I Redattore Sociale Milano 29-30 settembre 2006

Città crudele

Apertura dei lavori

Interventi di Franco Bomprezzi, Paola Pastacaldi, Andrea Falessi, Angelo Fasani, Claudio Figini, Ombretta Fortunati, Giovanni Negri, Roberto Speziale, Stefano Trasatti

Franco BOMPREZZI

Franco BOMPREZZI

Giornalista, collabora con Corriere.it e il settimanale Vita, portavoce della Ledha.

ultimo aggiornamento 28 aprile 2011

Angelo FASANI

Angelo FASANI

Presidente di Anffas Milano.

ultimo aggiornamento 28 aprile 2011

Claudio FIGINI

Claudio FIGINI

Presidente del Cnca Lombardia. 

ultimo aggiornamento 05 ottobre 2007

Giovanni NEGRI

Giovanni NEGRI

Segretario dell’Associazione Stampa Lombarda. 

ultimo aggiornamento 05 ottobre 2007

Roberto SPEZIALE

Roberto SPEZIALE

Presidente nazionale dell’Anffas. 

ultimo aggiornamento 05 ottobre 2007

Stefano TRASATTI

Stefano TRASATTI

Responsabile comunicazione di CSVnet, ha fondato e diretto Redattore sociale da febbraio 2001 a marzo 2016 ed ha organizzato dal 1994 al 2016 gli omonimi seminari di formazione per i giornalisti. Ha coordinato i progetti “Parlare civile” (2013) e “Questione d’immagine” (2015), rispettivamente sul linguaggio e le immagini utilizzate dal giornalismo nel racconto dei temi sociali più a rischio di discriminazione.

 

Ombretta FORTUNATI

Ombretta FORTUNATI

Consigliera Provinciale Delegata alla partecipazione e tutela dei diritti delle persone con disabilità. 

ultimo aggiornamento 29 settembre 2006

Franco Bomprezzi

Prendere parte a questo primo seminario di Redattore Sociale a Milano è per me, come per molti che credono da tanti anni nella qualità e nell'importanza dell"informazione sociale nel nostro paese, davvero un momento molto importante di confronto e d'incontro fra operatori dell'informazione, fra giornalisti che, spesso sono come dire, chiamati duramente a spiegare perché vogliono continuare ad occuparsi d'informazione sociale, quando il mondo dell'informazione sembra chiedere altro, o forse neanche il mondo dell'informazione, ma evidentemente il mondo che dietro l'informazione comunque promuove, finanzia l'editoria, la produzione, muove altre logiche, quelle che conosciamo, che sono importanti, che sono doverose, le logiche del mercato, ma all'interno delle quali l'informazione sociale spesso soffre per vari motivi. Un giorno e mezzo per ragionare a Milano è importante perché per l'esperienza che ho, molto modestamente io, come tanti altri che hanno partecipato ai seminari di Redattore Sociale a Capodarco, si sa che la cosa più bella che nasce da questi incontri è una rete di persone che continueranno nel tempo a cercarsi, a confrontarsi. Si crea quella solidarietà professionale che è una delle grandi molle che ha fatto sì che in ogni caso, tra mille difficoltà e in situazioni spesso non facili, l'informazione sociale importante abbia visto dei momenti determinanti come elemento che caratterizza il dialogo fra la società civile e il mondo dei media.

In questa fase iniziale dei nostri lavori chiamo a parlare e portare i saluti: Giovanni Negri, segretario dell'Associazione Stampa Lombarda; Claudio Figini, responsabile della Comunità di Capodarco Lombardia; Angelo Fasani, presidente dell'Anffas di Milano; Roberto Speziale, presidente nazionale dell'Anffas; Ombretta Fortunati, consigliere provinciale di Milano con la delega in particolare alle politiche per la disabilità; Andrea Falessi; Paola Castacaldi e Stefano Trasatti, direttore dell'Agenzia Redattore Sociale di Capodarco di Fermo.

Giovanni Negri

Sono lieto di portare il saluto a nome dei giornalisti della Lombardia che rappresento. L'associazione lombarda dei giornalisti è la più numerosa e la più importante d'Italia e quindi ha anche una grande responsabilità. Leggere l'eccellente presentazione di questo convegno è come ricevere un cazzotto nello stomaco, perché quando si fotografa la realtà si toglie un po' di polvere, si deve vedere ciò che spesso noi non vogliamo vedere, perché fa comodo così, d'altronde il non vedere accompagna anche la nostra vita. E' evidente che i temi sociali nel mondo del giornalismo sono insufficienti. 

