XVII Redattore Sociale 29-28 novembre 2010

Oltre L'apocalisse

Workshop: Le sfide di un mondo più vecchio

Incontro con Cristiano Gori. Introduce e coordina Carlos Chiatti

 
Parte 1
Durata: 18' 45''
 
Parte 2
Durata: 14' 38''
 
Parte 3
Durata: 24' 24''
 
Parte 4
Durata: 17' 25''
 
Parte 5
Durata: 22' 18''
 
Parte 6
Durata: 16' 09''
 
 
 
 
Cristiano GORI

Cristiano GORI

(Milano, 1972) Insegna politica sociale all’Università Cattolica, è consulente scientifico dell’Istituto per la Ricerca Sociale, a Milano, e visiting senior fellow presso la London School of Economics, a Londra. Dirige la rivista “Welfare Oggi” (Maggioli Editore), da lui progettata, e ha ideato e dirige il sito Lombardiasociale.it. E’ editorialista de Il Sole 24 Ore. Ha ideato l’Alleanza contro la povertà in Italia, della quale è responsabile scientifico. Il suo più recente volume è “Il Welfare sociale in Italia. Realtà e prospettive” (Carocci, 2014), scritto con Valentina Ghetti, Giselda Rusmini e Rosemarie Tidoli.

ultimo aggiornamento 03 novembre 2015

Carlos CHIATTI

Carlos CHIATTI

Ricercatore presso l’INRCA di Ancona e l’Università Politecnica delle Marche.

ultimo aggiornamento 26 novembre 2010

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LEGGI IL TESTO DELL'INTERA SESSIONE*

Cristiano Gori

Il primo punto rispetto al nostro workshop è come saremo domani. L'altro punto è quali sono i temi di welfare dei quali si parla nei media: sono sempre e solo ospedali e pensioni mentre non si riesce a parlare dei punti cruciali ossia di famiglia, povertà, disoccupazione, anziani... Il problema principale dell'Italia oggi siamo sicuri che sia non fare abbastanza figli? È dimostrato che non è questo bensì sono proprio i vecchietti però la collettività non ama pensarsi anziana e così il mondo dei media non propone il tema della vecchiaia.

Intervento

La mia esperienza è completamente diversa, nel senso che scrivo per alcuni giornali della mia zona, una zona con un tasso di popolazione anziana che supera il 60% e in realtà il vero argomento di cui parliamo a livello locale sono proprio gli anziani, quindi per me è esattamente l'opposto. Io ho scelto questo workshop più che altro per questo motivo anche perché so che è l'argomento che interessa principalmente chi legge il giornale che poi alla fine sono gli stessi anziani, non sono i giovani, sono prevalentemente i cinquantenni, sessantenni, settantenni.

Cristiano Gori

I media non trattano la vecchiaia: il punto di vista pubblicitario...

Questa è un'altra chiave, la differenza tra i media locali e i media generalisti nazionali , ma restiamo per un attimo sui media generalisti e sul perché si parla più di bambini e poco di anziani. C'è un motivo che mi ha spiegato un mio amico pubblicitario e poi c'è un altro motivo legato alla politica italiana.

Il mio amico pubblicitario, mi ha spiegato che il bambino evidentemente fa caldo, futuro, speranza... Dal punto di vista pubblicitario si parla degli anziani ma non di quelli autosufficienti, ad esempio Repubblica tratta due segmenti dell'anziano, uno è il segmento 65-75 che è in buona salute ed è un compratore, l'altro è quello dei 75 anni che oltre a non essere più in buona salute, ha anche bisogno di assistenza. Ormai sono infatti due cose diverse, ossia Terza e Quarta età.

… e quello politico

L'altro motivo è più politico: i temi di welfare dei quali si parla nei media nazionali sono due ossia le pensioni e la cassa integrazione e dall'altra parte i temi eticamente sensibili cioè il pacchetto bioetica e configurazione giuridica della famiglia tra Dico, Family Day, ecc. In Italia le politiche pubbliche sono determinate in maniera fondamentale dalla capacità dei diversi bisogni ed interessi di rappresentarsi perché sappiamo che qui, rispetto agli altri paesi, i governanti hanno molta meno capacità o forza di decidere rispetto ad un qualsiasi altro governo d'Europa. Quali sono gli unici due gruppi rappresentati a livello nazionale? Sono i sindacati che si occupano di chi un lavoro più o meno ce l'ha o ce l'ha avuto, quindi pensioni o cassa integrazione, oppure le associazioni cattoliche legate alla Chiesa nazionale, cioè il clero, l'istituzione Chiesa, che si batte sulla configurazione giuridica della famiglia e sui temi cosiddetti bioetici. Gli anziani non autosufficienti così come i poveri non hanno di fatto rappresentanza, non hanno lobbies, non hanno organizzazioni istituzionali.

Intervento

Secondo me uno dei motivi per cui non si parla in Italia di anziani oggi, è perché farlo significa anche proiettare il problema sul futuro, quindi su chi domani sarà anziano. Secondo me qui è in atto una delle più grandi mistificazioni del Ventunesimo secolo, cioè ci dicono lavorate se potete, con la formula che vi è più congeniale, ma sappiate, come qualunque esperto di scenari dice, che probabilmente da qui a venti o trenta anni non basteranno settanta anni per andare in pensione e chi avrà questa fortuna non arriverà ad avere il 30% del reddito che ha oggi, ma questo non ce lo dicono. In realtà tutti noi oggi stiamo lavorando e versando contributi per mantenere uno straccio di sistema pensionistico e più in generale di welfare, che paga quelli che oggi non lavorano, ma non stiamo assolutamente, come dire, mettendo da parte nel dindarolo, come si dice a Roma, soldi che poi serviranno per pagare il nostro welfare. Quindi parlare di anziani oggi, significherebbe parlare, per rifarmi al dibattito di ieri, di una grande paura, cioè la paura che da qui a vent'anni/trent'anni, la generazione più o meno adulta che si affaccerà poi alla vecchiaia non avrà più un sistema di produzione come quello di oggi. Oggi il giovane se ha problemi a pagare il mutuo, c'ha il padre, il nonno che l'aiutano, domani questi non ci saranno e saremo quindi completamente scoperti. Di vecchiaia non se ne parla dunque perché significherebbe proiettare in avanti una grandissima paura e soprattutto una grandissima mistificazione. C'è un'assoluta incapacità di gestire questo sistema da parte della politica e da parte dell'informazione che dalla politica dipende.

