Intervento di Massimo Rossi - Presidente della Provincia di Ascoli Piceno
Vinicio Albanesi*
Ho invitato con un grande affetto Massimo Rossi perché è uno dei pochi politici puri, nel senso che segue una linea, una linea politica che può essere contestata, però si sottrae a quei legami a cui la politica molto spesso ci ha abituato, che è quello di non seguire un ideale. Chiedo a lui questo intervento come già Sindaco di Grottammare e come attuale Presidente della Provincia di Ascoli Piceno, una piccola provincia che però diventa luogo dove far politica. Lui ha un orizzonte molto vasto ed è per questo che lo ascoltiamo volentieri.
Massimo Rossi*
L'esperienza a cui si è fatto riferimento è l'esperienza di un governo locale quello di Grottammare, che nasce da un'ipotesi, quella di rimettere in discussione una corsa verso la quale una cittadina interessante da un punto di vista urbanistico per la sua localizzazione e per tutta una serie di interessi, si stava avviando verso una logica di mercato, come poi è successo a tantissime realtà del nostro paese, dove tutto viene valutato, apprezzato e misurato sulla base di quello che può essere il business che si può creare attorno a degli elementi. Per cui spazi della città e servizi, vengono valutati sulla base di interessi economici che si possono far nascere intorno a tutto questo. Pur producendo economia, ricchezza, benessere, in realtà questi meccanismi hanno prodotto una forte divaricazione, perché hanno prodotto una gerarchizzazione di quelle che sono le attenzioni in una società.
In quel contesto la velleità che un gruppo di persone che venivano da un'esperienza della nuova sinistra ha messo in campo, è stata quella di dire: noi non vogliamo semplicemente proporre un gruppo di amministratori con un programma diverso, ma vorremmo proporre un modello diverso di governo del territorio, delle regole del gioco diverse, un'altra partita più che un'altra squadra.
E in questo senso l'attenzione forte si è concentrata intorno ai metodi di governo, e questo probabilmente ha a che fare con quello di cui state parlando, cioè dei metodi di governo che mettessero al centro la persona e che in qualche modo rompessero quello schema secondo il quale gli eletti ricevono una delega e questa delega poi la esercitano per un mandato amministrativo fermo. In realtà le cose che si decidono nell'ambito di un'amministrazione locale, sia essa di un comune, di una provincia, sono cose che tutti possono capire e sulle quali tutti possono pronunciarsi. Mi sono posto come garante di un processo democratico che doveva far nascere le scelte dal basso e quindi abbiamo cominciato a svelare il fatto che il bilancio di un comune è una stupidaggine, perché in fondo non è altro che quello che noi facciamo nella nostra casa, in famiglia.
Una teoria divenuta pratica
Io queste cose non le teorizzo, penso di averle praticate, nel senso che poi mi sono appassionato e con me si sono appassionati molti cittadini per programmare una città che guarda caso, partendo da questi principi ha per esempio deciso di tagliare un milione di metri cubi dal piano regolatore precedente, ha deciso di riportare a destinazione agricola aree che erano state destinate alla costruzione di residenze, di alberghi, o di fabbriche, laddove si riteneva che quelle scelte andassero contro la qualità della vita di gran parte dei cittadini. In questo senso non è stato difficile poi individuare i meccanismi, che erano quelli di un continuo costante confronto con i cittadini per far emergere le scelte dai vari incontri dalle assemblee di quartiere diventate via via sistematiche su temi o su scadenze fisse e per dare a tutti la possibilità di pronunciarsi. E allora non poteva che determinarsi da questo tipo di processo un'attenzione per quelli che sono i problemi reali, concreti, la quotidianità delle persone, che normalmente invece nelle dinamiche dell'amministrazione ve lo assicuro rimangono escluse.
Faccio un esempio concreto. Nella mia realtà una delle scelte che veniva prospettata e sembrava ormai prossima alla realizzazione prima della mia elezione, era quella di realizzare un grande porto turistico, 1025 posti barca proprio sotto quello che è il centro storico. Ciò avrebbe modificato l'aspetto, l'impatto della nostra cittadina, ma al di là di questo vi erano degli aspetti sociali che ci inquietavano, perché questa realtà avrebbe prodotto un tipo di economia, un modello di società diverso, una sorta di luogo di élite dove si produceva un tipo di occupazione molto precaria e in qualche modo che andava a far perdere valore a un patrimonio naturale che la città invece aveva e che era possibile fruire da parte di tutti.
In alternativa a quelle scelte si è optato per restaurare invece il centro storico, costruire piste ciclabili lungo il mare. Il risultato di questo processo ha visto cancellare dal piano regolatore questa grande previsione. Aumentiamo il momento di confronto, d'incontro, il momento di dialettica.
Ritengo che questa esperienza abbia prodotto un livello di attenzione più alto per i problemi sociali, per gli esclusi, per gli ultimi, perché ha creato una dinamica di maggiore socialità, restituendo l'idea che tutti possono concorrere, che le cose che si fanno nell'ambito di un'esperienza di governo devono avere un impatto positivo non su degli astratti indicatori economici, ma sull'insieme della collettività. Sono nati 3 centri di aggregazione giovanile, 3 centri sociali per gli anziani.
A partire dall'esperienza locale
Viviamo una realtà molto difficile, in cui le aziende chiudono e questa globalizzazione che ci doveva portare grandi possibilità di competizione, promettendoci che avremmo venduto le nostre scarpe e tutti i nostri prodotti in tutto il mondo, alla fine si scopre una realtà ben diversa, questa apertura, questo abbattimento di vincoli, di dogane fa la fortuna di qualcuno e la disgrazia per molti. In questo contesto è visibile questa crisi.
La mia elezione alla Provincia di Ascoli Piceno è un segnale, al di là delle appartenenze politiche, è anche una cosa straordinaria in una provincia che stava per passare dall'altra parte, che era stata sempre conquistata al ballottaggio con il rotto della cuffia, questa volta che al primo turno elegge un presidente che mangia i bambini (così hanno detto, non sto scherzando) c'erano dei manifesti grandi ad Ascoli con su scritto: Rossi è un comunista è per la droga libera e il matrimonio tra omosessuali. Quello che è stato fatto è costruire un percorso che ha visto protagonisti le realtà associative di questo territorio, che ha spinto una certa candidatura, ma questa candidatura in realtà - la mia - era l'espressione di un progetto che partiva da quell'esperienza locale. Nell'immediato abbiamo pensato con Stefano Trasatti e con Vinicio Albanesi di attivare - lo faremo dal prossimo anno - un progetto che coinvolga le scuole, che educhi i giovani ad indagare, a fare diciamo una sorta di reportage sulla realtà, ad abituarsi a guardarsi intorno. Per chi vuole governare cercando di produrre dinamiche democratiche, c'è bisogno di un'informazione democratica, che rappresenti la realtà vera.
* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.