Interventi di Claudia Segre ed Enzo Bianchi. Conduce Loretta Napoleoni
Claudia SEGRE
Analista finanziaria, responsabile area Fixed Income in Abaxbank, Gruppo Credito Emiliano, è vicePresidente dell’Assiom (Associazione italiana operatori mercati dei capitali).
ultimo aggiornamento 28 novembre 2008
Enzo BIANCHI
Direttore di una filiale Banca di Credito Cooperativa nella provincia di Ancona.
ultimo aggiornamento 28 novembre 2008
Loretta NAPOLEONI
Economista, esperta di finanza e di terrorismo, consulente di importanti organismi internazionali, collabora con diverse testate giornalistiche nel mondo e in Italia (tra cui Internazionale); i suoi ultimi libro sono “Economia Canaglia” e “I numeri del terrore. Perché non dobbiamo avere paura” (entrambi Saggiatore, 2008). Vive a Londra.
ultimo aggiornamento 28 novembre 2008
SCARICA IL PROGRAMMA COMPLETO (PDF)
TESTO DELL'INTERA SESSIONE*
Claudia Segre
Dopo anni di esperienza nel mio settore, ho iniziato a fare il trader e ho svolto tale attività per 15 anni, ho guidato tre team e questo mi ha permesso di potermi prendere cura di giovani studenti universitari, perlopiù donne; ho sempre posto una grande attenzione a formare gruppi che trovano nei giovani il supporto vincente di un"attività di trading, che deve basarsi, come diceva prima Loretta Napoleoni per quanto riguarda il giornalismo, in una grande umiltà e senso dell'etica.
Il mio obiettivo è stato sempre quello di coltivare dei giovani che lavorassero secondo dei principi ben chiari e dove quindi il guadagno è l'ultimo obiettivo. Dietro la nostra attività c'è molta fatica per una questione di approccio di studio e per l'attenta ricerca delle fonti che sono in parte giornalistiche; oltretutto attingiamo a fonti che sia sul piano nazionale che internazionale, tengono conto allo stesso tempo di quelle locali e non solo delle agenzie. Un punto cruciale che lega il mondo della finanza a quello del giornalismo è conoscere le lingue, un grosso problema in Italia: ad esempio nel periodo della fusione di Unicredito diverse persone di diversa nazionalità si trovavano da 3 distinte sedi - Monaco, Vienna e Milano - a gestire un meeting europeo di fusione dove la lingua inglese era quella ufficiale (riunioni, documenti, mail…). Io ad esempio nel fare le selezioni scelgo sempre giovani che sappiano almeno due lingue oltre l'italiano.
Esserci per fare la differenza
Come Loretta, che diceva prima di non leggere molto i giornali italiani, anche io purtroppo sono arrivato a questa conclusione perché nella maggior parte di essi, anche in quelli imminenti, trovo le stesse notizie tradotte dal Financial Times o dal Wall Street Journal del giorno precedente.
Direi che è obbligatorio per noi che ci occupiamo di mercati internazionali, acquisire dai giornali locali, fare confronti e poi farci la nostra idea, esattamente come fate voi. Il problema è che siamo di fronte ad un mondo che è totalmente cambiato a livello internazionale, non è più il mondo di quei cronisti, di quei viaggiatori dell'epoca di Fosco Maraini e Tiziano Terzani oppure quello di una cara amica che non c'è più, Maria Grazia Cutuli, caratterizzato da un certo spirito di fare giornalismo di servizio e questo dovrebbe essere lo spirito di qualsiasi lavoratore, tanto più quando devi gestire e dare notizie. Questo spirito di servizio si trova in un contesto difficile, un contesto che è diventato più pericoloso, certi viaggi epici non si possono fare più, certe misure di sicurezza sono limitanti, ormai a tutti i meeting internazionali siamo blindati negli alberghi, le misure di sicurezza sono imponenti perché il rischio terrorismo ha permeato tutta una serie di attività, anche di business.