Cristiano Gori

Nella questione del falso invalido c'è tutto del rapporto tra il potere e il giornalismo

Io sono convinto che queste cose sono vere e anche che quelli che fanno i pezzi catastrofisti non aiutano... Hai ragione, quello che manca secondo me è discutere le scelte sui contenuti, e vi porto l'esempio della campagna mediatica sulla questione dei falsi invalidi, su cui ho fatto degli articoli in cui spiegavo tecnicamente perché era una cavolata, poi però al secondo articolo un ministro ha telefonato al mio giornale, ma questo l'ho saputo tre mesi dopo. Nella questione del falso invalido c'è tutto del rapporto tra il potere e il giornalismo. Tutto inizia così: ad aprile l'Inps rilascia il suo rapporto annuale dove si dice che le prestazioni di invalidità civile sono cresciute di 4 miliardi in cinque anni però viene pubblicata solo una parte del rapporto, e alcuni dati vengono tralasciati. I tecnici però guardano i dati, quindi si fanno dare le altre due righe che fino a quel momento nessuno aveva considerato ed emerge che è necessario distinguere tra pensione di invalidità che spetta a chi ha meno di 65 e ha delle invalidità e l'indennità di accompagnamento di 480 euro mensili che vengono dati per lo più agli anziani, quindi non stiamo parlando dello scandalo del falso invalido, al massimo dello scandalo del falso vecchietto non autosufficiente. Il fatto è che è cresciuta l'indennità di accompagnamento perché in sette anni sono aumentati i grandi anziani, quelli con più di 75, poi un altro motivo molto banale è che prima la gente non sapeva che ci fosse l'indennità di accompagnamento, adesso invece se andate a fare uno studio nel territorio l'infermiera e l'assistente sociale ti dicono che consigliano loro di chiederla.

Oggi il potere lo insidi sapendo controllare i dati e con la tecnicalità

Proprio per questo io sono convinto che oggi il potere lo insidi non parlando di sussidiarietà, di eguaglianza, ma sapendo controllare i dati, le tecnicalità , soprattutto in Italia che storicamente è invece un paese a bassissima tecnicalità. Fino ad un po' di tempo fa un anziano e in fondo anche i figli, pensavano che se pagavi le tasse i tuoi diritti fossero solo la pensione e l'ospedale. Questo significa che i servizi pubblici non si sono sviluppati abbastanza, si è sviluppato invece il fenomeno delle badanti, però le devi pagare. Come mai proprio in questo decennio l'indennità di accompagnamento è esplosa? Cos'è la peculiarità di questo decennio? Un motivo è perchè gli anziani sono ancora più anziani. L'Italia è il peggiore paese d'Europa per le politiche contro la povertà e la disoccupazione, come lo dimostra il fatto di usare la pensioni di invalidità per pagare le badanti. Questo è un argomento cruciale nel modo di pensare dell'élite italiana e anche ormai dei media italiani, che vale per tantissimi altri temi. In passato è vero che le prestazioni di invalidità sono state usate come ammortizzatore sociale nel meridione, famosa è la frase del 1984 di Ciriaco de Mita: "Se al Nord c'è la cassa integrazione, al Sud ci deve essere la pensione di invalidità". Semplicemente è un sistema che nessuno ha mai governato. Più frequento i decisori più mi convinco di questo. Io chiamo questo sistema la teoria del complotto o la teoria dell'incompetenza, ovviamente non ci faccio un articolo perché preferisco vivere... L'incompetenza dei decisori le persone non la percepiscono, ma la vedi quando frequenti un po' di ministeri, regioni, consiglieri...

Si potrebbe ad esempio fare un bel articolo sul perché si fanno tutti questi bizantinismi sul federalismo fiscale che entrerà in vigore dal 2017, quando in realtà le cose da fare sono molto chiare, se si volesse, però c'è tutto un gioco di rinvio costante a farle. Si potrebbe ad esempio contenere la spesa sanitaria in Calabria senza fare tanti decreti... Carlo Schiaffi l'ha dimostrato e ha detto che questo argomento di De Mita funziona pochissimo, perché è vero che in Calabria, in Campania, ci sono un po' più indennità di accompagnamento che però vengono usate come sussidio contro la povertà, per cui tu la dai al vecchietto e ci campa la famiglia, ma molto meno di quanto si pensi. E' dimostrato poi che dove c'è più povertà economica e minore istruzione, c'è maggiore non autosufficienza e maggiore disabilità. Questo è dimostrato ovunque ed è spiegabile...

Carlos Chiatti

E' una questione di stili di vita. A livello macro una scarsa educazione è legata a stili di vita meno salubri ed è dimostrato che chi vive in contesti deprivati subisce maggiore stress, o che un'alimentazione in media peggiore provoca più problemi di salute... Non guardiamo il caso puntuale, ma il generale, ad esempio le percentuali di fumatori ancora al sud sono più alte e il fumo è uno dei fattori di rischio principali per la maggior parte delle patologie croniche, lo stress, il bere, sono tutti stili di vita... In generale anche una bassa educazione dà anche, e parlo sempre in termini generali, un minor controllo sugli eventi, per esempio minore possibilità di scelta del lavoro da svolgere, e quando parlo di educazione mi riferisco a quella formale che vuol dire fino a un certo punto sicuramente...

Cristiano Gori

Perchè sono cresciute le indennità di accompagnamento

Viene da chiedersi come ha fatto a crescere così tanto l'utenza dell'indennità di accompagnamento, cioè se tutta questa gente ha fatto domanda perchè a tutti hanno detto di sì? Ci sono due motivi: uno che è molto tecnico, ossia che l'Italia è l'unico paese europeo dove non esiste uno strumento di valutazione per decidere se tu hai diritto o no all'indennità di accompagnamento, è chiaro quindi che sostanzialmente c'è poi un grado di discrezionalità elevatissimo nelle mani delle commissioni delle Asl che sono quelle che decidono.

