II Redattore Sociale Trento 2 giugno 2000

Profeti di paura?

"Il funzionamento dei media a livello locale" Fonti, agenzie, redazioni

Intervento di Gianni Faustini

 

Gianni Faustini, ordine Regionale dei Giornalisti*

Le fonti nei manuali di giornalismo sono divise in due categorie: le fonti ufficiali e le fonti personali. Le fonti personali sono i rapporti con singole persone basati sulla conoscenza, sull'amicizia, a volte sulla base di un co-interesse, ad esempio nei rapporti con la magistratura, specie con la pubblica accusa; si sostiene da più parti che ci sia stato una specie di do ut des, io ti do alcune informazioni, tu in cambio mi metti la foto sui giornali. Sicuramente c"era una connivenza incestuosa tra alcune procure e taluni organi di informazione.
Le fonti ufficiali sono quelle classiche: la questura, gli ospedali, il comune, la regione, la provincia ecc. Questo in verità fino a stamattina; ora sta arrivando Internet, con tutta una serie di problemi nuovi. Si calcola che già oggi in rete ci siano circa diecimila fonti rintracciabili. Il problema cambia così enormemente, è una rivoluzione rispetto a quel che accadeva ieri, perché selezionare, censire, star dietro a diecimila fonti che sono in rete richiede competenze nuove ben diverse da quelle del giornalista tradizionale, tanto è vero che si parla di un redattore-ingegnere, di un redattore-ingegnere-navigatore, non più di un cronista. Già il cambio dei termini indica che sta succedendo qualcosa, e di difficile definizione. La rivista dei problemi dell'informazione scrive che per selezionare tutte queste informazioni con un certo criterio bisognerà far ricorso a dispositivi di intelligenza artificiale, che consentano, nell"arco del breve tempo a disposizione del giornalista, di selezionare questa massa enorme di fonti. In ogni caso sta diventando determinante, in questo nuovo scenario della professione, più l'atto della navigazione che non la valutazione critica. Si crede, o almeno si spera, che succeda quel che è successo per le altre forme di informazione, che pian piano si affermeranno quelle che hanno la serietà e l'attrezzatura per fornire un prodotto garantito, che solo alcune fonti avranno una specie di marchio di garanzia; questo sostanzialmente coinciderà con quello che succede oggi nelle grandi agenzie di informazioni. Per restare nel campo tradizionale, un utile strumento di consultazione è l'agenda del giornalista, in cui troviamo, sotto le fonti di informazione, i servizi stampa e comunicazione della Commissione Europea, la rappresentanza italiana, i gruppi politici, la banca centrale europea, la banca degli investimenti. Per quel che riguarda le istituzioni italiane troviamo il Senato, la Camera, i ministeri, cioè tutta una serie di uffici stampa. Per quel che riguarda gli organi di stampa locale, c'è un utile manualetto stampato annualmente dall'ufficio stampa della Provincia Autonoma di Bolzano che può essere richiesto e viene inviato gratuitamente dall'ufficio stampa della provincia di Bolzano. Sono indicati non solo gli organi di informazione, ma anche gli uffici stampa del Trentino, dell'Alto Adige e del Tirolo, tutti i giornali, periodici, radio e televisioni, i corrispondenti dei giornali nazionali, le agenzie.
Fra l'altro la realtà degli uffici stampa è in forte evoluzione, dieci anni fa non esisteva, oggi sono molto strutturati, ad es. la Provincia Autonoma di Trento ha una decina di giornalisti, tra i quali sono compresi in verità gli addetti all'Azienda di Promozione Turistica. Tra l'altro adesso è stata approvata in via definitiva dal Senato una legge che regolamenta tutto il settore e istituisce, accanto agli uffici per le relazioni pubbliche URP, gli uffici stampa che sono distinti dalla funzione del portavoce. L'ufficio stampa è un servizio dell'ente pubblico a disposizione del cittadino. Il portavoce legittimamente fa da portavoce al sindaco, al ministro di turno. Ha cioè una funzione più politica, quindi lavora anche in funzione di aumentare il consenso a favore del datore di lavoro, mentre l'ufficio stampa dovrebbe essere chi fa da tramite fra il cittadino e l'ente pubblico, però impersonando il pubblico, deve essere per definizione imparziale. Anche questa è una realtà tutta da costruire, con interessanti possibilità di lavoro in futuro, e non sempre l'amministrazione pubblica capisce queste cose. Ad esempio l'assessore Andreatta ci ha spiegato che occorre chiarezza, mentre il Comune di Trento ha un buon Ufficio Relazioni Pubbliche, ma un pasticcio come ufficio stampa: ha un dipendente fisso che cura il periodico del comune e poi una serie di precari che rappresentano un sistema a legame viscerale con il datore di lavoro, che obbliga a fare quel che a lui interessa.

