Intervento di Stefano Gigotti
Stefano Gigotti - vicedirettore Giornale Radio Rai; segretario Ordine Nazionale Giornalisti*
"Prima di affrontare il compito - certamente non facile - di parlare del ruolo del giornalismo che nell'attuale contesto vede sempre più compromessa la sua credibilità, vorrei soffermarmi sulla profonda rivoluzione che sta vivendo la nostra professione per effetto delle nuove tecnologie, tanto che oggi sempre più si parla di un passaggio dalla cosiddetta "società dell'informazione" a quella che gli esperti definiscono la "società digitale".
E lo faccio perché, in questa nuova prospettiva, da un lato cambieranno le attese dei nostri lettori e dei nostri ascoltatori, dei telespettatori, dall'altro cambierà totalmente la nostra professione e il nostro modo di lavorare e il ruolo che.avranno gli organi di informazione. E i rischi sono molti!
Cosa sta succedendo sul piano tecnologico
Lo sviluppo dell'elettronica ha, negli ultimi tempi, avviato un processo rivoluzionario che sta cambiando radicalmente le tecniche dell'informazione oltre che le strutture economiche e produttive della società e le forme in cui essa si esprime: la cultura, le ideologie, la politica, perfino i modi di vita e di comportamento.
Nei limiti delle possibili previsioni le linee di sviluppo delle tecniche della comunicazione, da oggi al 2000, sono così identificabili:
a) la multimedialità, cioè la combinazione in un solo apparecchio delle funzioni di telefono, televisore, radio, lettore di cd, cioè la gestione simultanea dei vari modi di fare informazione: la parola scritta, la parola detta, l'immagine, il suono;
b) l'interattività, cioè l'ampliamento e l'approfondimento del dialogo uomo-macchina, ossia dell'integrazione tra il produttore e il fruitore dell'informazione, fino alla scelta, vuoi volontaria vuoi automatica, del materiale informativo rispondente alle esigenze del destinatario;
c) la demassificazione dell'informazione, cioè il passaggio da un'informazione di massa a un'informazione sempre più circoscritta e specializzata, fino ad un'informazione personalizzata e "su misura".
Interattività, multimedialità e specializzazione dell'informazione comportano:
a) una sempre maggiore facilità di uso delle apparecchiature elettroniche, cioè la semplificazione, oltre alla miniaturizzazione, degli apparati e dei meccanismi operativi;
b) una sempre migliore assistenza nella gestione dell'informazione, cioè un ampliamento dei programmi di verifica, correzione e interpretazione del testo;
c) una sempre maggiore facilità di distribuzione delle informazioni, cioè un'ulteriore razionalizzazione del sistema satellitare e delle grandi reti e fibre ottiche, nazionali e internazionali (crf. Internet).
Il sistema dei media del futuro
Con l'unificazione del medium e con la possibilità di interazione fra emissari e fruitori, delle informazioni sta per tramontare il tradizionale ventaglio dei media basato su carta (quotidiani e stampa), "etere", (radio e tv) e computer (agenzie di stampa); si può presumere che il nuovo sistema si articolerà così:
a) televisiva in diretta, cioè un'informazione simultanea o immediata (asincrona) degli eventi attraverso le immagini commentate, via "un'informazione etere" (finché rimarrà) o via cavo;
b) un'informazione a stampa come informazione di approfondimento e di riflessione, in edicola o, meglio, con efficiente servizio postale; versioni telematiche più o meno ridotte essendo ottenibili attraverso le reti elettroniche;
c) un'informazione telematica, cioè un'informazione immediata, specializzata e multimediale, ricevibile con un apparecchio multimediale o con uno o l'altro dei nuovi strumenti elettronici miniaturizzati; e tornitrice, insieme all'informazione corrente, anche di un'informazione passata e memorizzata e delle schede informative di grandi banche dati.
L'informazione tradizionale cartacea (quotidiani a stampa), radiofonica (giornali radio), televisiva (telegiornali) e elettronica non multimediale (agenzie di stampa) è così destinata a trasformarsi gradualmente, rimanendo via via come complemento fondamentale, critico e supporto del nuovo emergente sistema.
Sempre meno sulla strada
In questo contesto, come pochi anni fa il lavoro al videoterminale è stata una rivoluzione non solo nel processo editoriale, ma anche nella sintassi - come sostiene qualcuno del vecchio giornalismo - vediamo infatti sempre più giornalisti impegnati al desk e sempre meno reporter sulla strada, la nuova mutazione tecnologica investirà certamente il ruolo del giornalista nella società, la sua collocazione nel sistema dei media, la sua figura professionale, lettore- ascoltatore-telespettatore e anche il suo modo di scrivere articoli, notizie e commenti.