Questo è cruciale: l'unica cosa che bisognava far emergere del dibattito sui falsi invalidi è appunto che siamo l'unico paese europeo dove vengono messi 12 miliardi di euro su una misura per la quale non esiste uno strumento di valutazione, è il motivo anche per il quale poi nei ricorsi, come dire, vincono spesso i ricorrenti perché non essendoci una regola non si può stabilire quando viene trasgredita. Non c'è un criterio di accesso chiaro. Le inchieste però non arrivano a questi ragionamenti.

L'altro motivo per cui questa misura è cresciuta è che sostanzialmente le Asl delle Regioni decidono se dartela o meno e poi la paga lo Stato, quindi ha ragione Sacconi quando dice che c'è un meccanismo incentivante. Adesso dal 2010 è cambiato ma fino al 2009 era così. Da domani, con il federalismo, si potrebbe cambiare questa cosa, perché lo Stato potrebbe dare ad una Regione i soldi solo in base ai dati sulle effettive indennità di accompagnamento e se la Regione ne eroga di più, se le paga. Questo sarebbe il concetto di fabbisogno, non sarebbe difficile, solo che sarebbe politicamente un caos. Quello che è accaduto è che semplicemente sono arrivate le badanti, le famiglie hanno avuto bisogno di soldi, hanno fatto domanda, questo sistema non aveva dei criteri di accesso chiari quindi ci si è potuto infilare e questo ha acquisito la funzione di contributo statale a favore delle badanti, ma il tutto nessuno l'ha governato.

I controlli straordinari sulle pensioni di invalidità sono un modo di riconoscere che le misure non funzionano

Continuiamo con la storia dei falsi invalidi: siamo al 19 maggio, il ministro Tremonti dice ai suoi consulenti di mettere nella manovra qualcosa contro i falsi invalidi . I suoi consulenti si mettono a lavoro ed è solo in questo momento che si accorgono delle ultime righe del rapporto dell'Inps e allora c'è il famoso week-end nel quale pensano, e inizia a girare sui media la notizia che ci sarebbe l'idea di destinare le indennità di accompagnamento non più solo in base al bisogno, ma mettendo anche una soglia di reddito. Tempo tre giorni e non se ne parla più ed è triste ma c'è un motivo: perché tutti capiscono che purtroppo con il falso invalido trovi il capro espiatorio perchè se metti questa roba politicamente vorrebbe dire togliere alle famiglie l'aiuto per le badanti... E' stato un puro calcolo... P ropongono di innalzare la soglia per le pensioni di invalidità dal 74% al 85%, per ricevere la pensione di invalidità. Il mitico sito Handylex del mitico Carlo Giacobini stima che questo porterebbe un introito allo stato di 33 milioni di euro annui, cioè zero... Io scrivo l'articolo in cui riassumo queste cose e quel ministro che forse potete anche intuire chi è, telefona al mio giornale e si incavola... Io non sono stato eversivo, ho semplicemente detto le cose come stanno.

In pratica pensano di alzare l'accesso alle invalidità dal 74% al 85%, Tremonti lo dice, lo mette nella prima versione della manovra e giustamente tutti i giornalisti e commentatori che non sanno una mazza su questo tema, fanno titoli del tipo "Prima stretta sull'invalidità", ma non facevano dei commenti perché non ne sanno nulla dell'argomento... A questo punto per farla breve, cosa succede? Che le lobbies delle persone con invalidità, in particolare la FISH con il suo presidente Pietro Barbieri, si mettono a fare lobbismo per evitare che questo accada, perché il problema del 74% a 85% beccherebbe poche persone, però ad alcune farebbe del male, ad esempio alle persone down e altre casistiche, sono solo circa 20mila persone però a quelle 20mila facevi veramente male. La FISH negozia con i governanti e riesce a far capire allo staff di Sacconi e di Tremonti che questo si presterebbe a una serie di articoli giornalistici sul singolo caso. Tornano indietro e cosa fanno a questo punto? Controlli straordinari, insomma per non mettere mani a queste materie e trasmettere sempre l'idea che ce se ne occupa, i governi, dal Prodi 1 in poi, hanno fatto spesso campagne straordinarie di controlli. I. La cosa incredibile è che poi i controlli vengono fatti sulle persone con meno di 67 anni, Tremonti ne aveva messi 200mila l'anno scorso, ne ha aggiunti altri 200mila, poi nei prossimi due anni ci sarà un controllo per ogni persona, mi sono spiegato? Tutta la macchina Inps si mette in moto, ma tutto questo è semplicemente per salvare la faccia. Questi controlli che vengono chiamati straordinari è evidente che sono un modo di riconoscere che queste misure non funzionano. In questo modo però non agisci sui sintomi e invece bisogna andare proprio sulle cause, queste misure vanno riformate mettendo dei criteri di valutazione uniformi in tutta Italia, che adesso non ci sono...

Il problema è far arrivare la tecnicalità al decisore politico

La cosa interessante è che poi gli studi ci dicono che queste misure da un punto di vista di benessere delle persone, dei veri invalidi, sono le peggiori in Europa come qualità , quindi da una parte ci sono un pochino di falsi invalidi, ma anche veri invalidi non autosufficienti, che vengono assistiti malissimo. Per alcuni 480 euro possono bastare, per i casi gravi no. Negli altri paesi queste misure sono graduate in almeno tre gruppi in base a quanto bisogno si ha, anche in base ai servizi che ci sono. Questo è l'altro punto: legare le prestazioni monetarie ai servizi alla persona. Il problema è portare questo al decisore. Anche noi abbiamo fatto un lavoro, un mega studio per il ministero, il problema è portare queste cose al decisore. Il problema dell'Italia è sapere fare: tutti sanno cosa bisognerebbe fare, il problema è farlo, mi sono spiegato? E' sempre pericoloso parlare perché poi è un attimo scivolare nella supponenza del professorino o queste robe qui, però il problema è proprio come far arrivare la tecnicalità al decisore politico.