Nella realtà del Trentino la regione, il comune, la provincia e tutte le grandi lobby, l'ufficio Commercio e Turismo, hanno un ufficio stampa, i sindacati pure. Tutto ciò porta a delle distorsioni perché tutti questi enti che sono in grado di dotarsi di uffici stampa professionalizzati son capaci di far arrivare agli organi di informazione messaggi pronti per il consumo (numero delle righe, dischetti, posta elettronica…) e questi spesso prendono il comunicato così come è e lo mandano immediatamente sul giornale. Inoltre questi uffici stampa professionali hanno conoscenze personali con le singole redazioni a cui si aggiunge la forte capacità di pressione degli enti menzionati. Così chi ha già voce finisce per averne sempre di più, viceversa chi si affida al volontariato e all'improvvisazione, ottiene dei comunicati che singolarmente vengono ritenuti validi, ma che statisticamente, nella maggior parte dei casi, finiscono nel cestino. Questa distorsione riguarda tutto il sistema sociale perché le lobby hanno influenza non solo sui giornali ma anche sulla vita amministrativa ecc.
Il compito degli operatori del sociale è di arrivare a tutti e quindi di avere un indirizzario, che non è così semplice come sembrerebbe. Nei capoluoghi di regione è possibile rivolgersi all'agenzia Ansa che ha un notiziario regionale, da noi abbastanza ben fatto. Spesso questa è la fonte principale di notizie per tutte le radio e televisioni private, quindi è buono riuscire ad essere inseriti in questo notiziario, con l'avvertenza che esce solo nei giorni lavorativi e non nei festivi. Conoscendo però gli addetti a questi notiziari regionali, se si riesce a entrare nel circuito regionale dell'Ansa si è sicuri di arrivare a tutte le emittenti radio-televisive: spesso il notiziario televisivo è l'unica fonte. Non è difficile farsi un programma abbastanza completo degli organi di informazione regionali, le radio i periodici: nel trentino c'è solo un settimanale, diocesano, un quindicennale di sinistra, cadenza poco utilizzabile, perché perde l'attualità e spesso la capacità di approfondimento del settimanale. Chi opera dentro l'orizzonte di sinistra trova difficoltà di rapportarsi col potere, magari più contiguo che non di controparte facilmente criticabile.

Ci sono radio e televisioni

Cifre per Trento e Bolzano. In realtà è possibile dare cifre per tutta l'area del Triveneto e per le altre regioni in quanto sia le radio che le televisioni sono soggette, come la stampa, a degli accertamenti periodici, ad esempio il notiziario dell'ADS dà le vendite provincia per provincia, anche se le vendite non ci dicono il numero preciso di persone che leggono i giornali, perché sappiamo che una copia di quotidiano e a maggior ragione un periodico è letta da più persone. Nel Trentino Alto Adige, a Gorizia e a Trieste, cioè nelle ex province austriache, ogni copia viene letta mediamente da sei/sette persone, perché ogni bar ne ha due copie e ogni cliente le sfoglia un pochino. Questo dato è interessante per le agenzie pubblicitarie, sicure che almeno il pataccone pubblicitario di ultima pagina verrà visionato anche dall'occhiata più distratta. L'indice di lettura non è verificato puntualmente come l'indice di vendita. L'indice di vendita è dichiarato dall'editore che dice quante copie vende nelle singole edicole o rivendite. L'istituto ADS accerta la veridicità della dichiarazione dell'editore effettuando dei controlli per campione. Se i controlli corrispondono al campione c'è il timbro ufficiale dell'ADS. Nel caso dell'indice di lettura ci si affida viceversa a un campione che è molto grande su scala nazionale (27.000 famiglie), mentre su scala locale viene ridotto di molto: 70-80 famiglie per il Trentino Alto Adige; questo non è un numero sufficiente per far grandi ragionamenti. Tuttavia questi sono ritenuti sufficienti da chi fa forti investimenti pubblicitari.
