Intervento di Giovanni Nervo
Giovanni Nervo- presidente della Fondazione "E. Zancan"*
Un po' di storia
All'inizio del 1975, come Caritas Italiana, tenemmo un seminario con un gruppo ristretto di persone - Mons. De Menasce, il dr. Gavazza e altri - per cercar di capire che significato poteva avere un nuovo volontariato che stava emergendo con alcune punte avanzate (Gruppo Abele, Comunità di Capodarco, Associazione Giovanni XXIII e qualche altro) e se la Caritas Italiana doveva curare questo campo. Cercavamo la strada.
Su proposta del dr. Gavazza, decidemmo di far parlare i protagonisti, i volontari. Ciò avvenne nell'autunno 1975 quando organizzammo il primo Convegno nazionale sul volontariato a Napoli. Fu una grande scoperta. Nei due anni successivi sviluppammo presso la Caritas un forte dibattito con le principali associazioni di volontariato e con i loro leader carismatici. Giungemmo, non senza tensioni, ad una scelta laica: il volontariato si sarebbe organizzato in modo autonomo dalla Caritas (ne nacque il MO.V.I; la Caritas avrebbe continuato la sua azione formativa con tutte le associazioni di volontariato.
Ciò che poi ha fatto in modo efficace, sviluppando anche nuove forme di impegno come l'Anno di volontariato sociale e il servizio civile degli obiettori. Vennero poi il Convegno di Viareggio, organizzato dalla Fondazione Agnelli, i Convegni organizzati ogni due anni a Lucca dal Centro Italiano per il volontariato, la Conferenza Nazionale del volontariato, organizzata dal Ministero per gli Affari Sociali per due volte ad Assisi, e quest'anno a Castelnuovo di Porto; venne la legge quadro sul volontariato, n. 266/90; la Fondazione Italiana per il volontariato che organizzò già due volte la Settimana del volontariato nell'ambito della Fiera di Oriente a Bari; le Regioni si sono date delle leggi regionali sul volontariato.
Quando organizzammo il primo Convegno nazionale a Napoli nessuno parlava del volontariato; voi non trovate nessuna traccia di quel Convegno, perché era considerato un fenomeno insignificante dai mass-media, dalle Istituzioni pubbliche, in parte anche dalla Comunità cristiana.
In 20 anni è diventato un fenomeno rilevante, forse anche un po' di moda. Molto opportunamente il Cnca lo pone all'attenzione dei giornalisti e altri operatori di mass-media. Forse hanno invitato me a farlo perché ho potuto seguire tutta l'evoluzione del fenomeno.
Un arcipelago chiamato volontariato
1. Per evitare equivoci occorre distinguere il volontariato tradizionale (quello di ispirazione laica: Pubbliche assistenze, Croce Rossa, Soccorso rosso; quello di ispirazione cristiana: le Misericordie, le Confraternite, il Volontariato vincenziano, le Conferenze di S. Vincenzo) e il nuovo volontariato che compare all'orizzonte negli anni '70 ed esplode negli anni '80. Il nuovo volontariato non è nato quando ha cominciato a scricchiolare lo Stato Sociale, come forma di supplenza all'istituzione pubblica: c'era già anche quando la cultura dominante concedeva il pluralismo nelle istituzioni (cioè il pluralismo nelle organizzazioni rappresentative), ma rifiutava il pluralismo delleistituzioni. E' stato forse, in una minoranza, uno sbocco costruttivo della contestazione: vista l'impossibilità di cambiare il sistema, i giovani più responsabili si sono impegnati in prima persona sul fronte dell'emarginazione. La diffusione così ampia del volontariato forse esprime un bisogno vitale di ossigeno, una reazione magari inconsapevole alla società consumistica, una ricerca di valori incarnati nella realtà umana e nella storia.
2. Occorre inoltre precisare che accanto al volontariato, e spesso proprio dal volontariato negli ultimi 15-20 anni, sono sorte altre forme di solidarietà organizzata: ad esempio le Comunità di accoglienza e le Cooperative di solidarietà sociale, parallelamente ad associazioni di impegno sociale come le Acli, l'Arci, l'Agesci, alcune nuove, alcune preesistenti; il tutto si è aggiunto alle istituzioni private non profit e alle Fondazioni, anche queste alcune recenti, altre più o meno antiche.
Ne è venuta fuori una realtà complessa, in forte evoluzione, che convenzionalmente viene chiamata
"Terzo settore'' o "Terzo sistema'' il primo è lo Stato, il secondo il mercato.
Nella spontaneità del linguaggio, e spesso nell'ignoranza della realtà, tutto questo mondo viene chiamato volontariato.
Per chiarezza concettuale occorre dire che si tratta di soggetti diversi, che hanno caratteristiche e finalità specifiche diverse e alcuni elementi di fondo in comune.
