XIV Redattore Sociale 30 novembre - 1-2 dicembre 2007

Il Dittatore

Era ora! Analisi dell'improvviso successo della tolleranza zero

Intervento di Marzio Barbagli. Conduce Carlo Giorgi

Marzio BARBAGLI

Marzio BARBAGLI

Professore ordinario di sociologia all’Università di Bologna.

ultimo aggiornamento 30 novembre 2007

Carlo GIORGI

Carlo GIORGI

Giornalista, collabora tra l’altro con Il Sole 24 Ore, Famiglia Cristiana e il Gruppo Espresso. Ricopre anche la carica di direttore responsabile del mensile Terre di mezzo. 

ultimo aggiornamento 30 novembre 2007

Interventi*

Vinicio Albanesi

Prima l'infanzia adesso passiamo agli adulti: c"è un secondo grande attacco al pensiero unico che è il successo della tolleranza zero.

Carlo Giorgi

E' veramente così improvvisa questa tolleranza zero? C'è un modo per analizzare la situazione attuale della nostra società?

Marzio Barbagli

Chiarisco subito che io penso che il termine tolleranza zero sia sbagliato e credo che non lo userò stasera se non per cercare di capire cosa sta avvenendo; vorrei però ricordarvi l'origine di questo termine che viene ingiustamente attribuito al sindaco di New York Rudolph Giuliani mentre in realtà è un'espressione introdotta nel 1992 dal Edinburgh District Council Women's Committe per combattere appunto contro la  violenza sulle donne e che viene poi ripreso da alcuni leader conservatori (tory) in Gran Bretagna. E' stato usato perché è un termine che si presta bene, come dire è efficace dal punto di vista giornalistico, molte volte viene usato a sproposito, ma sono certo di quello che dico perché me ne sono occupato, gli esperti e i consiglieri di Rudolph Giuliani hanno sempre dato un giudizio negativo a questo termine. Recentemente il termine è stato usato anche in Italia da uomini di governo. 

