Intervento di Gino Rigoldi
Gino RIGOLDI
Sacerdote, fondatore di Comunità Nuova a Milano.
ultimo aggiornamento 23 aprile 2009
Franco Bomprezzi
Arriviamo all'apertura del tema di queste due giornate: la città crudele, la città della speranza. La responsabilità di migliorare il peggio è il tema assegnato a Gino Rigoldi che credo non abbia bisogno di nessuna presentazione. Questa parola "responsabilità" che è tornata nel saluto arrivato oggi, da parte del presidente Napolitano, è pesante se uno se la sente… Viviamo un momento dove nella nostra società c"è una complessiva e costante fuga dalla responsabilità, cioè c'è la tendenza di ognuno, di ogni ceto, di ogni casta, a scaricare su altri le responsabilità di quello che accade.
Gino Rigoldi
Io oramai ho preso la piega di miglioratore del peggio, perché io i guai li trovo già fatti nel carcere, nella droga e compagnia bella, quindi non è che devo prevenire niente, devo vedere come si fa ad uscire, come si va avanti e quindi inventare le risorse, le risposte per far andare avanti le persone. Dopo le parole della presidente regionale, del sindacalista, ho qualche attenzione, qualche senso di colpa a dire alcune cose sui giornalisti, ma le dico perché osservo la realtà, leggo i giornali abitualmente in un certo numero e mi pare che sia giusto anche esprimere le opinioni un po' da uomo della strada. Mi pare davvero che non stiano un gran bene neanche i giornali, neanche i contenuti, le modalità comunicative, le idee e i comportamenti che vengono sponsorizzati e compagnia bella, nei giornali effettivamente c'è questo e quello, si capisce, ma ci sono molte volte delle enfatizzazioni, delle sponsorizzazioni, delle ripetizioni che sono particolarmente distruttori di una sana normalità sociale delle persone. Vedo tra gli esempi intanto il tema della sicurezza: la parola sicurezza è diventata una delle richieste che sembrano assolutamente indispensabili per la vita delle persone, questa è una parola che è buona e malefica, è indispensabile quando la sicurezza è la sicurezza della propria persona, dei propri beni in difesa di qualche possibile nemico della tua vita o dei tuoi beni.
L'autorità: è vero che le autorità si devono meritare il rispetto, che devono essere responsabili dei compiti che si assumono, è anche vero che non può essere come sta capitando adesso che l'opposizione pro-tempore non soltanto non è del parere di chi governa, o comunque di chi si assume delle responsabilità che siano politiche o anche religiose o di qualunque altro genere, ma molto spesso si va a incidere sulla qualità delle persone sulle cattive coscienze, offrendo e mettendo lì un giudizio etico negativo che svaluta ogni tipo di autorità. Io vado in giro a parlare come altri di legalità, legalità senza autorità ma qual'è? E' vero che l'etica deve essere sempre la radice dei comportamenti però è anche vero che l'autorità che produce le leggi, le dovrebbe far rispettare comunque dagli stili di vita generale; in questo momento in cui non c'è niente più di pulito, di apprezzabile, di meritevole di rispetto, l'autorità se lo deve meritare il rispetto, l'autorevolezza, il riconoscimento dell'onestà, delle buone intenzioni.
La morale e le morali: ci sono notizie, giudizi ripetuti, verità pressoché condivise e assolute che producono una morale, che sono creatori di comportamenti, che creano mode, le mode di relazione sociale, sessuali e religiose e più in generale di come si conduce la vita, nel momento in cui c'è la spinta per esempio del commercio all'acquisto, nel momento in cui prevale l'esibizione dei corpi maschili o femminili, c'è tutta una ripetizione di modelli di modelli di vita che sono assolutamente frivoli e qualche volta anche decisamente negativi e non soltanto in campo sessuale. Prima si è detto che finalmente il presidente dei giornalisti lombardi è una donna, io ho sempre qualche difficoltà a riconoscere queste affermazioni, mi sembra che esseri umani siano gli uomini e le donne…
La prima volta che io ho fatto un corso per imparare a parlare in pubblico, un famoso giornalista della Rai ci disse due cose: la prima che uno parla in pubblico se ha qualcosa da dire. Ci disse poi che gli ascoltatori hanno un difetto, quello di esistere con le loro comprensioni, la loro cultura, la loro emotività, i loro riferimenti etici.
