"Intervista con il territorio", oltre 500 giornalisti coinvolti
ROMA - Con circa 500 giornalisti partecipanti e nove appuntamenti di formazione, si chiude il ciclo di seminari per giornalisti dal titolo “Intervista con il territorio” promosso dal Giornale Radio Sociale e organizzato insieme a Redattore Sociale, con il Forum nazionale del terzo settore, il sostegno della Fondazione con il Sud e in collaborazione con gli ordini dei giornalisti regionali. Con l’incontro online realizzato questa mattina dal titolo “Comunicazione sociale, territorio e relazioni post Covid” - inizialmente previsto come evento in presenza a Milano -, termina così un lungo viaggio nel mondo del terzo settore avviato nel novembre del 2019 e che ha toccato le città di Bari, Matera, Lamezia Terme, Napoli, Roma, Palermo e Cagliari con un appuntamento online ed infine Milano.
Le “relazioni” al tempo del Covid-19 sono state al centro della mattinata che ha visto tra i partecipanti Stefano Arduini, direttore di Vita; Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud; Stefano Caredda, direttore di Redattore Sociale; Guido D'Ubaldo, segretario nazionale uscente dell'Ordine dei Giornalisti; Claudia Fiaschi, portavoce del Forum Terzo Settore; Ivano Maiorella, direttore del Giornale Radio Sociale; Roberto Natale, Rai per il Sociale; Rossella Verga, Corriere della Sera - Buone Notizie e Andrea Volterrani dell’Università Tor Vergata. “Continuiamo a porre l’attenzione sul tema della vicinanza dei giornalisti al territorio, alla rete dei cittadini e delle organizzazioni sociali che lo abitano - ha spiegato Caredda in apertura -. Un rapporto che per il giornalista è una condizione necessaria per narrare il territorio e per illuminarlo. In questi incontri ci siamo interrogati su una comunicazione che sappia raccontare le comunità del territorio diventando in questo modo essa stessa una leva di cambiamento sociale”.
Per Claudia Fiaschi, portavoce del Forum nazionale del terzo settore, oggi più che mai il rapporto tra stampa e terzo settore è diventato sempre più importante per il mondo del sociale. “Veniamo da un tempo in cui abbiamo vissuto una forte crisi reputazione nel terzo settore che ci ha fatto comprendere quanto fosse importante costruire delle conversazioni positive con la comunità di riferimento. Illuminare il territorio e l’economia sociale che c’è dentro rappresenta una sfida non semplice, perché significa comprendere l’essenza vera di quello che l’economia sociale e il terzo settore rappresentano all’interno della comunità”. Un ruolo, quello del terzo settore, di un certo peso che quindi merita di essere raccontato, ha aggiunto Fiaschi. “L’Italia è il paese con la presenza dell’economia sociale più grande, significativa e diversificata di tutta l’Europa - ha spiegato la portavoce del Forum -. L’Italia ha 850 mila lavoratori, 6 milioni di volontari, 358 mila organizzazioni di terzo settore presenti capillarmente su tutto il territorio nazionale, soprattutto nelle aree fragili del paese. Non è così per gli altri paesi. Molto dopo di noi vengono Francia e Germania. Questa biodiversità di soggetti rappresenta un’esperienza da aggiungere al made in Italy e va guardato con rispetto e orgoglio”.
Sulla necessità di ripartire dalle relazioni tra giornalisti, territorio e sociale è intervenuto Guido D'Ubaldo. “Territorio e relazione sono due parole fondamentali per ripartire - ha detto D’Ubaldo -. Innanzitutto bisogna tornare sul territorio e recuperare quelle relazioni sociali che si sono un po’ rarefatte con il lungo periodo nel quale siamo stati costretti ad avere interazioni in modalità online. Va recuperata la tradizione del giornalista cresciuto sul marciapiede, alla ricerca delle fonti. L’importanza delle relazioni coltivate sul territorio deve essere il principio sul quale il giornalista deve tornare a lavorare. Recuperare gli spazi di relazione sul territorio, ma anche di garantire un’informazione di qualità”.