Questo è il mondo che ci troviamo di fronte, che è cambiato e quindi mi rendo conto che per voi è molto difficile da raccontare, ma l'importante è esserci.
L'importante è esserci per poter fare la differenza rispetto alle notizie che troviamo su internet e che vengono semplicemente rincollate, come molti fanno; la differenza è dare quel valore aggiunto che deriva dallo studio, dalla memoria, dagli anni di grosso approfondimento e anche dalla possibilità di essere in loco. Faccio un pratico esempio: a me è capitato di ricevere una delegazione di una banca islandese nel mese di marzo che nessuno in Italia voleva ricevere e da qui con i colleghi del team abbiamo iniziato un'analisi approfondita sul paese, scoprendo che i numeri economici erano pessimi ormai da tempo, che l'esposizione delle banche era 150 volte in percentuale rispetto al Pil del paese e quindi abbiamo iniziato a pensare che forse questa correzione nei prezzi non era una pura speculazione, forse c'era qualcosa di pesante, di sbagliato nelle valutazioni di queste banche. Abbiamo perciò emesso un warning ad aprile con uno studio sull'Islanda e le sue banche, nel quale ponevamo il dubbio che questa correzione in atto potesse essere solo l'inizio di una più grande che poi ha portato l'Islanda al quasi fallimento.
Questo per dimostrare che non possiamo semplicemente addormentarci o limitarci alle prime notizie che riceviamo, ma dobbiamo andare nel profondo delle cose da un punto di vista macro-economico finanziario e tirare delle conclusioni nostre senza guardare troppo alle agenzie di rating. Quindi è basilare un grosso impegno allo studio, non accontentarsi delle prime verità e soprattutto di certe valutazioni approssimative.
Vorrei ricordarvi che la Lehman Brothers, il colosso bancario statunitense, ha mandato suoi delegati per ben 3 volte ad Abu Dhabi a chiedere prestiti, dopo essere stati tacciati di brutti e cattivi, essere stati costretti a firmare un codice etico…
E' stato automatico chiedersi che forse c'era qualcosa che non andava… Vi ricordo anche che nessun giornalista finanziario ha parlato di un incontro che il tesoriere della Lehman ha avuto in Italia con pochi fortunati per spiegare i conti della banca; a quella presentazione ci è stato detto che la banca aveva 25 miliardi di dollari di liquidità cui aggiungere altre riserve per un totale di 45 miliardi di dollari, in una botte di ferro dunque; dichiarò anche che il sistema di controllo della liquidità era sottoposto a una revisione indipendente, fatta dall'esterno.
Alcuni dei presenti a questo incontro hanno fatto degli appunti e posto dei dubbi ma il tesoriere ha ripetuto che non c'era alcun problema…
Dopo poco la Lehman Brothers è fallita: l'hanno fatta fallire perché è una controparte facilmente trasformabile in capro espiatorio, ma soprattutto perché si trattava di una banca che forniva servizi finanziari via piattaforma elettronica, quindi milioni e milioni di operazioni, semplici operazioni sui cambi, sui titoli, sui derivati e quindi anche noi che siamo un'entità di livello medio come tante altre banche, ci siamo trovati a dover regolare un notevole numero di operazioni, dove la gamba, la parte chiusa con Lehman non c'era più. Quello che è successo non solo sta colpendo pesantemente il sistema bancario internazionale ma anche il mondo della formazione perché non c'è più nessuno che si iscrive a corsi di finanza e simili.