Il giornalista secondo me, non deve mettersi in mente di educare nessuno, non è un educatore, però qualcosa che fa bene e qualcosa che fa male c'è e bisogna differenziare. Se andiamo a prendere tutti i giornali che comprano i teenagers, ragazzini e ragazzine, li leggo questi giornaletti, metà sono pornografici e un'altra parte non è pornografica nel senso del corpo esibito, ma dei pensieri che sono vi si trovano. Mi rendo conto che gli editori saranno più malvagi di noi, ma è chiaro che vogliono vendere e fanno riviste che siano vendute, ma un pensiero su che effetto fanno queste notizie, queste immagini, questi ragionamenti su chi legge, è fuori dall'etica dei giornalisti? Non credo. Noi abbiamo dei massacri in vista. Il governo attuale è al massacro, tutti i politici sono al massacro, un po' di preti e un po' di vescovi per via della pedofilia e compagnia bella è al massacro, le donne che occupano intere pagine di giornale… non voglio né fare il moralista, né dire che i giornalisti devono fare gli educatori, però una direzione diversa ci vorrebbe.
Un mio collaboratore esperto di amministrazioni e amministratori, ha specificato come una delle qualità più importante che gli amministratori devono possedere è quella della competenza, della conoscenza dei problemi, della competenza politica, non tanto specifica sui singoli argomenti, a gestire e a produrre poi risultati, scelte amministrative e risultati. Riguardo alla competenza prima il presidente regionale diceva che tutto è veloce, tutto deve essere assolutamente veloce e quindi bisogna imparare una competenza, improvvisare una competenza, be' certo forse qualche volta c'è da improvvisare, ma anzitutto c'è la necessità di essere persone che guardano dentro la realtà per capire cosa è successo; sempre riferendomi al carcere Beccaria, quando arriva un ragazzo in carcere quello che io cerco di capire è da dove viene, qual'è la sua storia e perché ha fatto il gesto che ha fatto, il reato che ha commesso, non do un mio giudizio, buono o cattivo non mi appartiene, devo capire qual'è la storia della persona e il perché dell'atto. C'è sempre un buon motivo per ogni comportamento, a volerlo capire, ad avere anche un senso dell'umanità. L'altro giorno ho rilasciato un'intervista a un quotidiano milanese che paradossalmente chiama sempre me a fare e a dare giudizi morali, e abbiamo affrontato anche il tema dei latin king dato che io in parte conosco per averli incontrati; abbiamo incontrato questi gruppi di ragazzi che sono delinquenziali e abbiamo lavorato affinchè diventassero invece gruppi attivi e propositivi. Tra quelli che abbiamo incontrato ne hanno arrestato uno che 2 o 3 mesi fa aveva ucciso un altro latin king e c'è stato chi ci ha accusato di voler coprire la malvagità. Io credo che una competenza che i giornalisti dovrebbero avere è quella in umanità, per altro la Costituzione italiana prevede che anche quando c'è e s'incrocia un reato, l'atteggiamento battuto sia di trovar una via d'uscita e percorsi riabilitativi. Il tormentone di Erika ed Omar e l'ultima sorprendente decisione della cassazione: non è pentita. Questi mi scippano il mestiere, ma sono io il prete, invece sono loro a dire che non è pentita, ha sorriso perfino giocando a pallavolo! Io allora dico: e meno male che dopo 6 anni ricomincia a sorridere giocando a pallone! Mi piacerebbe tanto che ci fosse nei percorsi giornalistici una riscoperta della scuola, dei servizi, che sono bisogni sempre aperti: quella capacità di guardare a quelli che sono gli elementi costruttori della realtà quotidiana che se fossero più sottolineati e riconosciuti non sarebbe male. E poi i bisogni materiali: la cultura, l'educazione, la partecipazione sociale, la religione e la religiosità, che vede sempre al primo posto tutti i capi, ma poi il vissuto delle persone non è presente. A me ha sorpreso che quando ieri o l'altro ieri, Enzo Bianchi priore di Bose è andato a parlare delle Beatitudini a Bergamo, c'erano 500 posti esauriti ed altrettanti fuori che avrebbero voluto entrare e non sono riusciti. Tutti questi segnali, questo bisogno di pensiero, di spiritualità, di senso, di ricerca etica o religiosa, tutta questa parte non può essere rivalutata? Così come la normalità dei bisogni più materiali, chiamiamoli fondamentali, non può diventare qualcosa dentro cui si guarda un po' di più? È proprio così vero che bisogna mettere donne poco vestite, che bisogna segnalare il grosso criminale?