Intervento

Il punto è che il falso invalido rimane e bisogna fare una scelta e ciò significa non farne un'altra perché le risorse sono scarse, e fare questi controlli non è un'azione a costo zero, costa fare i controlli, 200mila controlli straordinari costano, tenendo conto anche che alle risorse che abbiamo recuperato nello scoprire persone che beneficiavano dell'invalidità pur non avendone diritto, dobbiamo togliere il costo dell'aver fatto tutti questi controlli, che sono onerosi...

Gerardo D'Angelo - Infermiere della Comunità di Capodarco di Fermo

Sono infermiere qui della casa, ho trovato immediatamente molto interessante il discorso. Io ho una testimonianza, anzi più di una, che confermano il discorso che lei faceva prima. Ho accompagnato tanti disabili a visita e che cosa succede? C'è un elenco di patologie che sono esentate dal presentarsi personalmente a visita perché c'è un invalidità congenita, dalla nascita, oppure un invalidità permanente documentata dalla documentazione clinica. Allora in alcuni casi abbiamo spedito questa documentazione ed è stata accettata, invece adesso ho il caso di una ragazza con distrofia muscolare dalla nascita di cui abbiamo mandato la documentazione ma ci è stato risposto che la documentazione non è sufficiente, lei si deve presentare a visita e questo mi conferma che queste visite devono essere fatte semplicemente perché c'è una spesa già fatta. Questo provoca un disagio enorme. Ci siamo rivolti anche al sindacato il quale ci ha detto che è meglio andare. E' un'ingiustizia forte che dovremmo far emergere da qualche parte e lo faremo. Questa è la mia prima considerazione. L'altra considerazione è sulla storia dei falsi invalidi. Io vengo dal sud, Salerno, vivo qua da trent'anni, però ho vissuto vent'anni della mia storia al mio paese, sono andato via schifato per quello che era la vecchia gestione della Democrazia Cristiana e Partito Socialista, dove i falsi invalidi, compresi i miei compagni di scuola, hanno preso il posto Enel, Sip… insomma tutti gli enti parastatali dove era molto facile collocare questi falsi invalidi... Noi dovevamo conquistare mari e monti, poi dopo alla prima raccomandazione questi si sono sistemati, e io sono andato via... La considerazione è però: non ho mai visto un medico indagato perché ha concesso una falsa invalidità. Questa è un'altra cosa che dobbiamo far emergere, grazie.

Cristiano Gori

Voi come giornalisti sociali cosa potete fare?

Proviamo ad immaginare la quantità di numero di pagine che ha assorbito tutta questa storia dei falsi invalidi e la difficoltà che ci è stata a parlarne in modo non retorico e populista. Questi temi hanno una certa complessità tecnica e banalmente l'accesso all'informazione in Italia non è semplicissimo, soprattutto sul nazionale. Insomma, come un giornalista sociale che volesse, potrebbe cambiare il mondo?

Intervento

Essendo una giornalista farei così: racconterei delle singole storie, ma non per il particolare, ma perchè una vita, un episodio di tutti i giorni può arrivare facilmente...

Intervento

Che cosa può fare il giornalista? Studiare: se è vero, ed io penso che sia molto vero, che si colpisce il potere con le competenze, noi dobbiamo aumentare le nostre competenze. Per aumentare le competenze dobbiamo studiare, per studiare dobbiamo avere il tempo, e chi lavora in un quotidiano o in un telegiornale purtroppo non ha mai il tempo per studiare e allora servono o un seminario a Capodarco al mese, ma mi sembra difficile, oppure un collegamento molto forte con le fonti che ci forniscono i dati però già semilavorati, perché se io vado alla materia prima non ne esco vivo, non vado in onda, non pubblico e allora il problema è avere fonti affidabili che ti diano il prodotto semilavorato. Io vengo a Capodarco per entrare in contatto con i fornitori di prodotti semilavorati e penso che questa sia la strada più concreta, più a portata di mano.

Intervento

Questo delle storie rischia per noi di essere un alibi, la storia è facile, io vado da una persona disabile, racconto la sua storia, ma se non metto in relazione la storia con i dati, ho fatto un bel pezzo che non serve a niente. Allora preferisco fare un pezzo fazian-savianano, cioè un elenco di dati che però dicano qualcosa, piuttosto a queste storie di cui onestamente io non ne posso più...

Intervento

Mi è venuto in mente, parlando di storie da una parte e di inchiesta dall'altra, il divario che esiste nella ricerca tra il qualitativo e il quantitativo. Chi si occupa di qualitativo fa, osserva e descrive, chi invece di quantitativo guarda i dati. Per vocazione io preferisco guardare i dati, mi diverto così, però devo riconoscere che entrambe le cose sono importanti, perché senza l'analisi di tipo qualitativo, quindi senza la storia a volte il dato può essere di per sé difficilmente interpretabile. Secondo me, quindi, non dobbiamo scegliere tra l'uno e l'altro.

Intervento

Il mio direttore insiste sempre sulle storie, vuole più le storie, vuole anche i dati, ma vuole le storie a tutti costi, anzi a queste dà un ampio risalto, ma io non penso che possa funzionare, non so negli altri giornali, ma da noi non funzionerebbe mai.

Cristiano Gori

"Ideologi e banditi"

Credo che si potrebbe fare una storia d'Italia del sociale e chiamarla "Ideologi e banditi", perché queste sono le due categorie storiche. La sfida non è essere né l'uno né l'altro, bensì andare in mezzo ossia sulle tecnicalità, sulle scelte. Questa mia avversione a discutere di valori è proprio perchè sono deluso, perché è singolare che un paese che parla così tanto di famiglia, in realtà abbia un welfare del genere.

Il sociale costa troppo?