La mistificazione delle realtà finanziarie
Altro punto importante sono i casi di lampante mistificazione di quelle che sono le realtà finanziarie, ne è esempio il discorso di un ministro georgiano che a porte chiuse ci ha detto: "questa operazione d'immagine ci ha fatto guadagnare circa 6 miliardi di dollari…." e noi stupiti a chiederci come si potesse denominare operazione d'immagine, un'azione che ha portato ad una guerra…
In quel momento l'Islanda - un Paese Nato - era vicina al fallimento e quando i russi erano pronti a prestargli dei soldi, improvvisamente c'è stato un intervento concertato dai paesi del nord Europa per sostenerla, piuttosto che permetterlo ai russi…
Enzo Bianchi
I soci fanno le banche
Noi non dobbiamo rispondere a nessun padrone, tanto per dirlo in termini chiari. I nostri clienti possono diventare soci. La mia banca opera in provincia di Ancona, a Filottrano, abbiamo 12 filiali, 105 dipendenti e 2000 soci. I soci sono tutti nostri clienti, ma quest'ultimi nel totale sono molti di più, saranno 20 mila, e quelli un po' più sensibili diventano soci. Diventare soci di una banca cooperativa è facile, nel nostro caso la quota è di 300 euro, quindi non è inaccessibile. Il concetto è che chi diventa socio deve condividere i valori che animano la nostra operatività. Le prime Casse Rurali sono nate in Germania, esattamente a Altenkirchen dove viveva il fondatore, un certo Guglielmo Raiffeisen, sindaco di un piccolo centro e che in momento in cui i cittadini stavano vivendo delle difficoltà per l'ottenimento del credito, ha pensato di mettere insieme le risorse degli abitanti secondo il principio di chi ha qualche soldo lo metta qui a disposizione, chi ne ha bisogno lo prenda. Questa formula si è rilevata vincente anche per i tempi recenti: è vincente perché se la gente prende i soldi dei compaesani, di chi conosce, li restituisce. In Ecuador ad esempio da 30 anni sono nate - per opera di un italiano, Giuseppe Tonello - 800 casse rurali (la nostra denominazione, prima che la legge c'imponesse di cambiare nome era Casse Rurali ed Artigiane). Bebi Tonello andato lì per un'operazione di volontariato 30 anni fa, ha poi conosciuto una donna, si è sposato, ha messo su famiglia; ha pensato poi che questo modello di banca alternativa potesse funzionare anche lì per, in qualche modo, combattere la crisi, l'usura, la povertà. L'Ecuador è un paese di 13 milioni di abitanti di cui il 70% vive ancora sotto la soglia della povertà, il che significa meno di 2 dollari al giorno a disposizione; la mortalità infantile si attesta ancora al 5%. In Ecuador parliamo di microcredito, prestiti da 100, 80, anche 20 dollari, per acquistare i semi per il campo, le pale, le zappe, per tutto ciò che serve per produrre ricchezza. Questi prestiti vengono restituiti quasi al 100%, proprio perché la gente capisce che quel tipo di banca non è uguale alle altre. Innanzitutto avrebbero difficoltà ad accedere al credito su altre banche, però se è la banca del loro paese, se è la banca che gestisce i depositi, diciamo, dei vicini di casa, è difficile che uno faccia il furbo e non lo restituisca, magari ci si spezza in due ma si restituisce il prestito. Queste sono le nostre origini di 100 anni fa, questo è tuttora il modello che funziona in Ecuador e che sta nascendo in Argentina. Io ho qui un mio collaboratore che si chiama Alessandro che segue l'ufficio soci e responsabilità sociale, lui stesso ha fatto da spalla a un immigrato del Congo che è ritornato nel suo paese con l'idea di mettere su almeno una cassa rurale. Ecco noi siamo banche che operiamo in questo modo, siamo autonomi, rispondiamo solo ai nostri soci, facciamo parte di un gruppo che in Italia oggi è costituito da 440 banche di credito cooperativo, raggruppate tutte in una federazione e tutti insieme gestiamo una quota di mercato che è pari al 7% dei prestiti, degli impieghi detto in termini bancari e al 9% dei depositi, della raccolta.
