Può la penna del giornalista di oggi scrivere efficacemente (correttamente) sui temi del disagio e della marginalita' pur nel sistema del giornalismo veloce? Un giornalismo che non ha tempo di controllare, che ha paura di fonti inconsuete e che abusa di quelle prefabbricate. Un giornalismo che divide la società in categorie, ma fa fatica a fermarsi per conoscere le persone.
Può l"operatore sociale di oggi intervenire efficacemente su questi problemi (lasciare un segno) anche se schiacciato sulle emergenze ? Un sistema di welfare che torna a chiedere risposte veloci ed assistenziali, dimenticando che la dignità della persona è possibile solo se è considerata portatrice di diritti. Un sistema che risente di una percezione sociale di forte insicurezza e che dunque chiede più forze dell'ordine, piuttosto che solidarietà diffuse.
Come può il cittadino dare un senso alla propria vita se si sente così confuso circa il presente ed insicuro verso il futuro ? Diventa improbabile che l'adulto di oggi possa lasciare una traccia di sé negli altri, se la percezione di inadeguatezza personale e professionale è così esplosiva e diffusa.
Di fronte ad una realtà che cambia in maniera decisiva, ma spesso in modo impercettibile, rimane da una parte il problema di saper leggere i bisogni reali della gente. Dall'altra è sempre più necessario saper incidere sulle cause che producono sofferenza ed emarginazione, per non diventare tutti - anche gli operatori sociali e dell'informazione - funzionali alle dominanti logiche di esclusione sociale.