Ho un altro tema che voglio proporre: giornalisticamente com'è possibile che nei media si sia diffusa l'idea che il sociale costa troppo, che non abbiamo più soldi per sostenere il sociale? Questo ormai lo dice chiunque. Oggi la spesa per gli anziani è l'1,13% del Pil, se aggiungi i disabili vai da 1,13% a 1,5%, la spesa per il welfare il 25,8%, la spesa pubblica il 49%. ... Si tratta di scegliere e di spostare le risorse. Questo è un altro dei punti fondamentali. Siamo un paese dove circa la metà del prodotto interno lordo va in spesa pubblica e un quarto del prodotto interno lordo va in welfare. Io sono estasiato ad esempio di come si sia potuta diffondere l'idea che i nidi costano troppo per il bilancio pubblico, quando assorbono solamente lo 0,2% del Pil, si potrebbe fare un bel pezzo su questo. Io su questo non ho risposta però secondo me uno che fa il giornalismo sociale se lo deve chiedere. Quello che io e Carlos possiamo dirvi è che si potrebbero sviluppare i nostri settori compatibilmente con il bilancio pubblico, che questo comporterebbe delle scelte a favore dei nostri settori e a svantaggio di altri, perché dato che tu non puoi incrementare le tasse, ormai in Italia è tutta una questione di dare a qualcuno per togliere a un altro e quindi è una questione di rappresentanza di forza politica, però questo è un altro punto. L'argomento è che non ci sono soldi. Negli ultimi 10 anni la spesa pubblica è cresciuta di cinque punti del prodotto interno lordo. L'argomento non ci sono soldi in Italia viene usato per dire stiamo scegliendo altrimenti. Anche nell'ultima manovra sono stati mossi due punti di Pil per scelta a favore di alcuni settori perchè alla fine sono tutte scelte di priorità politiche. Questo secondo me è un altro tema cruciale per il giornalista sociale di domani. L'argomento non ci sono soldi non esiste, sono pochi ovviamente, però il punto cruciale è che bisogna scegliere e il ruolo della politica sarebbe proprio quello di scegliere e definire le priorità. In Italia l'attività di scelta viene fatta in maniera molto poco visibile, però viene fatta. E questo guardate che per voi sarà uno dei temi dei prossimi anni, perché adesso il filone sarà proprio che non ci sono soldi per il sociale.

Il sociale e livello locale

Importante anche la distinzione tra il sociale a livello nazionale e a livello locale. La nuova legislatura regionale se la gioca sui vecchietti, perché ormai gli unici soldi che sono rimasti, dato il pacchetto di scelte, sono quelli del fondo sanitario nazionale che non è stato tagliato, sono stati tagliati i fondi sociali ma non la sanità. Dentro al fondo sanitario nazionale c'è tutto il socio-sanitario per anziani e persone con disabilità e lì ci sono i soldi. Una regione non guadagna consenso su un ennesimo ospedale, mentre tutta l'attenzione è se faranno qualcosa per gli anziani. A livello nazionale è un problema di rapporto con la realtà semplicemente perché se tu sei un politico di Roma, la tua idea di welfare te la fai andando alle riunioni con il cardinale Bertone o col segretario generale della Cgil quindi non hai molto rapporto con la realtà. A livello locale mi sembra invece che il sociale sia cruciale, credo che su questo ci sia un aspetto legato a diversi contesti, legato al meridione, legato ai diversi leader politici, e posso fare un esempio. Adesso senza fare destra-sinistra, però in Toscana e in Emilia-Romagna sono stati spostati molti soldi sul sociale e sul socio-sanitario negli ultimi cinque anni e i due presidenti Martini e Errani tra le priorità hanno messo proprio gli anziani e i disabili, mentre in Lombardia non è stato fatto. Io rimango convinto che ci sia un grandissimo potenziale di consenso nel sociale, e a livello comunale si tende a difendere il budget sociale più di altro, almeno nel Centro-Nord.

Intervento

Riguardo l'amministrazione locale, io sono romana ma nasco contadina e vengo da un paese del viterbese. È uno dei pochi paesi in cui il comune paga le bollette alle famiglie che non ce la fanno, tanto che abbiamo avuto diverse famiglie che dal circondario si sono trasferite lì e questo ha portato la popolazione ad aumentare di quasi 1.000 abitanti in meno di 10 anni, ma non solo per questo, abbiamo anche molte badanti e molti immigrati, c'è stata anche un'impennata delle natalità. E' comunque uno dei pochi comuni del viterbese che dispensa di queste provvigioni e anche quello in cui l'amministrazione comunale ha puntato sui bambini e sugli anziani: hanno fatto una ludoteca accanto al centro anziani e degli orti urbani che sono gestiti dagli stessi anziani , in modo che ci fosse questo scambio tra vecchie e nuove generazioni per mantenere quelle che sono le vocazioni del paese. Questo è stato il loro cavallo di battaglia.

Cristiano Gori

Oltre a destra e sinistra c'è nazionale e locale

A me sembra che la vecchia regola per cui più sei vicino alla terra più il sociale è importante, funziona, infatti per i comuni è la cosa più importante, per le regioni lo è sempre di più . Devo dire che ho sempre più la sensazione che oltre alla divisione destra-sinistra, c'è anche quella tra i politici a livello locale e nazionale. Rimango convinto che su questo tema si potrebbero avere delle potenzialità anche di consenso pazzesche. Per esempio la riforma del povero Veltroni era tutta basata sul proporre alla politica queste cose qua. Visto che ho detto una cosa negativa sulla destra, voglio dirne una negativa sulla sinistra: la Social Card è stata la prima misura pensata per il 5% più povero della popolazione, cioè la povertà assoluta, non è granché, questo è empiricamente dimostrato, ma è più di quanto non sia mai stato fatto, perché il governo precedente Prodi-Ferrero aveva alzato le pensioni minime dei pensionanti, cioè sempre il discorso pensionanti, sindacati, tutto quel filone lì...

Io penso poi che non bisogna confrontare quello che viene fatto con quello che viene proposto, con l'ideale, certo che la sinistra ha fatto milioni di libri e di convegni sul tema della povertà, però non ha fatto tanto in concreto quando governava. Vi porto anche l'esempio della 328, la legge di riforma del sociale del 2000, che doveva introdurre tutte le misure contro la povertà, poi proprio la sinistra nella finanziaria non le ha introdotte.

