VIII Redattore Sociale 30 novembre 1-2 dicembre 2001

Nebbia

Il sociale oggi

Intervento di Vinicio Albanesi

 

Vinicio Albanesi - sacerdote, presidente Comunità di Capodarco*

IL DESERTO

1. I dolori non sono uguali

Come spesso è avvenuto nella storia, oggi più di ieri i dolori non sono uguali nel mondo.
Le stesse morti sono esaltate o ignorate; drammatizzate e svilite. Dipende da una serie di attenzioni, di sensibilità, di interessi. Può sembrare assurdo, ma è così.
Quando le culture sensibili dei popoli opulenti si rinchiudono in se stesse, l'attenzione è tutta rivolta ai propri problemi e alle proprie disgrazie. (Vedasi Afghanistan)
Ma anche all'interno dello stesso popolo i dolori non sono uguali: dipende da chi colpisce e chi ne è vittima o persecutore. Due esempi: chi uccide con la propria automobile e scappa, oggi può farlo perchè la vita frenetica della società occidentale è un bene insopprimibile rispetto alle vittime che questa frenesia purtroppo produce.
La pedofilia è inarrestabile, perché la perversione convive con la libertà del piacere.

2. Chi sa e chi dà notizia

Non è vero che non c'è attenzione al sociale. L'attenzione è tutta rivolta alle sensibilità di chi sta bene. Non si spiegherebbero altrimenti i dettagli della morte della contessa Agusta.
Un mix di curiosità e di esaltazione che mette insieme una donna importante nell'immaginario e una serie di vicende talmente piccole e quotidiane da riempire i quotidiani per mesi, se si fosse attenti alle stesse dinamiche.
Manifestazioni e preghiere per le vittime delle torri e nemmeno un pensiero ai morti delle prigioni di Mazar-i-Sharif.

Il sociale non è un interesse generale: è legato alla società dominante e alle sue componenti più significative. In proporzione di come tocca i nervi scoperti di alcuni gruppi, diventa centrale.
Gestire le notizie sociali diventa allora una fatica grande, perché sei marginale/alternativo e non entri nel cuore delle emozioni.
A meno che i destinatari non siano gli interessi e le emozioni delle persone che contano.
Questa logica si estende agli editori che non sono missionari, da cui i giornalisti dipendono.
A meno che - come per il biologico - il marginale non diventi coessenziale all'attenzione dei benestanti.

3. Il sociale oggi

Il sociale oggi è un fastidio. Il sogno è una società ricca, opulenta, senza problemi.
Poiché purtroppo occorre un confronto, la risposta è la cura e, se la cura non funziona, il contenimento.
La tendenza del sentire sociale di questi ultimi anni è evidentissima. Sono esaltate le scienze medicamentose: un susseguirsi della salute a tutti i costi. Persino contro l'invecchiamento. Vinca il migliore, perché la necessità della cura è altissima.
Il contenimento è riservato ai "samaritani" per vocazione e per mestiere. Chiamati anch'essi a curare e, ove non ottengono risultati, a mantenere in vita rottami umani.

4. L'informazione

Le fatiche di una informazione sociale è quella di vivere nel deserto. Da qui l'essenzialità, i pochi riferimenti, gli scarsi rifornimenti.
Ma noi siamo popolo del deserto non per dovere, ma per gusto. Sappiamo quali sono i passaggi della vita, soprattutto nelle difficoltà: aiutare ad attraversare la vita, per raggiungere il benessere è un mestiere esaltante.
Per questo continuiamo e per questo viviamo, senza rimpianti e senza cedimenti.
L'esperienza ci dice che ogni creatura avrà, prima o poi, il suo pezzo di deserto: in quella solitudine sappia che incontrerà piccole tribù amiche che l'aiuteranno ad attraversarlo.