L'elenco ne comprende almeno sei:
- Associazioni di volontariato;
- Associazioni di impegno sociale;
- Associazioni di autotutela sociale;
- Associazioni di solidarietà sociale;
- Istituzioni private non profit;
- Fondazioni.
Gli elementi in comune sono la spontaneità, la continuità, l'esercizio della solidarietà. Hanno caratteristiche diversificate, ad esempio la gratuità.
Da volontariato a non profit
La legge 266/90 assume questo significato del volontariato: ai fini di quella legge "per attività di volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontariato fa parte, senza fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà".
La legge 266/90 considera soltanto il volontariato organizzato in associazione, ma esiste anche il volontariato individuale familiare: soltanto che queste forme non sono coperte dalla legge.
3. Occorre ancora aggiungere che di solito si considera soltanto il volontariato di carattere socio-assistenziale e socio-sanitario, ma c'è anche il volontariato di carattere educativo, di tutela dell'ambiente, di tutela dei beni culturali, di protezione civile, di cooperazione internazionale. Ciascuno di questi ambiti conta numerosissime associazioni e le più svariate attività.
4. Dunque si tratta di un fenomeno molto complesso, molto vasto e in continua e rapida evoluzione. Noi abbiamo fatto due seminari per analizzare i vari passaggi della trasformazione di talune associazioni di volontariato in istituzioni non profit. Cioè un gruppo di volontari affronta un bisogno nuovo con i caratteri e i limiti del pionierismo.
Quando vogliono dare una risposta continuativa e qualificata al bisogno sentono la necessità di strutturarsi in forme spesso nuove e originali di istituzione.
Il prof. Grey, alla Conferenza nazionale sui volontariato di Castelnuovo di Porto, ha tentato paradossalmente di dimostrare che non solo il volontariato non sottrae posti di lavoro, ma ne crea.
Il significato del lavoro
5. Dobbiamo dire però che forse c'è stata una mitizzazione del volontariato, non da parte di chi lo fa, ma di chi ne parla, lo utilizza, lo studia.
Un segno evidente sta nella diversità di dati forniti dalle varie indagini: si va dalle stime che fanno salire i volontari a 5-8 milioni, all'indagine del Ministero del Lavoro che ne trova 2 milioni e mezzo, a quella del Ministero dell'Interno che ne trova un milione e mezzo, all'ultima della Fondazione italiana del Volontariato che, partendo dalle circa 9.000 associazioni di volontariato, arriva ad una stima di 600.000.
E' stato fortemente esaltato anche da chi vede nel volontariato una buona riserva di voti, o una piccola miniera per risparmiare sui costi dei servizi. Per una comprensione più realistica del fenomeno del volontariato e delle sue potenzialità può essere utile partire dal lavoro piuttosto che dal volontariato. Un lavoro può essere dovuto e pagato, o spontaneo e gratuito. Per chi riceve il servizio ciò che vale è la qualità e il modo con cui viene dato; è pressoché irrilevante che sia gratuito o compensato. Per chi dà il servizio la scelta libera e la gratuità possono avere molto rilievo. Il valore intrinseco del lavoro però non sta nella gratuità ma nel fatto che è lavoro umano, la gratuità è un valore aggiunto. Le motivazioni possono essere di altissimo contenuto etico o banali, sia nel lavoro pagato che nel lavoro gratuito.
Nella società organizzata il lavoro pagato assume maggior rilievo sia per la quantità di persone addette, sia per la continuità che possono garantire nei servizi, sia per la professionalità che sono chiamate a mettere a disposizione nei servizi.
Il valore del volontariato è soprattutto di carattere etico sia per chi lo fa, sia per la società in cui viene esercitato; è un ricupero e una trasmissione di valori fondamentali come il rispetto e la centralità delle persone, la disponibilità, il senso del servizio, il disinteresse.
La chiarezza dei ruoli
6. Perché possa dare i suoi frutti migliori è necessario che il volontariato abbia piena consapevolezza dei suoi ruoli, sappia e voglia effettivamente assumerli, sia messo in condizione di poterlo fare; ed è necessario che lo Stato in tutte le sue espressioni e articolazioni riconosca, assuma ed eserciti i suoi ruoli senza dare indebite deleghe o richiedere indebite supplenze.
Il ruolo di garantire i diritti dei cittadini è dello Stato, che deve svolgere le funzioni che non sono delegabili: la programmazione di servizi fondamentali per tutti, il reperimento, il coordinamento, la valorizzazione e la finalizzazione delle risorse pubbliche e private presenti nella comunità, la vigilanza e il controllo.
