Emilia ZARRILLI
Primo prefetto della nuova Provincia di Fermo.
ultimo aggiornamento 27 novembre 2009
SCARICA IL PROGRAMMA COMPLETO (PDF)
LEGGI IL TESTO DELL'INTERA SESSIONE*
Vinicio Albanesi
Oltre a portare i suoi saluti, la dottoressa Zarrilli, che non fa parte di quella categoria di funzionari che sono una rappresentanza dello stato sabaudo, bensì una donna che ha una sua storia che è molto attinente ai nostri problemi, entrerà nel dettaglio di tematiche di cui tratteremo noi dato che nella sua vita professionale si è occupata, avendo lavorato per il Ministero dell'Interno, di temi a noi cari, in particolar modo di immigrazione. Ci è utile capire anche come si vive e come si affronta dall'interno delle istituzioni questo fenomeno.
Emilia Zarrilli
Mi fa piacere essere qui con voi oggi, avrei voluto esserci in un'altra veste, cioè di quella che come voi affronta questi problemi dal di dentro, invece ci sono in una veste un po' particolare, quella di prefetto di una nuova provincia, ma questo non m'impedisce di ricordare un passato lavorativo a cui sono molto legata. Nel mio passato lavoro mi occupavo di finanziamenti di progetti per l'integrazione di persone affette da un disagio di qualsiasi tipo come ad esempio immigrati e carcerati.
In particolar modo ci tengo a parlare dell'integrazione degli immigrati perché ho insistito tanto nel mio lavoro su questo tema . Io avevo un progetto, l'integrazione giuridica, molti parlavano dell'integrazione sociale, del lavoro e altre forme d'integrazione tutte indispensabili. Io parto dal presupposto che il primo momento d'integrazione è quello giuridico, cioè la posizione giuridica dello straniero che arriva nel nostro paese. L'immigrato può avere tutte le altre forme d'integrazione quando è sicuro e tranquillo di avere il fatidico pezzo di carta, il permesso di soggiorno, il nulla osta al lavoro e tutto ciò che consegue, perché comunque con quello può iscrivere i figli a scuola ecc. Cosa intendo quando parlo d'integrazione giuridica? Noi dall'Italia richiediamo uno straniero per dare un lavoro, il che significa che ne abbiamo bisogno, oppure gli diamo l'illusione di arrivare a trovare lavoro da noi, quindi arriva come clandestino. Quando lo richiediamo dobbiamo fare in modo che lo stesso abbia i diritti che la legge gli riconosce ma è anche vero che la legge sull'immigrazione è farraginosa, complessa e complicata. Quando sono arrivata all'ufficio immigrazione non sapevo niente di normativa a riguardo e leggendola mi sono detta: oddio, questo è il mio mestiere e non ci capisco niente e come fa uno straniero a seguire tutti questi passaggi? Queste sono le prime forme di barriera che noi istituzioni poniamo per l'integrazione giuridica, io non parlo d'altro perché il mio ruolo è questo.
Come fare per facilitare il percorso verso il riconoscimento giuridico? Io sono una che deve semplicemente far rispettare le leggi e ciò lo si può fare in un solo modo: interpretandole nel senso più essenziale. In che modo? Nel mio ufficio avevo una media di 700 immigrati al giorno tutti con lo stesso identico problema, quello di accelerare le procedure. Le procedure sono farraginose, in una città come Roma potete immaginare le lungaggini, tutto era ordinaria amministrazione, ma in mezzo all'ordinaria amministrazione c'erano le decine, le centinaia di casi quotidiani eccezionali. È chiaro che bisognava avere l'intuizione anche un po' sottile di capire chi ti sta davanti, quindi in questi casi una persona che interpreta e fa rispettare la legge non può assolutamente, a mio dire, restare estranea a questi sentimenti; così non facevo altro che prendere la singola pratica, accelerare la procedura e fare in modo che anche in tre giorni si potessero sollecitare situazioni che di per sé erano disperate. Vi dico questo perché i primi tempi tutto il personale mi si è ribellato contro dicendomi: "ma lei ci fa lavorare tre volte tanto, ma i suoi ritmi non li reggiamo, ma noi così non possiamo andare avanti…". Le prime resistenze quindi sono venute dal di dentro, non era cioè la norma che ti impediva di realizzare quello che dovevi fare. All'improvviso il sistema, come dire, è diventato più fluido, non è stata un'operazione semplice come la racconto ora, ma è stata lenta e progressiva, però poi il risultato c'è stato. Devo anche dire che mancava la motivazione del personale perché quando sono arrivata era l'ultimo ufficio d'Italia a Roma a dare i nulla osta agli stranieri, poi però abbiamo risalito la china e siamo arrivati ad essere il primo ufficio in Italia e c'è stata la soddisfazione da parte di tutti. Questo si è ottenuto accelerando i tempi e anche prendendo a cuore le situazioni difficili. Certo in mezzo alle centinaia di situazioni difficili, qualcuna poco vera ci sarà stata, però il 90% erano tutte situazioni incredibilmente vere. Vi porto un esempio: nei primissimi giorni in ufficio mi viene un albanese, in linea di massima l'aspetto di albanese non era molto rassicurante, quindi io ero particolarmente pronta anche ad essere aggressiva; il signore rude ed onestamente neanche bello, mi si è gettato ai piedi con le lacrime agli occhi così gli ho chiesto cosa avessi fatto per lui e mi rispose: "lei mi ha ridato la vita perché mia moglie mi voleva lasciare con la convinzione che io non la volevo più in Italia, perché erano due anni che aspettavo il ricongiungimento familiare e lei si era convinta che avessi un'altra donna". Allora mi sono veramente resa conto quanto era importante per gli altri il nostro lavoro. Sembra che sto raccontando una banalità però bisogna arrivarci piano piano. L'esperienza che ho fatto in quell'ufficio in un anno è stato veramente fortissimo. Ieri stavo qui fuori, in tre quarti d'ora ho ricevuto 3 o 4 telefonate da associazioni di stranieri a Roma che dicevano di non riuscire più ad avere lo stesso colloquio che avevano con me perché non sempre è facile trovare dall'altra parte soggetti che interpretano col cuore i problemi degli altri. Insomma, questa è la mia piccola testimonianza e non aggiungo altro. Quando io parlo d'integrazione giuridica intendo facilitare l'ingresso regolare degli stranieri sul territorio, che è la prima fase. Sempre come istituzione, oggi abbiamo cercato di dare una possibilità in più con la soluzione sulle badanti che non molti hanno potuto cogliere perché è una soluzione economicamente esosa però in qualche modo l'opportunità è stata data.
Il discorso sulla cittadinanza: quale migliore integrazione giuridica della cittadinanza?Penso comunque che bisognerebbe anche ridurre i tempi tecnici per l'ottenimento della cittadinanza, non discuto se devono essere 5 o 10 anni gli anni di residenza in Italia, ma non accetto che si debbano impiegare 3 anni per le pratiche burocratiche; i tempi si sono allungati e non seguiamo più il rispetto delle regole che è il dovere delle istituzioni. Io non aggiungerei altro e vi auguro solo buon lavoro, grazie. Una piccola testimonianza per esservi vicina.
Vinicio Albanesi
Io la ringrazio per questa sua presenza, perché noi abbiamo sempre una visione dei funzionari dello stato che è negativa, di quelli che fanno nulla, che sono disumani, in parte è vero, in parte però no, perché ci sono comunque persone sensibili, attente e intelligenti, e tra queste io annovero anche la dottoressa Zarrilli. Grazie a voi tutti.
* Testo non rivisto dagli autori.