VII Redattore Sociale 1-3 dicembre 2000

Corre la lepre...

Africa: i costi della povertà globalizzata

Intervento di Elhadji Malick Diop

 

Elhadji Malick Diop - sindacalista senegalese*

La Federazione delle organizzazioni non governative del Senegal

La mondializzazione nelle forme attuali della sua espressione è percepita in Africa come un nuovo modo, una nuova forma di colonizzazione. Una colonizzazione gestita attraverso delle regole e degli accordi di cooperazione. Parlando di schiavitù e di povertà ci si  rende conto che sono sempre i più forti a calpestare i deboli. E la grande sfida che la mondializzazione deve affrontare è come mettere sullo stesso piano di uguaglianza chi è più pesante con chi è più leggero. E' questa la mondializzazione ed è per lottare contro i suoi effetti, per sviluppare una coscienza nei nostri paesi che la FONGS - Federazione delle organizzazioni non governative contadine, che qui rappresento,  prova a mobilitarsi e a mobilitare tutti gli agricoltori, pastori, pescatori nel Senegal e a sviluppare tutta una strategia per influenzare lo Stato a tenere realmente conto degli interessi dei più deboli.
Il Senegal è un paese dell'Africa occidentale, del Sahel, che conta otto milioni di abitanti, il 70% contadini. La Federazione raggruppa tutte le organizzazioni contadine del Senegal e il suo maggior impegno è la difesa dei loro interessi. Creata nel 1978, conta 110.000 membri, uomini e donne. Le donne ne costituiscono la maggioranza, sono il 65%. Lavora essenzialmente nel settore agricolo, rurale in generale, per lo sviluppo e la promozione della donna, in tutte le attività di lotta alla povertà, imponendosi come lobby per influenzare il potere pubblico perché vengano definite politiche e strategie che rispondano alle preoccupazioni dei rurali. Lavora in collaborazione con diversi partner del nord e con la Comunità Economica Europea. Molte istituzioni condividono la convinzione che sono le stesse nazioni che si devono organizzare per far fronte al fenomeno della mondializzazione e della globalizzazione.

Globalizzazione e mondializzazione: l'impatto sui paesi del sud

Già nel 1997 i capi di Stato dell'ACP, Africa-Caraibi-Pacifico con la Comunità Economica Europea avevano dichiarato la povertà endemica, l'esclusione sociale, la marginalizzazione: mali intollerabili che colpiscono un grande numero dei nostri Stati africani. L'eliminazione della povertà e la partecipazione di tutte le classi sociali alla politica economica e sociale  rimangono i nostri obiettivi principali. Ci siamo resi conto che lo strumento maggiore nella mondializzazione sul piano economico è rappresentato dall'Organizzazione Mondiale del Commercio che prova a regolamentare il commercio, con tutte le sue conseguenze in particolare la soppressione delle sovvenzioni all'agricoltura. La mondializzazione sta distruggendo quello che era lo sviluppo economico e sociale nei nostri paesi. Gli esperti del Fondo Monetario Internazionale  tendono a  dire che è qualcosa di naturale e che non è la mondializzazione a creare la disoccupazione, al contrario è la mondializzazione ad aiutare ad equilibrare gli scambi. Sono le multinazionali che definiscono le politiche della mondializzazione e sono loro a trarne i benefici. Tutti gli altri ne subiscono i contraccolpi. Solo l'8% della ricchezza mondiale è dell'Africa, tutto il resto se lo dividono gli altri continenti, l'Africa effettua nemmeno il 2% del commercio internazionale. Tutto si gioca tra i paesi del nord e tra nord e Asia. Ci si rende anche conto che la mondializzazione sta rovesciando quello che era convenuto chiamare l'aiuto pubblico allo sviluppo. Prima c'erano degli accordi di cooperazione tra i paesi del nord e i paesi del sud per sostenerli nei loro programmi di sviluppo.

