Incontro con Perla Goseco Savino (consulente esterna del Ministero degli esteri)*. Coordina Daniele Iacopini
Daniele IACOPINI
Giornalista di Redattore sociale, dove lavora dalla sua fondazione, nel 2001.
Daniele Iacopini*
In una precedente edizione del Seminario Redattore Sociale abbiamo avuto tra i relatori Kevin Bales, che molti di voi conosceranno, lo scrittore, che presentò il suo libro "Nuovi schiavi". Una parte del suo volume era dedicato alla situazione vissuta dai minori in alcune aree del pianeta. Minori sottoposti a sfruttamento sessuale. Da qui il titolo "nuovi schiavi". Con l'aiuto di due amiche - Perla Goseco-Savino, responsabile del settore turismo dell"Ecpat e Giorgia Crotta che vedete qui alla mia sinistra, avvocato anch'essa dell'Ecpat - cercheremo di conoscere più a fondo, di capire le origini, le dimensioni, gli sviluppi di questa problematica, cercando anche di metterle in relazione con quello che è il tema di quest'anno di Redattore Sociale. Essendo un seminario giornalistico cercheremo anche di capire nel tempo che avremo a disposizione, i perché di alcune zone d'ombra da parte degli organi d'informazione su questo problema, il perché questa questione non riesce ad affiorare sugli stessi organi d'informazione, sui media, tanto che per gran parte dell'opinione pubblica non esiste. Lo sfruttamento sessuale sui minori, il turismo sessuale a danno dei minori sugli organi d'informazione non esiste. Ho citato prima Kevin Bales, che parlava di nuovi schiavi: questa è sicuramente una forma di schiavitù. Noi forse siamo legati ad una visione romantica del concetto di schiavitù, legata a suggestioni letterarie o cinematografiche. In realtà la schiavitù esiste ancora, esiste secondo modelli diversi da quelli a cui siamo soliti pensare, con forme più striscianti. Sicuramente il turismo sessuale ai danni di un minore fa parte di questa nuova ondata di schiavitù direttamente legata, opinione personalissima, ad un concetto che stiamo dibattendo molto in questo periodo, cioè il concetto di globalizzazione. Con la globalizzazione, con l'abbattimento delle frontiere, con una visione globale, unica del nostro pianeta, si è avuta non solo una maggiore facilità di circolazione delle merci, ma anche degli esseri umani. Ciò ha provocato il potenziamento, cosa che fa parte della nostra storia recente, dei flussi turistici e, con essi, c'è stato anche il potenziamento di quello che è l'aspetto meno nobile del turismo appunto: quello sessuale a danno dei minori.
Perla Goseco Savino*
Mentre stavo in albergo cercavo di ripassare un po' le note che avevo, gli appunti che avevo e stavo pensando che molti bambini e molte bambine sono pronti a "prostituirsi" (poi vi dirò il perché delle virgolette più tardi) per un'ora, 2 ore, in un albergo meno bello dell'hotel Royal. Dato per scontato che non condividiamo questa compra-vendita dei bambini, questo prostituirsi dei bambini, vorrei invitare anche a pensare alle motivazioni che inducono le famiglie a vendere i bambini. Per noi è difficile capire cos'è la fame. Quando una famiglia vede i figli che non mangiano, sono costretti dall'estrema povertà - che è alla base della compravendita - a vendere, magari, la figlia maggiore. E' difficile da capire per noi perché mangiamo 3 volte al giorno e anche bene, però bisogna cercare di capire, pur non condividendo il fenomeno. Allora comincio con qualche cosa che magari per voi è un po' forte.
20$ per vendere o comprare un bambino
Molte volte lo sfruttamento comincia in famiglia. Esiste poi un'industria internazionale del sesso. Un' "industria" del sesso infiltrata nel turismo e alimentata da luoghi comuni come:
1) le donne dei Caraibi pensano solo al sesso;
2) la prostituzione dei bambini aiuta il paese attanagliato dall'embargo;
3) pagare una in terra cubana è un aiuto all'economia.
E poi che la prostituzione dei bambini, bambine e adolescenti fa parte della cultura asiatica, l'abuso non traumatizza i bambini educati in queste culture… Un altro luogo comune è il sacrificio di bambini, bambine e adolescenti prostituiti, garantisce il loro futuro e quello della loro famiglia, dimenticando che chi veramente guadagna sono gli sfruttatori, i commercianti del sesso. La verità raggelante, però, è che nel mondo 2 milioni di bambini, bambine e adolescenti sono sfruttati sessualmente niente di meno che da criminalità organizzate, dalla mafia internazionale. Migliaia di minori latino americani e decine di migliaia di asiatici, africani e recentemente dell'Europa dell'est, dopo l'implosione dell'Unione Sovietica, la maggior parte poveri e senza istruzione, sono i nuovi schiavi di un colonialismo mascherato di divertimento. E il commercio continua.
Questi schiavi moderni sono obbligati a prostituirsi dalle loro famiglie che vivono in un'estrema povertà o da organizzazioni mafiose per accontentare viaggiatori ricchi e senza scrupoli. Un'industria del sesso tanto potente quanto inquietante ha superato i guadagni del commercio della droga. Questo non lo dico io, lo dice l'Interpool. E' più facile trafficare esseri umani che armi perché c'è sempre qualcuno che dice: "ahh, ma è la professione più vecchia del mondo!". È diventata un'industria potente e non risparmia nessuno. Quest'industria del sesso è cominciata in Asia durante gli anni 80 sulla scia della guerra del Vietnam. Non è un caso, quindi, che la lotta per combattere lo sfruttamento sessuale in quantità industriale sia iniziata in Asia con il movimento Ecpat. Attualmente è una rete internazionale di 60 organizzazioni e ora l'acronimo èEnd child prostitution pornography and trafficking, perché è lì che è cominciato il commercio in quantità industriale, in Asia. Purtroppo quest'industria si è propagata, si è spostata in Cambogia e Cina e si mantiene nelle Filippine, India, Indonesia, Sri Lanka, Thailandia e Vietnam. Le cifre sono spaventose. L'offerta si propone in America latina, in Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica e Cuba, Messico, Perù, la Repubblica Domenicana che rischia di essere un bordello flottante… In Africa il commercio sessuale si dirige verso il sud Africa, Kenia, Zambia e Senegal e recentemente in Europa, Albania, Polonia, Romania, Russia, Ungheria e la Repubblica Ceca, paesi con economia vulnerabile dove pedofili o, semplicemente, viaggiatori ricchi senza scrupoli vanno in cerca di sesso a buon mercato. La situazione in America latina è meno cruda. A quanto pare la mafia locale ed internazionale non hanno ancora invaso la regione, anche se ci sono dei segnali fortissimi di infiltrazione.
Il profilo dello sfruttatore
Chi è questo cliente?
Profilo n.1: innanzitutto il pedofilo. È una persona malata, è una malattia psicosessuale che preferisce bambini e bambine pre-puberali. Spesso queste persone non hanno affatto l'aspetto del maniaco, ma si presentano come persone normali, il vicino di casa, l'istruttore di sport, l'insegnante ahimè anche di religione, un professionista, un uomo d'affari, lo zio anche o l'amico di famiglia e qualche volta purtroppo anche il padre. Purtroppo c'è qualche cosa inquietante in questo: molti dei pedofili sono stati abusati anche loro quando erano bambini, la storia si ripete. Ed è una malattia recidiva di gente che ha bisogno di un trattamento psichiatrico.
Profilo n. 2: l'abusatore preferenziale, abituale. Una persona che preferisce per "vizio" ragazzine o ragazzini adolescenti. Non sono malati e quindi non avrebbero neanche l'attenuante morale di una malattia recidiva, ma preferiscono fare sesso con ragazzini e ragazzine post-puberali, perché è più facile "conquistare", perché non è una conquista quando uno paga per il sesso, per 20$… si sentono forti quando stanno con loro.
Profilo n. 3: l'abusatore occasionale. Viaggiatori giovani - vedo molti giovani qua - viaggiatori giovani che vanno all'estero per il mare, il sole e il divertimento…. però quando arrivano lì gli viene offerta una ragazzina di 13-14 anni, la risposta è "perché no?" E' il branco del why not? Ora insieme al presidente di Ecpat, Marco Scarpati, stiamo iniziando uno studio sul profilo n. 3 dell'abusatore occasionale. Stiamo cercando di capire perché l'età dell'abusatore si sta abbassando a 20-22 anni, ragazzi che dovrebbero avere relazioni sessuali con i loro coetanei nel loro paese e non andare all'estero per comprare sesso con ragazzine.
Profilo n. 4:l'abusatore emergente: soprattutto donne tra 25 e 50 anni che cercano soddisfazione sessuale con i beach boys dello Srilanka e con i "sanky panky", ragazzini della Repubblica Domenicana che stanno sulle spiagge.
Profilo n. 5:una figura tanto invisibile quanto pericolosa. lo sfruttatore che non si sporca le mani, il mandante, il grande mafioso che guadagna miliardi di euro. Lo sfruttatore che assolda la manovalanza, come la droga in fin dei conti. Si guarda bene, il grande distributore, dal drogarsi. Del pedofilo, della sua malattia purtroppo recidiva e del suo comportamento sappiamo abbastanza. In alcuni paesi, come la Gran Bretagna, queste persone sono schedate, le forze dell'ordine compilano e conservano una lista di pedofili comprovati, sanno anche dove stanno. Tuttavia sappiamo poco dell'abusatore preferenziale abituale e molto poco dell'abusatore occasionale. Tutti hanno, però, un denominatore in comune. Abbandonano i loro principi quando vanno all'estero. Si sentono potenti davanti alla povertà e davanti alla debolezza del bambino adolescente. Realizzano le loro fantasie sessuali senza preoccuparsi se la bambina ha solo 12 o 14 anni. Adesso ci chiediamo, che c'entra l'industria del turismo? Il settore turistico in tutto il mondo si trova a dover affrontare, direttamente o indirettamente, l'enorme problema dei bambini sfruttati sessualmente da persone che si servono di strutture e di reti turistiche. L'industria turistica è arrivata a una conclusione: affrontare il problema e mettere a punto il suo ruolo e la sua responsabilità. In generale si possono evidenziare 3 tipi di responsabilità dell'industria turistica.