Le politiche sociali del nuovo governo

Non sono molti gli interventi nel sociale che il nuovo governo ha programmato nei suoi primi mesi di vita, molto attento nei primi giorni tutelare "interessi", nemmeno di grande rilievo.
E' utile però ricordare passaggi "significativi" dei vari esponenti che indicano la direzione di marcia nel sociale.
Sul "sociale" generale si è attivato per due provvedimenti: le pensioni di un milione per gli ultra settantenni che sono sotto la soglia di tale cifra, gli sgravi fiscali per i figli a carico.
Tali provvedimenti, connessi con il silenzio e le contraddizioni su altri fronti, dicono che il governo si occuperà della "normalità": di quanti, ex lavoratori o famiglie, sono debitori al paese del loro impegno e del loro essere cittadini normali.
Tutto il mondo della problematicità e dell'irregolarità sarà gestito secondo i criteri dell'ordine, della disciplina, dell'efficienza.
A questi criteri dovrà attenersi il volontariato "amico"; sottolineando la parola "amico", perché non saranno i problemi a dirigere le risposte, ma l'adesione non solo formale, ma sostanziale alle linee politico-sociali dell'esecutivo.
I capitoli di questo indirizzo sono già sufficienti a capire l'aria che nei prossimi mesi sarà rinforzata.

1. Immigrati

Con la presa in carico dei massimi dirigenti di partito Fini-Bossi, il segnale sugli immigrati è un mix di furberia meneghino-terrona.
La linea è precisa: l'immigrato è forza-lavoro. La sua presenza in Italia è giustificata solo ed esclusivamente per l'apporto lavorativo che potrà produrre. Il ddl si fonda su questa logica, accontentando così gli industriali che esigono questa presenza e l'opinione pubblica che invoca ordine.
L'immigrato non è una persona, con il suo mondo, con la sua cultura, con i suoi affetti e con la sua famiglia. Può risiedere in Italia solo in quanto lavoratore: ove perdesse questa condizione, lo stato italiano non è tenuto a nessuna attenzione e accoglienza.
Il ddl è una forma raffinata di colonialismo inclusivo e di vero e proprio schiavismo. Colonialismo perché "attrae" l'immigrato affamato e giovane esclusivamente in meccanismi produttivi; schiavismo perché egli non ha nessun titolo di contrattazione. E' il datore di lavoro il suo padrone, in quanto dalla sua volontà occupazionale dipende la sua esistenza sul territorio italiano. L'unico titolo di permanenza dipende dal mercato del lavoro gestito dai titolari d'impresa e, liberandoli da ogni responsabilità diretta - si veda la riforma dell'art. 18 dello statuto dei lavoratori - si attribuiscono le decisioni al concetto generico di mercato.

2. Tossicodipendenti

L'esaltazione di alcune comunità e le sottolineature contro i Sert nascondono due logiche, al di là delle parole di facciata della lotta "alla droga".
Il contenimento è il parametro di azione. Contenimento perché il tossico è un incapace e come tale va trattato: in questo contesto le comunità "severe" e "forti" sono la giusta risposta. Il servizio pubblico - da cui la messa sotto accusa dei Sert - deve adeguarsi alla nuova indicazione e non permettersi altre strade di mantenimento.
Gli interventi pateticamente iperabbondanti su S. Patrignano (Presidente e vice-presidente del consiglio, più cinque ministri e mezzo) non parlano del problema della tossicodipendenza, ma del sogno che i ministri alimentano per i 300 mila - dicono - tossicodipendenti d'Italia.
Tutti dentro, senza chiavi di uscita, a redimersi con la disciplina e il lavoro.
Non una parola sui nuovi fenomeni del narcotraffico, del disagio degli adolescenti, dei problemi psichiatrici emergenti tra i tossicodipendenti, degli oltre 15 mila tossici nelle carceri.
Tutti sistemati in strutture severe e protette, il fenomeno sarà finalmente - dice il nuovo governo - risolto.
A quando una nuova legge che richiama scenari già visti, quali la Iervolino-Vassalli? Probabilmente a molto presto.