Dibattito
Intervento
Il controllo sulle fonti è molto difficile quando hai così poco tempo e questo vale in piccolo ma anche nei grandi media e allora la mia è un po' una provocazione: perché dovremmo essere onesti noi che facciamo questo lavoro e dire il tale ha detto questa cosa e non metterla come fosse il giornalista che scrive che le cose stanno così… se i carabinieri mi danno un'informazione è ovvio che se fossi un bravo giornalista dovrei sentire anche l'altra parte cosa mi dice, che sia un ladro, un immigrato violento, seppure i carabinieri rimangono una fonte autorevole.
Pensiamo a quello che è successo al G8 a Genova: la polizia diceva di aver trovato delle molotov dentro la scuola Diaz mentre i manifestanti dichiarano di non aver avuto nulla di tutto ciò e che fossero state introdotte dai poliziotti; un giornalista che può essere della Rai, de La Repubblica, de Il Corriere della sera, deve dire una parte dice questo e l'altra dice quest'altro.
Questo vale anche per la Guerra del Golfo: è stata fatta su basi sbagliate, e sia i giornalisti italiani che statunitensi hanno - nella maggior parte dei casi - pubblicato le dichiarazioni di Bush sulla disponibilità delle bombe atomiche da parte di Saddam Hussein, senza verificare. Io mi dico che bisogna essere onesti come giornalisti.
Se non abbiamo la possibilità di approfondire - circostanza che può esserci per motivi perlopiù di tempo -bisogna avere l'onestà di dire da quale fonte viene la notizia.
Intervento
Il terzo settore, chi lavora nel sociale produce informazione alternativa ma mi sembra che questo mondo sia un po' sprovveduto nel settore della finanza, e soprattutto mi sembra che l'informazione che si riesce a produrre, pur avendo queste conoscenze e queste competenze, comunque non arriva e non fa opinione pubblica. Per cui siamo molto competenti su alcune cose ma non facciamo opinione. Secondo punto: anche noi del terzo settore non possiamo fare più di tanto le inchieste, soprattutto l'inchiesta giornalistica seria su alcune tematiche come la finanza, non ce la possiamo permettere, non solo per questioni di tempo, ma soprattutto per questioni di risorse economiche.
Roberto Natale
Federazione della stampa sindacato dei giornalisti. Di garanzie di autonomia ci sarà sempre più bisogno: è un tema che noi proviamo a mettere nella discussione, ma sembra che alla politica non interessi. C'è una legge, la Gasparri, che dice che dal 1° gennaio 2011 chi possiede più reti nazionali, fate voi un nome a caso, potrà entrare nella proprietà dei quotidiani o potrà fondarne di nuovi. Significa che dal 1° gennaio 2011, dopodomani politicamente parlando, la proprietà de Il Corriere della Sera, che già ha una ricca presenza d'imprenditoria finanziaria, potrà vedere ad esempio con l'arrivo di Marina Berlusconi, una presenza ancora più forte.
Non è semplicemente il problema Berlusconi, in Italia il problema non è il conflitto d'interessi identificato con Berlusconi, è quello dei conflitti di interesse in generale.
E qui anche le nostre responsabilità di giornalisti. Teniamo conto, inoltre, nel ragionare sulle responsabilità dell'informazione, di quello che rimanda alla responsabilità della politica e mi scuso del genericismo con cui uso questi termini; i problemi sono di cultura e di ideologia, detto in senso buono. C'è un problema anche di analisi politica, sociale, culturale, di altri soggetti che devono far sentire un po' di più la loro voce. Non lo dico per assolverci dalle nostre responsabilità di giornalisti, ma a me sembra paradossale che in questi ultimi tempi la critica più forte a certi meccanismi, se la sia potuta permettere Tremonti senza sentirsi dare del comunista, al massimo gli hanno dato del colbertiano… C'è evidentemente una parte politico-culturale che deve uscire da una certa subalternità psicologica e culturale, mettere in campo certe analisi senza preoccuparsi di sentirsi dire arretrata, ottocentesca, vetero ecc.