Per il direttore di Vita, Stefano Arduini, tuttavia, oggi occorre anche chiedersi come il giornalismo sociale possa stare sul mercato ed essere “appetibile ai lettori”. “Credo che non sia un’operazione sufficientemente distintiva per poter stare sul mercato, se la comunicazione sociale si fermasse a fare quello che faceva 20 anni fa - ha spiegato Arduini -, sebbene con strumenti nuovi. Nel mondo digitale le vetrine si moltiplicano e c’è tutto un mondo della comunicazione aziendale che sta utilizzando un linguaggio che prima era distintivo” del mondo del sociale. Per Arduini, quindi, la comunicazione sociale di oggi deve avere una “attenzione millimetrica ai processi e non stare semplicemente sull’oggetto - ha spiegato -. Non possiamo limitarci a raccontare che in un determinato territorio è stato realizzato un progetto. Bisogna andare anche a raccontare il processo che ha portato alla costruzione una determinata realtà, cioè andare a capire perché in quel territorio lì, con quelle risorse, si è pensato di fare un progetto al posto di un altro. E poi c’è il tema dell’impatto e del cambiamento prodotto. Un comunicatore sociale, per fare bene il suo lavoro, deve tenere presente anche questo tipo di dimensione”.
A sottolineare questa “occasione di innovazione” dal punto di vista professionale è Ivano Mariorella, direttore del Giornale Radio Sociale. Una “sfida” che - visti i numeri del terzo settore in Italia - può diventare anche “un’occasione di lavoro”. Come ha spiegato anche Rossella Verga, viceresponsabile di Corriere Buone Notizie. “È talmente vero che il lavoro nella comunicazione sociale sia anche un patrimonio di mercato che noi, come Buone notizie, facciamo questo lavoro ormai da anni consapevoli del fatto che sia un posizionamento importante anche nel mercato - ha aggiunto -. In termini economici, stiamo parlando di un valore dell’economia sociale di circa 4,9 miliardi”. Per Verga, “l’imperativo è proporre una comunicazione di qualità e che sappia guardare alle cose con una prospettiva nuova. Va bene essere pungolo, ma è altrettanto importante valorizzare il buono che c’è nelle comunità, il grandissimo patrimonio, mettendo in risalto le buone pratiche”.
Andrea Volterrani, sociologo della comunicazione all’Università Tor Vergata, ha evidenziato lo scollamento tra comunità e giornalismo contemporaneo. “Il problema del rapporto fra il giornalismo, il mondo sociale e la vita quotidiana delle comunità - urbane e contemporanee, reali e digitali -, è che il giornalismo è da un’altra parte. Come ritrovare un rapporto con il mondo sociale? Per prima cosa bisogna stare di più nelle comunità, frequentarle, sporcarsi le mani e imparare a fare un tipo di giornalismo che consente di poter entrare dentro la vita quotidiana delle persone. Una sorta di osservazione partecipante, di lavoro dentro le comunità per cogliere il cambiamento”.
Per Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud, però, anche il terzo settore deve fare la propria parte. “La Fondazione con il Sud ha sempre attribuito un valore strategico alla comunicazione - ha ricordato Borgomeo -. Abbiamo deciso di stabilire nelle nostre strategie di intervento che la comunicazione non è uno strumento per rendere nota la missione della Fondazione o per far conoscere i risultati: per noi la comunicazione fa parte della missione. Noi abbiamo la certezza che il terzo settore, tra i diversi obiettivi che deve darsi, deve anche imparare a comunicare meglio, non necessariamente di più”.
Sull’attenzione del servizio pubblico alle tematiche sociali è intervenuto Roberto Natale, di Rai per il sociale, portando l’esempio dello spazio dedicato dalla Rai ai tre giorni di consultazione che hanno portato alla creazione del governo Draghi, di cui due dedicati alla politiche e il terzo alle forze sociali. “Per i primi due giorni il servizio pubblico ha predisposto tutte le dirette che si devono fare in questi casi, ma durante il terzo giorno le dirette non ci sono state. Un indizio di una non ancora piena comprensione del ruolo che il sociale deve avere nell’Italia di oggi”. L’incontro è poi terminato con il racconto di due esperienze lombarde presentate da Valeria Negrini, portavoce Forum del terzo settore Lombardia. “La Lombardia rappresenta una fetta significativa del terzo settore nazionale - ha detto Negrini - con più di 55 mila organizzazioni, oltre 190 mila lavoratori e più di un milione di volontari”. Tra questi l’esperienza con i giovani della cooperativa sociale Tikvà, raccontata da Francesca Paini e la proposta - raccontata da Antonio Lagrotteria, segretario generale di Acli Lombardia - avanzata da un cartello di organizzazioni del terzo settore alla Regione Lombardia per costruire un nuovo modello di servizi domiciliari per gli anziani.