A Trento c'è una forte concorrenza tra i due giornali, che spiega anche i grandi cambiamenti avvenuti di recente ed anche l'accanita guerra strappandosi i redattori l'un l'altro e avviando anche una politica opinabile di gadget: ad esempio il giornale Alto - Adige ha chiuso a Bolzano la pagina di lingua tedesca; probabilmente era una pagina che non gli dava grandi introiti dal punto di vista della vendita, ma era una pagina molto importante dal punto di vista simbolico perché era una dimostrazione che è possibile convivere. Era come invogliare il gruppo italiano a conoscere sempre più la lingua tedesca, cosa che non avviene normalmente per tutta una serie di circostanze; è più facile trovare bilingui nell'elemento di lingua tedesca che non viceversa, insomma, questa pagina era molto significativa dal punto di vista del principio e da quello della convivenza. E' stata tagliata, taluni ritengono a causa dell'accordo tra quanto la pubblicità nazionale del concorrente della stampa nazionale a livello locale, il Dolomiten, era accolta dalla Manzoni cioè dalla stessa concessionaria pubblicitaria de l'Alto Adige, al che il Dolomiten avrebbe detto: "facciamo un accordo sul piano della raccolta della pubblicità, però chiudiamo questa pagina in lingua". Queste sono malignità che a volte però rispondono al vero. Ad ogni modo hanno chiuso la pagina di lingua tedesca col risparmio, che è un risparmio consistente ogni anno perché dovete tener presente il costo della carta, della composizione, dei tre giornalisti. Questi novecento milioni non sono stati investiti nell'assunzione di altri giornalisti italiani, cioè nella ricerca della qualità della precisione. Hanno fatto un concorso: chi riceve una telefonata e ha il giornale in casa riceve un milione. E' la classica politica di reclame che si fa con qualsiasi prodotto, ma che niente ha a che fare con la qualità del prodotto, si punta solo ad aumentare la vendita. Attualmente il giornale di Trento, l'Adige, arrivato l'anno scorso alle ventiseimila copie nel mese di maggior successo, per attestarsi attorno a una media di 24.000 copie. L'Alto Adige che vendeva 40.000 copie l'anno scorso, adesso è sceso a 36.000 - 37.000 copie secondo le stime che sono state pubblicate dal periodico prima comunicazione. Questa cifra va divisa grosso modo per due: l'edizione di Trento e l'edizione di Bolzano, diciamo che l'edizione di Trento negli ultimi anni sta sopravanzando la tiratura di Bolzano, anche qui per tutta una serie di circostanze. Il quotidiano in lingua tedesca non ha problemi perché ha una specie di monopolio. Nel 1998 ha venduto ogni giorno 49.000 copie nella piccola provincia di Bolzano. L'altro quotidiano in lingua italiana è il Mattino dell'Alto Adige; è lo stesso editore dell'Adige di Trento, vende circa 2.000 copie anche se vien venduto con La Stampa come giornale allegato gratuito. Tra l'altro nella politica della promozione dei due giornali, che su Trento si fanno una concorrenza spietata, avviene anche che chi si abbona all'Adige riceve gratis La Stampa per tutto l'anno, mentre chi si abbona all'Alto Adige riceve gratis La Repubblica, in qualche caso riceve anche L'Espresso con una facilitazione tariffaria. L'Alto Adige fa parte del gruppo La Repubblica-L'Espresso. L'Adige ha un rapporto di anni abbastanza tradizionale con La Stampa. Questa viene acquistata dall'editore dell'Adige a un prezzo industriale perciò bassissimo, insomma è un ulteriore canale di propaganda per gli abbonamenti, è un ulteriore testimonianza della battaglia che esiste. Tenete presente che queste battaglie non avvengono in nome dei principi o della soddisfazione di dire "io vendo di più". Dietro ci sono tanti ma tantissimi soldi perché se un giornale riesce a dimostrare di essere il capozona della propria provincia,  questo giornale viene inserito non solo nelle grandi campagne pubblicitarie tipo la Fiat che fa la pubblicità dappertutto ma viene inserito nelle campagne pubblicitarie di quelle aziende che non pubblicano su tutti i giornali ma scelgono il Canale 5 piuttosto che Raiuno, il Corriere della Sera, Grazia o Annabella e poi per un giornale di provincia scelgono il capozona.
Sono avvenuti degli episodi, ad esempio la campagna a Rovereto su quell'imbianchino che si era innamorato della moglie di un industriale della gomma di Rovereto, la cronaca da novella 2000, il giornalista che pubblicava questa storia si vergognava di pubblicarla, ma siccome era una voce che circolava nei caffè insomma la pubblicò e quel giorno il giornale vendette 4000 copie in più perché ovviamente non c'era solo Rovereto ma anche la borgata di provenienza dell'imbianchino con un successo clamoroso. Fu costretto a portare avanti la telenovela per dieci giorni perché l'editore quando scoprì le cifre (su ventiquattromila, 4mila in più) lo obbligò a cercare altri imbianchini se possibile. Tutti si chiedevano, "questa non è una cosa seria da quotidiani", però tutti lo leggevano, 4mila copie in più vuol dire che lo leggevano. Succede come per certi settimanali "ma dov'è che l'hai letto?"  "Eh... dalla parrucchiera" ; gli editori sanno benissimo che i gusti del grande pubblico e insistono su questo.