Ci sono degli esempi illustri. Ricordo le inchieste su via Bianchi, laddove si è bonificato un intero quartiere mentre ieri a UnoMattina ci sono stati dei servizi sul degrado delle periferie in 6 città importanti del nostro Paese. A volte però bisogna fare i conti con una realtà altra. Permettetemi di portare un esempio personale, modesto ma significativo: io ho avuto la fortuna nella mia carriera giornalistica, di lavorare in un settimanale notissimo a larghissima diffusione. Un giorno col direttore concordammo di occuparci del sociale, di occuparci del disabile, della solitudine degli anziani, della situazione di degrado e mi diede una pagina, si dice così nel gergo. Dopo qualche mese con mia grande soddisfazione, le pagine diventarono due, ma capivo che c'era qualcosa che non funzionava, che non andava e devo dire che quel direttore riuscì a reggere e poi riuscii anch'io a capire. Le pagine diventarono due perché nel mondo pubblicitario la pagina di destra costa molto di più e quindi l'inserzionista pubblicitario era infastidito nel collocare la sua pagina di pubblicità a fianco dei miei pezzi. Riuscimmo a reggere un anno e mezzo e poi la rubrica fu tolta. Questa è la mia esperienza personale, che però devo dire, mi ha arricchito profondamente.

Io oggi ho tutti i motivi per essere polemico con gli editori. Sapete che è oltre un anno e mezzo che siamo senza contratto nazionale e oggi cominciano gli scioperi nei quotidiani, poi ci saranno agenzie, televisioni, ma voglio staccarmi da questo momento di forte tensione. Io credo che gli editori basano la loro linea editoriale agli ascolti, alla pubblicità, ci sono interessi e dinamiche che vanno oltre il ruolo dei giornalisti, ma io sono convinto che un editore debba preoccuparsi di fare in modo che ci si occupi del sociale prescindendo dalla pubblicità, dagli ascolti, dalle copie vendute. Il giornalista deve essere preparato comunque, ma una preparazione ulteriore legata anche alla sua sensibilità, al suo modo di essere giornalista. Non è un ruolo semplice. Alcune redazioni ricevono circa 7 mila notizie al giorno, per fare il telegiornale o un quotidiano ne usano 20/30, il resto viene buttato, e a volte la notizia, la realtà, sta proprio in quello che buttiamo nel cestino. Dunque arrivano una massa di notizie in redazione e a volte c'è la sensazione di essere schiavi delle notizie e non protagonisti e io credo che bisogna evitare di essere travolti e uscire dalla centrifuga di questo bombardamento, altrimenti paradossalmente ha ragione Samuel Beckett quando diceva: è successo tutto senza di me!

Vorrei concludere questi brevi saluti ricordando un grande giornalista: Walter Tobagi. Quest'anno al circolo della stampa abbiamo presentato gli atti di un convegno in occasione dei 25 anni del suo omicidio. Io ho conosciuto Walter, cattolico, socialista, profondo conoscitore del sociale, aveva un motto semplice ma impegnativo: "voler capire per poter spiegare". Io credo che questa sia un po' la questione, anche il filo conduttore che deve ispirare un giornalista, un giovane giornalista, ossia il battersi per l'inchiesta, battersi per la qualità e il sociale è grande qualità. Io sono convinto che il sociale abbia un ruolo, però molto spesso ce ne occupiamo quando accade il dramma, mentre il ruolo del giornalista è quello di fare inchiesta, far emergere ciò che non funziona, ciò che non va. Sono un po' abbacchiato sì ma anche fiducioso, perché il materiale c'è, la sensibilità c'è, si tratta di espanderla. Il mondo della pubblicità, il mondo dell'imprenditoria, il mondo dell'editoria si devono far carico di tutto ciò e insisto ancora nel dire che non bisogna guardare solo le copie vendute e gli introiti della pubblicità. Io credo che con tenacia, con pazienza, con determinazione forse potremmo riuscire un giorno a cancellare o perlomeno a sbanchettare quell'aggettivo che dà il titolo a questa manifestazione. Vi ringrazio e buon lavoro.

Franco Bomprezzi

Proseguiamo con Claudio Figini, responsabile delle Comunità di Capodarco del Cnca qui in Lombardia.