Da questo punto di vista non ci aiuta l'utilizzo di formule come è stato ultimamente fatto per la sicurezza come né di destra né di sinistra; sono frasi che abbiamo sentite rimbalzare per mesi, poi analizzando il tema della sicurezza ci si accorge che quella formula è un po' fallace, che certe letture che sono state date hanno provocato certi effetti.
Allo stesso modo non vorrei che passasse l'idea - che ogni tanto sento circolare - che anche la finanza non è né di destra né di sinistra, mi sembra una pericolosa subalternità dalla quale è necessario uscire. Mi piacerebbe sentire dopo questi due giorni liberatori di Capodarco, certe analisi anche nella bocca di chi può fare iniziativa politica e culturale, magari aiutare anche noi dell'informazione ad avere un quadro di riferimento meno asfittico.
Paolo Andruccioli - Agenzia Redattore Sociale
Sono d'accordo con quello che ha detto Roberto, perché effettivamente di questi tempi stiamo parlando solo di caste facendo una generalizzazione di tutto: c'è la casta dei politici, dei giornalisti, dei sindacalisti e secondo me questo è molto pericoloso perché confonde, fa di tutta l'erba un fascio, non si capisce più niente; in Italia ci sono dei giornalisti che sono anni che cercano di fare un'informazione diversa e alternativa, ci sono giornalisti che hanno detto subito che la guerra in Iraq era una guerra inventata, non tutti i giornali in Italia hanno detto la stessa cosa. Facciamo dunque un cattivo servizio all'opinione pubblica se raccontiamo una cronaca non vera, se noi stessi facciamo un giornalismo che è sbagliato. Io in questa cronaca non mi ci riconosco, non è vero che tutti i giornali hanno tenuto lo stesso atteggiamento in questi anni, almeno sulla guerra in Iraq. Io mi ricordo già dalle prime guerre nel golfo c'erano Il Manifesto e il Vaticano contro la guerra, per la guerra in Kosovo la stessa cosa.
Altro tema: l'accesso alle fonti. È vero che bisogna andare oltre i comunicati e rimpastarli però è vero che c'è anche un'informazione esclusiva, non c'è solo da imparare le lingue per capire quello che succede nel mondo, c'è da imparare il linguaggio finanziario. Vi sfido a leggere Il sole 24 ore nella parte finanziaria in particolare, ma anche spesso la prima pagina e tradurre alcuni termini… Cominciamo a tradurre il linguaggio finanziario prima che il linguaggio arabo o l'inglese, perché questo mi sembra il primo ostacolo alla democrazia; se io risparmiatore che vado in banca e non so di cosa mi sta parlando quel promotore finanziario e cosa ne è dei miei soldi, io come faccio a scegliere? Come si fa a dire che la responsabilità è individuale?
Terzo punto. Che cosa pensate della nazionalizzazione dei fondi pensione argentini?L'Argentina era l'unico paese al mondo insieme a Singapore e al Cile, correggetemi se sbaglio, che aveva privatizzato tutto il sistema pensionistico. Non è che c'era come qui da noi un sistema misto pubblico-privato, era tutto privato. Adesso è nazionalizzato, che succede? Non è che c'è qualche cattivo giornalista che racconta che non va il capitalismo, c'è qualche cosa che non va e adesso ci stanno dicendo che il TFR va nei fondi pensione ossia i fondi pensione vanno in quel sistema finanziario mondiale. Allora io vorrei capire dove stanno le nostre responsabilità e dove quelle di un meccanismo che forse è inceppato.