Aumenteranno da un lato i rischi, che già oggi verifichiamo, che riguardano sostanzialmente la qualità dell'informazione in un mondo nel quale il rumore informativo si fa sempre più alto e fa sì che il sensazionalismo faccia premio sulla sostanza; che la falsa notizia, una volta partita, si moltiplichi e si frammenti come una metastasi difficile da fermare, raggiungendo in pochissimo tempo ogni angolo dell'organismo umano rappresentato dai fruitori dell'informazione. Un caso eclatante è stato quello del ragazzo che "ritorna in vita" al Marian General Hospital di San Francisco, quando i medici già avevano staccato la spina. Non era vero: non c'era l'encefalogramma piatto. Ma la notizia, pubblicata dal "San Francisco Chronicle" e rilanciata dalle agenzie, aveva già fatto il giro del mondo e, ripresa con grande enfasi dai giornali italiani, ha provocato di fatto di blocco delle donazioni di organi.
Qualcuno vede in questi scenari seri rischi per la professione giornalistica e per l'informazione corretta al cittadino; ma io ritengo che ciò sia vero soltanto se si vede la professione dal lato epico-romantico del lavoro del reporter. Il nuovo giornalismo elettronico non ha più nulla di epico, né di romantico, ma è semplicemente utile. Certamente occorre invece un supplemento di professionalità e di etica. Il giornalista deve ricoprire il suo ruolo di tramite tra fonte della notizia e cittadino, con tutto quello che comporta sul piano deontologico essere questo fondamentale anello. Se sapremo essere così, il giornalismo sarà sempre di più, e non potrà non esserlo, un servizio reso ai cittadini.
Ma ciò sarà vero se sapremo imboccare, come dicevo, la strada giusta, che è quella di mantenere ben fermi i capisaldi della nostra professione, ricordando e difendendo con i denti le sue regole dì base, a cominciare dall'onestà, da mettere nel nostro lavoro dando un'informazione non solo più corretta e completa, ma anche meno drammatica, più puntuale e tutto sommato meno sensazionale.
Dobbiamo abbandonare la ricerca del fatuo e del leggero, che dà prevalenza smaccata allo scandalo e al sensazionale; così dobbiamo anche non più preoccuparci di raccontare e fare da specchio alla società piuttosto che cercare dì capire l'origine e la causa di certi fenomeni attraverso un minuzioso lavoro di ricerca, di analisi, di puntualizzazioni non superficiali.
Le redazioni "sociali"
Recentemente registravo, sul piano generale, un fatto che ha aspetti positivi ma che contiene in sè alcuni pericoli: la nascita in molti giornali delle cosiddette "redazioni sociali". Redazioni cioè che stanno interpretando il loro campo di interesse in modo molto ampio, includendovi anche il costume e comunque con un'attenzione specifica rivolta al mondo del sociale.
Il fenomeno è positivo perché significa che da parte del mondo dell'informazione si sta prendendo conoscenza di certi argomenti non strettamente di "cronaca", ma di indubbio interesse generale. I pericoli sono quelli che questi problemi sociali finiscano per essere confinati in un cantuccio delle redazioni, salvo emergere alla ribalta, con contorno di commenti e reportage, solo per eventi di grande e facile risonanza. Come rappresentante dell'organismo professionale ritengo che la strada da seguire debba essere più articolata: favorire una crescita culturale e professionale di chi opera nel settore dell'informazione, che faciliti la presa di cognizione della realtà relativa a tutti i settori del cosiddetto sociale, peraltro in continua evoluzione.
Nelle nostre scuole di giornalismo promuoviamo programmi didattici "ad hoc", rivolti proprio alla conoscenza delle specifiche problematiche dei vari fenomeni di interesse sociale, ponendo le basi per nuove e più meditate riflessioni sul ruolo e sulle responsabilità del giornalismo.
Per finire, ritorno al tema dell'etica. Come Ordine professionale difendiamo con forza la Carta dei doveri che ci siamo dati come ulteriore paletto della nostra deontologia e in essa al primo posto, così come nella legge che ci governa c'è il rispetto della dignità della persona umana. Mi auguro che, anche da questo dibattito, possano nascere spunti e suggerimenti. Sotto questo profilo desidero dire che la Carta dei doveri è solo un contributo che può essere continuamente aggiornato: una riflessione sui doveri e sull'impegno dei giornalisti a rispettare i diritti inalienabili della persona, dei soggetti deboli, dei minori e dei malati e di diffusione dell'opera meritoria di chi, come il Cnca, si impegna a favore del prossimo".
* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.