Claudio Figini

Il titolo di queste giornate ci presenta Milano come una città crudele. Milano è una città dove si parla e si ascolta poco e per questo ti lascia solo e ha senso sollevare appunto questo punto di vista che vuole presentare la parola detta, la parola responsabile, la parola in quanto tale come elemento specifico del nostro essere uomini. Noi del Coordinamento Nazionale delle Comunità di Accoglienza, lo dico incrociando le dita e con umiltà, abbiamo l'obiettivo di mantenere la nostra posizione e il nostro punto di vista nel fatto che lavoriamo e viviamo a fianco alle persone che vivono esperienze di marginalità e di sofferenza all'interno della nostra città. Il nostro augurio è quello di riuscire a mantenere sempre anche la capacità di guardare la vita da questa posizione. E' per questo che da alcuni anni il Coordinamento Nazionale, soprattutto con la collaborazione della Comunità di Capodarco che è l'ambiente in cui questa sensibilità si è espressa poi nei seminari in maniera prioritaria, ha cercato di costruire un canale di comunicazioni tra il nostro mondo e quello di coloro che come voi si occupano di informazione, di giornalismo, di comunicazione di massa, così come viene detta. La speranza è quella che probabilmente anima più voi che noi, come è stato espresso in maniera chiara dal moderatore, cioè che sia possibile un modo di fare giornalismo che non sia schiavo dei meccanismi del mercato dell'informazione.

In questi anni sono stati fatti, secondo il nostro parziale punto di vista dei passi in avanti, ci sono esperienze significative, ma sono rimaste anche loro marginali tentativi di dare visibilità ai problemi sociali, mi riferisco anche all'Agenzia Stampa Redattore Sociale, mi riferisco anche a dei giornali, a delle testate come "Terra di mezzo", che sono organizzatori con noi di questo evento. Questa speranza rimane ma per noi si fa strada anche un altro obiettivo: ci stiamo rendendo conto, forse grazie anche alla contaminazione avuta in questi anni, di come anche per noi sia importante riuscire a comunicare alla città il nostro punto di vista, il nostro modo di guardare le situazioni e la vita in maniera più profonda. Ci siamo resi conto che i nostri linguaggi spesso sono incomprensibili alla maggior parte delle persone e che quello che facciamo e/o diciamo resta inascoltato, non solo perché non ci sono orecchie che ci vogliono sentire, ma anche perché noi non siamo capaci di dire le cose nel modo giusto. La speranza adesso è dunque duplice. Ci auspichiamo che la comunicazione che la rete, come ha detto Bomprezzi all'inizio, che si crea tra di noi in questi eventi, possa essere anche per noi un aiuto ad imparare, a raccontare noi stessi le storie, a raccontare noi stessi certi meccanismi che viviamo ogni giorno; è il modo da poter essere ascoltati da tutti e non solo da quei pochi con cui di solito parliamo. Finisco ringraziandovi per aver deciso di investire, io preferisco dire di donare, un giorno e mezzo del vostro lavoro, della vostra vita per creare maggiori competenze e maggiori convinzioni su queste questioni, perché appunto penso, come ho detto all'inizio, che se Milano sarà una città meno crudele, lo sarà anche grazie al vostro modo di raccontare la vita che vive. Grazie.

Franco Bomprezzi

Grazie a Claudio Figini. Passo la parola adesso ad Angelo Fasani, presidente della Anffas di Milano, che ha voluto fortemente questo incontro.

Angelo Fasani

Nel portarvi i saluti della nostra associazione, vorrei condividere con voi il percorso che abbiamo fatto per arrivare a questo seminario. All'origine ci sono due elementi importanti. Il primo risale al 2003, l'anno in cui si svolse a Milano la sesta sessione del tribunale dei diritti dei disabili. Qui faccio un brevissimo accenno a questa iniziativa, si tratta di un sodalizio tra l'Anffas nazionale e la nazionale magistrati ed è un tribunale virtuale che affronta vere situazioni poste dalle persone con disabilità e dalle loro famiglie, le esamina ed emette diciamo "delle sentenze", ma in realtà sono pareri giuridici, ma pareri giuridici importanti, che possono fare giurisprudenza, che sono dati da magistrati. Quella fu un'occasione in cui constatammo che erano possibili dei momenti di collaborazione, di contatto, di confronto tra la realtà sociale e la stampa. In quell'occasione, in particolare la responsabile del nostro ufficio stampa Rossella Collina, si accorse quanto fosse possibile lavorare, coinvolgere: il desiderio di capire, di approfondire, di entrare di più nel vivo dei problemi c'era e se si dava spazio a questo desiderio era possibile aprire un dialogo che riusciva a superare quell'atteggiamento un po' superficiale, oppure quell'approccio assolutamente che non possiamo condividere legato semplicemente ai fatti di cronaca. La partecipazione, anche dal punto di vista numerico a quell'evento della stampa e della televisione fu notevole. Dopo la presentazione dei pareri sui casi presentati, ci fu un incontro coi giornalisti di quasi due ore, per esaminare, per entrare nel vivo di quei pareri. Comunque chi volesse avere un'idea dell'entità e dell'importanza di quell'incontro, per noi molto significativo, abbiamo una rassegna stampa multimediale piuttosto nutrita. Tutto ciò ci ha fatto capire che ci sono momenti in cui veramente è possibile che il sociale incontri gli operatori dei media in maniera veramente costruttiva, che poi lascia delle tracce, perché poi gli anni successivi ci sono stati alti momenti di collegamento partiti da lì.