Altra questione: perché lo Stato che dà i soldi alle banche poi non è in grado di controllare nulla? Io adesso come contribuente devo fare una grande colletta per aiutare le banche e poi come Stato non posso controllare quello che le banche faranno. Anche questo mi sembra un limite della democrazia sostanziale…
Alessandra Del Giudice
Mi occupo della redazione di Napoli di Scarp de' tenis un giornale di strada che esiste in otto città italiane venduto dai senza dimora e da persone a rischio di esclusione sociale poi collaboro anche con liberainformazione.org il portale di informazione di Libera, associazione contro la mafia.
Non sono un'esperta di finanza, quando leggo un articolo di finanza mi perdo innanzitutto sui termini poi mi chiedo: la dimensione della finanza virtuale, del mercato come si concilia con la realtà?
Il ruolo del giornalista credo condizioni anche l'economia, non solo la descrive ma la condiziona. Anche un giornalista in buonissima fede credo possa influenzare l'economia. Io che mi occupo di comunicazione dal basso, che vuole mettere in rilevo la persona che non è la singola persona perché parlare del sociale oggi significa parlare di 1 famiglia su 4 che sta al margine della povertà, ho l'impressione che i giornali parlino poco di questo perché? E perché c'è una settorialità?
Si parla di finanza, dei grandi investimenti, però non si parla del piccolo risparmiatore o di cosa comporterà la crisi finanziaria per una larga fascia della popolazione. Perché la finanza è separata dalla persona? Altra cosa di cui si è parlato poco che voglio sottolineare è che in un mercato liberistico lo Stato interviene però non interviene nel sociale che è invece una dimensione che se funzionasse in un certo modo probabilmente aiuterebbe tutta l'economia ad andare meglio.
Pier Paolo Baretta
Due commenti e una proposta. Parto dalla considerazione finale che faceva la relatrice sul fatto che buona politica, buoni giornalisti e aggiungerei buoni economisti possono fare molto in questa situazione.
Prima considerazione: non lasciamoci scappare questa occasione, questa crisi drammatica è una grande opportunità se non viene velocemente derubricata in quinta pagina, questa crisi sta alzando la coscienza media sul fatto che è il modello che non tiene e che bisogna apportare correttivi strutturali. Per dirla in un altro modo l'etica in economia non è roba da utopisti o da preti, ma una roba da analisti finanziari. Questo è un punto molto importante ed è un cambio di passo sul quale non bisogna mollare.
Seconda considerazione. Per non restare schiacciati nella trappola finanziaria e nella trappola fiscale, forse bisogna spostarsi molto sul sociale. Cioè bisogna introdurre la questione sociale come questione dirimente della discussione sulla crisi finanziaria, direi anche in termini di analisi della crisi. Perché la crisi non nasce soltanto sovrastrutturale finanziaria, la crisi ha un'origine in un'iniqua ridistribuzione del reddito anche in questo caso a partire dall'America e poi si è diffusa in tutto il mondo, iniqua ridistribuzione del reddito che ha costretto larghe fasce di popolazione a indebitarsi progressivamente per mantenere un modello di vita o addirittura per beni primari come la casa. Il circuito si è avvitato, ma si è avvitato sulla base di un errore a monte e cioè un'iniqua ridistribuzione del reddito. Se non abbiamo chiaro questo e non spostiamo il dibattito su questo aspetto non indovineremo alcune "ricette" per uscire da questa situazione.
Altro aspetto è appunto la natura globale della crisi sociale che è totalmente inedita, non ha più niente a che fare con la rivoluzione francese o con la guardia internazionale…
Siamo di fronte a una rilettura che va fatta e questo è un lavoro straordinario che può essere portato avanti dai soggetti di cui ho detto prima. La proposta: mentre alcuni si occupano del macro, molti di noi dovrebbero occuparsi del micro. Dobbiamo costruire proposte per cambiare anche in piccolo elementi di quotidianità.
Faccio un paio di esempi: non è possibile che nel diritto societario italiano le certificazione siano fatte da compagnie di rating scelte dall'azionista di maggioranza il quale le paga: chi certifica i bilanci non deve essere scelto dal certificato.