Altre cifre riguarderebbero ovviamente i giornali nazionali venduti nel Trentino. Il Trentino Alto Adige, va detto, non fa testo perché è la regione italiana dove si legge di più: ha una media da centro Europa, sopra alla Francia, vicino alla Germania e all'Austria; è vero che è una zona fortemente turistica, ma anche le regioni che seguono, la Liguria, il Friuli-Venezia Giulia hanno una forte movimento turistico che porta un innalzamento dell'indice di vendita, tant'è vero che a Bolzano il quotidiano più venduto in lingua è la Bild-Zeitung; non sono i Sudtirolesi che vanno a comprarla, sono i turisti tedeschi che soggiornano in Alto Adige. Anche in Inghilterra c'è una netta differenziazione tra il giornale serio; infatti uno lo prende in mano e lo riconosce, ad esempio La Frankfurter Allgemeine è noiosissima, non c'è su una foto, la Suddeutschezeitung un giornalone che pesa, però anche lì non c'è una foto, son tutte notizie oppure commenti, viceversa in edicola uno vede la Bild-Zeitung con grandi titoli a colori, titoli scandalistici, grandi fotografie, si capisce la differenziazione. In Italia questa differenziazione non c'è. Abbiamo un giornale che va a tutti, sia all'élite sia a chi viaggia in metropolitana, a parte che in metropolitana in Italia è impossibile leggere un giornale, mentre per chi sta a Londra legge i giornali della sera, i giornali popolari perché li compra in metropolitana, poi arriva a casa e li butta. Si tratta dunque di una lettura facile per il momento in cui si sta sui mezzi pubblici. In Italia la mancata distinzione crea qualche problema, perché abbiamo che i grandi giornali seriosi, La Repubblica, Il Messaggero, la Stampa, Il sole 24ore fa un po'eccezione, usa entrambi i moduli, sia il modulo del giornale serio, sia quello del giornale popolare. Quindi su La Repubblica, sul Corriere della Sera troviamo in prima pagina Pippo Baudo. Sulla Suddeutsche-Zeitung sarebbe impensabile trovare il loro Pippo Baudo o lo sport in prima pagina. Tutti i giornali d'Italia hanno il richiamo degli azzurrini che hanno vinto contro la Turchia. Il giornale di alta informazione che dovrebbe darmi grandi commenti ci dà anche questa informazione spiccia. Se succede qualcosa in Trentino al Corriere della Sera non interessa. Se c'è l'orso che in Val di Tovel si risveglia dal letargo e becca un'arnia  va su tutti i giornali. Tanto è vero che spesso i giornali queste notizie le inventano perché che sia successo proprio ieri che l'orso sai uscito dal letargo è una cosa che non si può accertare. Cioè i giornali italiani sono un misto, è come andare al supermercato dove si trova un po' di tutto, lo svantaggio è di aver anche dei dislivelli, di aver anche codici linguistici diversi sullo stesso numero del giornale. Il vantaggio è che si è più democratici, cioè tutti usano gli stessi strumenti di informazione, mentre in Germania l'élite compra Frankfurter- Allgemeine, gli altri comprano il giornalaccio la Bild- Zeitung. Le cifre, come dimostrato dal dott. Grossi stamattina, spesso e volentieri rivelano cose che riguardano il costume e la cultura collettiva al di là delle singole redazioni.