In questo momento c'è bisogno di analizzare il senso di sicurezza della popolazione, un tema fortemente politicizzato al punto che parlare freddamente di quello che avviene è molto difficile; non è comunque mia intenzione dare dei giudizi di valore, vorrei semplicemente tentare di capire cosa è avvenuto e cosa sta avvenendo. A questo proposito credo sia importante richiamare una distinzione, di cui non si tiene conto nel dibattito nel nostro paese, che riguarda le categorie interpretative che vengono usate, distinzione che è stata introdotta da uno studioso americano Friedrich Furstenberg nel 1971: quella tra tra fear of crime (paura personale della criminalità) e concerned about crime as a social issue (preoccupazione per la criminalità). La fear of crime è la sensazione di ansia che si  prova quando si pensa di poter essere assaliti, derubati, rapinati, violentati mentre il concerned about crime consiste nella preoccupazione sociale e politica per l'ordine minacciato o sconvolto e può essere accompagnata dalla richiesta di interventi energici da parte delle autorità. La fear of crime è la paura della criminalità, il concerned about crime consiste nella preoccupazione per la criminalità: la distinzione consiste nel fatto che, ad esempio, la preoccupazione della criminalità è quella che esprimono le persone quando parlano di politica, parlano della società, quindi risente molto dell'orientamento politico, ma risente molto anche del grado di criminalità come problema sociale, è quello che c'è nei giornali, che risulta nei dibattiti tra il pubblico politicizzato. La fear of crime è la paura di subire una violenza o un reato come nel caso delle donne, la paura di essere violentate, di essere molestate, ma anche la paura di essere borseggiati, rapinati; notate bene non è la paura di essere uccisi, vedremo perché questo è importante. Fra la paura personale per la criminalità e la preoccupazione per la criminalità (come questione sociale) non vi è necessariamente una correlazione. La prima (la paura) è un sentimento concreto, che corrisponde alle esperienze quotidiane e dipende dalla percezione sia della probabilità di subire un reato sia dalla gravità delle conseguenze che questo potrebbe avere; la seconda (la preoccupazione) è invece un sentimento astratto, e dipende da un determinato livello di coscienza politica, da un particolare sistema di valori, da una determinato concezione dello stato. Quando si chiede ai cittadini di dire quale sono i problemi più importanti del loro comune o del loro paese (e si rileva in quale posto in classifica pongono il problema della criminalità), si misura la loro preoccupazione. Quello che sappiamo dalla letteratura scientifica è che la fear of crime è quello che conta di più, non risente molto dell'orientamento politico, e contrariamente a quello che pensano anche i giornalisti, non è molto influenzato dai media, mentre il concerned about crime è invece influenzato dai media, dalle esperienze quotidiane, da quello che si vede, da quello che capita, da quello che è capitato alle persone che si conoscono. La fear of crime è relativamente costante nel tempo, contrariamente a quello che si pensa dai dati che abbiamo soprattutto degli Stati Uniti e della Gran Bretagna, meno dell'Italia. Penso che non abbia fondamento il pensiero comune che negli ultimi 5 mesi in Italia ci sia stato un aumento della paura della criminalità: la paura della criminalità che tradotta sarebbe la quota delle persone che si sentono insicure è relativamente costante nel tempo e risente di grandi cambiamenti. Come è possibile, come successo negli Stati Uniti, che ci sia stato un aumento della paura della criminalità contemporaneamente ad una diminuzione del tasso di criminalità? Ora vi faccio un esempio di che cos'è la paura della criminalità leggendovi  una lettera scritta molti anni fa da una lettrice di Bologna che narra del marito e che è stata pubblicata dal quotidiano Repubblica: "Tutte le mattine mio marito, prima di uscire rapidamente di casa (ha il treno che parte alle 7,30 per raggiungere l'ufficio) si raccomanda delle cose che sarebbe meglio che io e il bambino non facessimo: evita di andare in centro e se proprio ci devi andare non fare via Indipendenza, stazione, Irnerio e via dopo via mi elenca le zone a rischio; non mettere il braccialetto, orecchini, non prendere la borsa eccetera; se qualcuno ti tampona guarda bene la persona e non fermarti, male che ci vada pagheremo noi i danni dell'auto, ma salviamo la pelle; attenzione ai giardini di fronte alla banca, è pericoloso, ogni tanto c'è una rapina con ostaggio, non è prudente andarci con il bambino". Questa signora esprime bene, in maniera efficace che cosa è per lei la paura della criminalità e le conseguenze non drammatiche, ma come dire di limitazione delle scelte della possibilità di muoversi. È probabilmente un caso estremo ma ci sono persone che hanno questa paura della criminalità. La domanda che a me tantissime volte i giornalisti fanno, non distinguendo tra paura e preoccupazione, è se sia giustificata questa paura della criminalità. Io non so se è giustificata ma so che non è spiegabile, come ho già detto, con le variazioni annuali del tasso di criminalità che si spiega solo in un lungo periodo; il punto da cui dobbiamo partire è che l'Italia non diversamente dagli altri paesi occidentali ha avuto un forte aumento di alcune forme di criminalità a partire dalla fine degli anni Sessanta, per molte di queste forme di criminalità noi abbiamo tassi mai conosciuti negli ultimi 50 anni. Se poi le variazioni annuali sono del 2% all'anno in meno o in più, questo non cambia sostanzialmente nulla; guardate il grafico 1 riferito alle rapine consumate per 100.000 abitanti in Italia dal 1984 al 2006, e noterete che non c'è un andamento lineare, per esempio a partire dal 1992 si verifica una discesa che dura per alcuni anni poi si riprende a salire.

Rapine consumate per 100.000 abitanti in Italia, dal 1984 al 2006


Grafico 1

Guardando il grafico 2 relativo ai furti di autoveicoli, seppure sappiamo che certamente il tasso è più alto di quello relativo al 1950, notiamo che negli ultimi 15 anni i tassi di criminalità presi in considerazione, sono diminuiti. La cosa importante da capire, per evitare fraintendimenti, è che quello che conta è il tasso complessivo e cioè un alto tasso di alcuni reati anche se tra questi non ci sono quelli dei potenti, dei colletti bianchi come i reati di corruzione, di insider training e tanti altri. Questi reati non hanno influenza sul senso di sicurezza della popolazione, mentre dovremmo dire alla gente che sono altrettanto pericolosi, solo che sono invisibili.

 

Percentuale di persone o di famiglie residenti in Italia, in Inghilterra e nel Galles e negli Stati Uniti che hanno sporto denuncia dopo aver subito alcuni reati (1997-2002) [Tutti reati consumati]

 


Grafico 2

Il grafico 1 dimostra che in Italia il tasso di omicidi è fortemente diminuito a partire dal 1992 e che oggi dunque abbiamo il tasso di omicidi più basso degli ultimi 5 secoli in Italia, quindi da questo punto di vista dobbiamo stare assolutamente tranquilli. Peccato però che non è la frequenza degli omicidi che influisce sul senso di insicurezza, perché questo ovviamente è il reato più grave, ma poco frequente, relativamente poco frequente; quello che conta è la frequenza e la probabilità che una persona veda con i propri occhi o senta parlare da persone del suo giro, di reati come un furto in appartamento.