Secondo esempio: i limiti per legge, per le banche in questo caso, di entrare nella proprietà dell'impresa: fino a 2 mesi fa c'era un limite del 15%. Uno può dire che è poco, può discutere di portarlo al 20, al 25 ma addirittura oggi questo limite non c'è più. Oggi qualsiasi banca in piena crisi finanziaria può comprarsi un'industria qualsiasi essa sia anche al 100%. La trovo una perversione, tra l'altro accentuata proprio dalla crisi finanziaria. E così via si possono fare molti esempi, per dire che probabilmente c'è un terreno sul quale una alleanza tra buona politica e buon giornalismo minoritario, perché siamo minoritari, può produrre degli elementi misurabili e sui quali si può fare anche azione pratica e raggiungere dei risultati.
Claudia Segre
La nazionalizzazione dei fondi pensione: può leggere un articolo che scritto quattro mesi fa su "Borse e finanze" sul caso Argentina; ogni 15 giorni pubblico una pagina sui paesi emergenti e su alcune questioni che riguardano i paradossi dei mercati emergenti di essi. L'Argentina ha un'inflazione ufficiale all'8%, non ufficialmente ha un'inflazione sopra al 30%, tecnicamente è praticamente al collasso, tutto questo lo diciamo e lo scriviamo da parecchio tempo, però per una serie di questioni politiche viene praticamente tenuta in piedi e di fatto la nazionalizzazione delle pensioni è l'ultima àncora per salvarsi da questo default che è già insito nei conti del paese.
Il trading elettronico, quanto è virtuale: si è vero c'è tutta una parte solo di finanza virtuale ossia di coloro che fanno trading da casa, che usufruiscono dei servizi a casa che è crescente in questo paese, come ad esempio in Corea, in maniera esponenziale soprattutto da parte di donne.
E' anche vero però che quando si parla di finanza virtuale ci riferiamo proprio a quello che è successo con questa crisi, col fallimento del modello liberista, che per spiegarlo in breve, basta dire che sono stati impacchettati dei debiti che non potevano essere ripagati da cittadini che non davano garanzie, è stata spostata la passività fuori dal bilancio in una sorta di attività che è un'obbligazione, divisa in tante tranches con diversi livelli di rendimento ed è stata venduta, ma con una base evidentemente non solida; qualcosa si è sgretolato, le case di rating e alcune assicurazioni preposte calcolato in maniera leggera e gli investitori hanno pagato la costruzione di questi derivati, che hanno permesso di spostare l'indebitamento delle banche verso il mercato e gli investitori. Questo è purtroppo il risultato di questa finanza virtuale.
Il linguaggio finanziario: stiamo preparando, tra le altre cose, anche dei glossari, proprio a spiegare i termini della finanza.
Loretta Napoleoni
Si è spezzato in un modo o nell'altro il ruolo che deve esistere tra il sociale e il politico: la classe politica è diventata una classe che porta avanti determinati interessi, è una classe di uno stato-mercato che crea le condizioni ideali per l'individuo, è la società per arricchirsi e basta.
E' inutile che noi diciamo di cercare l'etica e di essere coerenti con noi stessi, se poi chi sta sopra di noi non è coerente con sé stesso e soprattutto non è etico. Non è possibile che cambino i governi e i direttori di tutte le testate. Guardate però che succede in tutto il mondo e non solamente da noi. Bisogna trovare una soluzione, che deve essere politica, deve passare per la politica perché noi siamo troppo pochi, perché gli economisti bravi e seri sono troppo pochi, i banchieri seri sono troppo pochi. Ci vuole un canale politico, bisogna trovare qualcuno che crei un partito che fa qualcosa, perché sennò tra un anno ci rincontreremo e diremo le stesse cose e continuerà la nostra frustrazione. Scusate per il tremendo finale.
* Testo non rivisto dagli autori.