Resterebbe da dire qualcosa sulle televisioni: le televisioni sono soggette ad un accertamento, l'auditel famoso che ogni tanto solleva delle polemiche. Il Trentino Alto Adige si sottomette ad esso, ma vale anche qui lo stesso discorso: il campione nazionale è di 4mila famiglie, il campione locale è troppo piccolo per fare dei ragionamenti approfonditi sulle emittenti locali, comunque si sottopongono all'auditel solo la rai e solo una televisione privata, l'altra ha rinunciato anche perché c'è sempre un costo dietro la rilevazione dell'auditel.  La Rai nel Trentino Alto Adige ha degli ascolti altissimi, massimo ascolto in percentuale in Italia. Questo perché sono due realtà abbastanza piccole e si riesce a coprire mediamente tutto quel che avviene, viceversa chi fa la tg3 a Venezia capite che difficilmente riuscirà a fare un notiziario fatto bene perché dà le grandi notizie, la nera se è oltre una certa soglia, per il resto perderà sempre con la concorrenza del notiziario locale di Verona, Vicenza, Treviso, o Como e Varese, che riescono a dare un' informazione abbastanza completa di quel che avviene nella singola provincia. Questo è il destino che sta coinvolgendo un po' tutti gli organi regionali o interregionali. Da noi stanno avendo successo i grandi organi di informazione, La Repubblica, il Corriere della Sera o il Tg5 ecc. e i locali, quindi c'è il globale e il locale, chi ha difficoltà è chi sta in mezzo, il Gazzettino piuttosto che Il Resto del Carlino, La Nazione che ha 18 edizioni locali la quale però non riesce mai a reggere la concorrenza del giornale locale. L'edizione locale di Forlì della Nazione ha tre pagine, l'altro arriva a otto pagine di cronaca locale, impossibile reggerne la concorrenza che arriva a dar tutto, che ha fatto mia nonna, che conferenza c'è stasera ecc. Viceversa soffre la concorrenza delle grandi corazzate La Repubblica ed Il Corriere della Sera che sui grandi avvenimenti internazionali o anche nazionali riescono a dare molte più informazioni. Pertanto essi, pur essendo esperienze interessanti come i quotidiani interregionali e i notiziari della Rai a livello regionale, stanno vivendo momenti di oggettiva difficoltà al di là del merito di chi ci lavora. Per quanto riguarda le cifre su altre realtà, prendiamone una, credo potreste fare anche voi un manualetto con queste cifre, io ve le metto volentieri a disposizione, è utile sapere cosa succede a Trieste, c'è il predominio assoluto del Piccolo e, viceversa, il Piccolo non riesce ad espandersi oltre al Friuli Venezia Giulia perché nel Veneto arriva sì in tutte le città, ma non riesce… e anche nello stesso Friuli vende 33000 copie a Trieste, 12000 a Gorizia, ma a Pordenone appena 142, a Udine 1301, perché hanno il proprio giornale locale. Parlo di questi giornali supponendo che voi veniate da questa zona. Citando il Gazzettino: nel Trentino vende in tutto 578 copie, a Padova ha la concorrenza del Mattino, ma nel comune di Venezia e Mestre 49000 copie. Mentre viceversa, a differenza del Piccolo, che non riesce a venire verso occidente, il Gazzettino ha tradizionalmente una piccola presenza ad oriente perché ha 14400 copie a Pordenone, dove è il giornale più venduto e 7000 a Udine, che non sono sufficienti per campare, ma sono sufficienti per portare una voce diversa da quella del Messaggero Veneto che è il giornale di Udine. Queste cifre le trovate abbastanza facilmente, come si trovano quelle che riguardano gli ascolti della radio e della diffusione.
In genere chi voglia avere a che fare con le redazioni deve tener presente che oggi tutte le redazioni, anche quelle degli organi piccoli, sono abbastanza strutturate. Vi cito l'esempio, quando L'Adige è stato fondato nel 1946 da Flaminio Piccoli, recentemente scomparso, i redattori erano 3/4, ovvero era un'impresa artigianale. Oggi i giornalisti de L'Adige sono circa 40, ovvero una piccola industria. Stesso discorso vale per la Rai locale del Trentino che conta, sembra impossibile, una redazione di 100 giornalisti per una popolazione di 400.000 abitanti e così anche le televisioni locali private coinvolgono il lavoro di circa 25/ 30 persone, nel loro piccolo. Si ha quindi sempre a che fare con delle realtà industriali e ciò significa che gli editori devono sempre far di conto, perché anche L'Unità non può vivere grazie al cielo, deve rendere ragione dei  propri bilanci; infatti vedete che L'Unità non riuscendo ad aumentare il numero delle copie, taglia le spese, quindi taglia soprattutto il personale. Quindi questa realtà industriale va aggredita con forme altamente professionalizzate, non potete andare in modo artigianale.

