I Redattore Sociale Trento 12 marzo 1999

Redattore Sociale

"Quale privacy per i deboli? Riflessioni a partire dal codice deontologico dei giornalisti”

Intervento di Vittorio Cristelli

 

Vittorio Cristelli, sacerdote, giornalista, docente di etica alla scuola per educatore di Trento* 

Io, ancora dalle medie, ho la preoccupazione di essere fedele al titolo, altrimenti era quattro, anche se il tema era stato fatto bene. Mi è stato dato questo titolo: Privacy per i deboli? riflessioni a partire dal codice deontologico dei giornalisti. A me i codici non piacciono tanto, primo fra tutti il codice di diritto canonico che spesso è la rovina della Chiesa, comunque cercherò di essere fedele al titolo.

E' necessaria una premessa. Quello che viene chiamato pomposamente "Codice deontologico dei giornalisti" non è, nemmeno tendenzialmente, un "Corpus" giuridico o etico che abbraccia tutta la deontologia professionale del giornalista, ma è una serie di norme relative al trattamento dei dati personali in ottemperanza alla legge 675/96, nota come legge sulla privacy, e segnatamente all"art. 25 di quella legge, intitolato "Trattamento di dati particolari nell'esercizio della professione di giornalista". Già questo però è interessante per il tema che stiamo trattando. La stessa legge generale sulla privacy avverte che le norme tendenti a proteggere la privacy possono creare problemi, quando si tratta della professione giornalistica, e cozzare con altre norme costituzionali quali la libertà di stampa, il diritto ad informare ed essere informati. Per questo l'artico citato prevede che il garante della privacy si faccia promotore, presso il consiglio nazionale dei Giornalisti dell'adozione di un apposito codice di deontologia relativo al trattamento dei dati. Se l'Ordine non avesse provveduto, entro sei mesi, ad adottare questo codice, la stessa legge prevede che il Garante avrebbe potuto procedere a formularne uno personalmente, la cui validità però sarebbe cessata il giorno in cui l'Ordine avesse provveduto ad ottemperare all'invito stendendone uno proprio. Detto codice deontologico è stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale in data 3 agosto 1998.
Volendo però, come qui interessa, percorrere tutto lo spettro della deontologia giornalistica, si deve sì guardare a questo codice, ma soprattutto alla "Carta di Treviso" su "Informazione e Minori" del 5 ottobre 1990, alla susseguente "Carta dei doveri del giornalista" (8 luglio 1993) e per settori specifici all'accordo su "Informazione e sondaggi" (7 aprile 1995) e a quello su "Informazione e pubblicità" (14 aprile 1988).
A completezza di informazione va anche detto che esiste un "super-io" nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione universale dei diritti umani, alle quali nemmeno i giornalisti possono sottrarsi.
E veniamo al tema affidatomi.
Fermo restando, in democrazia, il diritto ad esprimere opinioni diverse, a lamentarsi e a denunciare, ritengo che l'approccio più produttivo al tema sia quello che tiene presenti e vede interagire tre valori con i rispettivi diritti: il rispetto della persona, il diritto di cronaca e il diritto alla cronaca.
Il rispetto della persona è sovrano, ma non è detto che questo rispetto sia garantito solo dal silenzio. Le persone, anche e in special modo quelle di cui oggi qui ci interessiamo hanno sì il diritto alla privacy, ma anche che si parli dei loro problemi, specie in una società come la nostra in cui le soluzioni spesso possono e devono avvenire a livello politico, che può essere sospinto dall'opinione pubblica, la quale può farlo correttamente solo se debitamente informata. Di qui il diritto dovere del giornalista di informare. La questione allora verte non su informazione sì o informazione no, bensì sul modo di informare. E qui potete dare la stura a lamentele e denuncie, a non finire, sull'ignoranza dei giornalisti.
Lo stesso presidente dell'Ordine dei giornalisti, parlando della "Carta di Treviso" dice che "sulla sua applicazione si registrano numerose violazioni". Direi di più: la conoscenza circostanziata dei vari codici deontologici potrà portare voi stessi ad individuare tante altre violazioni. Ma non è questo il problema. Il vero nodo è la necessità di quella che lo stesso garante, Stefano Rodotà, chiama "una nuova cultura". E incontri come questo possono favorirla.
Andiamo per cenni, giacché una trattazione completa sarebbe oltre che lunga anche stucchevole.