A) Non permettere che nell'ambito turistico si organizzino viaggi del sesso, o "turismo sessuale" con minori, tra virgolette perché non si tratta di un prodotto turistico. Il turismo sessuale non è un prodotto turistico, è una mistificazione. Per ragioni legali, là dove ci sono leggi l'industria turistica deve solo adeguarsi.
B) Non consentire l'abuso di reti e di strutture turistiche per favorire lo sfruttamento sessuale e commerciale con minori.
C) Collaborare con la società civile nella lotta ai casi di sfruttamento.
A questo punto bisogna spezzare una lancia, sottolineare un fatto… nessuna altra industria come l'industria turistica ha promosso la protezione di bambini e adolescenti dallo sfruttamento sessuale e commerciale. Già da anni associazioni e imprese individuali sono in prima linea nella lotta, forse perché hanno capito che anche loro sono stati colpiti da questa industria del sesso. Alcuni internazionali sono: Iata, l'associazione internazionale del trasporto aereo; Ifto, federazione internazionale dei tour operators; Fuav, federazione universale delle associazioni agenzie di viaggio l'associazione internazionale degli alberghi e ristoranti, molto potente anche questa, la federazione internazionale dei giornalisti. Voi avete un pieghevole, anzi due pieghevoli che sono la traduzione di 2 pubblicazioni della federazione internazionale dei giornalisti, che sono le linee guida su come trattare l'informazione. Si ha a che fare con un tema delicato…. il bambino deve essere protetto anche quando bisogna comunicare il male, perché il bambino è sacro. La centralità, la sacralità del bambino va protetta. Poi c'è chi, come l'Air France con la consulente di Ecpat France la Virgin Express, senza condizioni ha detto "vi aiutiamo, sosteniamo la vostra causa". Adesso andiamo alle legislazioni che sono importantissime perché senza legislazione non possiamo fare niente.
Il rispetto del bambini non conosce frontiere
Dove non esistono leggi adeguate per la protezione di minori, l'industria turistica ha dato il suo appoggio alla società civile, le Ong in particolare, per la promozione e approvazione di leggi specifiche. In Italia, per esempio, la legge promossa da Ecpat Italia, è stata il risultato di 3 anni di lotta. Abbiamo perfino fatto un sit in davanti al Senato quando la legge non passava. È passato nella Camera dei deputati all'unanimità, però in Senato le stesse forze politiche, due specialmente, hanno cercato di arenarlo su due punti: l'età di consenso che volevano abbassare a 14 anni e la pornografia infantile che non volevano punire. Allora il settore turistico è stato coinvolto in maniera forte nella legislazione. Di fatto 3 articoli della legge italiana mettono in evidenza il ruolo e la responsabilità dell'industria turistica. Vediamo gli artt. 5, 10 e 16.
L'art. 5: "chiunque organizza o propaganda viaggi finalizzati alla fruizione di attività di prostituzione a danno di minori, o comunque comprendenti tali attività è punito con la reclusione da 6 a 12 anni, o con la multa di € 15.000 a 30.000". E' l'unica legge che prende in considerazione in una maniera forte l'industria del turismo, infatti la chiamano una legge modello… non è una legge perfetta, però è una legge modello, perché prende in considerazione la legge del mercato. L'art. 10: "fatto commesso all'estero", sancirebbe il principio di extraterritorialità. "Le disposizioni di questa sezione si applicano altresì quando il fatto è commesso all'estero dal cittadino italiano, ovvero in danno di cittadino italiano, ovvero da cittadino straniero in concorso con cittadino italiano". E poi l'art. 16. Se voi andate ad un'agenzia di viaggio ogni catalogo ha l'art. 16 perché obbligatorio, solo in Italia si deve mettere quella avvertenza. "La legge italiana punisce con la pena della reclusione i reati inerenti la prostituzione e la pornografia minorile anche se gli stessi sono commessi all'estero". Il viaggiatore è avvertito… Allora è fondamentale informare e sensibilizzare il viaggiatore della necessità di rispettare bambini e adolescenti in tutto il mondo, perché il rispetto del bambino non conosce frontiere, la protezione dei bambini è anche affar tuo, potrebbe essere tuo figlio. Molte persone qui nell'occidente dicono: "questi sono affari del terzo mondo, non sono affari nostri". Invece sono anche affari nostri e ultimamente ho parlato con qualcuno della Repubblica Domenicana, un console, che ha detto che ha saputo di un bambino svedese che è stato violato in un albergo nella Repubblica Domenicana. Questa legge qui copre anche il bambino svedese, quando viene violata fuori dal paese di origine. Un bambino è un bambino, è un bambino, è un bambino!
Una Ong tedesca riempie una pagina web per ricordare una cosa tanto elementare quanto dimenticata: la necessità di proteggere il bambino, qualsiasi bambino. Oggi le Ong, insieme all'industria turistica e con l'appoggio della commissione europea, promuovono il codice di condotta, uno degli strumenti più efficaci nella lotta. Questo codice non è solamente una lista di buone intenzioni ma sanziona la connivenza di una struttura turistica, un hotel per esempio, in un caso di sfruttamento sessuale comprovato, con il non rinnovo del contratto del tour operator. Il codice viene ora implementato a Cuba, in Costa Rica, Repubblica Domenicana e Thailandia e fra poco anche in Brasile, India e Sri Lanka.
In sintesi l'implementazione consiste in diversi aspetti:
1) La dichiarazione ufficiale della struttura turistica di aver adottato il codice per la protezione dei minori dallo sfruttamento sessuale commerciale. Questa politica viene inclusa nei contratti con i propri dipendenti nei paesi di origine tramite il contratto collettivo nazionale dei lavoratori. Solo in Italia - e questo è un primato tutto italiano - i sindacati dei lavoratori del settore hanno firmato il codice di condotta, la Cgil, Cisl e Uil sono tra i firmatari insieme alla Confindustria, Confesercenti, le linee aeree, le Crs. Anche gli ospiti degli alberghi, gli ospiti stessi vengono informati di questa politica tramite il kit di benvenuto, oppure la TV a circuito chiuso.
2) Formazione dei formatori. Persone chiave dei tour operators o dell'albergo, per esempio il destination manager, direttore di escursione, capo-guide, capo-logistica… Lo snodo principale qui sono i tassisti. Normalmente in grandi alberghi da 4 stelle in su, molti anche di 3 stelle non si "sporcano", certe cose non si fanno in albergo. Si esce, c'è il tassista che fa da guida verso quei bordelli, karaoke, bar e disco.
3)Automonitoraggio e verifica da parte del segretariato del codice di condotta. Presso l'organizzazione mondiale del turismo a Madrid c'è un automonitoraggio costante da parte del tour operator. Dispone di una specie di "lista" delle cose da fare. E' una sorta di autoregolamentazione. Sono già 6 i paesi europei che portano avanti il codice: l'Austria, Germania, Olanda, Gran Bretagna, Svezia e l'Italia. Seguiranno la Danimarca, che già lo sta implementando anche fuori del gruppo, la Norvegia e, si spera, presto la Francia e la Spagna.
Vorrei spezzare una lancia appunto per il tour operator "I viaggi del ventaglio", perché è il primo operatore turistico italiano ad implementare il codice in un paese di destinazione: la Repubblica Domenicana. Lo scorso settembre pensavamo noi di formare i formatori solo presso il loro albergo, il Grandominicus, ma il tour operator "I viaggi del ventaglio" ha portato altri 5 alberghi della zona. E si è arrivati ad avere 6 alberghi che stanno implementando il codice di condotta.
Intervento
I risultati del monitoraggio cominceranno ad aversi dall'anno prossimo, oppure si ha già qualcosa?
Perla Goseco Savino
Non ci sono ancora i risultati dell'automonitoraggio. Comunque non abbiamo fatto un buco nell'acqua, perché la gente comincia ad essere selettiva. Questo segnale è emerso da uno studio commissionato dall'ufficio turistico cubano in Italia. Nel 1999 il flusso dei viaggiatori a Cuba è caduto del 30%: le autorità cubane, perplesse, hanno commissionato una ricerca di mercato e sono saltate fuori le cause.
La prima è che la maggioranza dei turisti italiani non vuole essere identificata con il turismo sessuale con bambini. Di conseguenza le autorità cubane con l'aiuto dei tour operators che hanno firmato il codice di condotta, hanno focalizzato il loro prodotto turistico puntando sulla cultura, la storia e così via. Molti tour operators e governi come quello della Thailandia, Brasile, Cuba e la Repubblica Domenicana hanno cominciato a guardare al futuro. Un futuro dove il turismo di qualità vuol dire turismo responsabile e sostenibile, un futuro dove il turismo responsabile sarà anche turismo economicamente sostenibile non soltanto da parte dei governi riducendo i costi sociali, ma soprattutto sostenibile da parte dei tour operators stessi. Cuba insegna. Finora abbiamo raccontato il male, questo è il famoso aggancio qui in questa sala. Come raccontare al di fuori di queste mura il male? Certo sarà più difficile, perché fuori il pubblico è più variegato. Noi del mestiere, voglio dire Ecpat, che ha come scopo è la protezione dei bambini dallo sfruttamento sessuale commerciale, ci troviamo davanti al problema ogni giorno quando rispondiamo al telefono, quando ci chiedono di scrivere un pezzo per una rivista o giornale, o parlare in radio-televisione e in un convegno come questo. Ora nel raccontare il male così delicato e essenziale è usare la terminologia giusta ed avere le idee chiare. Prima di tutto è ora di iniziare a parlare di "bambina prostituita", non "bambina prostituta". Qui non si tratta solo di mettere il punto sulla "i", si tratta di mettere la "i" che fa un mondo di differenza, perché non esistono bambini prostituti, sono sempre prostituiti da qualche adulto, anche quando a 12-13 anni appaiono più seducenti magari di qualche prostituta adulta. Sono minori ammaestrati da qualche adulto.