Lo Stato, attraverso le sue articolazioni e diramazioni, può accogliere le libere espressioni organizzate dalla società a partecipare alle funzione dello Stato e alla gestione dei servizi, ma non può delegare le sue funzioni. Noi siamo preoccupati quando sentiamo dire: lo Stato deve limitarsi a garantire la sicurezza, l'ordine e l'osservanza delle leggi.
Anche il volontariato deve avere chiari i suoi ruoli e richiedere con forza che vengano riconosciuti: di anticipazione in risposta a bisogni emergenti, di integrazione di servizi esistenti, di stimolo delle istituzioni e delle politiche sociali a tutela dei soggetti deboli.
Deve però riconoscere i suoi limiti e i pericoli cui è esposto. Non è in grado anzitutto e non ha la funzione di garantire i diritti dei cittadini; perciò non può pretendere o accettare di sostituirsi al ruolo dello Stato.
7. La chiarezza dei ruoli si rende ancor più necessaria in un momento in cui, di fronte all'obiettivo dichiarato delle destre di passare dallo stato sociale allo stato liberale - nel quale il riconoscimento e la garanzia dei diritti inviolabili dell'uomo non sono affidati all'adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà politica, economica e sociale (come vorrebbe l'art.2 della Costituzione) - ma ai meccanismi concorrenziali del mercato e alla discrezionale liberalità dei cittadini (cito il programma elettorale di Forza Italia), di fronte a questa situazione culturale e politica va ponendosi un nuovo modello di stato sociale, basato su tre pilastri - lo Stato, il mercato, il terzo settore - in libero e dialettico rapporto fra di loro, alla pari, tutti e tre necessari per garantire il bene comune. Nell'attuale situazione, a mio avviso, occorre insistere sul ruolo dello Stato a causa del pericolo che il volontariato, gratificato dalle esaltazioni verbali e dai sussidi economici, accetti supplenze indebite e altre componenti del terzo settore: ad es. le cooperative sociali, esaltando se stesse, consentono la deresponsabilizzazione delle istituzioni pubbliche.
Il più debole dei tre pilastri
Io ritengo che ci si debba preoccupare di fronte ad affermazioni come questa: "lo Stato non è in grado di garantire i servizi alle persone, ci pensiamo noi terzo settore".
Il terzo settore ha certamente necessità di coniugare solidarietà ed efficienza per offrire servizi non solo carichi di positive motivazioni, ma efficaci. Deve però avere consapevolezza che dei tre pilastri - Stato, mercato, terzo settore - è il più debole, mentre il mercato è il più forte: può essere perciò facilmente strumentalizzato come amrnortizzatore delle tensioni sociali destinate ad aumentare se si tende a smantellare lo Stato sociale per passare dallo Stato sociale allo Stato liberale, affidando esclusivamente ai meccanismi concorrenziali del mercato e ad un maggiore sviluppo economico l'attuazione di una solidarietà autentica (sto citando da un programma elettorale di una forza vincente le elezioni politiche).
Un ex-ministro del precedente governo un anno fa lo disse apertamente in un dibattito a Conegliano nel Veneto: noi contiamo sul volontariato, specialmente cattolico, per attutire le tensioni sociali di un moderno Stato liberale. Il volontariato ci sta?
In questo contesto culturale-politico risulta evidente la funzione della partecipazione di base a tutela dei soggetti deboli: in questo ruolo politico il terzo settore, e il volontariato in prima linea, si trova necessariamente coinvolto. E' sintomatica in questo senso ed è un indicatore socio-politico significativo la recente reazione dell'ex-presidente del Consiglio al coro di proteste contro alcune sue dichiarazioni sul volontariato, reazioni che ''Avvenire" sintetizzava così: "Sono i politicanti il mio bersaglio".
E' difficile non leggere questo segnale: il volontariato va bene e va sostenuto quando assiste i poveri e coopera a tenerli buoni; ma se i volontari si mettono dalla parte dei poveri e ne difendono la dignità e tutelano i diritti, allora fanno parole e sono politicanti.
Alcune domande a cui rispondere
La Fondazione "E. Zancan", in collaborazione con la Caritas Italiana, sta organizzando un seminario di riflessione e di ricerca su di un tema già di per sé problematico: "Dove va il volontariato?" e cercherà, con la collaborazione dei principali esperti in materia, di dare una risposta a questi quesiti:
- la Conferenza nazionale del volontariato di Castelnuovo di Porto ha evidenziato il rapporto del volontariato con le componenti imprenditoriali del Terzo settore: come può il volontariato contribuire allo sviluppo del Terzo settore conservando la sua identità essenziale?
- I Centri di servizio per il volontariato, previsti dalla legge 266/90, quale influenza avranno sul volontariato? Quale parte avranno le associazioni di volontariato nella programmazione delle attività, nella loro gestione, soprattutto in rapporto alla formazione e ai suoi contenuti?