3. Psichiatria

Solo recentemente è stata ripresa la discussione sulla psichiatria. Non esiste un progetto governativo del riordino di questo settore. L'attenzione è stata posta su due disegni di legge: il primo dell'on. Burani Procaccini (Forza Italia), il secondo dell'on. Cè (Lega).
Due i punti qualificanti: il TSO, la ricostruzione di case di accoglienza.
Facendo leva sull'insufficiente realizzazione della 180, si ripropone ancora una volta il binomio salute-contenimento.
Poco sulla prevenzione, nulla sull'inserimento.
Lo schema è sempre lo stesso: sono malati, vanno guariti. Se non possono essere guariti, siano contenuti.
Insomma: la gente normale non può essere disturbata più di tanto, perché ha da fare.

4. Volontariato

L'on. Sirchia, Ministro della sanità, è stato esplicito, nell'incontro con l'ANPAS a Genova. Compito del volontariato è stato quello di soccorrere. Nessun pensiero, tanto meno quello politico.
Come buoni samaritani, il volontariato deve rinunciare alle forme di intervento sia sulle cause, che sulle proposte.
La bontà si esplica con le buone azioni e con il compimento di politiche che altri, addetti ai lavori, faranno.
In questa linea sono state azzerate tutte le commissioni presenti nei vari ministeri, quelle dell'ex Dipartimento Affari sociali, la Consulta del volontariato in ambito sanitario. Sono recenti le dimissioni della Commissione sulle povertà.

5. Il disegno complessivo

Il disegno complessivo risulta dunque essere quello della spartizione del disagio.
Alle organizzazioni del sociale vengono attribuiti i compiti di assistenza; al pubblico spettano i provvedimenti che riguardano le normalità.
A questa impostazione, le associazioni, dapprima stordite, reagiscono in vario modo: c'è chi si sente amico e si fa garante della "nuova" politica. Lo fa in modo esplicito, offrendo garanzie di risultati. La semplificazione e l'adeguamento è lo strumento più adoperato, salvo poi seguire prassi contrarie a quanto dichiarato.
C'è chi invece sta adoperando uno schema ambiguo: salvare, al di là di ogni ragionevole coerenza, quanto sta avvenendo, leggendo ed esaltando sprazzi di solidarietà governativa, lasciando intendere che c'è sufficiente spazio per vivere e sopravvivere.
Infine c'è chi, come noi, non ritiene esserci spazi di manovra: la concezione del sociale del centro destra è pietistica, assistenzialista, negatrice di diritti.
Per decenni abbiamo tentato di far emergere il diritto alla risposta sociale. Non intendiamo svendere i tanti anni di fatiche, per ritornare all'assistenza. Non è pregiudiziale, ma la profonda convinzione che il benessere delle persone, fisico, psichico e relazionale è un diritto e non una concessione: per le persone marginali, ma anche - molti lo dimenticano - per tutti.

6. La Chiesa cattolica

Tra le aspettative della Chiesa cattolica dal nuovo governo, non c'è il sociale. Ci sono altri obiettivi che tutti conoscono: la scuola cattolica, l'insegnamento della religione nella scuola pubblica, il sostegno alle famiglie, la bioetica.
Si dice soddisfatta e/o parzialmente soddisfatta su questi temi.
La Chiesa degli spot per l'8 per mille non fa parte del pacchetto di contrattazione Chiesa-governo.
Anzi, per certi versi, le è caro lo schema della salute-contenimento.
L'esaltazione del volontariato, quale forma di carità, diventa funzionale all'importanza della presenza cattolica nell'agire sociale.

7. Che resta da fare

Noi crediamo di dover continuare sulla strada iniziata venti anni fa (nel 2002 ricorre il ventennale del C.N.C.A.), senza patteggiamenti sulla svendita di dolore e di emarginazione.
Siamo attenti a che il rispetto delle persone in difficoltà rimanga integro e il benessere sia tutelato.
Per quanto ci riguarda faremo in modo che la democrazia sia un bene fruibile da tutti, senza distinzione di salute e di censo.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.