La legge 269 del '98 è quasi sempre chiamata la legge contro la pedofilia: non è la legge contro la pedofilia ma contro lo sfruttamento sessuale di minori, quale nuova forma di schiavitù. È stata voluta dai nostri parlamentari… quale nuova forma di schiavitù… perché è di schiavitù che si tratta. La legge punisce non solo i pedofili quando mettono in atto la loro malattia - perché il pedofilo che non mette in atto la sua malattia non viene punito soltanto perché è malato, ma quando abusa di un bambino - ma anche e soprattutto coloro che guadagnano sulla pelle dei bambini, i trafficanti, le magnacce, i proprietari di bordelli, karaoke e bar, disco, che fungono da punti di transazione. Magari loro non toccano neanche i bambini, però ci guadagnano. "Turismo sessuale" presentato come se fosse un prodotto turistico, semmai è un sotto prodotto confezionato da alcune schegge impazzite nell'ambito del turismo che chiudono un occhio, anche due e magari strizzano il terzo. Bisogna fare sempre una distinzione chiara fra industria del turismo da una parte e industria del sesso dall'altra parte. Perché quella turistica è un'industria come tante altre, come quella chimica, la tessile, è lavoro duro, ci ho lavorato io più di 20 anni... Per gli addetti non esistono domeniche, Pasqua, Natale, Capodanno, Ferragosto… si lavora di più quando la gente va in vacanza. L'industria del sesso, invece, è pericolosa non solo ai bambini, ma anche all'industria turistica laddove tende ad annidarsi.
Come raccontare
… sarete voi, saremo noi qui a dirci come meglio raccontare un fenomeno così aberrante, possiamo solo raccomandare due cose.
La prima: nel raccontare la verità bisogna raccontare tutta la verità incluse le maschere, perché dietro la prostituzione di minori ci sono molte cause e concause. L'estrema povertà e il consumismo sfrenato sono una miscela esplosiva, perché il consumismo non è solo qua nell'occidente ricco.
Il consumismo, purtroppo, esiste anche fra i poveri che vengono bombardati dalla televisione, dagli spot che creano dei bisogni falsi e magari invece quando hanno un po' di soldi invece di sognare un frigorifero nei tropici - che ora è diventata una necessità - sognano un DVD, un telefonino e, purtroppo, sono anche pronti a vendere una figlia per poter avere un telefonino. Stavo dicendo stamattina in albergo a Riccardo Iacona, che quando mi stava chiedendo: ma veramente vendono i loro figli? Si, ho detto, purtroppo si, perché la loro estrema povertà porta anche a quella che si chiama la "cultura della povertà". Quando i poveri non vedono più il futuro esiste per loro solo il presente, non vedono le cose essenziali della vita, vedono soltanto l'appagamento immediato ed ecco anche le cause… il rapporto fra nord e sud… il nord ricco e il sud povero nel mondo e il rapporto fra impari fra il viaggiatore potente e il minore debole.
La seconda: non esitare a mettere una mascherina, vi prego, sui volti dei bambini e adolescenti quando si racconta l'abuso da loro subito per non perpetuare quell'abuso, sarebbe una seconda violenza. Qui forse Giovanna sarà d'accordo con me: in molti servizi televisivi, dico televisivi perché è lì che si vede il volto, mettono la mascherina sull'abusatore e non sulla bambina. Secondo me non è giusto. A noi è capitato, invece, di beccarci una denuncia perché abbiamo fatto vedere un video in televisione senza mettere una mascherina sull'adulto che chiamerò con un nome fittizio, Riccardo. Riccardo ha fatto causa contro l'Ecpat a Milano perché è apparso in televisione, in una trasmissione di Luca Giurato. La Rai ha dovuto difendersi.
Noi eravamo soltanto i testimoni… perché si è visto evidentemente a casa insieme alla famiglia quando usciva dalla piscina e una voce fuori campo ha detto: "Riccardo, italiano, torna sempre nella Repubblica Domenicana…" ed erano considerazioni vere, nulla d'inventato. Ciò per dire difficile raccontare questo male. I dettagli di come raccontare sono scanditi nelle linee guida che avete voi della federazione internazionale dei giornalisti e di ciò si discuterà durante il workshop, dopo questa presentazione.
Vediamo, ora, 6 spot mi sembra di 27 secondi ciascuno, anche per farvi vedere come abbiamo cercato di raccontare sullo schermo con l'aiuto di professionisti questo terribile male, affinché il grande pubblico venisse sensibilizzato.
E' inutile avere un'audience che poi si tappa le orecchie. E' necessario utilizzare le parole giuste ma, nello stesso tempo, raccontare bene il male, dare la vera informazione.
Visione del I Spot e del II Spot
Perla Goseco Savino
Sono stata positivamente sorpresa quando in Azerbaijan improvvisamente ho visto questo spot prima dell'annuncio per i salvataggi... È uno spot in cui hanno cercato di non far vedere il viso del bambino. In uno degli opuscoli che vedete la federazione internazionale dei giornalisti ha fatto mettere a mo' di nascondino le mani della bambina sul viso, per camuffarla un po'. Non vogliamo immortalare, oppure identificare quel bambino o quella bambina con la prostituzione.
Visione del III Spot e IV Spot
Perla Goseco Savino
Questa è un'attrice. Questo spot è stato scelto da Telepiù digitale ed è prodotto e finanziato dall'Air France interamente. Magari l'Alitalia facesse la stessa cosa! L'Air France lo sta facendo vedere nei suoi voli a lungo raggio, non sempre ma in determinati periodi. Quando ci ha chiesto Telepiù digitale, il canale Marco Polo che sarebbe il canale per i viaggi, di vedere qualche spot, glieli abbiamo fatti vedere tutti.
Intervento
In Italia allora non esiste, sulle linee aeree per dire, una pubblicizzazione di queste situazioni?
Perla Goseco Savino
Ci hanno detto che quello tedesco, quello Toys giocattoli, è stato fatto vedere per un breve periodo di tempo dall'Alitalia su pressione di qualcuno. Io, però, non l'ho mai visto. Ieri ho ricevuto, tramite e-mail, la programmazione di questo spot dell'Air France in italiano un'altra volta per le partenze natalizie dal 18 dicembre al 7 gennaio. Sarà piccolo, gli abbonati più o meno del Telepiù digitale sono 250 inclusi gli hackers, è sempre poco rispetto all'audience delle grandi Mediaset e Rai, però è estremamente focalizzato ad un target fatto di persone che vedono le partite di football, di calcio e quindi il 50% maschi…
Visione del V Spot istituzionale
Perla Goseco Savino
Quando i dominicani hanno visto questo spot si sono letteralmente innamorati…
Visione del VI Spot
Perla Goseco Savino
E' bello peccato che non sia a colori. E' stato pensato proprio come un pugno nello stomaco perché prima mostra ed esalta tutte le cose belle, poi passa d'improvviso a quella brutta. Secondo me è molto efficace …
Giovanna Rossiello - Giornalista Tg1*
Io volevo premettere che seguo questo tema da molti anni. Ero stata a Stoccolma quando, nel '96, ci fu la prima convention internazionale contro lo sfruttamento sessuale dei minori. E' stato un momento molto importante perché per la prima volta, grazie alle Ong, si è parlato di sfruttamento e di turismo sessuale. Per la prima volta gli enti non governativi si sono seduti attorno allo stesso tavolo e hanno dato la loro visione del mondo, dei problemi dal punto di vista di chi vive in prima persona le problematiche nel territorio. Io vorrei che da questa, che è una sessione di lavoro molto dura, venissero degli spunti che riuscissero ad andare oltre luoghi comuni. Non ci si può limitare a dire che di queste cose non si parla… Come redattrice mi sono sentita dire tanti "no", ed immagino anche voi, perché è un argomento difficile. Poi, però, quando andavo nelle scuole subito dopo Stoccolma, nei primi anni in cui si parlava di sfruttamento sessuale, vedevo che le mamme erano lì con le insegnanti che quasi cercavano di toccarti e chiedevano a noi di dire qualche cosa, di aiutarli a fare la mediazione, perché si sentivano totalmente impotenti. Quando ero in Germania, sempre negli anni '95-'96, si cominciava a dire che c'era una lobby - era un argomento un po' pruriginoso anche in Germania - la lobby dei potenti, dei politici che chiudevano un occhio...