Codice deontologico

Il codice deontologico recepisce quanto la legge 675/96 sulla privacy dice all'art. 20 comma 1d, e cioè che la diffusione dei dati personali è ammessa "nell'esercizio della professione di giornalista per l'esclusivo perseguimento delle relative finalità, nei limiti al diritto di cronaca posti a tutela della riservatezza e in particolare dell'essenzialità dell'informazione riguardo ai fatti di interesse pubblico". E così lo specifica all'art. 5: "nel raccogliere dati personali (detti anche dalla legge "sensibili") atti cioè a rivelare origine razziale ed etnica, convinzioni religiose filosofiche o di altro genere, opinioni politiche, adesione a partiti, sindacato, associazioni o organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché dati atti a rivelare le condizioni di salute e la sfera sessuale, il giornalista garantisce il diritto all'informazione su fatti di interesse pubblico, nel rispetto dell'essenzialità dell'informazione, evitando riferimenti a congiunti o ad altri soggetti non interessati ai fatti". Sono noti e frequenti i casi di notizie che coinvolgono persone (specie parenti) che non c'entrano nulla con i fatti.
Anche quando si tratta di persone "pubbliche", la loro sfera privata deve essere rispettata "se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sul loro ruolo o sulla loro vita pubblica" (art. 6). Il caso di Clinton (e forse quello di Romano) possono essere esempi di violazione.
Per quanto attiene al nostro tema, il Codice deontologico ne parla specificamente all'art. 7, intitolato "Tutela del minore". Vi si prescrive che il giornalista non pubblichi i nomi dei minori coinvolti in fatti di cronaca ne fornisca particolari che possano portare alla loro identificazione (es. via e numero civico dell'abitazione). La tutela dei minori però si estende anche ai fatti che non siano specificamente reati perché la riservatezza, quando si tratta di minori, viene considerata "valore primario rispetto al diritto di cronaca e di critica". Anche quando subentra l'interesse pubblico, per cui il giornalista può e deve parlare, deve ancora valutare responsabilmente se la pubblicazione sia davvero nell'interesse oggettivo del minore.
Altra norma importante: Nell'esercitare il diritto - dovere di cronaca, il giornalista deve rispettare il diritto della persona alla non discriminazione per razza, religione, opinioni politiche, sesso, condizioni fisiche o mentali.
Circa le persone malate, il giornalista deve dare le notizie in modo da non offendere la dignità e il decoro personale (specie in casi di malattie gravi o terminali) e mai deve pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico. Diverso è il criterio se le persone rivestono posizioni di particolare rilevanza sociale o pubblica. Stessi criteri per quanto riguarda la sfera sessuale.
La Carta di Treviso (5 ottobre 1990) è già per se stessa un modello di approccio al rispetto dei minori. E' stata elaborata infatti dall'Ordine e dal sindacato dei giornalisti (FNSI), ma assieme e di concerto con "Telefono azzurro".
Nella Carta è detto esplicitamente che "il fondamentale diritto all'informazione può trovare dei limiti quando venga in conflitto con diritti fondamentali delle persone meritevoli di tutela privilegiata". La Carta inoltre viene finalizzata a "sviluppare un'informazione più funzionale alla crescita di una cultura dell'infanzia". "I bambini - ci diceva una donna - pretore a Capodarco nell'edizione di "Redattore Sociale" a questa precedente - per crescere hanno bisogno del silenzio". Ed ecco anche qui il dovere dell'anonimato. Circa i fatti che non sono propriamente reati sui quali pure è richiesto l'anonimato, la Carta specifica: suicidio di minori, questioni relative all'adozione e all'affidamento, figli di genitori carcerati ecc. tenendo presente che il "processo di maturazione potrebbe essere profondamente disturbato o deviato da spettacolarizzazioni del suo caso di vita". Attenzione viene anche richiesta alla possibile strumentalizzazione da parte di adulti per il proprio interesse (es. vendere l'immagine e la vicenda). Comunque, si dice, anche quando manca una univoca disciplina giuridica, deve prevalere l'interesse del minore.
Di tutte queste responsabilità vengono investiti i redattori e i direttori delle testate giornalistiche, ai quali si raccomanda di aprire un dialogo con i lettori al di là della semplice informazione. Si auspicano anche inchieste e dibattiti sulla condizione dei minori e le loro difficoltà quotidiane, coinvolgendo anche esperti e soggetti istituzionali chiamati alla tutela dei minori. Sono tutte proposte indirizzate a creare una cultura che deve entrare nel bagaglio professionale del giornalista e sulla quale vertono anche gli esami di giornalista. La Carta annuncia infine la creazione di un Comitato permanente di garanti.