Dentro le redazioni c'è, come già detto, anche una sorta di mutazione genetica, cioè mentre ai miei tempi tutto era fatto dai redattori, mentre i collaboratori esterni erano pochissimi: il critico d'arte, i corrispondenti dalle valli. Ora la tendenza è di aver pochi dipendenti fissi, gli addetti al desk e di aver molti collaboratori esterni, l'ideale per l'editore è avere tutto il giornale fatto dagli esterni e di avere all'interno quelle 6/7 persone. Queste persone hanno un potere immenso, perché controllano la fattura del giornale, però sono persone piene di complessi, perché non hanno alcuna visibilità esterna. Sono persone che non firmano mai, non appaiono mai, fanno una vita che non so come definirvi, perché devono andare al mattino avendo già letto la concorrenza per partecipare alle riunioni delle redazioni alle dieci e mezza sapendo già tutto quel che hanno scritto gli altri, sono stato bravo o ho preso un buco ecc., entrano alle dieci della mattina ed escono alle dieci di sera, cioè fanno una vita sacrificatissima. Però hanno grande potere perché sono loro che in effetti fanno il giornale. Questo spiega, secondo talune colleghe, io non so dirvi se è vero o no, una di esse è Miriam Maffei la quale dice: "ma chi me lo fa fare di fare questa vita senza nessuna soddisfazione, preferisco fare l'inviata", che fa  fatica da bestia per un mese quando sta in giro, poi torna, poi intanto firma, si vede la sua faccia, gira per i ristoranti, è riconosciuta, è omaggiata, le fanno presentare serate, scrivere prefazioni: c'è tutta una possibilità di guadagnarci sopra. Insomma "Io questa vita la faccio volentieri. Viceversa mi rifiuto di far questa vita sacrificatissima, che mi toglie gli spazi personali, gli spazi per la famiglia ecc."  Purtroppo però è dai capi redattori bravi che escono i  direttori dei giornali. Ciò può concorrere a spiegare il perdurante maschilismo nei posti di direzione. Perché il maschilismo nella professione giornalistica sta venendo meno, tra i giovani che entrano in professione è un 50 e 50 fra le giovani e i giovani. Nel corpaccione le donne rappresentano il 27%, in verità questa percentuale è ferma da 4 o 5 anni, mentre prima era sempre in crescita. Se si passa però alle posizioni dirigenziali, capiservizio ecc. lì c'è un crollo, le percentuali sono del 2%, pochissime. Ci sono donne che dirigono settimanali femminili, ma può essere una sorta di ghettizzazione.
Dicevo che la tendenza degli editori è di avere questi addetti al desk che non hanno più contatto diretto con la realtà, la vedono sempre mediata dalla notizia passata da altri, loro sono grandi tecnici della impaginazione. Se tutti i dipendenti fissi si limitano a quelli del desk capite che il giornale non è uno specchio della realtà, è una serie di piccoli specchi che difficilmente potranno essere ricondotti a unità. I free-lance poi sono molto bravi. Pensate alla televisione, ad es. i programmi della Gabanelli, la cito perché c'è ora sui giornali perché sta riprendendo il programma: è molto brava, ha istruito una serie di persone a fare i redattori da soli. Tutto quel che avviene nell'Africa, nella ex-Yugoslavia , è fatto da questi, quasi mai troupe professionali, non dico della Rai, ma neanche nella bbc, sono tutti free-lance che corrono nei luoghi di pericolo, guadagnano anche bene, ma sono sempre lì, costretti a correre, esposti ai rischi maggiori della professione, comunque dei free-lance bisogna parlarne bene. In Italia, diminuendo il numero dei dipendenti fissi, è diminuita la possibilità, anche materiale, di fare inchieste, devono correre dietro alle notizie. Si sperava che questo spazio dell'inchiesta, dell'approfondimento, venisse riempito dai free-lance, poi non è successo, quindi l'approfondimento non lo fa nessuno, né il professionista, perché non c'arriva materialmente e perché sempre stretto economicamente nei confini dell'editore, né il free-lance, perché sempre di corsa. Quindi il giornalismo di professione auspicato dal Prof. Grossi stenta a venir fuori, ci sarebbe lo spazio dei periodici, ma anche i periodici culturali come l'Espresso e Panorama fan sempre meno inchieste, spesso utilizzano archivi della DEA, che ha informatizzato tutto, se uno è abbonato all'archivio