Grafico 3

 

La fear of crime dipende dunque in primo luogo dal tasso dei reati, quelli visibili e frequenti, non omicidi ma furti in appartamento e rapine, ma non dai reati dei colletti bianchi; in secondo luogo dal degrado ossia dalla violazione delle norme riguardanti l'uso degli spazi pubblici che nel linguaggio comune viene soprannominato degrado. Nella letteratura scientifica c'è distinzione tra degrado "sociale" o "fisico", i segni di inciviltà possono essere sociali o fisici; esempio del primo tipo sono le attività ed i comportamenti di categorie diverse: spacciatori di droga e tossicodipendenti, prostitute, mendicanti, individui senza fissa dimora che dormono in luoghi pubblici, ubriachi, giovani sbandati che ciondolano di fronte ad un bar e molestano i passanti con gesti e parole oscene, gruppi di persone che provocano rumori assordanti, gazzarre, schiamazzi, che litigano e si picchiano; segni di inciviltà fisici sono invece gli edifici abbandonati o in cattive condizioni, le scritte sui muri, i lampioni rotti, le cabine del telefono danneggiate, le strade sporche e maleodoranti, gli enormi mucchi di spazzatura che attendono inutilmente che qualcuno li porti via. Le inciviltà fisiche possono essere o attive, deliberate, volute (come i graffiti o il vandalismo) oppure passive, involontarie, non intenzionali (come l' accumularsi di spazzatura o gli edifici trascurati). Si tratta di comportamenti e di situazioni assai diverse. Ma ciò che li accomuna è di costituire una violazione di norme condivise riguardanti gli spazi pubblici. In primo luogo, essi vengono visti dai residenti come facenti parte di un continuum di "disordine", che va dalle lievi infrazioni fino ai delitti più gravi. E, nonostante che costituiscano solo piccole violazioni, anche le inciviltà, come i reati più seri, vengono viste come spie del crollo delle norme che regolano la vita quotidiana e dell'incapacità di farle rispettare da parte di  coloro che hanno questo compito. In secondo luogo, le persone ritenute responsabili di queste piccole violazioni - i tossicodipendenti, gli ubriachi, persino i senza fissa dimora - vengono considerate una minaccia perché imprevedibili e dunque capaci di tutto, anche di commettere reati violenti. In terzo luogo, le inciviltà sono - per loro natura - molto visibili, molto più dei reati. Se i reati fanno un numero limitato di vittime, le inciviltà  moltiplicano il numero dei testimoni. Così, ad esempio, quando i ladri svaligiano un appartamento, poche persone, oltre ai proprietari dei beni rubati, vengono a saperlo. Ma se i vandali spaccano le vetrine del negozio vicino, tutti coloro che ci passano davanti se ne accorgeranno. Secondo alcuni studiosi, il "disordine" è contagioso e si autopropaga. Con il passare del tempo, esso può anzi favorire l'aumento della criminalità, del numero dei furti e delle rapine. Il senso di insicurezza provocato dai segni di inciviltà può infatti spingere i residenti a comportamenti di ritirata, ridurre l'interazione e la cooperazione fra di loro, scoraggiarli dal proteggere se stessi e la propria comunità. In questo modo, i meccanismi di controllo sociale si indeboliscono e "l'area è vulnerabile all'invasione criminale". Possiamo rifarci alla teoria della pestilence fallacy: all'origine di un male non possono che esservi altri mali e dunque che le principali cause della criminalità siano l'analfabetismo, la miseria, le disuguaglianze sociali. Come abbiamo visto in molti casi non si tratta di violazioni di regole ossia che potrebbero essere punibili dal codice penale, vedi l'esempio della prostituta che non viola nessuna legge però crea senso di insicurezza nella popolazione, contribuendo assieme ad altri fattori ad aumentare la fear of crime, la paura della criminalità. Per spiegare questo fenomeno dovremmo risalire all'origine concettuale della tolleranza zero, spiegabile tramite l'esperimento svolto nel 1970 dallo psicologo sociale Philip Zimbardo; Zimbardo ha lasciato un'auto nel Bronx e un'altra a Palo Alto, una piccola comunità vicino all'università di Stanford, abitata prevalentemente da persone di classi sociali medio-alte e ad entrambe le auto ha tolto la targa e ha alzato il cofano. Dopo pochi minuti una famiglia di tre persone si è avvicinata all'auto e ha incominciato a prendere i pezzi e dopo un giorno la macchina era, come dice Zimbardo nella sua descrizione, disossata, hanno preso tutti i pezzi che potevano essere venduti o che potevano servire. A Palo Alto invece per una settimana non è successo niente; allora Zimbardo ha preso una mazza, ha dato tre o cinque colpi sulla macchina e dopo poche ora alcune persone si sono avvicinate alla macchina, ed è avvenuto esattamente quello che è avvenuto nel Bronx. Che cosa vuol dire, come è stato interpretato questo esperimento? E' stato interpretato poi in quello che è diventato un paradigma interpretativo negli Stati Uniti ma anche tra gli studiosi europei: la cosiddetta teoria del "broken windows" cioè dei vetri o delle finestre rotte, teoria secondo la quale, a detta degli autori James Q. Wilson e George Kelling se in un quartiere vengono rotti i vetri di alcune finestre e nessuno interviene dopo poco verranno rotti i vetri di tutte le finestre. Vedete allora come il meccanismo ci spiega perché alcune forme di comportamento che noi riteniamo violazioni non gravi di norme sociali, come avviene per certe forme di vandalismo, curiosamente hanno un effetto maggiore sulla popolazione rispetto a gravi reati di cui nessuno sa nulla e che solo in certi casi fortunati o grazie al coraggio di alcuni magistrati se ne scopre l'esistenza.