Il fenomeno della mondializzazione vissuto in modo particolarmente pesante

Nel Senegal abbiamo vissuto due "choc", il primo nel 1973 con la crisi del petrolio: la banca mondiale e il FMI sono venuti in Africa, in particolare in Senegal, per imporre delle politiche di aggiustamento. Uno dei fattori essenziali di tali politiche è quello di dire allo Stato di ritirarsi da tutti i settori sociali, non bisogna più finanziare l'acqua, la sanità, l'educazione, l'agricoltura, bisogna lasciare alle popolazioni la cura di "prendersi in carico". Questa è la globalizzazione. Nel 1985  viene inventata la mondializzazione-globalizzazione, ci viene detto che sui mercati internazionali si liberalizza tutto. Ma il prodotto del Senegal, non può essere venduto sui vostri mercati per la semplice ragione che il mio costo di produzione è più alto del vostro e il paradosso è che al momento della raccolta di arachidi, patate, pomodori e al momento di metterli sul mercato senegalese, l'OMC offre la possibilità ai paesi occidentali di portare lo stesso prodotto sul mio mercato a prezzi molto inferiori. Risulta una concorrenza imperfetta perché da una parte avete fissato delle norme di sicurezza sanitaria che non riesco a rispettare sul vostro mercato, dall'altra il vostro prezzo di costo è inferiore al mio sul mio stesso mercato. A tutti i livelli, i prodotti che si producono in Africa - arachidi,  cotone,  cacao,  mais,  riso - non si possono vendere a livello internazionale visto che sul piano internazionale si trova lo stesso prodotto o il prodotto di sostituzione ad un prezzo inferiore. In questo schema, l'Africa, in particolare il Senegal, non rappresenta nessun interesse economico sul piano degli scambi. Sul piano finanziario ciò che veniva trasferito dai paesi del nord verso l'Africa e che costituiva l'aiuto allo sviluppo è regredito. E' passato dal 50% al 20% e sempre di più si passerà a dei finanziamenti diretti dai capitali. Tutto ciò ha avuto delle conseguenze, la prima di tutte è ricaduta sui contadini.

La mondializzazione e il regresso brutale dell'aiuto dello Stato

Lo Stato non sostiene più l'agricoltura, non sostiene più la sanità, la formazione, la scuola ecc. non investe nemmeno più nella costruzione di pozzi, di serbatoi d'acqua. Ci si rende conto che con la non competitività della produzione e dei prodotti, non c'è vendita, la produzione deve diminuire, diminuisce il reddito dei contadini. Tutto questo avviene nel contesto di un paese dove non esiste un sistema di credito per finanziare l'agricoltura. A livello delle famiglie, la mondializzazione ha portato alla privatizzazione e alla delocalizzazione. Le società che erano nel nord si sono installate nei nostri paesi perché la mano d'opera è meno costosa. Divampa dappertutto la disoccupazione, non è per niente che nei vostri paesi soffrite dell'immigrazione, le rare industrie che c'erano da noi sono state chiuse. Aumentata la disoccupazione si apre la via dell'emigrazione.

Sul piano alimentare la produzione si è abbassata perché non c'è la vendita, si produce soltanto per aver da mangiare,  con una reale insicurezza alimentare dato che solo il 48 % dei bisogni alimentari del nostro paese è coperto dalla produzione interna, il 52% viene importato. Sul piano sanitario e della scuola c'è solo precarietà perché le politiche di aggiustamento dicono agli Stati di non investire più in questi settori, invece fanno parte del dominio del servizio pubblico ed è lo Stato che ha il dovere di occuparsene, nei nostri paesi non si è arrivati all'era della società del consumismo dove tutto si crea negli affari, è pertanto lo Stato ancora che si occupa del servizio pubblico.

Dalla mondializzazione alla liberalizzazione selvaggia

Io, la mia famiglia, la famiglia del contadino se abbiamo bisogno di curarci dobbiamo pagare, se vogliamo mandare i figli a  scuola dobbiamo pagare. Se non si ha di che pagare non si ha il diritto alla sanità, all'alloggio, alla formazione, all'istruzione e se non si hanno questi diritti non si è più cittadini.

E' sulla base di tutte queste difficoltà che la nostra organizzazione che ha un impatto attraverso le sue attività su almeno 1,5 milioni di persone, cerca di sviluppare una strategia di mobilitazione, di sviluppo di una coscienza cittadina, in modo che la povertà contadina e la situazione dei contadini siano prese maggiormente in considerazione nelle politiche agricole. Cerchiamo di sviluppare delle azioni di lobby di fronte allo Stato, sederci attorno ad un tavolo per discutere di politica. Solo attraverso la politica riusciremo a stabilire azioni di sviluppo nei nostri paesi.