Il secondo elemento importante che ci ha portato in questa direzione, era la conoscenza della splendida esperienza del Seminario per Giornalisti, organizzato da Redattore Sociale, che si svolge ogni anno a Capodarco. Questi due elementi fecero nascere in noi, a cominciare dai due giornalisti Angelo Perrino e Franco Bomprezzi, la convinzione che era possibile proporre un seminario simile anche a Milano. Lo abbiamo quindi proposto. I promotori che trovate qui nella locandina ci hanno creduto e quindi l'iniziativa è partita, eccoci qui. Buon lavoro a tutti.

Franco Bomprezzi

Grazie Angelo. La memoria di un percorso è importante per capire l'evoluzione, le cose non nascono mai dal nulla. La parola adesso a Roberto Speziale presidente nazionale dell'Anffas.

Roberto Speziale

Assolvo con piacere al compito di portare il saluto di Anffas nazionale. L'Anffas nazionale affida a questo evento un compito importante, quello di creare un'ulteriore occasione di confronto e d'incontro. Questo evento assume le dimensioni d'interesse di un evento di interesse nazionale, che travalica certamente il contesto locale e regionale, se io volessi mutuare il titolo potrei dire: Italia città crudele, Europa crudele, Occidente crudele e se fosse così dovrei dire forse progresso crudele. Il mio compito è fare forti provocazioni, perché debbo interrogare il mondo dell'informazione su perché oggi la nostra società, la società dell'integrazione, la società civile, produce forti elementi di discriminazione, di emarginazione… Evidentemente la ricetta non è il tornare indietro rispetto al progresso. Probabilmente noi ci dobbiamo interrogare su quali sono le nuove frontiere, per creare un contesto sociale che invece diventi un contesto inclusivo, in cui tutti vengano considerati persone, in cui tutti abbiano pari opportunità e quindi non vengano discriminati per le loro condizioni di salute, di condizione, di genere, o quant'altro. Voglio fare un primo esempio. A questo tavolo c'è Franco Bomprezzi, amico di mille battaglie all'interno della federazione della FISH - Federazione Italiana Superamento Handicap - in questi giorni ancora più in campo e in primo piano preoccupati anche di quanto sta emergendo nella composizione della legge finanziaria. Nel caso di Franco Bomprezzi viene facile pensare che sia davvero una persona che facendo giornalismo si occupi di disabilità, perché è esso stesso disabile. Ma io non guardo a Franco Bomprezzi giornalista disabile che soffre di disabilità, guardo a Franco Bomprezzi giornalista che si occupa di giornalismo e così mi piace. E allora cosa dobbiamo costruire insieme?