Intervento

Non sono assolutamente d'accordo quando si dice che la sinistra non ha fatto nulla, ma soltanto dibattiti e invece la destra ha fatto qualche proposta concreta, semplicemente che la destra sa pubblicizzare bene quello che fa per farsi semplicemente campagna elettorale. La sinistra durante il governo Prodi 2, in quell'anno e mezzo in cui c'è stato questo respiro, con Padoa Schioppa ha introdotto un assegno familiare per gli anziani con pensione minima che è stato dato soltanto per un anno; il bonus è arrivato e non è stato pubblicizzato, non è comparso su nessun giornale, sono arrivati 250 euro e non 80 per i poveri, ma a chi aveva la pensione minima di 500 euro. Bisogna anche dire che il governo Tremonti ha introdotto delle penalizzazioni per le famiglie con un solo reddito, ossia famiglie composte da vedovi, con nessun figlio a carico, cosa di cui nessuno parla mai...

Cristiano Gori

Io l'ho fatto apposta per provocare, però i dati dimostrano che storicamente i governi di centro-sinistra fanno un po' più per il sociale di quelli di centro-destra però negli ultimi 15 anni nessuno dei due ha mai fatto una riforma strutturale su disoccupazione, povertà, non autosufficienza, la sinistra ha semplicemnete sempre messo un po' più di soldi. Il rapporto che hanno avuto in media in generale con la Social Card merita qualche attenzione, sto solo dicendo che io, che l'ho criticata, non ci andrei di punta contro perché comunque era qualcosa, che si può migliorare certo...

Carlos Chiatti

Un'analisi sociale dell'invecchiamento

Alcuni dati. Cercherò di essere meno noioso possibile, perché i dati a volte sono noiosi, se qualcosa non è chiaro mi interrompete, ma soprattutto tenete a mente che l'obiettivo di questi 15-20 minuti è di tenere a mente alcuni concetti sull'invecchiamento generale, perché l'idea che mi sono fatto parlando con le persone, è che l'invecchiamento è una categoria.

Lavorando su questo tema gioco forza mi sono dovuto porre delle domande insieme ai colleghi e abbiamo scoperto che in realtà l'invecchiamento può esistere come processo biologico tale per cui con il passare dei secondi noi in questo momento stiamo invecchiando, però se vogliamo fare un'analisi di tipo sociale, dobbiamo parlare di invecchiamento. Vorrei parlare un secondo delle caratteristiche del fenomeno, quali sono le cause, alcune cose sono molto banali, però volevo farvici riflettere velocemente e dopo di che vorrei parlare dei fattori frenanti.

L'invecchiamento è una cosa negativa?

L'altro giorno una signora non riusciva ad attraversare la strada e l'ho aiutata, e lei mi ha detto: "E' brutta un bel po' la vecchiaia... non la auguro a nessuno... e io gli ho detto "sì davvero che è brutto un bel po'...", in dialetto perché era di Ancona "però l'alternativa forse è anche peggiore...", allora si è messa a ridere ed abbiamo attraversato la strada... Quindi di per sé l'invecchiamento non può essere una cosa negativa, anzi. Mai nella storia dell'umanità, uso questo termine umanità, così grosso, ma mai era accaduto che porzioni così ampie della popolazione di una nazione o di alcune nazioni, potessero avere la possibilità di vivere così a lungo. Adesso così, per divagare, l'impero romano aveva conosciuto una sorta di fenomeno dell'invecchiamento, perché effettivamente la stabilità di quei tempi aveva permesso alle persone di vivere più a lungo, ma a questi livelli come oggi non è mai successo da che esiste l'homo sapiens. Quindi è un fenomeno che coinvolge tutto il mondo e quindi su questo riflettiamo, non è un fenomeno italiano, europeo, adesso lo è, ma a breve anche le nazioni che adesso sono le cosiddette emergenti, quindi Cina, Brasile, India, si troveranno ad affrontare uno scenario sociale nel quale la popolazione degli over 65 sarà almeno triplicata.

Come è mutata la popolazione italiana?

Assumiamo che esistono queste tre categorie sociali, anche se io non ci credo: ci sono i giovani, gli adulti e gli anziani. Allora questa è l'immagine stereotipata: l'anziano è quello col bastone, l'adulto in realtà sarebbe invece quella categoria che l'Istat identifica come la fascia d'età di coloro che possono stare sul mercato del lavoro, quindi i lavoratori. Come è mutata la popolazione italiana? Nel 1982 avevamo circa 7 milioni di anziani, invece la popolazione dei giovani era il 28% sul totale. Nel 2002, cioè vent'anni dopo, il sorpasso, la popolazione over 65 supera quella 0-17 anni, quindi i bambini si sono ridotti e adesso i signori col bastone sono cresciuti. Adesso abbiamo in Italia all'incirca 12 milioni di over 65, mentre i giovani minorenni sono sotto gli 11 milioni. Poniamo la domanda: e domani? Questa è la previsione dell'Istat, e voi sapete che le previsioni sono utili perché bene o male dovrebbero governare l'azione di oggi, però ovviamente sono perfettibili: nel 2030 possiamo prevedere che ci saranno 16 milioni di over 65 e sotto una base molto più bassa di giovani di circa 10 milioni. Qual è la causa di questi mutamenti di queste dimensioni? Alcune le conosciamo. La più famosa ed immediata è l'aumento dell'aspettativa di vita. Non so se vi ricordate che tempo fa un politico, di cui non facciamo il nome, ha che vivremo fino a 120 anni, ve lo ricordate? Io credo che qualcuno del suo staff avesse letto questo articolo di due demografi, dei mostri sacri della demografia, che hanno fatto questo tipo di lavoro: hanno preso fino a che avevano dati disponibili l'aspettativa di vita nelle popolazioni e hanno visto che l'aumento di quest'ultima, cresceva in maniera esponenziale col passare degli anni, cioè la crescita era lineare. Quindi se nel 1840 questa era l'aspettativa di vita delle donne e le più longeve erano le svedesi, con circa quarantacinque anni di media, oggi il record spetta alle giapponesi e ci stiamo avvicinando ai novant'anni di vita media. Hanno quindi dedotto che se l'aspettativa di vita è cresciuta in maniera lineare negli ultimi 160 anni, perché non dovrebbe continuare così? Al di là della validità di questa osservazione che io perlomeno non condivido, comunque i 120 anni erano giustificati da questo. Perché non lo condivido? Perché è come la storia del tacchino che si pensava furbo perchè aveva capito che ogni mattina circa un'ora dopo che il gallo cantava lui avrebbe ricevuto il suo cibo e allora se ne stava tutto bello tronfio con questa convinzione, finché non arrivò il giorno del ringraziamento in America... Allora questa osservazione di questi colleghi mi sembra uguale, siccome è cresciuta in maniera esponenziale fino ad adesso diamo per scontato che sarà così anche domani.