Riconoscere la "doppiezza" dell'uomo
Io credo che una rottura degli schemi comuni sia, per esempio, far venir fuori la doppiezza dell'uomo, così come si è fatto nel primo spot australiano, che è il continente più giovane in assoluto. Nella nostra cultura un Clinton che va con la stagista è assolutamente una cosa di tutti i giorni… quanti politici si fanno vanto, quanti uomini si fanno vanto di certe cose? Bisogna superare questo luogo comune: quello legato, soprattutto nella nostra cultura, al fatto che fare certe cose siano motivo di vanto. Non si può far passare tutto come normale e magari considerare chi si vanta di queste cose come un furbo… Non si può più chiudere un occhio. Diciamolo che è una cosa orrenda, che si fa violenza. La società civile deve pretendere che ci siano degli atteggiamenti diversi…. E' importante cominciare a sfatare questi luoghi comuni, legati al concetto "furbo, soldi, sesso, droga e rock&roll"… E' fondamentale dare un aspetto di sobrietà, di rigore e di pretenderlo questo rigore. Queste campagne, questi codici devono assolutamente passare anche in televisione. I programmi, le rubriche che si occupano di turismo devono far vedere queste cose, devono far capire queste problematiche senza esaltare solo la negatività! Queste sono cose che noi, nel nostro piccolo, come associazione che si occupa di minori, come responsabili di formatori giovani che si occupano di quelli che sono al desk per fare turismo, cerchiamo di fare. Questi messaggi positivi devono cominciare a passare. Si può cambiare anche nel nostro piccolo. Vi porto un esempio. Una volta su un Tg1 avevo intervistato proprio Marco Scarpati, presidente dell'Ecpat. Mi ero raccomandata massima attenzione alle immagini. Fu una bellissima esperienza perché lui raccontò la storia di una ragazza che aveva seguito personalmente negli anni, e che si era liberata da questa schiavitù, aveva fatto corsi di recupero, di reintegro… Era diventata mamma e Marco aveva raccontato la gioia provata nell'andare al suo matrimonio. Se noi siamo i primi a credere che strade alternative sono possibili, allora è chiaro che un messaggio può passare. Se noi parliamo di turismo sessuale solo come pugno allo stomaco, il discorso cambia e di molto.
Secondo me è fondamentale far capire ai politici che il turismo sessuale non è un "sottopunto" della riforma del welfare! Allora se da questo seminari di oggi venisse una proposta da sottoporre ai vari Cnca d'Europa, di mettere come punto centrale della politica estera un problema come questo, saremmo andati un passo avanti ai soliti luoghi comuni. Io credo che se persone perbene, come quelle che sono qui a cercare di capire come si possono affrontare i problemi seri, si adoperassero per far capire che c'è sempre una luce, una possibilità, allora credo che si farebbe un grande favore alle persone che hanno meno strumenti. Dico questo perché mi ricorderò sempre, a Stoccolma, quando c'erano i ragazzi che erano ex prostituti di strada, circondati dai colleghi che andavano a chiedere storie io mi sentivo sempre un po' fuori perché andavo sempre a intervistare quelli che davano una possibilità, un messaggio di speranza. Ho impresse in mente le facce di questi ragazzi che dicevano: "smettete di chiederci le nostre storie di dolore e sofferenza!". Pensando a tutto questo, tenendo conto il rispetto profondo che deve esserci, sempre, per le persone, nei momenti bui penso che si possono affrontare problemi difficili, scabrosi, dando una speranza.
Vi ricordate il secondo spot? Il ragazzino che su internet sa fare tutto e quindi viene adescato? Perché non si fa un passo avanti? Va bene la protezione… ma non sarebbe il caso di cominciare anche a parlare a scuola del fatto che non sei strafigo solo se sai navigare per il mondo da solo su internet?
Credo che si debba agire su tanti livelli… Serve informazione con la "i" maiuscola in televisione, bisogna raccogliere storie di chi sta facendo qualcosa per gli altri e far capire a chi fa informazione nelle rubriche, che bisogna parlare di queste cose. Facciamo una rete tra di noi che facciamo informazione, chiedendo che di queste cose se ne parli, sennò i "no" non aiutano a crescere, ma aiutano a fare stare questi problemi in un limbo eterno.
Intervento
Volevo dare un altro input partendo da quello che ha detto Giovanna. Ho visto questi spot, alcuni di questi sono stati -uso un termine già stato usato - un pugno sullo stomaco… Poi ho pensato a quello che ha detto Perla, cioè che ci sono tour operators, la grande industria del turismo, che si è data un codice di regolamentazione da quel punto di vista e comunque, al di là dei codici di regolamentazione, si è attivata concretamente per affrontare il problema. La stessa cosa l'hanno fatta alcuni stati. Diceva prima lei… Cuba ha visto diminuire del 30% il flusso turistico e ha pensato che qualcosa non andava. E ha preso posizione. Allora, per chi come me - e penso anche come voi - ha intrapreso questa professione giornalistica pensando ad una professione anche di denuncia, coraggiosa, di presa d'atto di alcuni problemi, mi chiedo e vi chiedo - e su questo potremo cominciare a discutere - potremo già pensare per il dopo? Ci sono stati decenni in cui queste attività sono andate avanti. Tutti sapevano, nessuno ha avuto la possibilità, la voglia, la sensibilità - anche da un punto di vista professionale - di soffermarsi, di approfondire alcuni problemi. Adesso c'è un codice di comportamento, un codice deontologico da parte della federazione internazionale dei giornalisti, fatto sicuramente importante. Ma abbiamo delle esperienze in Italia di codici deontologici e di trattati che poi sono rimasti sulla carta? Cito la prima carta di Treviso del 1990, cito la seconda carta di Treviso del '95, rivista dopo appena 5 anni semplicemente perché si è visto che in quell'arco di tempo, dal 90 al 95, in realtà nessuno prendeva atto che c'era una carta con dei doveri del giornalista e che quindi in quei 5 anni ne sono successe un po' di tutti i colori. C'è un codice deontologico della professione ma non mi pare che questo abbia fatto prendere coscienza, a chi fa questa professione a diversi livelli, del problema. A far prendere coscienza del problema sono stati, magari, alcuni episodi negativi avvenuti sulle reti Rai, ma ancora una volta è difficile che si prenda coscienza del problema sulla base di una carta. C'è voluto lo scandalo. Ho l'impressione che l'unica cosa che siamo riusciti a fare - per carità, magari, ne vengano il più possibile - sono queste carte, questi codici deontologici che poi però rischiano molto spesso di rimanere sulla carta.
Giovanna Rossiello
Credo che sia un discorso da affrontare in modo più ampio. E' un discorso di cultura a più ampio raggio. E' vero, le carte sono deboli così come tutti i codici di autoregolamentazione che ci siamo dati. Ma se anche una parte che pensa in modo pluralista è stata presa in questo vortice del credere che Ricci, Gabibbo e il Grande Fratello possano far parte di un'informazione bhè, credo che ci sia molto da riflettere.
Intervento
Io l'avrei voluto dire ieri sinceramente. Lo dico oggi perché siamo un po' in meno e m'imbarazza un po' meno. Io ritengo che sia stata data una visione un po' pessimistica del nostro mondo, del mondo del giornalismo del sociale, più che altro dell'informazione. Io lavoro per CGM - consorzio nazionale di cooperazione sociale - e lavoro per il giornale "Impresa sociale". Noi facciamo vari tipi di attività editoriale… testi sulla disabilità con Alberto Preda, siamo soci di "Vita"…. Secondo me quello di Riccardo Bonacina è un caso eclatante. Quando Bonacina - che forse alcuni di voi conosce - è stato tagliato fuori dalla Rai quando faceva "Il coraggio di vivere", o comunque è stato caldamente invitato a togliersi di torno perché era un giornalista un po' scomodo - con quelli che possono essere poi i giudizi personali appunto sulla persona - lui poi ha fondato un giornale che è "Vita", insieme a Giuseppe Frangi che scriveva per il "Sabato", per "Capital", e proviene da un altro mondo… Io che ho 28 anni, che mi sono ritrovata in questo mondo un po' per caso, perché ero laureata in scienze dell'antichità e pensavo di far tutta un'altra strada, adesso sono presa da un entusiasmo unico. Mi ritrovo in un comitato editoriale, quello di "Vita", con associazioni che aumentano sempre di più, con persone che hanno un entusiasmo sempre maggiore, un pluralismo di voci che s'incontrano ogni volta con dei legislatori, o con dei politici… Questa è la mia esperienza… Credo che ci sia anche del buono che sta venendo fuori. Credo che per ognuno di noi giovani che si ritrovano o per volontà, o nel mio caso - scusate la ripetizione - per caso, in situazioni di questo genere, credo che ci sia un'opportunità, ci siano dei campi in cui possiamo parlare. A questo punto, allora, impariamo a parlare. Io mi sono sentita dire due o tre cose che sicuramente mi serviranno, anzi forse è valsa la pena anche solo per un paio di frasi che qui ho sentito…. Quando ieri Giovanna - mi permetto di chiamarla per nome - ha detto: "ragazzi dateci una mano perché c'è bisogno di voi" ho pensato a tanti giovani in gamba e a un sacco di direttori come il mio. Maurizio Regosa è il mio direttore, Johnny Dotti è il presidente del mio consorzio ed è gente mi lascia parlare, cioè mi lasciano parlare tanto quanto parlo di Fini che ogni tanto dice qualcosa anche di giusto, quanto quando parlo di chiunque altro… Credo di essere fortunata. Vorrei che si tenesse conto anche di questi casi. Certo, magari gli articoli vengono riletti, mi dicono: "guarda… attenzione segui la linea…."… si sa…gli obblighi che abbiamo ce li abbiamo tutti, però ci sono anche casi positivi.