In questi giorni, dopo 17 anni, la commissione ha completato all'Onu il documento che sancisce i diritti umani e civili delle persone con disabilità, un lavoro cominciato da 17 anni, fra l'altro da una mamma Anffas, oggi componente dell'alta corte, la Signora Maria Rita Sauli, che ho sentito ieri ed era entusiasta di questo traguardo. Un documento a cui l'Italia ha partecipato in modo straordinario. La Fish, la federazione a cui Anffas aderisce e che rappresenta un movimento delle persone con disabilità in Italia, ha dato un contributo straordinario, Giampiero Griffo vi è impegnato da sempre. Ebbene il mondo dell'informazione in Italia non ha dedicato a questo evento nessuno spazio o al massimo spazi talmente minimali, è passato quasi in sordina. E allora qualcosa non funziona, qualcosa che non va evidentemente c'è. La seconda condizione epocale, oltre la convenzione Onu sui diritti umani e civili delle persone con disabilità, è la nuova definizione dell'organizzazione mondiale della sanità sul concetto di disabilità. La disabilità è una condizione di salute in un ambiente sfavorevole; questo dice la convenzione, l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Guardate introduce un concetto di straordinaria portata, significa che è il contesto sociale che va modificato, che deve diventare inclusivo ed accogliente e non la condizione di disabilità che determina le condizioni di discriminazione, di non pari opportunità. Se oggi chiedessi al mondo dell'informazione come si comunica ad un contesto sociale questo nuovo concetto, noi come associazione, pur attenti, pur preparati non riusciamo a sfondare in quella direzione. È compito del mondo dell'informazione interrogarsi oggi su che cosa significa pari opportunità, non discriminazione, inclusione sociale e torno a dire inclusione sociale come avanzamento del concetto di superamento della società dell'integrazione. La nostra società dell'integrazione è una società civile avanzata che ha le sue regole, che ha i suoi modi di funzionamento, chi non ce la fa è discriminato, è emarginato. La società dell'inclusione è quella società che si riorganizza, che si riposiziona, che si ripensa, che si rimette in gioco, affinché tutti quanti a prescindere appunto dalla propria condizione di salute e quant'altro, abbiano pari opportunità e quindi non vengano discriminati. Se questo è il concetto, questo significa che noi siamo all'inizio di una nuova era in cui dobbiamo modificare il nostro modo di funzionamento della società, mettendo al centro la persona, mettendo al centro l'umanità, l'uomo, creando una società di fratelli, di fratellanza nell'accezione francese egalité, fraternité. Dobbiamo ripensare un forte messaggio che vada in questa direzione altrimenti nulla accadrà. Dobbiamo credere fino in fondo che qualcosa va modificato, superando la società del consumo, la società dell'apparenza, la società dell'apparire a cui ormai è ostaggio anche il mondo dell'informazione; prima ho sentito dire che oggi nel mondo dell'informazione passa ciò che fa vendere e che la disabilità non fa vendere. La disabilità viene spesso rappresentata o con atteggiamento pietistico e noi tutto vogliamo tranne che pietà, o semplicemente rappresentandola come una condizione.

Le persone con disabilità spesso vivono le condizioni di nuove povertà, in una società che tutto fa tranne che prenderle in carico, lasciando tutto alla famiglia. L'Osservatorio dell'Anffas ha calcolato che ci sono 15 mila famiglie con a carico persone con disabilità, 230 associazioni in Italia, 1000 centri e siamo, come dire, soggetti attivi della rete associativa. Per fare tutto questo è necessario che fra la rete associativa e il mondo dell'informazione intanto ci sia un linguaggio condiviso. Non possiamo fare comunicazione se non abbiamo le parole chiave condivise, non abbiamo i concetti base da comunicare. L'Anffas 4 anni fa ha prodotto per la Rai il Codice sulla disabilità, proprio per garantire al mondo dell'informazione un luogo dove potersi "abbeverare" alla fonte del sapere, quindi se un giornalista deve trattare ad esempio un caso che implica una persona con la sindrome di down vi fa ricorso per meglio assolvere il proprio ruolo di comunicatore. In questo codice ci sono le parole chiave sulla disabilità e la spiegazione dei concetti anche più avanzati, però lo abbiamo dovuto abbandonare, cioè non l'abbiamo più mantenuto, perché creare strumenti da nessuno utilizzati, dai più sconosciuti, non serve; possiamo sempre riprenderlo se questo è il terreno di lavoro.

Non intendiamo criticare o scaricare sul mondo dell'informazione tutte le responsabilità, crediamo che anche il mondo dell'associazionismo deve imparare a comunicare meglio. Noi ci stiamo strutturando, abbiamo creato in sede nazionale un ufficio stampa e comunicazione. Ma state attenti, noi non vogliamo un'informazione che passi sulle pagine dedicate o di nicchia sulla televisione, noi vogliamo stare sull'informazione di tutti, noi vogliamo che la disabilità raggiunga l'obiettivo di essere considerata condizione di normalità. Non capisco perché una mamma che ha un bambino e vuole trovare risposte per subito dopo o prima della nascita magari compra Donna Moderna o altro e una mamma con un bambino con disabilità viene ulteriormente discriminata perché lì la disabilità non trova mai accoglienza, non trova mai spazi. Sarebbe fortemente interessante cominciare a pensare anche a un'informazione per la disabilità, a un'informazione nuova, moderna, attenta, che abbia come un'idea di base forte, che è una base inclusiva non discriminante, ma che sia un'informazione di tutti, per tutti, che sia una condizione in cui le persone con disabilità e i loro genitori e familiari possano immaginare di vivere in una società che non li considera altri, che non li discrimina, che non li relega a un ruolo di semplici poveretti, di poveri sfigati che vanno semplicemente compatiti, in qualche caso difficilmente sopportati. Grazie.

