III Seminario Redattore Sociale 8-10 Novembre 1996

Periferie umane

Informazione e Terzo settore, una collaborazione possibile

Intervento di Andrea Pancaldi

 

Andrea Pancaldi*

Sul riferimento a Bologna vorrei ricordare una frase di Guccini che dice: "Bologna è una ricca signora dal culo un po' molle": quindi questo mito del capoluogo emiliano, anno dopo anno diventa sempre più molle, il flusso delle energie, delle idee, si è fatto più debole.
Chiuderei facendo riferimento agli studenti delle scuole di giornalismo. Non vengo da una formazione giornalistica, ma da una formazione di carattere sociale, sanitario, però sono tanti anni, ormai quindici, che macino documentazione, riviste, quotidiani e così via, quindi un po' me ne intendo delle cose che vengono scritte e soprattutto di quelle non scritte, che forse sono la cosa più interessante. Per cui mi sento di dare alcune indicazioni su cosa può fare l'informazione per aiutare il Terzo settore a svilupparsi.
La prima cosa: se ci deve essere una cogestione, ci deve essere qualcun altro che gestisce con noi, occorre aiutare il servizio pubblico a raccontarsi - che non è lo sport preferito dai servizi pubblici che hanno un'organizzazione molto gerarchica, che nega spesso la comunicazione - bisogna sforzarsi ed andare a sentire le migliaia e migliaia di operatori pubblici che lavorano bene nei servizi. Quindi non parlare nei giornali solo della così detta mala sanità, ma vedere anche quello che, giorno per giorno, viene fatto di buono nei servizi pubblici. Se non esistesse questo, credo che non esisterebbe nemmeno il Terzo settore.

Il secondo aiuto che può dare l'informazione è quello di sorvegliare i percorsi diautonomia. Ho letto spesso sui giornali: con la riunione di oggi si è garantita la partecipazione del volontariato, è stata fondata la tale consulta, la conferenza, magari nello stesso Comune dove non si fa assolutamente niente sulla legge 142. Non si può partecipare come volontari se non si partecipa come cittadini: è una pia illusione e quindi anche in questo l'informazione può essere di nostro aiuto.
La terza cosa è la centralità delle persone e delle storie che stanno dietro alle persone. Quando raccontate un caso, raccontate il caso di quella persona: non potete avere la presunzione di pensare che possa essere generalizzato. E questo un po' è un rischio sulla strada che porta al Terzo sistema, perché ci sarà sicuramente una stagione di grossa attenzione alle strutture che può generare il pericolo di essere poco attenti alle persone per cui queste strutture nascono e in cui esse lavorano. L'altra parte è riferita a quali strumenti, o ancor meglio sarebbe forse utile parlare di attenzioni, con cui l'informazione può dare una mano al Terzo settore. La prima cosa fa riferimento a quello che stiamo facendo adesso, cioè in quale posizione ci mettiamo quando il mondo del sociale discute col mondo dell'informazione. Credo che la cosa migliore sial'ascolto reciproco: che non ci sia qualcuno che pensi di essere il detentore del sapere su queste questioni, anche perché le questioni sociali non riguardano solo chi opera nel sociale. Alla fine delle questioni sociali ci sono dei binomi di vita-morte, salute-malattia, felicità-infelicità che riguardano ognuno di noi, e quindi le questioni del sociale sono anche questioni vostre, così come le questioni dell'informazione sono anche questioni nostre, essendo centrali nella questione della democrazia. La questione del linguaggio è già stata affrontata, per cui non ci passo, non la ricordo. L'altra cosa che mi permetto di sottolineare è la necessità di un'integrazione nelle strategie con cui vengono fatte queste attività di formazione, ma ancora di confronto, fra due mondi che percepiscono di dover collaborare e spesso non riescono ancora a farlo. Non ci si dovrebbe solo preoccupare della formazione al sociale dei giornalisti, ma anche della formazione alle funzioni d'informazione, di documentazione di tutto il mondo del Terzo settore. Un'altra cosa è relativizzare la questione dei media: quando si parla d'informazione e marginalità, il più delle volte si parla solo ed esclusivamente dei media, mentre credo che funzioni molto di più una strategia che tenga dentro tutte le occasioni di informazione. Quindi vanno benissimo i media, ma anche tutte le esperienze editoriali che ci sono nel Terzo settore, tutti i centri di documentazione vanno considerati. Stiamo facendo il censimento: ne abbiamo contati circa un'ottantina che possono essere degli interlocutori molto validi per il vostro lavoro. Quindi, pensare di essere dentro ad una logica di sistema, che tiene dentro un po' tutte le opportunità e le risorse di carattere informativo, anche la natura molto complessa delle questioni del sociale.

Un altro punto è la ricerca: molto spesso si parla d'informazione e marginalità, ma in realtà si fanno molto spesso delle chiacchiere da salotto e non si ha la percezione di quella che è la realtà vera. Oppure si fa riferimento solo ed esclusivamente a quei due o tre quotidiani a cui si riesce a buttare l'occhio. Di ricerche ne sono state fatte: ma per lo più non circolano, rimangono chiuse all'interno del mondo degli addetti ai lavori e quindi serve una maggiore attenzione a questo tipo di iniziative che ci danno dei dati concreti. Ci si lamenta molto spesso che nei convegni sulla marginalità sono assenti i diretti interessati, ma anche dai convegni sull'informazione sono assenti i diretti interessati, che fanno poi gli articoli che compaiono sui giornali.

L'ultimo punto è la necessità di avere informazione e memoria su quello che si fa rispetto a questa tematica. Una delle cose più negative nei mondi delle marginalità è la così detta "novità" che ci richiama sempre ad un approccio medicalizzante, di medicina, di terapia su queste cose. Anche questa questione dell'informazione ha assunto in molte esperienze una valenza di tipo terapeutico, come se fare un giornale, partecipare ad una redazione diventasse quasi un percorso di guarigione dai propri problemi. E quindi avere memoria: uno dei compiti delle scuole di giornalismo dovrebbe essere ricordare che quello che si fa oggi non è una novità, ma sono cose che si fanno già da diversi anni, che c'è stata una progressione di convegni, di iniziative in Italia, ormai da una quindicina d'anni, che hanno portato ad un confronto fra il mondo del sociale e il mondo dell'informazione, di cui sospetto la gran parte di voi non abbia informazioni. Anche questa è un'accortezza: creare archivi, creare memorie su quanto è stato fatto.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.