Prendiamo l'esempio delle reazioni di alcuni sindaci di sinistra ma che condividono, cosa che ha scandalizzato la sinistra, alcune esigenze con i sindaci di destra, vedi le norme applicate contro la criminalità a livello locale; dobbiamo tener conto del fatto che questi sindaci ricevono continuamente delle richieste da parte dei cittadini, una quota consistente di essi, e dunque anche da parte del proprio elettorato, e così vogliono cercare di dare una risposta. I sindaci sanno perfettamente che avvengono nelle loro città reati molto più importanti, mi riferisco ai reati dei potenti chiamiamoli così o i "white coletts crime" come li chiamano gli americani; ciononostante sanno o intuiscono attraverso le domande dei cittadini che devono dare risposte concrete alle loro esigenze. Naturalmente alcune espressioni della sinistra che criticano i sindaci accusandoli di occuparsi di violazioni lievi e non di quelle gravi, hanno al tempo stesso ragione e torto: hanno ragione dal punto di vista delle loro posizioni politiche e morali ma non capiscono del tutto quello che sta avvenendo. Questa è la mia impressione! Ugualmente una delle polemiche degli ultimi tempi la passiamo sfatare guardando il grafico 4 dove si vede chiaramente che non ha senso parlare di paura della criminalità in situazioni in cui abbiamo il tasso di omicidi più basso della nostra storia; di nuovo le persone che sostengono questo non si rendono conto che non sono queste le forme di criminalità che suscitano il grado di insicurezza dei cittadini.

 

Le rapine: i cambiamenti negli ultimi anni
 


Grafico 4

Carlo Giorgi

Mi ha molto colpito il discorso che si faceva in merito al degrado, il fatto che la violazione di norme condivise che non sono dei veri reati, bensì norme etiche o di una morale condivisa di comportamento, potessero aumentare in maniera così forte la paura della criminalità. Quello che personalmente mi ha più scandalizzato del pacchetto sicurezza approvato dal Consiglio dei Ministri ultimamente è stato proprio il fatto che i sindaci possono intervenire immediatamente su tutti quei cittadini che arrecano un grave pregiudizio al decoro urbano. Mi domando come ad un comportamento che comunque è emotivo, irrazionale, pur se scientificamente provato, si può intervenire con un altro comportamento che in qualche modo forse scavalca il diritto. Forse è la giusta medicina che ci vuole non lo so, probabilmente no, forse invece c'è bisogno di qualcosa di diverso. La seconda questione riguarda il discorso immigrazione e migrazioni, la globalizzazione, all'arrivo di tanta gente che è lontana dal nostro comune sentire, dalle tradizioni, alla lingua e alla religione. A me sembra che tutto questo mondo sia un degrado rispetto alla normalità che per tanto tempo abbiamo vissuto, ossia che ci sia qualcosa di fuori rispetto alla normalità di un contesto, di un ordine morale di una società a cui siamo abituati; mi viene spontaneo pensare che forse il capro espiatorio di tanti discorsi rispetto alla sicurezza poi diventano gli immigrati, perché appunto fanno già parte del grande insieme degrado. La domanda è se la causa del senso di paura della criminalità è una causa basata su un elemento non criminale ma semplicemente un elemento della percezione del fatto che ci sono alcune cose che stanno uscendo dalla normalità e dunque c'è un senso nel dare delle risposte sociali; le chiedo inoltre se è utile dare delle risposte sociali che scavalcano la legalità e che non fanno i conti con il diritto e quindi sono esse stesse molto emotive e in qualche modo molto pericolose.