Vincenzo Spagnolo*
Noi facciamo i giornalisti, quindi quello che facciamo più spesso è vedere, raccontare, dire. A parte quello verso i lettori, abbiamo anche un altro dovere che è quello che emerge quanto la nostra informazione è più scabrosa che informativa. La mascherina sulla faccia del bambino serve per evitare che un domani quella sua immagine circoli - perché poi siamo fatti anche così noi, anche chi lavora in Tv è fatto così - in un repertorio per raccontare un'inchiesta di 10 anni dopo… E quel bambino, che magari all'epoca aveva 12 anni, dopo 10 anni ne ha 22 e non vuole più vedersi rappresentato come il bambino che era vittima di quell'abuso! Noi giornalisti, in particolare, abbiamo sottoscritto alcune carte dei doveri, abbiamo un codice deontologico che non mettono radici su nessuna scrivania… Nel momento in cui si fa la cronaca nessuno ti dirà mai guarda di fare attenzione al rispetto della deontologia… Certo, è una questione di sensibilità personale ma non avviene quasi mai che ci siano indicazioni di questo tipo. In realtà l'apparato sanzionatorio dovrebbe funzionare: dovremmo avere qualcuno - gli ordini sono deputati anche a questo - che ci ricorda anche in maniera severa se serve, che abbiamo violato una norma. C'è anche un altro problema. Nessun giornale - o comunque pochi giornali e poche televisioni - spendono i soldi per fare inchieste. Il baraccone mediatico si muove se c'è un fatto, un "media event"… la guerra piuttosto che un'altra cosa… Si preferiscono argomenti di quel tipo anziché mandare 5 giorni, 7 giorni a un proprio redattore in Romania per scoprire che quelle cose che abbiamo raccontato, o i bambini delle fogne di Bucarest, succedono ancora. Non sono cose che si sono fermate perché abbiamo smesso di raccontarle, vanno avanti, e questi bambini arrivano anche da noi. Se fate un giro di sera a Roma, zona Aventino, oppure Caracalla, o il cuore di Roma, con la macchina, scoprirete che insieme ai trans, alle prostitute italiane, ci stanno delle ragazzine slave di 14-13 anni… E nessuno lo sa di preciso quanti anni hanno, bisognerebbe fargli l'esame del materiale osseo per scoprirlo, perché non hanno nemmeno i documenti! Queste ragazzine sono state sequestrate dai propri familiari, non sono lì per propria scelta. Se non accendiamo i riflettori su queste cose allora è come se non esistessero. Il nostro dovere, comunque, non è quello di aspettarci grandi cambiamenti dalla società o migliori leggi contro il turismo sessuale… Noi dobbiamo promuovere una crescita, quando si può, perché non dobbiamo neanche fare i pedagoghi della società, cosa che non ci compete. Dovremmo contribuire ad alzare il grado di attenzione, favorire una presa di coscienza… Il tutto, col nostro operato. Non possiamo aspettarci dal nostro operare dei risultati anche in campo sociale.. non è quello il nostro ruolo.
Lucilla Vazza*
Scuola di giornalismo della Luiss. Sono rimasta positivamente colpita dalle parole della dottoressa… Credo che sia giusto sensibilizzare, occuparsi anche noi giornalisti di questi problemi. Però mi chiedo: come si fa a sensibilizzare chi magari vede per strada prostitute che hanno 13 anni e non si scandalizza? Cosa importa a queste persone che facciamo il servizio giornalistico sullo sfruttamento in Thailandia? Io sono un po' scandalizzata da una cosa… Capisco che i tour operators prendono l'impegno in Thailandia, in Brasile… per agire contro i clienti, fare prevenzione, fare informazione… Se poi, fuori dalla porta d'albergo, il turista comunque trova il materiale umano perché i governi locali brasiliani o tailandesi non prendono provvedimenti, allora siamo punto a capo. Alla fine questo discorso anche per un giornalista è difficile da affrontare… Mi aiuti a capire come un giornalista poi può veramente fare il suo lavoro, se poi fondamentalmente c'è una scarsa attitudine dei governi, ma anche delle persone a porsi certi problemi…
Vincenzo Spagnolo
Io credo che il legislatore fa le leggi e le persone scelgono se rispettarle o non rispettarle, se violarle o no. Noi abbiamo un altro compito che è quello di tenere alta l'attenzione…
Chi lavora nella cronaca racconterà i fatti di cronaca, chi lavora nel sociale cercherà di tenere alta l'attenzione sulle questioni che ritiene rilevanti… E' questo il nostro dovere di giornalisti. Certo che io mi auspico che il legislatore sia attento e che l'apparato repressivo faccia il suo dovere… Certo, è un macro fenomeno che non si può sconfiggere con 3-4 sentenze, però io torno a dire che se non vogliamo allargarci all'intera società, oppure fare discorsi moralistici, o discorsi anche toccanti, che però riguardano un fatto diverso, dobbiamo limitarci a quello che è il nostro specifico. Siamo esseri umani, siamo anche cittadini, abbiamo tutta una serie d'interessi e siamo contenti se le cose vanno bene, però dobbiamo fare bene il nostro specifico, perché quello è il nostro compito. Se vogliamo nel nostro tempo libero impegnarci per promuovere altre cose, indignarci quando succede qualcosa va bene. Anzi, è meglio. Però non dimentichiamoci lo specifico, noi siamo giornalisti!
Perla Goseco Savino
Vorrei aggiungere qualche cosa. La sensibilizzazione va bene, anzi è necessaria, però la legge è essenziale. C'è una legge per riscattare queste ragazze, c'è la legge 40, art. 18, che esiste da due anni. Possono chiamare il numero verde 800290290, per riscattarsi dalla clandestinità....
Vincenzo Spagnolo
Già scrivere dei pezzi spiegando che - e questo sta accadendo negli ultimi giorni - c'è il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, scrivendolo e dando anche il numero (cosa che pochi colleghi fanno), significa fare buona informazione e non è moralismo.
Elisabetta Proietti - Giornalista Redattore Sociale*
Redattore Sociale, Umbria. Vincenzo di Avvenire ci diceva di depurare la notizia scabrosa dal contenuto scabroso. Mi chiedo, è bene fare così? Se noi depuriamo la scabrosità intesa come denuncia dello scabroso, facciamo bene? Io penso per esempio agli spot che abbiamo visto: quello italiano era quello meno coraggioso, più soft, che provocava un cazzotto allo stomaco più mitigato… Nella grande sovraesposizione e sovraffollamento di notizie che ogni giorno bombardano l'opinione pubblica, io mi chiedo se invece non bisogna tornare a darli questi pugni nello stomaco, mostrando il contenuto scabroso …
Laura Marin*
Non sono giornalista né aspiro ad esserlo. Abito qui a Capodarco come volontaria.
Volevo portare il mio contributo come chi vi ascolta, vi legge, o vi guarda. Io vorrei chiedere di non sottovalutare chi vi ascolta, vi guarda e vi legge, perché forse se l'italiano medio preferisce guardare il Grande Fratello è perché per 23 ore e mezzo al giorno quello che la Tv ci propina - parlo della Tv perché magari è il mezzo più diffuso - è il Grande Fratello…. Quella mezz'ora intelligente diventa una cosa talmente anomala che l'italiano non ci è più abituato.
Il mio invito è a non abbassare lo standard… perché poi ci si abitua e chi cerca qualche cosa di più viene considerato super intellettuale… Lo vedo in casa: mio padre è falegname, ha fatto la terza media ed è il primo a lamentarsi del fatto che le cose intelligenti vanno in onda a mezzanotte o alle undici, o passano troppo tardi. Non vi sto parlando del professore universitario… Il mio invito è a non aver paura di usare un linguaggio che sia anche deciso e a non pensare che siamo stupidi. Quindi per favore quando scrivete, mandate servizi, pensate che c'è anche un pubblico che vorrebbe qualcosa di più insomma. Grazie.
Lucia Vazza
Volevo richiamarmi al fatto della sanzione sociale che mi sembra che finora sia stata un pochino esclusa dal nostro tipo di discorso.
Se il giornalismo è un mestiere da cui separare l'impegno sociale, da posporre nel tempo libero, se la nostra indignazione va separata dal nostro mestiere, come facciamo noi a far passare il messaggio di sanzione sociale? Come facciamo a far passare quel senso di schifo che proviamo per le persone che sono sfruttatori, pedofili… Come possiamo fare in modo che vengano a galla certi aspetti problematici e difficili?
Vincenzo Spagnolo
Non è che voglio la gogna per i pedofili…. Teniamo presente, però, che c'è un minore che in tutte le situazioni va tutelato il più possibile… e la stigmatizzazione sociale forse è l'arma migliore oltre a quella della legge.
Intervento
Io sono d'accordo circa il fatto di stigmatizzare certe situazioni. Secondo me è quella l'arma, altrimenti un pedofilo che vede uno spot per quanto noi lo giudichiamo un pugno nello stomaco, lo sfruttatore occasionale, uno che dice why not?, a queste persone lo spot non cambia nulla... Va in aereo, guarda lo spot, ne prende atto, mette la mascherina per gli occhi e riposa. Poi quando è sul posto fa i suoi comodi.
Perla Goseco Savino
Ragazzi, ricordiamoci che c'è la legge!
Intervento
Se c'è la legge e quel pedofilo sa che resterà impunito, oppure pensa che tanto non lo denuncerà nessuno… cosa cambia?
Vincenzo Spagnolo
Sarebbe interessate, tanto per cominciare, andare dall'Alitalia e chiedere come mai non proietta gli spot che le altre compagnie aeree proiettano. Sarebbe una bella domanda.
Chiara Avidano*
Io mi occupo delle pubbliche relazioni "Telefono amico Italia". Una cosa mi sta colpendo questa mattina è che si parla delle problematiche sessuali in senso di denuncia, in senso d'informazione… A me viene da pensare che bisognerebbe anche parlarne in chiave di educazione. Molto spesso noi non riceviamo solo quel tipo di telefonate, ma ci arrivano anche telefonate a sfondo sessuale che denunciano comunque una disinformazione, un disagio. Molto spesso, come diceva Perla, le persone che magari praticano turismo erotico sono persone che hanno una doppia vita. Molto spesso quelli che parlano con noi sono persone ineccepibili che, dietro il velo, dietro la maschera dell'anonimato, ci raccontano le cose più profonde e più impensabili. Dalla mia esperienza anche di volontaria posso dire che dialogando con queste persone, superato il primo ostacolo, il primo turbamento, dietro quelle storie ci sono vuoti di educazione, di comunicazione. Allora penso che, a volte, fare un'informazione che è educazione sessuale forse potrebbe aiutare. Se una volta non si arrivava vergini al matrimonio era peccato mortale. Oggi arrivare vergini al matrimonio è un peccato mortale al contrario… Molto spesso gente che è sobillata di stimoli e di desideri che sono diventati incontenibili, poi cade in nevrosi, in idee anche strampalate. Non dico che bisogna perdonare, essere tolleranti con tutto, però penso che anche dietro il personaggio "occasionale" forse si nascondono dei disagi che, con un'educazione corretta, potrebbero essere affrontati meglio.