- Quali conseguenze porta l'attuazione della legge 266/90 sull'autonomia del volontariato, sulle sue funzioni di anticipazione e di stimolo delle istituzioni e delle politiche sociali, ritenute essenziali almeno da una parte del volontariato?
- Che significato ha il crescente interesse di alcuni ambienti del mondo finanziano e imprenditoriale per il volontariato? Qualcuno teme che possa essere considerato come un utile ammortizzatore delle tensioni sociali che un accettato liberismo economico, auspicato da alcune forze politiche, sembra destinato inevitabilmente a produrre. Ha un fondamento reale questa preoccupazione? E in caso affermativo come potrà reagire il volontariato?
- Quando si parla di volontariato di solito si limita il discorso al volontariato socio-assistenziale e socio-sanitario: qual è la situazione del volontariato educativo, di tutela dell'ambiente di tutela dei beni culturali, di protezione civile, di cooperazione allo sviluppo di fronte ai problemi sopra indicati?
8. Le settimane organizzate dalla Fondazione Italiana del volontariato nell'ambito della Fiera del Levante a Bari hanno affrontato il tema: "Volontariato e impresa". Sul tema si è sviluppato poi un dibattito che ha evidenziato posizioni differenziate.
Quali implicazioni positive e quali negative imposta questa prospettiva?
9. In queste nuove situazioni problematiche, quali ruoli positivi e costruttivi può svolgere il volontariato, senza perdere la proprio identità?
10. Come si possono sostenere con documentazioni adeguate e iniziative pertinenti ed efficaci i mass-media perché possano dare un'immagine fedele e realistica del volontariato? Come risposta all'ultima domanda io porterò l'esempio di questo Convegno.
Educare alla condivisìone e alla partecipazione
Concludendo: sentendo il modo critico e problematico in cui io vi ho presentato il volontariato, potete avere avuto l'impressione che io non abbia molta fiducia in esso.
Al contrario, io credo che il volontariato sia una grande risorsa per due motivi: perché è una forma concreta ed efficace di educazione alla condivisione e alla solidarietà attraverso l'esperienza. Io credo che questo sia di enorme importanza soprattutto per i giovani che rischiano di essere svuotati e demoliti da una cultura materialistica del profitto e del benessere materiale usato stoltamente.
Il secondo motivo è che io vedo nel volontariato una possibilità concreta per educare ad un'efficace partecipazione di base così come viene presentata da un documento della Commissione Giustizia e pace della Cei: "Educare alla legalità". Nell'ultimo capitoletto si dice: "Per un corretto svolgimento della vita sociale, è indispensabile che la comunità civile si riappropri di quella funzione politica che troppo spesso ha delegato esclusivamente ai "professionisti" di questo impegno nella società.
Non si tratta di superare l'istituzione "partito", che rimane essenziale nell'organizzazione dello Stato democratico, ma di riconoscere che si fa politica non solo nei partiti, ma anche al di fuori di essi, contribuendo ad uno sviluppo globale della democrazia con l'assunzione di responsabilità di controllo e di stimolo, di proposta e di attuazione dì una reale e non solo declamata partecipazione.
La lotta per la rimozione delle strutture sociali ingiuste è un impegno che non può essere affidato in modo unico ed esclusivo ai partiti: anche la società civile ha da svolgere una sua funzione politica, facendosi carico dei problemi generali del paese, elaborando.progetti per una migliore vita umana a favore di tutti, denunciando disfunzioni e inezie, esigendo con gli strumenti democratici, messi a disposizione dei cittadini, che la mensa non sia apparecchiata solo per chi ha potere, ma per tutti".
lo credo che il volontariato possa assumere forme concrete di partecipazione popolare a tutela dei soggetti deboli.
L'informazione non sciupi il volontariato
Ho presentato il volontariato in forma problematica e critica proprio perché non venga sciupato da un'informazione superficiale, trionfalistica e conformistica, che spero voi non adotterete mai.
Che il pericolo non sia ipotetico lo dimostra l'infortunio di un vostro collega che, riferendo sulla Conferenza nazionale sul volontariato di Castelnuovo di Porto, prima ha portato alcune osservazioni del prof. Grey, che aveva presi per buoni i dati forniti da una ricerca della Fondazione italiana per il volontariato, che aveva stimato che i volontari fossero circa 600.000. Il prof. Grey aveva argomentato su questi dati. II giornalista, però, nel prosieguo dell'articolo, esaltando il fenomeno del volontariato, parlava di 5 milioni di volontari (era una stima di qualche anno fa del Censis: ma fra 600.000 e 5 milioni c'è pure un po' di differenza).
Proprio perché crediamo nel volontariato e lo amiamo, vi chiediamo di essere molto seri quando ne trattate: ma voi lo sarete senz'altro e l'attenzione e l'impegno con cui partecipate a questo convegno ne sono la prova e la garanzia.
* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.