Marzio Barbagli

Partiamo dalla questione immigrazione; l'idea che emerge in parte implicitamente dal suo intervento io non la condivido, ma molti miei colleghi di sinistra si. La popolazione italiana come quella europea non ha paura dei diversi, lo dimostra il fatto che da tutte le indagini fatte emerge che la popolazione italiana è molto più avanti del parlamento nel concedere diritti politici agli immigrati; ciò significa che la maggioranza della popolazione condivide da 10/15 anni l'idea che gli immigrati devono essere integrati e devono avere il diritto di voto, perlomeno a livello di elezioni amministrative. Quindi gli italiani non sono preoccupati dalla diversità, il fatto che siano ad esempio islamici non gli crea nessun problema, naturalmente ci sono alcune persone bizzarre che fanno capo ad un partito del nord, ma sono una piccola quota della popolazione e non rappresentano l'intera popolazione italiana… Secondo me il problema vero è che gli italiani non vivono il problema degli immigrati come competizione dal punto di vista del lavoro, casomai è che gli italiani pensano che gli immigrati danno un grande contributo alla criminalità del nostro paese e hanno ragione, basandosi oltretutto su ciò che vivono e vedono e non su statistiche come faccio io.

Veniamo all'altro punto: il degradoLa risposta dei sindaci al degrado è adeguata oppure no? Il "pacchetto sicurezza" è adeguato oppure no? Credo di no! Credo che la risposta dei sindaci sia puramente simbolica e che nasca da vari motivi, a partire dal fatto che sono assolutamente impotenti a risolvere in primo luogo il problema della criminalità che non li riguarda nemmeno istituzionalmente, in secondo luogo anche il problema del degrado che dipende da fattori che ugualmente non possono controllare. Il pacchetto sicurezza è fatto da un governo che è assolutamente instabile, che sembra che cada da un momento all'altro e probabilmente non passerà, sarà cambiato del tutto, quindi quelle date sono risposte simboliche. Ho raccolto le lettere scritte ai vari sindaci che si sono succeduti a Bologna negli ultimi anni, perlopiù di sinistra e ho constatato che i cittadini già da allora comunisti, di sinistra, si lamentavano di questi problemi. Molti sostengono che in realtà le violazioni degli spazi pubblici, chiamiamolo il degrado, hanno a lungo andare degli effetti sulla criminalità e questo perché nei luoghi dove c'è il degrado le persone reagiscono ritirandosi nelle loro case o le abbandonando quando possono così che gli autori potenziali dei reati pensano che ci sono delle zone dove non corrono rischi perché durante il giorno non c'è nessuno… La lotta contro il degrado viene citata nella letteratura scientifica, pensiamo allo straordinario e interessantissimo caso della lotta fatta a New York contro i graffiti nelle metropolitane: a lungo le seimila carrozze della metropolitana di allora sono state piene di graffiti che venivano considerati una forma di degrado. L'amministrazione di New York ha iniziato con il metodo duro, cioè ha incominciato a prendere questi giovani che facevano graffiti (si stima che fossero non più di 500) ed ad arrestarli, i giudici però non li condannavano e questi ritornavano a commettere il reato, e solo in seguito hanno capito che questo metodo non funzionava assolutamente. Hanno così introdotto un sistema che io vedo di difficile attuazione in Italia, un sistema che nel giro di 5 anni ha cambiato lo stato di cose e che è consistito in forme di prevenzione di criminalità, lontane dal nostro modo di pensare, che si chiamano "situazionali": consistono nello scoraggiare gli autori dei reati non con modi duri, non con repressione, non con il carcere, non con i processi, ma in altro modo e nel caso dei graffiti consisteva nel ritirare immediatamente la carrozza con graffiti e ripulirla, ovviamente non con pochi costi, rimessa poi in circolazione; ovviamente questo dava molto fastidio agli autori dei graffiti che li fanno appunto perché siano visti…a poco a poco sono stati scoraggiati dal fare i graffiti nei treni. Quindi come vedete questi metodi costosi ma assolutamente non repressivi, senza l'uso della polizia, possono funzionare.
Voi siete tutti giovani e non so se possiate ricordare quel periodo nella storia dei paesi occidentali in cui il numero dei dirottamenti aerei era aumentato fortemente, stiamo parlando ovviamente prima dell'attentato dell'11 Settembre, stiamo parlando di molti anni prima. Il numero si è limitato e sostanzialmente è stato ridotto quasi a zero, grazie a tutte quelle forme di controllo esistenti negli aeroporti che in questo caso hanno reso più difficile un determinato reato grave, quale appunto il dirottamento di un aereo. In altri casi semplicemente le forme di prevenzione "situazionali" consistono nel rendere meno remunerative alcuni reati: vi ho già detto del caso dei graffiti. Il "pacchetto sicurezza", sempre se verrà approvato, prevede l'inasprimento di alcune pene e questo per rassicurare per alcuni giorni la popolazione e far vedere che si sta facendo qualcosa, in parte per insensibilità, in parte anche per una questione culturale.