elettronico dell'ansa può arricchire veramente il proprio panorama informativo: il giovane o il cronista di nera che è a Trento piuttosto che a Treviso ed ha la notizia "morto per droga", anziché fare titolo stereotipo "nuova tragedia..", se sapesse i dati degli ultimi tre anni, quanti ragazzi e ragazze ecc, sono tutti dati che avrebbe a disposizione schiacciando un bottone, però questo bottone costa, nessun editore salvo i grandi, nessun giornale piccolo collega la propria redazione all'archivio della DEA (archivio elettronico dell'Ansa). L'Espresso schiaccia questo bottone: quanti condannati per tangentopoli, quanti assolti per decorrenza dei termini, ecc. non sono grandi inchieste, ha schiacciato questo bottone, si fida di ciò che è immagazzinato dall'ansa, e fa bene. Però l'ansa passa i dati solo da una certa soglia in su, le rapine in banca, se no sono oltre i 100milioni non entrano nel circuito, stessa cosa per incidenti mortali, il morto per droga viceversa, entra, perché probabilmente… bisognerebbe far una indagine sull'archivio, prof. Grossi, è l'immigrato no, è l'agenzia che condiziona la resa degli altri organi di informazione. Un'altra condizione che deve esser tenuta presente, è quella della preparazione, ci sono poche scuole di giornalismo, a Trento dove pur l'autonomia potrebbe sostenerle, non se ne parla, probabilmente perché la classe politica ha tutto l'interesse di aver un giornalismo non qualificato dal punto di vista culturale, perché l'autonomia non si insegna, ma la scuola aiuta, saper certe cose può aiutare anche a conquistarsi i pochi o grandi spazi di autonomia e indipendenza che abbiamo. Per quanto riguarda l'università aspettiamo tutti i risultati delle facoltà, non so forse le facoltà diventeranno dei corsi di laurea in Scienze della Comunicazione, la riforma del 3+2 dovrebbe valere anche per il giornalismo. Il +2 (la specializzazione) potrebbe esser realizzata in collaborazione con le scuole di giornalismo esistenti, le quali, a differenza delle università, offrono un minimo di attrezzatura, perché il problema grosso del 3+2, come quello sul quale hanno fallito corsi di diploma delle università, è che l'università italiana, che è la più grossa agenzia educativa che noi abbiamo, non ha l'interesse a professionalizzare. Formiamo bravi ricercatori, la professionalizzazione spetta ad altri, mentre la laurea breve adesso è fallita, ma anche il tre più due adesso prevede che si lavori al computer e a navigare in Internet. Voi capite quale università è in grado di offrire 100 computer collegati in Internet. Difficile oggi imparare ad essere professionisti della comunicazione se non si ha subito questa consuetudine con internet, ma anche chi studia giornalismo oggi dovrebbe aver parte dei curricula che riguarda l'ingegneria informatica, perché deve conoscere il sistema che lui utilizza, non imparalo, ma saper che potenzialità ha. Viceversa i giornalisti non sanno queste cose, quei pochi che lo sanno se li strappano di mano, perché avere l'ingegnere informatico sarebbe per loro il massimo. Comunque è un problema la formazione al giornalismo affidata alla buona volontà del singolo o alle confederazioni, anche dal punto di vista civile è importante avere  personale giornalistico qualificato. Gli organismi della categoria hanno in parte problemi comuni agli organismi comunitari in Italia, l'associazionismo ha conosciuto problemi, gli ordini professionali in particolare non funziona quasi nessuno. Parlo perché li conosco bene, di quello dei giornalisti conosco le poche virtù ed i molti difetti, vedo molti difetti e pochi pregi, avvocati, medici, commercialisti. Parliamo di deontologia, se i giornalisti sottoposti a processo sono pochi, i medici… nemmeno uno, avete mai sentito parlare di un medico sospeso, ogni tanto si trova uno condannato, i medici poi si sfogano, "la malasanità"... tutti gli ordini hanno grossi problemi, sta tramontando il momento nel quale si credeva in questo associazionismo intermedio, pensando di affidare alle singole categorie la gestione di compiti che di per sé sarebbero dello stato: la formazione, l'aggiornamento, il controllo sulla resa dal punto di vista etico. Si parla tanto di riforma degli ordini ma ancora siamo li...