Franco Bomprezzi

Grazie a Roberto Speziale, ci hai dato molti spunti, vedrai che questi giorni su questi temi e su altri il lavoro sarà molto pressante. Passo la parola ad Ombretta Fortunati, consigliere della provincia di Milano. La provincia di Milano è fra i patrocinatori, assieme al comune di Milano, alla regione Lombardia e alla Ledha, la Lega per i diritti degli handicappati.  

Ombretta Fortunati

Io intanto vi ringrazio per avermi invitato e porto i saluti del presidente Penati e della provincia di Milano. Sono saluti e auguri di buon lavoro veramente non formali perché ritengo che questo convegno che come si è detto fa parte di un percorso precedente e vuole essere auspicio per un percorso ancora più ampio che si metterà in atto... è particolarmente importante fin dalle prime battute. Credo che tutti noi al di là del lavoro che ciascuno fa, l'istituzione, l'associazione, i giornalisti, si trovino davvero nella quotidianità di una vita difficile, di una vita dove c'è una forbice: da un lato l'immagine, l'apparire di una città così opulenta, ricca, che dà tanto, dove si trova tutto e dove non ti dovrebbe mancare niente e la realtà che vediamo, ma non perché vogliamo leggerla sui libri, ma perché la vediamo tutti i giorni nella nostra quotidianità. Quando parliamo di convivenza parliamo delle nostre difficoltà di ragionare, di parlare, di muoverci, d'interloquire in questa realtà, in questa città, in questo territorio dove c'è tanto… Io mi occupo in particolare appunto di disabili, ma c'è tantissimo sul territorio, c'è tanta passione e volontà di cambiare le cose; allo stesso tempo però c'è quasi come una forma di chiusura, il cerchio si chiude e tutte le grandi cose che si fanno e che non passano. Nella nostra vita quotidiana c'è l'isolamento di ciascuno a partire dall'autobus, quando si riesce a salire sull'autobus, nei posti di lavoro, ecc, ognuno è isolato con sé stesso con in realtà una grande voglia di comunicare; ci sentiamo questa voglia di dirci delle cose. Quindi credo che da questo punto di vista la comunicazione e soprattutto il suo attore principale ossia il giornalista, hanno un grandissimo compito, che dovrebbe essere un po' quello di unire e non di dividere, quindi usando una comunicazione che in qualche modo richiami la persona e non le categorie. Solo mettendo al centro la persona con i suoi diritti, si ribalta il pietismo e l'informazione specialistica che tutti gli altri non vedono. In tutto ciò anche l'istituzione ha un grande ruolo: deve saper cogliere, valorizzare le grandi tematiche che vengono avanti mentre noi siamo ancora molto indietro nel percepire questa grande ricchezza di passioni, volontà di cambiamento. Dovremmo affrontare questa sfida in maniera un po' meno istituzionale, cioè nel senso canonico del termine, e trovare invece quella rete di relazioni che si diceva e attraverso quella produrre dei percorsi di cambiamento.

Franco Bomprezzi

Passo la parola adesso per i saluti ad Andrea Falessi di Enel Cuore che sta attualmente seguendo un progetto a cui tiene in modo particolare.

Andrea Falessi

Buongiorno a tutti, grazie agli organizzatori di questa iniziativa, grazie all'Anffas per averci dato la possibilità di presentarci. Noi siamo qua per un motivo specifico. Collaboriamo con l'Anffas di Milano per un progetto che riteniamo molto valido, molto interessante, la City Farm, la fattoria didattica che sorgerà all'interno di una cascina. Abbiamo colto volentieri questa occasione per venire a parlare di noi, non per fare del marketing di Enel Cuore, ma per cercare di proporre spunti che siano utili anche per il tema che viene affrontato oggi.