Intervento

Mi chiedo quanto l'educazione civica, tentando di riparare all'individualismo tipico dell'Italia, dove si crede molto nell'importanza della proprietà privata e poco nella proprietà pubblica, può aiutare le nuove generazioni a non aver bisogno per forza della repressione per tutelare gli spazi comuni e le città…

Marzio Barbagli

Io non vorrei essere frainteso! Quella che voi chiamate repressione io cerco di tradurla in altro modo, per dire che ovviamente in alcuni casi è necessaria, tutti i paesi hanno delle norme che prevedono delle sanzioni e grossomodo questo è ampiamente condiviso da tutti. Non è una questione di paesi occidentali, tutti i paesi hanno un codice penale e hanno delle sanzioni per chi viola delle norme, se io violento una donna è prevista una determinata sanzione, se commetto una rapina ugualmente. Il problema grosso è che in Italia ci sono complicazioni ulteriori che riguardano il basso tasso di rischio per gli autori di reati che violano le norme del codice penale di essere realmente sanzionati. Da dire che il grado di controllo sociale è molto determinato non dalle forze di polizia bensì dalla presenza di altri che conosco e infatti una delle caratteristiche delle città urbane di oggi è che il numero di persone che io conosco quando esco è diminuito rispetto a 10 o 20 anni fa. Gli immigrati non c'entrano nulla, mi riferisco alle persone in generale! Io abito in centro a Bologna, la struttura del centro è radicalmente cambiata, è frequentato da centinaia di persone per motivi che perlopiù sono legittimi, e quanto più alto è il numero delle persone che io non conosco, tanto minore è il grado di controllo sociale; quindi in alcuni casi l'aumento di alcune forme di criminalità e di degrado dipende da questo. Si tratta di un problema difficile da risolvere. In altri casi però molto dipende dall'efficienza delle forze dell'ordine, perché noi non ci dobbiamo dimenticare che tutti i regimi democratici funzionano così, viene chiamata repressione in senso dispregiativo, ma noi tutti ci aspettiamo che se una persona ne ammazza un'altra subisca delle pene. Noi sappiamo che nel caso di alcuni reati le persone che vengono realmente prese dalle forze dell'ordine, denunziate, arrestate, ecc. è un numero molto basso; allora questo è un problema effettivo che consiste nel grado di efficienza delle forze dell'ordine. Ci sono dei motivi storici che fanno pensare che da questo punto di vista il grado di efficienza delle forze dell'ordine in Italia dipende da una mancanza di coordinamento tra Carabinieri e Polizia. Questo è in effetti un problema reale ma è un problema così grosso che è molto più facile fare un "pacchetto sicurezza" in cui dico: aumentiamo le pene di sei mesi… Quello che conta invece, come sosteneva già Cesare Beccaria alla fine del 1700, è la "certezza della pena" e non la "severità della pena"; anche gli studiosi contemporanei sulla base di ricerche attuali sostengono che quello che conta non è la severità della pena ma è la certezza della pena che però è difficile da raggiungere, aumentare il grado di efficienza delle forze dell'ordine è molto complicato. Si tratta di un problema reale quindi non vorrei essere frainteso, sarebbe auspicabile che il grado di efficienza delle forze dell'ordine aumentasse. 

Carlo Giorgi

Diminuisce il grado di controllo sociale quanto più è piccolo il numero di persone che io conosco nella mia zona, quindi c'è un rapporto tra relazioni e percezione, ancora una volta forse paura della criminalità…

Marzio Barbagli

Non solo in questo senso; ciascuno di noi violerebbe le norme, quelle del codice penale così come le altre, e se noi non lo facciamo è perché siamo sottoposti a controlli interni ed esterni. Abbiamo a che fare col problema dell'istruzione e dell'educazione, tutti violerebbero le norme se fossero lasciati a se stessi, se noi non lo facciamo è perché abbiamo controlli esterni riferendoci al babbo, alla mamma, alla presenza di parenti, di conoscenti, di vicini di casa, quindi se io non conosco più nessuno o conosco poche persone non sono in grado oppure sono meno in grado di controllarle. Naturalmente, ma ora non entro in questo, ci sono anche i controlli interni che contano, altrimenti ciascuno di noi violerebbe secondo questa teoria e ciò spiega perché un altissimo numero di persone dai 14 ai 20 anni circa in tutti i paesi occidentali violi delle norme anche se poi molti di questi giovani diventano cittadini onesti; come dire è una fase di passaggio in cui i controlli sono minori.

