Intervento di Paolo Serventi Longhi
Paolo Serventi Longhi - segretario della Fnsi*
Sono il segretario della federazione nazionale della stampa. Presiedo e guido il sindacato, lo stesso che ha proclamato i due giorni di sciopero, che hanno impedito di far dire qualche nefandezza in più sulla terza Conferenza sulle tossicodipendenze. Parlerò della Conferenza perché forse ci aiuta a capire quello che succede oggi. È una fase non bella del giornalismo e del mestiere di "fare informazione", dobbiamo rileggere la storia legata alla nostra professione, per capire che magari vale la pena di farlo questo mestiere. Nelle redazioni tenere alta la testa e dire io non mi piego, perché la mia indipendenza e la mia autonomia vanno al di là dell'autonomia di chi mi paga, è molto difficile e oggi lo è più di ieri. Abbiamo programmato due giorni di sciopero, non stiamo scioperando per chiedere 750.000 al mese, ma per riuscire a dare la possibilità al singolo nelle redazioni di dire: no!
Importante rispettare le regole deontologiche
I soldi certamente sono importanti, perché non si campa d'aria, ma questo mestiere si fa anche perché c'è una "passionaccia" dentro, un fuoco. Non possiamo accettare il cinismo, lo dobbiamo respingere. Questo modo di fare informazione che si va diffondendo in maniera dilagante, per cui si ricorre a qualsiasi strumento pur di vendere una copia in più, non va bene. Dobbiamo fermarci. È possibile che si parli di tossicodipendenza, di droga oggi sulle prime pagine dei giornali per le polemiche politiche? Perché si è parlato soltanto di quello che è successo al Tg1 o al Tg3 sulla pedofilia e non si parla di che cosa è il fenomeno della pedofilia? Di quante persone sono state arrestate, di quante inchieste sulla pedofilia sono state aperte, che cosa significa e quanti bambini spariscono nel mondo. Abbiamo il diritto e il dovere, noi che facciamo questo mestiere di dire a noi stessi, ai nostri editori, se permettete ai nostri direttori, ai direttori che hanno la schiena dritta e ai direttori che non l'hanno più, che non è possibile andare avanti in questo modo. Se ci diamo delle regole di comportamento, delle regole deontologiche, vanno rispettate. Se ci diamo come regola che un bambino in prima pagina non lo sbattiamo, o non lo mandiamo in televisione, nei giornali, ovunque, chi sbaglia paga. Non sopporto più che ci sia gente che dice che se un collega è sanzionato perché ha sbagliato, si è lesa la maestà della libertà di stampa del sacro giornalismo. Dove sta più il sacro giornalismo? Esiste l'informazione seria, responsabile e documentata. Non sono uno che vuole cacciare i giornalisti dalla corporazione, per carità. La corporazione non la vivo come tale, la vivo come una comunità di persone che fanno un certo mestiere e che dovrebbe avere un ruolo sociale. Non si possono e non si devono commettere errori, anche in buona fede, bisogna sapere che quando si sbaglia si paga. Occorre rispettarci a vicenda, cercare di raccontare le cose esattamente come stanno, probabilmente non ci riusciamo sempre, qualche errore certamente è consentito, però oggi dobbiamo stare più attenti di ieri. I nuovi veicoli della comunicazione: l'on line, il digitale, le televisioni satellitari ci impongono una corsa frenetica, ci danno la possibilità anche di avere tanti dati, non ci sono più alibi, dobbiamo davvero fare il nostro mestiere con coscienza, consapevolezza e grande rispetto del cittadino, perché è il cittadino che noi serviamo.
* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.