L'Enel ha sempre attuato interventi d'interesse per quanto riguarda il sociale e dal 2003  è stato deciso di includere l'attività meno strutturata che veniva comunque fatta sul sociale all'interno di un processo complessivo di responsabilità dell'azienda, che si articola sui pilastri di responsabilità economica, ambientale e sociale e all'interno di una di queste tre gambe è nata Enel Cuore, una onlus che ha delle finalità statutarie ben precise: ha una dotazione di fondi abbastanza importante con cui si cercano di portare avanti dei progetti che abbiano un senso in un contesto di forte trasparenza e ne abbiamo già avviati anche di molto importanti secondo una logica per cui il 60% delle risorse viene destinato a progetti di grande portata nazionale e il 40% circa invece a progetti magari minori, che però ovviamente hanno una valenza forte per le realtà locali su cui vanno ad incidere. Abbiamo cominciato un'attività anche a livello internazionale, che ovviamente è legata alla presenza industriale dell'azienda in mercati diversi: in Europa dell'est dove la mappa dei bisogni che abbiamo incontrato nell'attività specifica di Enel Cuore è piuttosto densa, in America centrale e in sud America ma ovviamente il grosso dell'attività si svolge ancora in Italia.

Volevo provare a fornire un contributo al dibattito dei lavori di oggi. Noi abbiamo notato nella nostra attività che non è sempre facile trovare progetti di qualità, soprattutto quando si parla di progetti su grandissima scala e su scala nazionale, l'Anffas in questo caso è senz'altro un'eccezione;  abbiamo notato che la destinazione delle nostre erogazioni è molto orientata verso il centro nord, la destinazione prevalente dei nostri interventi, dei nostri progetti è appunto su città come Milano, Bologna, in regioni come la Lombardia, la Toscana, mentre su realtà che per altro manifestano delle evidenti esigenze di evidenti bisogni, si riesce con una certa difficoltà ad incidere, a trovare dei partner. Il gap di possibilità d'intervento che abbiamo tra aree regionali, tra città del nord e del sud è drammatico. Ed è qui forse che vorrei fornire come contributo alla giornata di oggi. Credo che su questo terreno il lavoro dei giornalisti, il lavoro dei media, possa essere importante. Lo stimolo verso l'azienda, verso le realtà che hanno risorse, decidono e che vogliono destinare risorse a questo genere di interventi, è molto importante; d'altro canto il mettere in contatto, stimolare le realtà locali, le associazioni con realtà importanti, affinché si conoscano i due mondi che sono spesso molto distanti dalle imprese, dalle aziende, sia esso di scala nazionale, ma anche locale, è un lavoro che secondo me può essere agevolato e facilitato dal vostro intervento. Credo che qui ci sia molto da fare e credo che la collaborazione, ovviamente nel rispetto assoluto dei ruoli che ciascuno di noi ha, possa essere fruttuosa. C'è bisogno di una forte spinta anche di carattere informativo, di un forte stimolo che sicuramente può venire dallo scrutinio della stampa, dei media, per orientare sia il nostro lavoro, sia le energie dell'associazionismo, verso realtà che continuano ad essere più svantaggiate, dove la città, la regione o la provincia è più crudele di quanto sia Milano.

Franco Bomprezzi

Continuiamo con i saluti di due giornalisti: Paola Castacaldi, consigliere dell'ordine dei giornalisti di Milano e Stefano Trasatti, direttore dell'Agenzia Redattore Sociale di Fermo.

Paola Pastacaldi

Ho piacere di essere qui, anche se di fatto sono in rappresentanza del dott. Franco Abruzzo, presidente dell'ordine dei giornalisti della Lombardia. Vorrei dire che sono tempi estremamente difficili anche per noi, i giornalisti che sono nelle redazioni lo sanno, fare i giornalisti oggi è una fatica enorme, in quanto mantenere il rispetto delle regole deontologiche è sempre, sempre più difficile. Questo significa in termini che siano inerenti al tema che trattiamo in questo convegno, anche difficoltà nei contenuti, cioè difficoltà a rispettare quelle che sono le problematiche della città. Vorrei in questo senso ricordare che il giornalista è di per sé un redattore sociale, cioè il giornalista dovrebbe di fatto occuparsi di tematiche che sono quelle legate anche alle minoranze, anche alle situazioni difficili, anche a come la città affronta la sua evoluzione, il suo cambiamento nei rapporti con gli altri. Purtroppo fare il lavoro in questi termini, che sono i termini dell'identità profonda del giornalista, è diventato una specie di guerra, perché purtroppo dominanti nei giornali stanno diventando i prodotti. Non vi dico nulla di nuovo dicendovi questo e quindi immaginate cosa significa poter parlare della sofferenza delle persone emarginate, delle situazioni che hanno dei risvolti sociali, quando gli interessi degli editori, purtroppo lo dobbiamo sottolineare, sono concentrati solo sulla pubblicità. Ho molto piacere di essere in questo convegno, anche per vedere sottolineato da chi lavora in questo campo, quali sono i problemi oggi nel dettaglio, perché solo avendo una grande vigilanza, una grande attenzione nel nostro lavoro, possiamo pensare di portare nei giornali queste tematiche e ripeto, portarle significa fare quasi una guerra. Io non voglio rubarvi altro tempo, se ci sarà occasione interverrò ancora volentieri, in quanto insegno anche analisi critica della stampa, combatto personalmente da anni anche su questo fronte, per insegnare ai ragazzi ad avere uno spirito critico. Soltanto avendo uno spirito critico si può approdare a certe notizie, altrimenti sono definitivamente escluse dai giornali. Grazie.