Intervento
Sono d'accordo con quello che diceva Vincenzo. Volevo semplicemente dire la mia su un paio di cose. Io che sono un pessimista di natura vorrei invitare a vedere il bicchiere mezzo pieno, perché mezzo pieno lo è. Ci sono molte trasmissioni, molti giornalisti qui presenti che sono stati presenti anche negli anni scorsi, della radio, della televisione, di internet, della carta stampata, che scrivono di queste come di tante altre cose anche bene. Io scrivo su un settimanale che si chiama "Il salvagente", che si è occupato anche in passato di questi, come di altri a sfondo sociale. Con un esercizio di grande umiltà che andrebbe fatto, trovando il tempo si potrebbe provare a vedere anche com'è che gli altri affrontano questi temi. Magari può essere utile. Un'altra cosa… Io trovo sempre più presente e opprimente nel mio lavoro, e forse anche in quello degli altri, il dover fare i conti con il fenomeno della morbosità - e mi scuso per il termine - del pubblico.
Credo poi che sia difficile raccontare il lavoro di tutti quegli operatori professionali che sono qui, che sono stati qui, che verranno qui, che fanno con onestà anche intellettuale oltre che morale il loro lavoro. È difficile raccontare queste storie ma bisogna provarci, non avere paura di sbagliare.
Noi non siamo pedagoghi, come ha detto giustamente Vincenzo, però provare a fornire un proprio contributo anche parziale, provare a rendere consapevole anche il pubblico, è un dovere penso imprescindibile per chi si occupa di sociale o anche del sociale... Secondo c'è una grossa fetta del pubblico, dei lettori, che aspetta che qualcuno, in una qualche maniera lo informi su quello che è successo, che sta succedendo, quello che succederà.
Ilaria
Scuola di formazione di Tor Vergata, Roma. Lavoro in un centro dove ci si occupa di abuso sui minori. Mi volevo ricollegare a Chiara. Lei diceva che è importante l'educazione. Io mi rendo conto, lavorando sul campo, che è veramente scandaloso il fatto di lavorare per progetti nelle scuole. Quando presentiamo progetti di questa portata, quindi facciamo educazione, soprattutto ai genitori, l'uso di internet con i bambini, la scuola purtroppo con la nuova autonomia non ha soldi e questa cosa è grave, perché comunque vengono allontanati…
I progetti non vengono neanche presi in considerazione, per lo meno io parlo nel comprensorio… io sono di Pescara… Quando proponiamo questi corsi le scuole veramente ci chiudono la porta in faccia. Poi mi volevo ricollegare anche al discorso di Laura. Ieri mi ha colpito una frase di Daniele Segre quando diceva che non si fida dei giornalisti e lei parlava del fatto che i giornalisti comunque sottovalutano l'ascoltatore. Io penso che questa cosa sia vera, tant'è vero che molte denunce non sono fatte solo ed esclusivamente ai giornalisti tradizionali, quanto a Gabibbo… Credo che questa cosa sia veramente grave, però è reale.
Intervento
Io volevo fare una domanda al giornalista dell'Avvenire. Parlavi prima di non accentuare le cose scabrose, ecc. Io non sono d'accordo. Credo che si debba accentuare il discorso della violenza, far capire che sono atti di violenza, non per il semplice gusto di far emergere immagini o discorsi d'impatto, quanto per far nascere una certa consapevolezza attorno a tali fenomeni… Ho l'impressione che la violenza che appare nei films, quella spettacolare, sia è controproducente visto che non rende l'idea, si sa che è tutta finzione... La violenza di cui si racconta nei giornali, invece, la gente la percepisce per quello che è veramente…..
Giovanna Rossiello
Proviamo a spostare l'ottica… Secondo voi è più violento far vedere, con tutti gli schermi fondamentali, una scena in cui si denuncia un fatto che esiste, oppure è più violento e più scabroso vedere lo scazzottamento di due deputati che passa in televisione? Secondo me la seconda che ho detto. Ma questo sposta il problema. Che cos'è civiltà? Che cos'è quello che viene acquisito come normale? Che cosa scandalizza? La butto come riflessione. Senza fare classifiche, si cominci a pensare "si, questo è scabroso, ma ci sono altre cose che fanno altrettanto male"…
Pina Neve - Coop. Sociale di Perugia*
Sono un'operatrice sociale, da poco faccio parte della redazione di un giornale regionale, di cooperative sociali, con evidente impegno sociale. Stiamo tentando di scrivere alcune cose e divulgare questo giornale e non è facile.
Non è facile avere rapporti con gli enti pubblici, è una cosa che ci sta impegnando molto, ma sta crescendo piano piano.
Io mi sento di dire una cosa forse trasversale: ho lavorato per oltre 10 anni come coordinatore del settore dell'area minori per la mia cooperativa e vi assicuro che ho sentito storie, ho vissuto storie che neanche i films americani riescono a raccontare. Storie di abuso, di sfruttamento sessuale e storie di abuso in genere sui minori…. Io mi sono sempre posta e mi pongo ancora una domanda e secondo me questo forse potrebbe essere un piccolo punto nella ricetta in cui si dice come si può evitare che si faccia solo sensazionalismo. Come si può evitare che esistano cose incredibili nel giornalismo, ma anche in altri settori?
Ecco perché trasversale… io ho sempre cercato di lavorare per i bambini. Il primo punto quando dovevo fare dei progetti, quando facevamo verifiche per assistenza domiciliare a minori, o cose simili, la prima domanda che mi ponevo era: sto lavorando per i bambini?
Sto rispettando i bambini?
I bambini sono soggetti di diritto, ma è vero che io riesco a rispettarli? Allora io penso che nessuno di noi ha oggi, né domani, abbia una ricetta pronta per riuscire in qualche maniera a rispettarli.
Penso che, però, ognuno di noi possa intraprendere una piccola rivoluzione. Ognuno di noi, nel nostro piccolo, nel nostro mondo, deve cercare di domandarsi sempre se quello che sta facendo lo fa per suo bene personale, per sua crescita personale o se realmente sto rispondendo all'esigenza di quella persona che, come dice don Luigi Ciotti, "fa fatica". Se riesco a domandarmi questo per tutta la vita forse riesco a risolvere tanti problemi, forse allora quando faccio giornalismo, così come quando faccio l'operatore sociale, o quando faccio il funzionario di un grosso ente, in qualche maniera riesco ad arginare questo grosso problema che riguarda i bambini, quelle persone che, purtroppo, non sempre sono tutelate e non sempre riescono a tutelarsi. Io penso che la regola più importante sia quella di avere coscienza di ciò che si sta facendo.
Volevo solo aggiungere che qualche volta ci si sente come si sente Daniele Segre e, quindi, con tanta amarezza, sentire giornalisti che trattano certi argomenti veramente in un certo modo, fa proprio male. Ciò non si verifica solo nel giornalismo. Io vedo che è un problema allargato. Quando vado a trattare in un tavolo, che ora viene detto "tavolo di concertazione", con enti pubblici e funzionari, trovo spesso lo stesso problema. Dobbiamo riacquisire, riappropriarci di una coscienza. Penso che sia l'unico modo per risolvere alcuni problemi. Lei prima ricordava che ci sono le leggi. È vero, ci sono le leggi, ma sappiamo benissimo che il controllo sociale sotto tante forme è saltato. Ci sono persone che l'hanno fatto sempre saltare, oggi è saltato veramente, per cui una legge non fa più paura, o per lo meno non fa paura nello stesso modo in cui la faceva tempi indietro, o come in realtà dovrebbe essere. Penso che si debbano trovare, in qualche modo, altre modalità per riuscire a salvaguardare la vita delle persone. ..