Carlo Giorgi

Come cambiano in una società moderna le relazioni che sono sempre meno dirette, sempre più mediate dalla tecnologia, dal computer, da contatti con il cellulare o via internet, con nuovi strumenti che di fatto aumentano la possibilità di comunicazione, ma filtratata da uno schermo, da una parete, da qualcosa che comunque mi divide dall'altro… Può questo aumentare il senso di insicurezza, soprattutto su una popolazione che si sta invecchiando sempre più?

Marzio Barbagli

Non credo che ci sia aumento del senso di insicurezza, se non indirettamente, per i motivi che ho già detto. Il punto importante è che le relazioni sociali sono diverse perché, schematizzando, uscendo di casa la mattina le persone che si conoscono sono sempre meno; detto in altri termini non ci sono prove del fatto che la gente abbia paura dell'altro, del diverso. L'invecchiamento sicuramente influisce, nel senso che noi sappiamo che gli strati della popolazione in cui la paura della criminalità è più forte è quello delle donne in tutte le classi di età per motivi anche qui giusti e legittimi e le persone anziane. Questo però non spiega l'aumento del senso di insicurezza, anche perché non c'è stato un aumento del senso di insicurezza in questi anni, il senso di insicurezza è alto e costante, questo è il punto. Non dobbiamo mai prendere troppo sul serio i giornali dato che scoprono questo tema solo in concomitanza del concentrarsi di fatti drammatici.

Francesca Carbone (Padova)*

Tendenzialmente sono d'accordo su tutto quello che ha detto, però credo che per quello che riguarda la fear of crime non è proprio vero che non c'entri niente l'influenza dei media, dei quotidiani, dei giornali. Lei prima distingueva fra "certezza della pena" e "severità della pena" collegandosi al discorso del problema tutto italiano del rapporto fra Polizia e Carabinieri che poi determina una mancanza di organizzazione interna con gravi conseguenze; io credo che per esempio a livello di informazione si distingua, in modo scorretto, tra una mancanza di "certezza della pena" e lunghezza dal punto di vista burocratico, perché in Italia chi viene acchiappato se li fa tutti poi gli anni della pena, il discorso è se noi parliamo di tempi enormemente lunghi da parte della giustizia, e su questo concordo. Secondo me in verità c'è un problema di credenza generale che se uno in Italia fa qualcosa, poi la pena non è certa; non è proprio così e quindi l'informazione conta perché mediaticamente c'è una campagna che ci bombarda dicendo che in Italia si può fare tutto tanto però poi non si paga.

Marzio Barbagli

Lei in effetti ha ragione, io ho sicuramente esagerato perché sapevo che molti di voi la pensavano diversamente; le ricerche ci dicono, per quello che riguarda l'influenza della stampa, che in effetti essa influisca, ma quando riguarda fenomeni locali, che si sono verificati nella propria città o addirittura nel proprio quartiere; d'altra parte influisce ciò che si vede durante il giorno, tenete conto che una parte della popolazione non legge la stampa, è vero guarda la televisione, ma la televisione parla dei grandi reati. Ascoltando il suo intervento rispetto al tema della pena, li temo di essere stato frainteso; il grado relativamente basso di rischi corsi da alcuni autori di reati non sono una caratteristica solo del nostro paese, sono una peculiarità di tutte le società ricche per molti dei motivi che abbiamo detto e per altri ancora. Una delle spiegazioni più importanti che trova maggiori basi empiriche del perché nei paesi ricchi c'è un numero tanto alto di furti in appartamento ha a che fare con il numero di ore nelle quali le case restano incustodite che è molto maggiore di un tempo, e con questo si sottolineano le trasformazioni avvenute nelle società occidentali. Io non sono così certo come lei diceva che nel caso dello spaccio di stupefacenti il rischio è molto alto; non vorrei che pensaste ci sia un problema solo dello scarso coordinamento o dell'insufficiente coordinamento delle forze dell'ordine: il problema è la "certezza della pena".

Raffaella Romagnolo*

Sulla base degli studi ci sono delle fasce di età e di sesso che hanno più paura… 

Marzio Barbagli

Come vi ho detto prima hanno più paura le donne, in ogni fascia di età ; la cosa interessante è che normalmente se noi prendiamo tutta la popolazione, la quota di persone che ha paura della criminalità aumenta con l'età come è facile intuire, però nel caso delle donne è meno sensibile all'età, le giovani donne hanno paura molto più degli uomini e per i motivi che sono facilmente spiegabili, di cui gli uomini non sono mai consapevoli o non del tutto consapevoli, cioè che le donne rischiano non solo la violenza sessuale ma sono continuamente oggetto di molestie sessuali che in molti casi provoca un grande senso di insicurezza. Contrariamente a quello che si dice non ci sono forti relazioni con il ceto sociale di appartenenza. Ci sono invece delle differenze tra gli abitanti dei centri urbani e quelli che abitano in provincia, e curiosamente il senso di insicurezza ha delle basi reali, inaspettabili, cioè per esempio il senso di insicurezza in Emilia Romagna è più alto che in Sicilia, nonostante come sapete il tasso di omicidi in Sicilia è molto più alto che in Emilia Romagna; di nuovo il motivo è quello che vi ho detto prima che non è tanto la gravità dei reati che influisce sul senso di sicurezza, ma la loro frequenza.