Franco Bomprezzi

Grazie per questo contributo e per questa idea che ogni giornalista è un giornalista sociale, mi sembra esatta, perfetta naturalmente poi bisogna farlo e questo è un altro problema. Credo che ci sia un altro requisito oltre ad essere critici, ossia essere curiosi, molto semplicemente curiosi della realtà. Una delle cose per cui si diventa giornalisti è perché ci continuiamo sempre a domandare perché. Quando ci si smette di domandare perché finisce una parte del nostro mestiere. Con questa assist passo la parola a Stefano Trasatti, direttore di Redattore Sociale.

Stefano Trasatti

Buongiorno a tutti. Buongiorno alle facce note che in questi anni abbiamo incrociato a Capodarco e a chi non abbiamo incontrato, ma che insomma entrano a far parte di questo "circolo". Questa serie di saluti molto solenne ci voleva perché è un momento importante, non è un'edizione locale di Redattore Sociale, ma un Redattore Sociale che raddoppia in una nuova sede. Quando abbiamo iniziato nel 1994 nella Comunità di Capodarco nelle Marche, non pensavamo assolutamente che si potessero replicare tante edizioni di questa iniziativa ed invece è successo. È successo in modo molto naturale, non c'è stata una grande preparazione, ci si è trovati subito con l'Anffas che ha capito la prima cosa fondamentale, cioè di organizzare l'evento in un bel posto, in un posto significativo che da solo costituisce una bella fetta di tutto quest'impegno. Molti mi chiedono: "ma come fate a far venire tutti questi giornalisti, noi non riusciamo a spostarli…" ecco, si fa così… qui ci sono 180 iscritti che più o meno il numero delle persone che viene a Capodarco ogni anno. Un grazie particolare all'Anffas, al Cnca, a tutti i partner; un grazie in particolare a Rossella Collina, in cui rivedo me stesso quando si organizza il seminario a Capodarco. Domani sera Rossella avrà il down e si rilasserà.

Io non conoscevo Paola Pastacaldi, conosco il dottor Abruzzo e so come la pensa, sono contento che lei parli questa lingua, che sia entrata subito nella lunghezza d'onda, è molto importante questo per la "categoria" dei giornalisti. L'obiettivo di tutto questo sforzo, di questo lavoro, di questo impegno, non è avere semplicemente più sociale nell'informazione, perché poi andiamo nell'astratto, nel banale, bensì avere un'informazione più sociale, che è un po' diverso e che è anche una sfida, perché significa tornare un po' al valore oggettivo della notizia, non al valore aberrato della notizia, allora avremo molte sorprese e stasera ci chiederemo dov'è allora questa notizia?!? È ripensare un po' alla gerarchia delle cose che vanno in pagina e nei telegiornali. Non se ne può più di queste pagine inutili e assolutamente offensive sulla politica, sul palazzo, sul parlamento, sui vestiti, sul tailleur, sulla scollatura della sottosegretaria alla giustizia…

Franco Bomprezzi

Grazie Stefano e adesso entriamo nel vivo del nostro incontro. Passo la parola a Steven, un ragazzo che ci farà compagnia in questi giorni.

Steven

Buongiorno a tutti mi chiamo Steven, sono un allievo iscritto alla formazione professionale dell'Anffas, sono contento che avete scelto la nostra scuola per parlare dei problemi che ci riguardano da vicino. Noi stiamo cercando di dare il meglio organizzando il servizio con il catering, con i nostri professori e i volontari. Spero che voi riusciate a fare il vostro lavoro come lo stiamo facendo noi. Vi ringrazio da parte dei miei compagni, dei miei professori, grazie.

Franco Bomprezzi

Complimenti, grande capacità di sintesi, messaggio efficace, grazie.

* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.