Perla Goseco Savino
Quando riescono a beccare un italiano all'estero, allora quello fa più effetto di 50 spot, veramente! Quando quel Rosinelli è stato perseguito, messo anche in galera, sono rimasti tutti quanti toccati… Però lo spot ci vuole ad un certo punto, perché è difficile applicare una legge specialmente quando non ci sono accordi bilaterali. E gli accordi bilaterali si possono contare sulle dita di una mano. Accordo bilaterale fra l'Inghilterra e le Filippine, accordo bilaterale fra l'Australia, Nuova Zelanda e le Filippine, accordo bilaterale fra la Cambogia e la Thailandia, perché questi due statarelli - che non fanno parte del G8 - hanno capito la gravità del traffico umano che ha superato quello della droga… Sembra che le persone non abbiano paura di questo, hanno paura della droga giustamente, però non si rendono conto che questa volta sono gli esseri umani che vengono trafficati. Come dice Pino Arlacchi, questo tipo di schiavitù adesso è peggiore della schiavitù romantica di zio Tom, quella di una volta…. Allora, almeno, lo schiavo era una proprietà da difendere, da conservare, adesso è usa e getta. Vorrei prendere uno spunto da quello che ha detto Chiara. Ha menzionato "erotico", forse voleva dire "pornografico"…. Sulla pornografia infantile tutti quanti sono contro. Non c'è qualcuno che dice "ah è la storia più vecchia del mondo!". Noi 4-5 mesi dopo l'approvazione della legge nell'agosto '98 siamo stati attaccati da alcuni esponenti di un partito... Hanno messo su un convegno, un seminario di un giorno intero al Senato, in una delle sale del Senato. Noi c'eravamo, non ci hanno dato la parola fino a quando alcuni esponenti del partito Radicale non volevano punire il possesso della pornografia infantile. Non sto parlando della pornografia in quanto tale, ma di quella infantile. Dicevano: "ah, ma no… uno che per sbaglio scarica da internet qualcosa…". Ma la polizia, come diceva capitan Manzi a Giorgia l'altro giorno, non va dietro alla persona che ha una cassetta, due cassette. Un mese esatto dopo l'approvazione della nostra legge, c'è stata una grossa operazione che senza la legge non avrebbe mai potuto essere messa a segno… hanno preso tre professionisti rispettabili: un ingegnere, un fisico e un esperto di comunicazioni, che lavoravano di giorno nei loro uffici e di sera scambiavano, vendevano cassette, perché non si scambiano 50 mila cassette… quello è commercio bello e buono! Alcuni esponenti dei Radicali, non tutti, quando si sono appellati al concetto di "possesso", sostenendo che a casa propria si ha il diritto di fare, vedere quello che pare e piace, noi siamo rimasti sconcertati. Ehh no! Quando il tuo diritto comincia a ledere il diritto del bambino - perché dietro alla pornografia infantile c'è un bambino violato - il tuo diritto a fare ciò che vuoi in casa tua deve cedere davanti al diritto del più debole. A quel punto io sono rimasta senza parole… chiede di parlare e glielo hanno dato la parola all'on. Teodoro Bontempo, lo chiamano a Roma "er pecora" mi sembra… Gli hanno dato la parola e lui ha detto: "Ragazzi sono 4 ore che stiamo parlando del diritto dell'adulto e il diritto del bambino? Come la mettiamo? Dove sta?". Tutti zitti. Io sono andata da lui durante il break e gli ho detto: "Onorevole non ho mai votato per lei però la ringrazio per il suo intervento". Le persone vanno prese anche per quello che dicono, quello che pensano. Pornografia su internet… Regola fondamentale: per favore, nelle case, il pc connesso ad internet lasciamolo in un posto quasi pubblico della casa, di passaggio e non nella stanza del bambino o del ragazzo di 14-16 anni. Se è un posto pubblico, comunitario della famiglia è sempre più controllato…
Intervento
A proposito di questo volevo dire due cose. Io credo molto nel potere del giornalista e credo che debba riacquistare un po' di coraggio. Deve anche avere il coraggio di perdere, magari, l'opportunità di lavorare in quel giornale, ma deve dire quello che è, scabrosità o non scabrosità, quando è il caso è il caso, bisogna dirlo! Credo che sia l'unico potere in questo momento capace di riuscire a risolvere qualcosa, perché altrimenti siamo tutti omologati, stiamo tutti bene e non c'interessiamo a niente. È proprio il giornalista che è il cacciatore accorto di quelli che sono i movimenti nella società. Come per esempio internet… Bisogna spingere verso una legge su questo. È capitato a me, m'interesso di letteratura, sono andata su un sito di letteratura, mi è stata mandata una e-mail che indirizzava all'interno dei siti di alcuni scrittori. Sono entrata nel sito di alcuni scrittori, loro rimandano ad altri siti di amici e mi sono ritrovata sull'apertura di un sito porno… Io ci sono rimasta male…. ho detto: "ma come si permettono queste persone di mandarmi quella roba via e-mail senza sapere se il contenuto può interessarmi?". Bisogna spingere affinché la legge faccia qualcosa, perché credo ancora nella legge e poi noi siamo comunque le guardie, cioè i giornalisti sono le guardie della legge. Per quanto riguarda il sociale credo molto più nel giornalista che non nel politico… (…).
Alessandra Ferreri - Scuola di giornalismo di Perugia*
Il giornalista che si occupa di sociale ha una certa sensibilità nei confronti delle tematiche ma, secondo me, non deve confondersi con l'operatore del sociale, semplicemente perché poi il rischio potrebbe essere quello di togliere l'efficacia alla sua comunicazione. Al giornalista basta dare la notizia per fare il suo lavoro, poi come la trova la notizia sta alla sua sensibilità, come riesce a capire che quel fatto è d'interesse pubblico… quello che mi sembra possa far perdere l'efficacia alla comunicazione è la commistione tra il dare la notizia - di notizie riguardanti questo tema ce ne sarebbero tutti i giorni, se solo ci fossero spazi - e l'eccessivo carico emotivo che si può portare. Mi viene da pensare il fatto che chiunque di noi e di voi in particolare, perché io sto ancora studiando, si occupi di sociale poi nel momento in cui tratta un tema di questo tipo lo fa in una chiave moralistica, da un certo punto di vista… Probabilmente, però, la comunicazione non raggiunge l'efficacia sperata… mi sembra che così, come nel caso degli spot, anche per molta della comunicazione sul turismo sessuale, alla fine si vada ad incrementare la parte di società che è contro… ad alimentare la contrarietà a questo genere di temi, poi però non si stimoli effettivamente la reazione di chi va in Thailandia, in Cambogia, ecc…. il suo atto non sarà modificato né dalla comunicazione sociale, né tanto meno dall'articolo di giornale.
Intervento
Sono d'accordo con te però, probabilmente, quando fai un tipo d'informazione su questo tema o su altri temi, non ti rivolgi a chi comunque non è interessato ma probabilmente ti rivolgi a tutti gli altri, a quelli che dicevo prima, quelli che attendono, che vogliono sapere, che vogliono essere informati. Poi un'altra cosa… l'uso degli aggettivi… Può essere solo un dettaglio, ma l'uso degli aggettivi, delle specifiche, dei particolari, al di là della concessione alla scabrosità di cui parlavo prima, credo che sia un tema di riflessione non da poco. Naturalmente il racconto asettico non esiste, così come praticamente, almeno per certi aspetti, è impossibile separare il fatto dal commento. Anche il modo in cui si racconta diventa difficile ma credo che sia è una sfida da intraprendere.
Feti - Operatore sociale*
Non sono un giornalista, sono qui per caso e provo a dire qualcosa dalla parte di quello che ho visto nei 9 anni di esperienza con delle ragazze di strada, rispetto al turismo sessuale che viene fatto, a mio avviso, anche in Italia e ad in merito ad alcuni aspetti che riguardano i giovani. Il discorso dell'educazione mi sembra molto difficile: credo che oggi anche la scuola, nella nuova riforma, la parola educazione sta perdendo senso. Si parla di formazione, si sta delegando molto, mi sembra che l'educazione si stia spalleggiando molto… la famiglia la demanda alla scuola, la scuola la demanda alle istituzioni… mi viene da dire che il rischio è quello di trovarsi davanti ad un'omissione. In questo contesto rientra anche il mondo della comunicazione: credo che voi, in quanto giornalisti, abbiate addosso in un qualche modo - non so se a merito o meno - questa responsabilità. Sono d'accordo nel raccontare la notizia, ma sono d'accordo anche sul fatto di sbilanciarsi, mettendo in gioco, quando necessario, anche la vostra sicurezza lavorativa.
Credo che se oggi siamo qua a riflettere intorno a questi temi è perché qualcuno di voi questi interrogativi se l'è già posti, non credete? Io credo che non ci si possa esimere dalla responsabilità che, in qualche modo, cade anche sui giornalisti. Credo che ci si debba sbilanciare e, soprattutto, mandare segnali positivi. Sono d'accordo nel raccontare, nel denunciare certe situazioni come, ad esempio, il fatto che la scuola, oggi, non ha più i soldi e i fondi per fare educazione, prevenzione. Questo bisogna dirlo. (…) Quanto al discorso del turismo sessuale con i minorenni credo che, intanto, sarebbe opportuno partire da quello che abbiamo sul nostro territorio, perché molto spesso viene dimenticato. Da cittadino faccio più fatica a pensarci… è più comodo limitarsi a condannare notizie che arrivano dalla Thailandia o da altri posti del genere e restare, tutto sommato, indifferente… ma se ce l'ho sotto casa non posso limitarmi a scacciare quella notizia, quel pensiero perché è una cosa che mi riguarda da vicino. Da parte di molti giornalisti ho visto pochissimo rispetto delle persone. Io parlo, ovviamente, alla luce della mia di esperienza… Ho avuto a che fare con giornalisti che arrivavano con la telecamera negli ambienti di accoglienza, nelle comunità, senza un minimo di rispetto. Io non penso a voi che siete qui: già per il solo fatto che siete qui, ad interrogarvi su queste questioni, vuol dire che non è il vostro caso. Purtroppo sono cose che succedono da parte di vostri colleghi. Questo, a mio avviso, è scandaloso. Penso che le persone che vivono situazioni difficili, di sofferenza, non hanno voglia che qualcuno abusi delle loro storie. L'ultima cosa… rispetto alla legge, sarebbe importante che l'attenzione restasse alta anche quando non si sono fatti di cronaca che, come si dicevano, provocano accelerazioni nell'iter che una legge deve seguire. E poi volevo aggiungere un pensiero rispetto al discorso della pornografia.
A Rimini… però non so se succede soltanto a Rimini, il materiale pornografico nelle edicole è ad altezza bambino, cioè viene messo nelle vetrine in moltissime edicole ad altezza bambino. Questo io credo che sia molto pericoloso. Voi avete gli strumenti per dire qualcosa a tal proposito: provateci!
Daniele Iacopini
Perla sintetizzerà quello che abbiamo detto anche attraverso la lettura del codice a cui prima facevamo riferimento. Ho ascoltato con molto interesse ciò che avete detto. Cerchiamo di riassumere brevemente i nostri discorsi - ognuno ha portato il suo contributo anche toccando aspetti che, in alcuni passaggi, possono essere apparsi lontani da quello che è il contesto giornalistico - e vorrei tornare al titolo del seminario entro cui è inserito questo incontro di lavoro: "Maschere, i fatti sono un velo dietro il quale la verità si nasconde".
