Intervento di Lucio Babolin
Lucio BABOLIN
Presidente Nazionale CNCA
ultimo aggiornamento 28 gennaio 2005
Lucio Babolin*
Nel materiale in cartella troverete il testo del documento del Cnca che definiamo un programma politico. Più che stare sui contenuti in merito, tento di dirvi come siamo arrivati a decidere di stendere questo che viene definito: un documento di protesta e di proposta. Volevo tentare rapidamente di collocarlo tra l'altro dentro i ragionamenti che stiamo facendo in questi due giorni a questa edizione di Redattore Sociale, dove abbiamo parlato e stiamo parlando di "nascondigli". Vorrei aggiungere che abbiamo parlato e stiamo parlando tra di noi anche di "nascondimenti", non solo di "nascondigli", perché i nascondigli potremmo interpretarli come i luoghi dentro i quali si nascondono mondi a noi sconosciuti, non noti che dobbiamo andare a cercare, interpretare e capire, i nascondimenti sono attorno a noi, dentro di noi, sono rappresentati dal rischio e la prassi del voler nascondere, celare certi mondi, non farceli incontrare.
La riflessione del Cnca, di questa organizzazione che da oltre 20 anni opera nel nostro paese, nasce all'interno degli ormai 260 gruppi dediti alla solidarietà, alla condivisione, alla costruzione di comunità accoglienti, che si sono da sempre interrogati su questo tema nella cornice complessiva entro cui si opera. Il documento che è uscito da questa nostra riflessione ci ha impegnato praticamente a vari livelli, perché poi siamo delicati e difficili.
Non c'è mai stata sufficiente denuncia.
La parte della denuncia
L'abbandono dei poveri è un primo elemento di protesta che sta dentro questo documento.
Il rendere visibile il fatto che ormai è normale nella nostra Italia considerare una cosa acquisita che i poveri esistono e stanno attorno a noi, ci sono vicini, ovvio che si cominciano a interpellare coscienze, etica e valori.
Il secondo elemento è la cultura vessatoria contro i così detti marginali.
Sempre più si sta sviluppando una cultura che ormai diventa generalista, è una prassi della politica, delle politiche, che individua nelle persone che stanno ai margini della società i colpevoli di tutti i problemi che ci portiamo appresso. E quindi le strategie politiche di contenimento e repressive sono orientate a criminalizzare la marginalità, a individuare nelle così dette persone marginali e devianti il problema.
Il terzo elemento che noi vogliamo denunciare con questo documento è il ritorno a una concezione residuale della politica e delle politiche dei diritti.
Ormai del tema dei diritti soggettivi e collettivi si parla sempre meno e in modo particolare se ne parla sempre meno nei luoghi della politica, delle politiche, quasi come se la garanzia e l'affermazione di diritti di cittadinanza delle persone, di ogni cittadino siano delegate a una società civile essa stessa sempre più abbandonata, ma la politica e le politiche tendono a defilarsi da questo dovere che dovrebbe indurre a rendere esigibili i diritti di cittadinanza e di tutti.
Il quarto elemento appunto è il riaffermarsi del contenimento del controllo sociale, che in particolare viene richiesto al così detto terzo settore, ai gruppi che fanno attività di volontariato con una logica tutta assistenziale.
Ecco nel documento denunciamo la situazione e diciamo che ci sembra di dover cogliere il fatto che in Italia si è rotto un patto sociale che era stato stipulato, un patto sociale che teneva assieme i mondi delle istituzioni, i mondi della società civile, i mondi dell'economia, orientato a garantire comunque sviluppo e diritti di cittadinanza. Questo patto sociale si è incrinato definitivamente, probabilmente almeno in questa fase non esiste più e lo diciamo nel documento che grande responsabilità della rottura va accreditata alla politica.
La parte del documento che vuol diventare proposta
La proposta che sta al cuore di questo documento è questa: serve in Italia un nuovo patto sociale . Abbiamo notato in questo periodo e non siamo i soli ad esserne consapevoli e a dirlo - questa proposta sta uscendo da vari mondi - che c'è bisogno di un nuovo patto di coesione sociale, a noi sembra che questa possa essere la strada.