Siamo a mettere attorno ad un tavolo Stato e finanziatori per decidere quello che bisogna fare per l'agricoltura senegalese, quello che bisogna fare per la sanità nel Senegal, quello che bisogna fare per sostenere l'educazione nel Senegal . Tutto questo è molto difficile ma con il sostegno della popolazione e dei media è stato fatto capire allo Stato che il mondo rurale rappresenta il 60 % della popolazione e che non si può fare qualcosa di buono nel nostro paese senza tenere conto. Abbiamo sviluppato azioni di sensibilizzazione/informazione per portare le comunità rurali a comprendere le loro responsabilità e ad esprimerle attraverso un proprio leader. Abbiamo sviluppato con lo Stato tutta una strategia di riflessione in modo che nelle sue negoziazioni nei summit mondiali dell'OMC ecc. possa fare proposte aderenti agli interessi della popolazione del Senegal. Una delle proposte è quella che i paesi occidentali aprano i loro mercati ai prodotti del Senegal e dell'Africa. Se non possiamo vendere i nostri prodotti sui mercati europei non possiamo svilupparci e non possiamo diventare potenziali attori efficaci. I paesi occidentali direttamente o indirettamente finanziano le loro agricolture e parallelamente dicono al Senegal e ai paesi africani che non hanno il diritto di sovvenzionare le loro. Bisogna liberalizzare i mercati ai paesi del nord, sovvenzionare l'agricoltura. È necessario che l'aiuto allo sviluppo venga riattivato nelle sue forme precedenti. C'è inoltre una lotta, intrapresa da diversi capi di Stato per l'eliminazione del debito che si è accumulato: il rimborso di quel debito penalizza il finanziamento dei settori sociali. Bisogna fermare il rimborso del debito e quel debito va riconvertito per coprire economicamente le spese della sanità, della formazione ecc...

La sfida ai paesi occidentali

Stiamo sviluppando tutta una solidarietà con i paesi del Sahel (Costa d'Avorio, Niger, Benin ecc.) in modo che la strategia di mobilitazione dei rurali fatta in Senegal possa essere applicata su scala più larga sviluppando un grande movimento di coscientizzazione africana. Si parla di integrazione africana e l'obiettivo è che le conseguenze della mondializzazione e della globalizzazione a livello dei paesi africani possano essere domate. Stiamo sviluppando questa strategia e abbiamo messo a punto un'organizzazione regionale. Certamente la posta in gioco non viene definita in Africa ma abbiamo preso delle iniziative e intendiamo portarli avanti nel senso della presa in carico di responsabilità, tenendo presente l'interesse dei nostri paesi. Non possiamo svilupparci se sul piano internazionale e macroeconomico si fissano condizioni che non permettono alle nostre attività di produzione, di trasformazione e di commercializzazione di vendersi sul mercato internazionale. Forti di questo, diciamo che non bisogna aspettare che le multinazionali passino al di sopra degli Stati, dobbiamo costituire una forza propositiva e alla maniera di quanto fatto dalla società civile negli Stati Uniti durante la negoziazione di Seattle con le varie manifestazioni. Va fatta sentire la voce dei più deboli, dei contadini e sul piano internazionale vanno presi in considerazione i loro interessi. Nel caso contrario lo sviluppo mondiale avrà due velocità, le multinazionali saranno le uniche ad andare bene e tutto il resto del mondo dovrà subire il sistema. La sfida alle organizzazioni come le vostre, la sfida a tutte le organizzazioni del nord è questa: sappiate che c'è una coscienza che si sviluppa nei nostri paesi e che cerca di reagire ai danni della mondializzazione e della globalizzazione e che questa coscienza ha bisogno di essere sostenuta dalla vostra solidarietà attraverso delle reti. Ovunque ci siano manifestazioni sulla mondializzazione, ovunque si decida della posta della mondializzazione, gente sia del sud che del nord deve essere solidale per difendere questa causa.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.