Intervento

Potrebbe approfondire una frase a cui ha accennato prima relativa all'idea che la gente commette reati ma non perché è povera…

Marzio Barbagli

Questa è stata una grande svolta negli sforzi fatti dagli studiosi per capire quello che stava succedendo, perché dalla metà degli anni Sessanta del Novecento è venuta fuori l'idea per cui all'origine della criminalità ci fosse la disoccupazione, la povertà ossia alcuni aspetti giudicati da tutti come negativi della società. Si è visto poi che nel periodo di massimo sviluppo economico dei paesi industrializzati, in tutti questi paesi è iniziato un così forte aumento della criminalità che era inspiegabile con le categorie precedenti perché erano paesi che stavano raggiungendo livelli come ben sapete di ricchezza inimmaginabili anni prima. A questo punto gli studiosi hanno detto che c'èra qualcosa che non andava e hanno introdotto altri sistemi di valutazione; questo non vuol dire che il disagio sociale in certi casi non influisca ma è più complicato di così. In Italia, invece, e non solo nel dibattito pubblico ma anche tra i magistrati, si continua a ragionare con questi schemi che sono quelli tipicamente positivisti della fine del 1800 e inizi del 1900; detto in altri termini, ci sono molti altri fattori che influiscono sulla criminalità, che sono talvolta fatti positivi. Un criminologo americano usa l'espressione "dell'errore della pestilenza" cioè della fallacia della pestilenza, il che vuol dire che nel nostro schema di ragionamento noi pensiamo che fatti e processi negativi siano sempre collegati e prodotti da altri fatti e processi negativi: pensiamo che la criminalità sia dovuta alla povertà e alla disoccupazione. La criminalità è dovuta anche a processi che noi valutiamo positivamente, ovvero non mi fraintendete, l'aumento del tasso di occupazione della popolazione femminile provoca una diminuzione delle ore nelle quali le case sono meno controllate, e quasi tutti valutiamo positivamente il fatto che un numero crescente di donne svolga un'attività extra-domestica. Qualche esempio: il grafico 5 che mostra la percentuale di persone che hanno subito un furto nella prima casa negli ultimi 3 anni a seconda del tasso di attività della popolazione femminile, indica che i furti di appartamento avvengono più nelle regioni del nord e sono correlati con il numero di donne che lavorano fuori; quindi non avvengono nel sud dove noi pensiamo sempre che la criminalità sia più diffusa… Ci sono alcuni reati che sono molto più frequenti nel Nord, perché? In altri termini è come dire che ci sono maggiori occasioni quindi non ci sono soltanto tra virgolette i potenziali autori dei reati, perché questi hanno bisogno di avere anche delle occasioni remunerative e di correre pochi rischi. Secondo questa teoria pessimistica ma fondata commetteremmo tutti o quasi dei reati se avessimo zero probabilità di essere scoperti e alte possibilità remunerative. Ci sono dei reati, ad esempio i furti delle auto che sono crollati perché rende sempre meno rubare delle auto, è sempre più inutile quasi più nessuno ruba le autoradio, voi che avete una macchina lo sapete, mentre questo era un reato che 15 fa veniva compiuto tantissimo; quindi non ci sono solo i potenziali autori dei reati e non ci sono solo le pene ci sono occasioni più o meno favorevoli. L'Italia ad esempio ha un tasso altissimo di rapine in banca e uno dei motivi, non l'unico, è che da noi le rapine in banca rendono molto di più, poiché c'è molto più contante.

 

Percentuale di persone che hanno subito un furto nella prima casa negli ultimi 3 anni a seconda del tasso di attività della popolazione femminile

 
Grafico 5

Maurizio Tanzarini (Ufficio stampa provincia di Modena)*

Lei ha parlato della "certezza della pena" dove l'Italia è in linea con gli altri paesi, cioè questo significa che la percezione di impunità da parte della popolazione criminale è la stessa in Italia rispetto agli altri paesi…

Marzio Barbagli

Per essere onesti non esistono confronti internazionali che permettano di dire se la certezza della pena è maggiore o minore in altri paesi; non esistono proprio perché è molto difficile da valutare, quindi è un'impressione condivisa da alcuni colleghi, da alcuni studiosi ma che si basa su alcune caratteristiche peculiari delle forze dell'ordine del nostro paese.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.