IV Redattore Sociale 14-16 novembre 1997

Dire, non dire, dire troppo

Introduzione al seminario

Intervento di Vinicio Albanesi

 

Vinicio Albanesi - sacerdote, presidente della Comunità di Capodarco*

Carissime e carissimi,
siate i benvenuti a questa quarta edizione di "Redattore socia­le". Saluto gli amici e le amiche che già ci hanno frequentato, saluto anche coloro che per la prima volta vengono nella nostra comunità. Vi porgo i salu­ti di tutte le comunità di accoglienza che rappresento.
Abbiamo creduto, in tempi non sospetti, sull'investimento delle conoscenze e delle competenze perché il mondo della marginalità, anche attraverso la comu­nicazione, sia meno tale.
Siamo coscienti che il problema è complesso, che i linguaggi e le articola­zioni della comunicazione hanno i loro mondi e loro regole.
Il nostro deve essere un confronto franco: per noi significa guardare la realtà dalle profondità delle sofferenze; un dovere ancor più delicato perché noi stessi siamo portavoce e non portatori di solitudine e di dolore.
Il tema che per quest'anno abbiamo scelto è uno tra i molti motivi del rap­porto marginalità-comunicazione; è un tema che coinvolge direttamente i vis­suti di persone perché va a toccare il motivo del rispetto delle storie delle persone.
Non spetta a me entrare nei dettagli delle relazioni della privacy tra legge e obblighi della comunicazione; credo sia mio dovere indicare il quadro gene­rale entro cui collocare, almeno dal nostro punto di vista, il dialogo.
Ancora una volta il rispetto della privacy si gioca all'interno dei poteri che nella nostra società si confrontano.
Per definizione (e per realtà) i mondi marginali non hanno potere: nemmeno l'analisi marxista, per chi voglia invocarla, gliene dava. Effettivamente "le povertà" (fisiche e morali) sono nullità.
Rispettare la privacy di gente che appartiene a questi mondi non invoca pote­ri. Nessun collegio di avvocati o di terzi interessati interverrà a protegge­re l'eufemistico "senza fissa dimora" o il malato di mente di famiglia pove­ra, il bambino maltrattato in collegio o il malato terminale di aids. Potrà essere titolato in tutti i modi più appariscenti: a quattro o sei o dieci co­lonne, chiamandolo con gli epiteti più fantasiosi ed offensivi.
Nessuna querela di parte per diffamazione o per calunnia, con i relativi prezzi di risarcimento di danni, verrà presentata al giornale.
Si gioca una strana partita a due, con l'evocazione di un secondo giocatore che non c'è: come chi gioca a carte da solo, imbrogliando quando vuole asso­lutamente vincere.
La privacy delle persone marginali è "ad libitum" del comunicatore: può esse­re rispettata, rispettata in parte, semplicemente ignorata; egli potrà "dire, non dire, dire troppo". I modi, le sfumature, le giustificazioni per ognuna di queste circostanze è pressoché infinita, non sprovvista da veri e presunti buoni motivi.
Proprio per queste circostanze la sfida è ancora maggiore: come per chi po­trebbe rubare e non ruba, essere mendace e invece mantiene la parola data.
Il rispetto della privacy è un dovere morale semplicemente. Coinvolge l'arte del comunicare con l'onestà di essere rispettosi dell'altro.
Le circostanze, le occasioni, i modi si articolano nella realtà senza possi­bilità di leggi e regolamenti che reggono.
Ci sarà sempre un "buon motivo" per infrangere questa regola. La cosa più brutta - non fatelo mai - è invocare il diritto di cronaca.
Quel diritto oggi è offeso, manipolato, stravolto, mercanteggiato, venduto, comprato a seconda delle circostanze, dei personaggi e delle risorse.
Siamo arrivati "alla frutta" di una società che si dice democratica, onesta, trasparente: apparteniamo ad un popolo con una cultura interessata, furbesca, imbrogliona, mendace, affaristica. In questa società si può essere tranquil­lamente tutto e il contrario di tutto, come vestiti da indossare o scarpe da calzare. Le regole del gioco sono, di volta in volta, ignorate, spostate, fatte di nuovo, ripescate, in una lotta senza quartiere tra chi ha e vuole avere e chi non ha e gli viene tolto il poco.
Il mondo del giornalismo appartiene al mondo dei potenti: a volte a rimor­chio, a volte a trazione.
L'appello che vi rivolgiamo è diretto alla vostra coscienza: un puro appello etico, proporzionato alla coscienza di cui ciascuno si sarà dotato. 
Do un'indicazione generale di come è possibile rispettare la privacy. Quando vi trovate di fronte un fatto delicato (non necessariamente di cronaca nera), abbiate presente la sofferenza della persona, della famiglia, della città.
Quella sofferenza vi porterà al rispetto, anche se siete chiamati a descrive­re i fatti; vi farà scegliere stile e parole adeguate; anche se avrete una grande scelta di sinonimi, utilizzerete alcune espressioni invece di altre, perché non vorrete far male.
Per essere sicuri dovete però guardare alla nudità della persona, come se fosse senza sesso, senza famiglia, senza riferimenti culturali e spaziali. Una specie di assoluto di fronte al quale la sacralità è infinita.
Solo così vi sotrarrete agli influssi razziali, angosciosi e prevenuti che vi spingono ad offendere, non rispettare, suscitare il prurito dei lettori.
Tutto ciò vi porterà fuori mercato? Quale mercato, di quale azienda, di quale economia? Scegliete pure tra l'essere comunicatori con coscienza e persona­lità o semplicemente pezzi di mercato "comprati e venduti".


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.