Mi pare di poter dire che, accertato il concetto espresso nel titolo come dato di fatto assolutamente vero da tutti i punti di vista, abbiamo fatto diverse osservazioni… Mi pare di poter dire che abbiamo cercato in minima parte, secondo le nostre possibilità, di capire quali sono i canali che abbiamo a disposizione per fare in modo che queste maschere cadano. Mi pare che abbiamo visto che le difficoltà sono moltissime. Mi riallaccio a quello che è stato detto. Io, onestamente, quando ho cominciato a fare questa professione ho sempre pensato di fare il giornalista, nel senso che non volevo fare il cane da guardia, come non volevo fare il poliziotto, come non volevo fare il legislatore, altrimenti avrei sicuramente scelto di fare un'altra professione. Quando ho deciso di fare il giornalista ho scelto di fare qualcosa che mi permettesse di dire ciò che avevo in pancia e questo poi, di volta in volta, mi può permettere di diventare cane da guardia e educatore nel momento in cui incontro la sensibilità altrui. Però non mi sono mai posto il problema di diventare altro rispetto a quello che volevo essere. Se poi ciò mi consente di diventare una figura importante in un certo contesto, bene, ma è un valore aggiuntivo da questo punto di vista. Come far cadere queste maschere? Abbiamo detto… con maggiori strumenti. Si è sottolineato il problema della mancanza d'inchiesta, di mancanza di strumenti… Sintetizzo al massimo, all'osso quello che è emerso.
Dicevamo della mancanza di strumenti, della necessità di maggiori inchieste e maggiori iniziative, anche da un punto di vista editoriale. Necessità di coraggio qualcuno ha detto, e si passa all'aspetto strutturale, ma anche un aspetto individuale nell'avere maggiore coraggio con cui approcciare certi problemi.
Ci siamo soffermati su una questione educativa: quando parlo di questione educativa parlo dell'educazione in senso ampio, ma anche di quell'auto-educazione che ciascuno di noi dovrebbe possedere.
Dobbiamo auto-educarci prima che educare. Auto-educarci significa capire come avvicinarci, come porre quel problema, quella questione, secondo criteri professionali, ma non solo. Questi potrebbero essere, in estrema sintesi, degli aspetti con cui sintetizzare ciò che abbiamo detto in merito ai canali più o meno reali attraverso cui far cadere questa maschera.
Detto questo mi viene da dire che c'è bisogno anche di ripensare un po' alla professione del giornalista, soprattutto nel momento in cui - appena si arriva in una redazione giornalistica - ci viene detto che quello che conta sono le notizie, non le storie…
Perla Goseco Savino
Prima di dare la parola a Giovanna per chiudere, vorrei dirvi qualcosa e fare, allo stesso tempo, una domanda. Come mai la federazione internazionale dei giornalisti si è rivolta ai sindacati per attuare queste linee guida? Perché i sindacati sono quelli che hanno il contatto con la base. Se guardate al n. 2 si dice che i lavoratori delle organizzazioni turistiche saranno incoraggiati ad informare il loro sindacato di qualsiasi richiesta legata alla prostituzione infantile. Perché chi vuole una ragazzina o un ragazzino non chiede al direttore del grande albergo, va al lavoratore, al banconista forse, oppure a quello che chiama i taxi... I sindacati, insieme alla direzione di dette organizzazioni, studieranno i mezzi per scoraggiare queste richieste. Passiamo al punto n. 3 secondo il quale i lavoratori delle imprese di trasporto saranno incoraggiate a diffondere le informazioni relative alla lotta contro la prostituzione infantile nel turismo.
Poi vi leggo qualche altro passo importante: le strutture, hotel, ristoranti, bar, ecc., dovranno esporre in maniera evidente e mettere a disposizione dei loro clienti informazioni relative alla lotta contro la prostituzione dei minori nel turismo. Poi il n. 5 è importantissimo: i lavoratori delle strutture turistiche avranno il diritto-dovere d'informare il proprio sindacato su qualsiasi richiesta di un cliente avente come fine un rapporto di tipo sessuale con minori.
I sindacati informeranno la direzione e studieranno insieme il sistema per scoraggiare queste richieste. E ancora il n. 6… chiudo qui… secondo cui i lavoratori avranno il diritto-dovere di rifiutarsi di assecondare richieste legate alla prostituzione infantile. In questi casi la direzione della struttura appoggerà il lavoratore in qualsiasi disputa che possa sorgere con i clienti e non prenderà nessuna misura disciplinare contro il lavoratore che si rifiuti di accontentare tali richieste. Secondo me è stato molto chiara la federazione internazionale dei giornalisti con queste linee guida, vorrei che le portaste a casa per vedere questi aspetti con calma.
Giovanna Rossiello
Io vi ringrazio perché i contributi di ognuno sono fondamentali per tutti i presenti, per arricchire il lavoro degli altri. Per questo vi ringrazio. Gli operatori… ecco il ragazzo che diceva: ma a Rimini succede così… ed è importante per me che sono di Rimini tanto quanto la realtà che viene dall'Asia. E poi pensavo all'esempio che facevi tu quando dicevi che tuo padre, che è una persona semplice, è il primo a esigere qualche cosa di più forte. Più forte come contenuto, qualcosa che dia un senso alla televisione, a questo mezzo che rischia di essere sempre più abbandonato nei contenuti…
Perché dico che il Redattore Sociale è assolutamente fondamentale? Perché ha permesso alle redazioni di vedere che c'è anche da un altro punto di vista, che non è solo quello del partito XY… Altrimenti, oggi come oggi, noi facciamo un passo indietro come sociale… Le persone che si tirano su le maniche ci sono, basta farle vedere. Sarebbe semplice ma non tutti sono fortunati come te, di vivere in una situazione dove si parla abbastanza la stessa lingua. Noi diciamo i redattori sociali sono sensibili. Si, certo, ma quanto lo sono i direttori? Quanto lo sono i direttori che, per esempio, la prima cosa che tolgono dai telegiornali, avendo il telegiornale una durata fissa di 30 minuti, che cosa si toglie? Si toglie il sociale, perché è una notizia che va oggi, ma forse può andare anche domani, ma il politico che è intervenuto su quella cosa lì dall'alto del suo essere politico, quello va per forza, così come la borsa che scadono…. Quando dico di aiutarci a vicenda, quando invito a dire ai nostri referenti che dovrebbero condividere questo pensiero, dare più visibilità alla società civile che è la spina dorsale dell'Italia, non è fare militanza. Mi sembra di riportare semplicemente al centro il senso dell'essere umano. Non siamo cristiani se non siamo umani. Quando, per esempio, si rifà il nuovo contratto di servizio si dice "perfetto, meraviglioso… contratto di servizio… ma è meraviglioso! L'ha fatto Gasparri, è bellissimo! Bisogna rispettare i bambini, parlo del servizio pubblico, tra l'altro c'è stata anche una cosa firmata anche da Confalonieri per la tutela dei minori, perfetto… adesso sono tutti super tutelati". Da qualche parte bisogna pure ricominciare quindi va benissimo questa dichiarazione d'intenti però, poi, nella realtà di tutti i giorni chi è che vigila che questi contenuti passino attraverso i messaggio de "La vita in diretta"? Che passino attraverso Giletti che fa piangere? Allora, ci sarà pure qualcuno di voi che poi va a dire al suo referente: "ma porca miseria, ma a me che pago il canone, anche come associazione che guardo, come l'Ecpat, a me non mi sta più bene. Voglio cominciare a dire dei no e da domani scrivo a Gasparri, a Baldassarre, sennò faccio cadere questo consiglio…". Non ci si può aspettare di vivere senza fare per primo un passo, perché anche uno sdegno è un segnale. Io penso che possa essere un segnale per ricostruire, perché io sono la prima a non essere contenta che i no global vengano considerati solo se ci sono situazioni come Genova, Firenze o simili. E poi quando c'è la marcia per la pace di Assisi per esempio, tanto per stare in cose di cosa nostra…. Perché occuparsi di movimenti solo se ci sono i grandi eventi nazionali o internazionali? Ma perché la quotidianità non ha il suo fascino? Noi viviamo giorno dopo giorno, ora dopo ora, cercando di dare un senso a queste cose…. Allora io mi aspetto che da questi incontri ritorni un po' la quadratura del cerchio. E io credo che se tutto ciò, se questa consapevolezza, si trasforma da sdegno in possibilità di fare, allora ci si guarda anche con un po' meno diffidenza e ci si mette in gioco per cambiare qualche cosa. (…) farebbe piacere se qualcuno di voi iniziasse a chiedersi perché non si ritorna anche a spazi di esempio di civismo e decidesse di fare qualche cosa in questo senso… Ma serve pazienza, non bisogna lasciarsi abbattere… Io penso che sia nel mio compito continuare a dire che la gene ha voglia di vedersi, di costruire qualcosa insieme.
Quello che possiamo fare, appunto, è dire: il contratto di servizio prevede degli spazi bellissimi, un sociale qua e là… però quando al mio direttore di rete propongo una cosa o al direttore del giornale che dice "si, va bene Telethon, perché Telethon raccoglie i soldi" allora, secondo me, anche da chi è qui come operatore dovrebbe venire un grido che dice: "oh ragazzi la raccolta l'abbiamo acquisita come metodo di aggregazione del sociale, noi vogliamo i fatti!". Bisogna pretendere i fatti e ciò non vuol dire solo dare assistenza e fare assistenzialismo… Ciò vuol dire che la società può essere guardata da tanti punti di vista. Ne sono un esempio gli spot che abbiamo visto e che, più o meno, ci hanno dato pugni nello stomaco. Ma sono spot che fino all'anno scorso in Italia non si erano mai visti!
Daniele Iacopini
Penso che possiamo chiudere qui. Ringrazio Perla Goseco Savino, Giorgia Crotta che è una ragazza che avete visto poco ma utilissima. Ringrazio l'avvocato che ci ha permesso di vedere gli spot e tutto il resto del materiale proiettato alle nostre spalle. Buon pranzo, ci ritroviamo qui nel pomeriggio.
* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.