Perché è aumentata l'aspettativa di vita?

Ci sono tanti motivi: per le migliori le condizioni igieniche, per il variare della dieta, per il mutamento dei consumi, per una migliore assistenza sanitaria, non da ultimo sono diminuite le morti violente e quindi in generale di media si vive di più, in Italia anche grazie alle badanti, per un maggiore individualismo, e desiderio di autodeterminazione... Sono crollate invece le nascite, fa abbastanza impressione pensare che in Italia nel 1964 nascevano un milione di bambini l'anno e oggi siamo arrivati intorno ai 500-600 mila e anche sui motivi di questo potremo starne a disquisire tutto il giorno... Il fatto che in Italia le nascite sono crollate più che in ogni altro paese europeo, fa pensare che ci siano anche dei motivi caratteristici del nostro paese, quindi legati anche alle politiche per la famiglia, perché altrimenti dovremmo cercare di spiegarci in qualche modo la differenza con quello che è in Francia per esempio dove il tasso di fertilità non ha sperimentato questo crollo. E' evidente che la tendenza veramente marcata è di cambiamento, parafrasando il concetto per cui ogni cambiamento dentro una società conosce la resistenza e quindi dobbiamo analizzare sia la tendenza verso il cambiamento che quella verso la resistenza; possiamo quindi individuare alcune controtendenze a quest'invecchiamento ed è secondo me interessante farlo, specialmente perché la principale tendenza che rallenta l'invecchiamento in Italia è l'immigrazione, possiamo definire l'immigrazione una sorta di antidoto naturale all'invecchiamento, noi stiamo invecchiando però arrivano giovani da altri paesi. Se i dati suggeriscono che c'è stato un incremento, infatti siamo passati dai tempi bui di 0,7 figli per donna in età fertile, a 1,4 figli, in realtà vediamo che questo è dovuto agli stranieri, perché un neonato su 10 in Italia è straniero e probabilmente sarà italiano. Certo è che se torniamo ai dati distorti, quindi alla massa, i bambini rimangono sempre pochi rispetto a quelli di una volta. Un mio collega dice che i protagonisti di domani saranno gli stranieri anziani e le seconde generazioni, dobbiamo quindi definire lo scenario della società italiana di domani, quando avremo le seconde generazioni, ossia tanti bambini stranieri che stanno crescendo e che diventeranno italiani.

Il segreto per invecchiare in salute

Il segreto della longevità secondo i genetisti e i colleghi che si occupano di invecchiamento attivo, prevede tre ingredienti. La prima è la componente genetica, per una certa proporzione quindi è scritto nei nostri geni se siamo predisposti ad invecchiare. La componente ambientale, e questo lo comprendete, dipende da dove viviamo. E poi la componente stocastica, detto in parole povere il caso. Dal momento che gli studi hanno dimostrato che ai fini dell'invecchiamento la componente genetica conta per il 25-30% e quella ambientale per il 20%circa, il segreto per invecchiare in salute nel 50% dei casi è determinato da dove viviamo e come viviamo, quindi lo stile e l'ambiente di vita, come dicevamo prima.

Carlos Chiatti

E' necessario distinguere tra Terza e Quarta età

Il problema è che oggi noi abbiamo tre età: Prima Età, Seconda Età, Terza Età, e forse è il caso di cominciare a parlare di Quarta Età. Tra l'uomo con la tuta da lavoro e il signore con il bastone abbiamo questo grosso periodo di nuova vita che è ancora incerto a livello di codifica, non l'abbiamo ancora assimilato, però esiste e lo vediamo tutti i giorni.

Abbiamo visto che gli over 65 sono il 20,3% della popolazione, quindi nella concezione classica sarebbero gli anziani, oggi sono circa 12,2 milioni di persone di cui 3 milioni e mezzo sono over 80 e in generale le regioni del nord sono quelle più longeve. Andiamo a vedere veramente chi sono: c'è l'anziano non autosufficiente ossia chi non può vivere da solo, che ha bisogno di essere aiutato. Questa è una definizione colloquiale, nella pratica c'è chi si è preoccupato di vedere quali sono le attività della vita quotidiana e di usare uno strumento che è in grado di dirgli se una persona non è autosufficiente o lo è analizzando le attività della vita quotidiana che una persona riesce a fare: lavarsi, vestirsi, andare in bagno, spostarsi, controllare la continenza e alimentarsi ecc. Sulla base di questo strumento si stabilisce se si è autosufficienti o meno. Quanti sono fra questi over 65 le persone effettivamente non autosufficienti? Le stime più recenti che abbiamo parlano del 18,7%, ciò significa che sono circa 2 milioni di anziani, quindi di tutta questa platea di anziani di 12,2 milioni, in realtà quelli con problemi di autosufficienza sono solo circa 2 milioni. In teoria di questi si dovrebbe occupare il welfare. Ma allora chi sono gli altri? L'Istat ha fatto una sorta di questionario a questi over 65 con domande del tipo "Come sta la sua salute in generale? Vivete molto bene, bene, discretamente?"; solo il 3,5% ha detto che il proprio stato di salute va male, quindi parliamo perlopiù di persone in salute. Quello che sappiamo è che generalmente sono persone in buona salute e generalmente sono persone che grazie alle pensioni non stanno peggio dei giovani, molti quindi sono una risorsa. Ricordiamoci sempre che in Italia l'80% della popolazione anziana ha una casa di proprietà.

Il volontariato come antidoto contro l'invecchiamento...