Carta dei doveri

L'otto luglio del 1993 è stata varata dall'Ordine dei giornalisti e dalla FNSI (sindacato) la "Carta dei doveri", che ogni giornalista deve accettare e sottoscrivere. In essa sono passati in rassegna tutti i rapporti che il giornalista intrattiene nel suo lavoro (con la proprietà, con i poteri costituiti, con i cittadini, con la pubblicità) ed emerge una graduatoria. Alla base del lavoro di ogni giornalista viene messa la fiducia tra organi di informazione e i cittadini, per cui primo dovere del giornalista è la difesa del diritto all'informazione di tutti i cittadini. La sua responsabilità - vi si dice esplicitamente - è fondamentalmente verso i cittadini, che prevale su qualsiasi altra e non può essere subordinata agli interessi della testata in cui scrive, del governo o di altri organismi di Stato.
Il giornalista inoltre non deve discriminare nessuno (per appartenenza di razza, religione ecc.). Nel caso di errore, deve correggere tempestivamente e favorire la facoltà di replica. Rispetta il diritto alla presunzione di innocenza e, nel caso di avvisi di garanzia, prima di pubblicare la notizia, deve attivarsi per controllare se sia a conoscenza dell'interessato.
Circa le persone deboli, si ribadiscono tutti i doveri della Carta di Treviso verso i minori, estendendoli - questa è la novità - alle persone disabili e portatrici di handicap sia fisico che mentale. Parlando di malati, si chiede che nel dare notizie su argomenti medici venga evitato ogni sensazionalismo che possa far sorgere timori o speranze infondati. Niente quindi notizie sanitarie non controllate con autorevoli fonti scientifiche e niente nomi commerciali di farmaci in un contesto che possa favorirne il consumo. Si devono invece diffondere i nomi di farmaci ritirati o sospesi perché nocivi alla salute.
E conclude con un'affermazione che potrebbe essere il frontone di questo e di analoghi convegni: "Il giornalista si impegna comunque ad usare il massimo rispetto nei confronti dei soggetti di cronaca che per ragioni sociali , economiche o culturali hanno minori strumenti di autotutela". Anche la Carta dei doveri allega il dispositivo che dà origine ad un comitato nazionale per la correttezza e la lealtà dell'informazione, con relativo organigramma.
E' evidente dall'impostazione stessa delle varie Carte, che può verificarsi quello che Kant chiama "il conflitto dei doveri" per risolvere il quale bisogna aver ben chiara la scala delle priorità, che traspare dalle stesse Carte: al vertice il rispetto delle persone deboli, subito sotto il diritto di tutti i cittadini all'informazione e poi il diritto ad informare.
Voglio accennare ad  un altro conflitto di doveri, interno ai singoli casi e non raro sui mezzi di comunicazione. Cito per tutti l'esempio, ormai classico, di minori oggetto di provvedimenti giudiziari o riguardanti l'adozione o l'affido. Il giornalista ha il dovere di informare, sempre nel rispetto della Carta di Treviso; anche gli avvocati hanno il diritto di difendere i loro clienti; ma anche i giudici o le assistenti sociali hanno diritto di dar corso alle disposizioni adottate nei confronti dei minori e dei rispettivi genitori, ma hanno anche l'obbligo del segreto professionale. Abbiamo assistito anche a Trento a dispute a non finire, su casi specifici, con accuse incrociate di incompetenza e di insensibilità nei confronti dei genitori o dei minori.
Il giornalista competente, "redattore sociale" sa gestire il tutto, senza sposare o criminalizzare l'una o l'altra parte. Il criterio è sempre il superiore diritto del bene oggettivo del minore.

Comitati di garanzia

Per finire due parole sui Comitati di garanzia. Ad essi può rivolgersi chiunque ritenga di aver subito un trattamento ingiusto da articoli, servizi o notizie pubblicati da un organo di informazione scritta o radioteletrasmessa, oppure reputi il comportamento di un giornalista non conforme ai principi delle varie Carte.
Il Comitato esamina la documentazione, convoca il giornalista e accerta se ci sia stata violenza o meno dei principi. Se la denuncia risulta infondata, il Comitato archivia la pratica. Se invece la ritiene fondata, stende le sue argomentazioni e notifica il tutto al Consiglio regionale dell'Ordine territorialmente competente, perché apre un procedimento disciplinare nei confronti del giornalista. Ma non basta. Il Comitato comunica la propria valutazione anche all'autore del servizio incriminato e al direttore dell'organo di informazione che l'ha pubblicato. Quest'ultimo ha l'obbligo di pubblicare gratuitamente, entro un congruo termine e con adeguato risalto la valutazione del Comitato. Se il direttore non lo fa, viene pure lui deferito al Consiglio regionale per eventuali provvedimenti disciplinari.
Se c'è una debolezza in questi provvedimenti, essa è ravvisabile nella mancanza di indicazioni precise circa i provvedimenti disciplinari graduati in base alla gravità delle violazioni. C'è ben già una graduatoria di "pene" che va dal richiamo alla censura, alla sospensione temporanea dalla professione fino alla radiazione dall'albo. Si spera che con l'andar del tempo si formi quella che si dice una "giurisprudenza di riferimento". Grazie.


* Testo non rivisto dall'autore. Le qualifiche si riferiscono al momento del seminario.