Il sindacato dei giornalisti rappresenta un'eccezione nel panorama europeo e non solo italiano in quanto c'è un solo sindacato, è l'unica categoria in Italia che ha un solo sindacato, anche in Germania e Francia sono organizzati per settori verticali: direttori, capi, giornalisti semplici, o per grandi raggruppamenti, uno di centro destra ecc. Qui il sindacato è uno, ovviamente gestisce i problemi in maniera unitaria come fanno i sindacati, ma ha una grande difficoltà di adesione, di associare, anche perché si predica la flessibilità, evviva l'individualismo, niente lacci, la testimonianza è che qui stamattina c'erano 3/4 giornalisti ora uno solo. Voi capite la difficoltà del sindacato, che diventa grande, che ha a che fare con gli editori che stanno cogliendo questa onda lunga e vogliono applicare la deregulation anche nel campo sociale. Mentre i giornalisti sostengono che per immettere i dati in rete in maniera meccanica non servono i giornalisti, però per ragionarci sopra servono eccome, anzi ne servono di più e sempre più bravi, ma gli editori no, mettono dentro ragazzi appena laureati part-time, con contratto a termine, scade il contratto a termine e chi s'è visto s'è visto, loro sono più veloci, sanno usare il computer, mentre voi non lo sapete usare se non siete sollecitati dai figli, gli editori stanno arrivando alla deregulation massima, anche se qualche singola richiesta loro può anche avere una giustificazione: per esempio nei giornali è licenziabile solo il direttore, non piace, vende poche copie, vien cambiato. Gli editori vorrebbero che avesse lo stesso tipo di contratto anche la dirigenza alta. La cosa non sarebbe del tutto fuori luogo, perché ogni direttore nuovo che arriva si chiama i propri capi redattori. Va via il direttore, subentra un altro e si assumono altri… La Rai è piena di capiredattori che non fanno nulla, ma anche il Corriere della Sera, perché c'è una stratificazione, ci sono questi cimiteri di elefanti che costano l'ira di dio, scatti di anzianità. La richiesta che l'organo dirigenziale sia soggetto a una verifica di redditività non è che sia campata in aria, viceversa bisognerebbe tener duro sul complesso della redazione, la redazione deve essere strutturata. Vogliono destrutturare completamente le redazioni; è una battaglia difficile per il sindacato, ed è una battaglia che i redattori portano avanti sapendo di aver dietro tutto il paese, tra la Confindustria, Berlusconi ecc. gli editori si sentono forti. L'Italia è un paese strano, va spesso male, ma il contratto giornalistico in Italia è un contratto avanzato, ad esempio, il potere dei contratti di redazione, che è molto diminuito nella prassi quotidiana, in altre parti d'Europa non è neanche mai stato pensato; da noi è stato pensato, forse anche in maniera esagerata, poi c'è stata una marcia indietro, comunque esiste tuttora.

L'evoluzione tecnologica dei giornali

E' rapidissima: pensate che nell'arco della mia generazione i capi redazione scrivevano con la penna stilografica, la redazione era un ambiente molto bello, pieno di rumore delle macchine da scrivere, per parlare bisognava urlare, era un ambiente vivo; con i computer è diventato un ambiente silenzioso, i redattori si parlano tra di loro col computer. Questo ha messo in crisi certi redattori: il Manifesto che era un giornale assembleare è entrato in crisi col mondo dei computer, tanto è vero che hanno deciso di chiudere per un'ora i computer e tornare alla vecchia assemblea dove uno deve saltar sul tavolo... sembrano sciocchezze, ma nel corso di una generazione si è passati dalla penna stilografica alla macchina da scrivere, ai primi personal che però erano muti, cioè si poteva scrivere ma non si riceveva, adesso si è parte del sistema e teoricamente ci si può collegare a Internet.
Come è cambiato e come sta cambiando, questa continua innovazione tecnologica richiederebbe anche la capacità di rinnovare contrattualmente tutti questi passaggi, gli editori viceversa sperano di chiudere il discorso in merito, mentre ogni cosa deve essere concertata in questi settori. Poi ci sono tutte le associazioni di settore dalla stampa sportiva, la stampa medica o la stampa cattolica, poi ci siete voi e vi ringrazio di avermi invitato, perché mi sembra una grande iniziativa la vostra.

Dario Fortin

Grazie Faustini, proprio questo intervento ci ha riportato fra i banchi di scuola; è interessante ascoltare tutte queste informazioni che vengono dall'interno, anche per noi operatori sociali; grazie a questo intervento, questo mondo comincia ad assumere dei contorni più definiti. Subito la parola a Stefano Trasatti, il cui intervento avrà un taglio diverso. Ci fornirà indicazioni su come possiamo metterci in rapporto con i media in maniera più efficace. Stefano Trasatti ha inventato Redattore Sociale, naturalmente grazie a un CNCA che, in questi ultimi dieci anni, ha espresso una creatività straordinaria a livello nazionale su questo e su altri ambiti. Da sei anni Redattore Sociale ha portato a dei risultati e ad un rapporto di qualità e fiducia con i giornalisti della carta stampata, ma anche con quelli delle televisioni a livello nazionale; parallelamente c'è stato probabilmente anche un interesse maggiore a livello nazionale dei media e forse in parte anche strumentale, perché in questi anni avete assistito a nuove trasmissioni dove il caso viene utilizzato per fare notizia. Stefano Trasatti è anche uno dei protagonisti del coordinamento degli uffici stampa del no profit, che è una nuova iniziativa partita da poco dove i vari uffici stampa dell'associazionismo nazionale si ritrovano; è giornalista, si occupa dell'ufficio stampa del CNCA ed è anche segretario del CNCA. Oggi è qui come l'anno scorso, un po' padrino di questa iniziativa, per aiutarci sul tema del rapporto di efficacia ed efficienza con i giornali.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.