Nel mondo ideale, in letteratura, tra le soluzioni che spesso vengono indicate per ritardare l'invecchiamento, c'è il volontariato , perché se una persona in pensione che sta in buona salute e ha tempo libero, si impegna sul sociale, è dimostrato che vive anche più a lungo, perché tenendosi in attività e quindi avendo più relazioni sociali, un network anche sociale più esteso, ritarda la non autosufficienza, quella fase che comunque, è come la vecchiaia, se non arriva vuol dire che è successo qualcosa di brutto prima. Solo che concretamente non è così. Ultimamente si era parlato di un decreto-legge che prevedeva per gli impiegati del pubblico la possibilità di prepensionamento due anni in anticipo se si dimostrava di fare volontariato in un'associazione, però io penso che non sia stato neanche convertito il decreto e comunque dal momento che nessuno di noi qui ne ha sentito parlare, vuol dire che l'impatto è stato molto limitato, però decisamente quello sarebbe un grande tema del dibattito politico.

Gli anziani non autosufficienti

Su circa 2 milioni e passa gli anziani non autosufficienti, circa 140mila vivono in strutture, una caratteristica tutta del nostro welfare . Questi 2 milioni di persone hanno bisogno di assistenza continuativa che è molto onerosa per le famiglie. Il welfare, che prevede questa grossa ripartizione tra pensioni, sanità e sociale, include anche un sottosistema che si chiama appunto il sistema dell'assistenza continuativa. Questo sistema si forma semplicemente nel momento in cui alcuni di questi servizi sono finalizzati al non autosufficiente. Alcuni esempi. Abbiamo detto prestazioni monetarie per non autosufficienti, quelle dell'indennità di accompagnamento, dell'assegno di cura che è una forma di trasferimento fatta a livello comunale, abbiamo i servizi domiciliari che possono essere di natura sociale e sanitaria, e quelli di natura sociale in Italia spettano ai comuni che possono essere i pasti a domicilio, il servizio di compagnia però è una situazione che varia molto in Italia, perché dipende dal comune dove si ha la fortuna o la sfortuna di risiedere. Abbiamo poi l'assistenza sanitaria a domicilio, che più comunemente si chiama ADI e sarebbe l'assistenza sanitaria più pesante che viene fatta casa dagli infermieri e anche col coordinamento del medico di base. Abbiamo poi la residenzialità e qui torniamo alla domanda di prima, che significa semplicemente che l'anziano non vive più presso il suo domicilio, ma è assistito in una struttura che è adibita a questo. Siccome la non autosufficienza non è uguale per tutti, esistono diverse gradazioni, abbiamo diversi tipi di struttura a seconda dei bisogni dell'anziano. E' complessa la situazione perché come esistono diversi gradi di non autosufficienza, esistono diversi tipi di strutture, quindi abbiamo dei grandi anziani che in struttura costano 2.200 euro al mese e quindi in quel caso la convenienza non si disquisisce e abbiamo invece anziani che hanno bisogno di assistenza a casa...

Le badanti o meglio assistenti familiari

Cosa facciamo di questi 2 milioni di persone? Il grosso dell'assistenza la coprono l'accompagno e la badante. Una stima che tiene conto di tutti i problemi che sapete ci sono nel rilevare il numero di badanti, quantifica che circa il 7% degli anziani in Italia ha la badante, probabilmente se prendiamo i non autosufficienti quella percentuale schizza in maniera molto più elevata. Cercherò di usare il termine assistenti familiari perché il termine badante dequalifica la professionalità e il lavoro. Esiste dappertutto la migrazione dei lavoratori del sociale e della sanità, è un fenomeno che riguarda tutto il mondo, tanto che in Canada e negli Stati Uniti addirittura un medico su cinque è straniero, come succede in Inghilterra, in Germania, in Austria. In Italia invece abbiamo una situazione particolare e diversa dalle altre nazioni. In Italia nel 1991 avevamo 180mila lavoratori domestici, siamo arrivati nel 2007 a 600mila contratti registrati. L'incidenza di questi stranieri su questi contratti era prima del 16%, mentre adesso è quasi l'80%, quindi ogni quattro contratti registrati presso l'Inps per lavoro di tipo domestico abbiamo uno straniero. Ovviamente è difficile capire quante sono realmente perché bisogna considerare che esiste tutta la componente del lavoro in nero, si dice che siano 770mila stranieri nel settore.

Se guardiamo ai settori di impiego del lavoratore straniero, vediamo che in Italia lavorano perlopiù nelle famiglie, naturalmente non è una sorpresa se pensiamo che i servizi sono così scarsamente diffusi.

Cristiano Gori

In aggregato la spesa sociale non è stata tagliata

Vi vorrei inoltre dire che non è vero che il governo ha tagliato la spesa sociale.L'ammontare totale delle risorse sul sociale non è diminuito, è stato spostato dai servizi alla persona, alle prestazioni monetarie, neanche tanto consciamente, ma questo è accaduto, quindi in aggregato il governo non ha tagliato la spesa sociale. Questo significa che l'Italia storicamente viene criticata perché ha troppe prestazioni monetarie e troppi pochi servizi. Negli ultimi 10 anni è andata ulteriormente in questa direzione, e questo significa che lo Stato ti dà i soldi però poi devi fare tutto da solo, è chiaro? Questo è un punto cruciale per un giornalista sociale, il nocciolo è mettere in evidenza che se cambia la società, devono anche cambiare le risposte...

Riassumendo

Sull'anziano il sistema mediatico utilizza il meccanismo della rimozione, per cui il discorso di prima è chiarissimo, perché da una parte non puoi andare a toccare lì perché è la vita di più di 10 milioni di persone, quindi non vai a trovare le risorse lì, però d'altra parte non ne parli neanche perché la gente non ama pensare che sarà vecchietta. Si va invece a toccare la disabilità perchè la maggior parte della collettività la vede come qualcosa di lontano da sé e questo è così purtroppo, sene può fare un tema giornalistico. Questo è triste, però va detto perché se voi fate giornalismo sociale del futuro, questo vi ritornerà.

Ragioniamo sempre sulla qualità degli interventi, perché abbiamo visto che se in Italia non governi le scelte, accade che per esempio se una misura per alcuni va bene magari per i casi più gravi è inadeguata.

Io sono veramente convinto che ci sia uno spazio di pubblico competente che aspetta questo tipo di risposte serie. Il fatto che l'Italia sia così in ritardo su questo o meglio non c'è quasi niente, vi dà veramente un vantaggio perché ci sono un sacco di spazi... quindi in bocca al lupo.

* Testo non rivisto dagli autori.