Che tipo di patto però? Perché poi a dire patto sociale significa mettere un titolo, ma non si sa bene poi che significhi concretamente. Diciamo che dovrebbe essere un patto sociale che tiene due fari che lo illuminano, che lo orientano. Il primo faro, il faro dei diritti, il secondo faro quello delle responsabilità, quindi un nuovo patto sociale che si fondi sui diritti e sulle responsabilità. E terzo elemento un patto che metta assieme le anime vive della società, perché ce ne sono e sono molte, solo che la loro voce è dispersa, si è frantumata, si è frastagliata. Diciamo che questo patto dovrebbe caratterizzarsi per una proposta di grande riforma sociale. Una grande riforma sociale è la proposta che il Cnca fa, attorno alla quale stipulare un patto condiviso dall'insieme delle anime più vive della società. E pensiamo che questa grande riforma sociale debba ruotare attorno ad alcune parole chiave, linee guida, valori ispiratori che tentiamo di formulare. Ne cito alcune, poi voi le ritrovate nel documento.
Il ritorno a un'antropologia personalista, potrebbe essere una prima parola chiave.
L'altro elemento che a noi sembra fondante di una riforma sociale, di un patto sociale, è l'eguaglianza nelle diversità.
Credo che se guardiamo la proposta di riforma fiscale del governo di questi giorni, potremmo dire che ha poco non solo dell'eguaglianza, ma se avesse qualcosa di egualitario è un fare parte uguali tra diseguali, per cui alla fine il risultato è che aumentiamo le disuguaglianze. L'idea che noi vorremmo proporre è di un'eguaglianza che tenga conto delle diversità e quindi che tra persone diseguali non si facciano parti uguali. Il tema dell'uguaglianza nelle diversità è il tema della costruzione di comunità accoglienti, del territorio e delle comunità locali. Noi pensiamo che un nuovo patto sociale, una grande riforma sociale non possa che ripartire dai territori, dalla riformulazione della costruzione di comunità locali accoglienti dove i soggetti della società civile e della politica possono giocarsi una rete relazionale capace di rilanciare appunto diritti e responsabilità. E dovrebbe essere a nostro giudizio un patto che si fonda sulla risorsa delle relazioni, delle connessioni delle reti. Il tema delle relazioni interpersonali è il cuore del rilancio della grande riforma.
Il documento presuppone il rilancio di una grande alleanza. Nessuno oggi, credo, qualsiasi organizzazione sociale, o politica forte, può pensare da solo o da sola di riuscire a dare slancio a questa proposta, per cui noi proponiamo un'alleanza tra le forze della società civile, il mondo delle istituzioni, il mondo dell'economia. È un'alleanza faticosa però riteniamo che non ci siano alternative. Dentro il mondo dell'economia, delle istituzioni, della società civile, ci sono i presupposti - senza voler mettere tutti nel mucchio, discriminando tra chi assume questi valori come fondanti e chi invece no - esistono le condizioni per costruire una grande alleanza nel paese. Noi riteniamo che al cuore di questa grande alleanza debbano essere posti i volti dell'esclusione.
"La storia siamo noi"
Questa è in estrema sintesi la valutazione del Cnca e la proposta che noi facciamo. Dentro nel testo troverete anche formulazioni di ipotesi operative e proposte molto più concrete. Ve le risparmio perché spero che poi andiate a trovarvele lì dentro. Quando sono venuto in sala c'era un cd che girava, con la voce di Fiorella Mannoia, uno dei cd del tour che ha fatto con De Gregori ed altri ed in quel tour lei canta una canzone di De Gregori che mi sembra potrebbe echeggiare questa nostra voglia di mettersi assieme e di formulare una grande proposta capace di attrarre utopie e orizzonti di riferimento, è la canzone che s'intitola "La storia siamo noi".
Siamo stati in grado di farlo in questi anni? L'utopia e l'orizzonte è quello di pensare che in questo nostro paese vi è chi è capace di continuare a fare storia e dalle piccole storie riuscire a formulare un'ipotesi di grande storia che possa traguardarci a un futuro possibile.
Termino dicendovi che sono venuto qui pensando con Stefano Tasatti e Vinicio Albanesi al forte desiderio che ci portiamo dentro e che sta dentro questa iniziativa in particolare, ossia quello di avere il mondo dell'informazione affianco.
Credo ci sia il bisogno di ripartire dalla capacità di rifare cultura, perché il problema vero, il fondo del problema è la ripresa della possibilità di ricreare una cultura solidale e accogliente. Da chi vive e lavora nel mondo dell'informazione noi abbiamo un po' quest'attesa: che ci venga data una mano per tentare di rilanciare delle riflessioni, delle proposte di cultura altra, di cultura orientata alla condivisione, orientata alla costruzione di comunità accoglienti, è dal nostro punto di vista la cittadinanza dei diritti, dei bisogni e delle capacità.
* Testo non rivisto dall'autore.