilo? Allora il problema ripeto è una questione di pluralismo. Esiste un servizio pubblico che deve proporre una serie di contenuti rispetto ai quali noi dovremmo essere esigenti, rispetto cui la società civile deve trovare il modo di mobilitarsi e di chiedere con forza che adempia alla sua missione o mission, di proporre contenuti, io ripeto, educativi. L'imprenditoria privata, dal momento che io non produco, anche se spero che essere intellettuali non debba essere considerato un'attività dispregiativa, come è accaduto in questi lungo trentennio, penso che debba essere lasciato per l'appunto a chi si occupa di business. Invito tutti quanti, io per primo, tutti coloro che si occupano di queste cose, ad uno sforzo di creatività. Lo diceva Lorella Zanardo prima, è accaduto ai pubblicitari anglosassoni, penso che anche alcuni operatori dell'informazione italiana, innanzi tutto coloro che fanno marketing, possano cercare di, come dire, sviluppare soluzioni creative che credo creerebbero una quantità di pubblico maggiore, perché la legge dei grandi numeri ad oggi funziona unicamente perché non abbiamo la controprova di un altro tipo di offerta.
Un ultima cosa su Puffetta: è una cosa molto importante, perché anche i Puffi sapete sono diventati un cartone animato decisivo a partire dagli anni '80 e sono molto legati allo spirito dei tempi . Ci sono alcuni che vi hanno letto un'apologia dello stalinismo, altri del nazismo, tutti i prodotti di cultura popolare sono letti all'insegna naturalmente delle chiavi interpretative che abbiamo. Se Puffetta ha come unico attributo la sua femminilità, questo è perché è diventato uno dei prodotti più vincolati dagli anni '80 e ha contribuito molto, in termini di politiche di gender e di politiche simboliche sulle bambine e poi sulle ragazzine, a costruire un'immagine i cui esiti finali sono stati magistralmente mostrati da Lorella Zanardo. E' anche su questo tipo di prodotti che occorre uno sforzo di creatività educativo e pedagogico, grazie.
Roberto Natale
Nel ringraziare ancora una volta Lorella Zanardo e Massimiliano Panarari una sola velocissima conclusione, tornando su un punto che ho accennato prima. La discussione non può essere, nonostante la simpatia della quale gode attualmente la categoria di tecnico, solo tecnica . Il punto sul servizio pubblico prossimo, torno a dire, è tema sul quale dovremmo discutere come società italiana nelle prossime settimane, nei prossimi mesi, è di natura culturale e politica, non è semplicemente un discorso di tecnica giuridica. Ci sarà il problema della cosiddetta governance, riformare i criteri di nomine del vertice, ma diffidate di chi vi spiegherà che solo lì sta il problema. Qui in quest'ora e mezza mi pare che abbiamo scritto, senza presunzione, alcuni capitoli del programma del prossimo servizio pubblico. Se ci proporranno come prossimo amministratore delegato un bravo banchiere, non dovremo accontentarci di questo profilo, magari è un'ipotesi che con l'aria del tempo…, ma dovremmo chiedergli: che tipo di programma editoriale hai? Per esempio pensi che lo scempio fatto del corpo delle donne non possa più ripetersi sugli schermi della tv pubblica? Pensi che quella norma sulla pubblicità alla quale ha fatto riferimento Lorella Zanardo che vale in Gran Bretagna, debba essere autonomamente assunta dal servizio pubblico italiano? Pensi che daremo un segno contro l'uso in tv di donne, passatemi l'espressione, "rifatte" o "ritoccate", dato che la chirurgia estetica non è più non solo un valore, ma addirittura molto spesso una precondizione per andare in televisione, in onda sulle reti del servizio pubblico? Questo intendo quando dico che non dobbiamo accettare che il discorso si riduca a un'impostazione tecnico giuridicista o politicista, c'è questo prima, poi si discute anche dei criteri di nomina del vertice e di chi dovrà occupare le caselle dei Tg, ma prima viene questo, grazie.
* Testo non rivisto dagli autori.