Io credo che per raccontare i fatti della vita bisogna essere di parte. Nessuno di noi è super partes, ognuno di noi ha una sua interiorità, una sua identità, un suo modo di vedere la realtà, dei suoi riferimenti, se ha dei riferimenti o sennò galleggia come tanti nella confusione. Secondo me in un periodo così confuso dove mancano chiamiamoli profeti, dove l'invasione di notizie manca di pensieri, si fa fatica poi a trovare, ad identificare i fondamenti del nostro pensiero, delle nostre valutazioni, della nostra etica. Oggi più che mai c'è bisogno che chi parla agli altri sappia intanto bene chi è lui e in che cosa crede veramente e qual'è la sua struttura etica di riferimento. Si chiama consapevolezza di sé, si chiama vita interiore, quello che volete, ma credo che questa è una scelta, una disciplina, non avviene naturalmente, avviene se uno sceglie di darsi un pensiero, di riconoscere il suo pensiero. Io lo metterei proprio come un processo difficile e continuamente da rivalutare. Poi forse è giunto il momento, anche perché siamo in questa situazione così che sembra disfarsi, di dirci che una persona da sola non va da nessuna parte, neanche nel pensiero: dobbiamo trovare alleanze, identità collettive, luoghi di confronto e di ricerca comune, più che mai noi che diamo pensiero agli altri, diamo valutazione agli altri, segnaliamo notizie agli altri più che mai, questo io lo metterei come un elemento della deontologia professionale perché noi abbiamo bisogno di sapere chi siamo, su che cosa costruiamo le nostre scelte, il senso che diamo alle cose che facciamo… Se poi lo comunichiamo agli altri, più che mai dobbiamo essere sostenuti da quello che è una comunità che pensa, che riflette sulle sue idee, sulla sua fede, che sia laico o religioso, che comunque sa che il pensiero è il punto di partenza delle cose che dice agli altri. Si può fare io credo, si può far qualcosa di più e meglio. Io sono abituato sempre a finire con una battuta che fa ridere qualcuno, ma vedete di fronte alle cose che vanno male abbiamo l'abitudine a disegnare il dramma come assolutamente universale: qualche volta ci viene di pensare, ed è una sensazione brutta, che o cambia il mondo o non cambia niente, in realtà come c'è scritto anche sulla maglietta che mi hanno regalato: "Dio c'è ma non sei tu, rilassati"… Si può fare anche un pezzo più pulito, più costruttivo, più efficace, più comunicatore di un'etica buona e costruttiva.
Franco Bomprezzi
Io porto a casa questa competenza di umanità come espressione molto forte dell'intervento di don Gino. Credo che per chi fa informazione nel sociale è davvero importante riuscire ancora a stupirsi, a emozionarsi, prendere parte, voler capire di più, scendere dal piedistallo, di sentirsi nel giusto, e invece mettere tutti sé stessi nel fare meglio quello che sappiamo forse fare, ma che non abbiamo mai imparato davvero a fondo, perché fra le competenze c'è davvero quella di essere, come dire, attenti a conoscere nei dettagli, nei contenuti, quello di cui ci si occupa prima di mediare, cioè di essere informatori, giornalisti, mediatori dell'informazione; una competenza di umanità credo che sia una sfida molto forte, perché mette insieme, come dire, la tecnica e la motivazione e senza queste due cose la speranza sicuramente non si può coltivare.
* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.