Intervista con il territorio. Al via i seminari sulla comunicazione sociale
ROMA - Cucire la frattura che c’è tra terzo settore e sistema dei media a partire dal racconto del territorio. È questa la sfida lanciata dal Giornale Radio Sociale, che insieme a Redattore Sociale, il Forum del Terzo Settore, il sostegno della Fondazione con il Sud e in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti della Basilicata, ha organizzato ieri, 15 novembre, a Matera il primo seminario di un ciclo di appuntamenti formativi per giornalisti incentrati sui temi del sociale, in programma nei prossimi mesi nelle regioni del Sud Italia. La scelta di Matera come prima tappa di questo tour che mira ad individuare una “nuova frontiera della comunicazione sociale” non è stata casuale: se oggi è Capitale europea della cultura 2019 lo deve ad una iniziativa nata dal basso che ha messo insieme profit, terzo settore e amministrazione pubblica. Ed è stato proprio il tema della cultura uno dei temi al centro di questa “Intervista con il territorio”, titolo dell’intera iniziativa.
Recuperare il gap tra comunicazione e sociale si può, ma per farlo bisogna partire dal territorio e dalle persone che lo abitano. È stato questo il filo rosso che ha attraversato gli interventi dei diversi relatori intervenuti. “La comunicazione sociale è il racconto che non c’è - ha spiegato Ivano Maiorella, direttore del Giornale Radio Sociale -. È il racconto delle minoranze, degli ultimi. C’è bisogno di raccontare questo mondo perché i tanti fatti che produce troppo spesso non diventano notizia”. Secondo Maiorella, la responsabilità è duplice. “Da una parte c’è il sistema dei media: noi giornalisti spesso non riusciamo a valorizzare e a far diventare notizie questi fatti. Dall’altra c’è una responsabilità del sistema e dei protagonisti del terzo settore che dovrebbero lavorare di più sulla comunicazione. Questo ciclo di seminari ha proprio l’obiettivo di ricucire questi due mondi. È una grande occasione”. Per Maiorella, inoltre, occorre “inventare nuovi codici narrativi, tenere insieme rigore giornalistico e attualità, fatti e nuovi criteri di notiziabilità. Servono nuovi linguaggi capaci di intercettare un nuovo pubblico. Il metodo giornalistico da applicare a questa realtà è quello del racconto sociale: immergersi nel mondo che si racconta, attraversare il territorio palmo a palmo, abbandonare l’approssimazione”.
Territori che vedono una diffusione capillare del terzo settore al proprio interno, ma che troppo spesso non riesce a raccontarsi come dovrebbe. “Sono 350 mila le organizzazioni, spesso piccole e piccolissime, presenti su tutto il territorio nazionale - ha spiegato Maurizio Mumolo, direttore del Forum nazionale del terzo settore -. Sono l’humus del territorio e per alcuni anche una delle poche ricchezze superstiti. Proviamo a pensare alle periferie o alle aree interne: oggi sono comunità in crisi, ma se non ci fosse una presenza del mondo dell’associazionismo e del volontariato sarebbero comunità esauste. Il compito del terzo settore, da sempre, è quello di animare il territorio, dare una ragione di coesione anche in un momento di crisi. Ed è anche un’opportunità economica, perché non dimentichiamo che il terzo settore è l’unico settore anche dell’economia, oltre che della società, a presentare dati di crescita economica, come certificato dai dati dell’Istat”.
Occorre raccontare di più e meglio sia il territorio che l’impegno del sociale al suo interno, ha aggiunto Mumolo. “C’è bisogno, anche per chi fa questo preziosissimo e spesso non sufficientemente apprezzato lavoro del giornalista, di entrare più in relazione con il terzo settore, di cui a volte vengono raccontati esempi di rare virtù, mentre bisognerebbe cercare di raccontare anche la varietà dell’azione civile, che non è fatta di pochi eroi, ci sono anche quelli, ma è fatta di tantissimi cittadini che in maniera silenziosa cercano di dare il proprio contributo per rafforzare la coesione e fare del bene agli altri. Una cosa spesso difficile da raccontare”. Anche le organizzazioni di terzo settore, tuttavia, devono fare la propria parte. “Devono essere più capaci a raccontarsi - ha detto a margine Maurizio Mumolo -. È un problema anche di rendicontazione sociale che non è solo riempire le scartoffie della modulistica prevista dalle varie leggi, ma è anche capacità di raccontare il buono che si riesce a fare e raccontarlo attraverso il linguaggio della comunicazione”. Un tema spesso “sottovalutato”, ha aggiunto Mumolo, ma pesa anche l’assenza di strumenti. “Il terzo settore non è fatto di grandissime organizzazioni strutturate, ma di piccole realtà e a volte non ci sono neanche i mezzi per poter intervenire e quindi bisogna trovare una maniera per mettere insieme questi due mondi, informazione e terzo settore, per rafforzarsi a vicenda”.
A ricordare il ruolo dell’informazione nei confronti dei cittadini è stato Andrea Garibaldi, giornalista del Corriere della Sera. Nel suo intervento, il ricordo dell’esperienza nella redazione romana del Messaggero e della stanza messa a disposizione dal giornale per ricevere il pubblico e i lettori. “I romani che volevano raccontare qualcosa o un problema, venivano ricevuti da uno dei cronisti - ha raccontato Garibaldi -. Si ascoltava il lettore e spesso la storia che raccontava finiva stampata sul giornale. In questo modo il giornale aveva il compito di segnalare, agevolare e di risolvere i problemi. Le autorità, il sindaco, gli assessori leggevano e in qualche maniera temevano i giornali e cercavano di intervenire sui problemi segnalati”. E secondo Garibaldi, di battaglie vinte ce ne sono state tante. “In quegli anni il Messaggero ha risolto problemi di circolazione, ha fatto stanziare fondi per malattie rare, riparare scuole, ribassare i prezzi perché facevamo anche campagne sui prezzi del caffè. Ha messo in moto collette per casi disperati, ha sventato speculazioni edilizie. Tutte cose vere, non sto esagerando. Il giornale era dalla parte dei lettori, era una sorta di difensore civico, qualcosa che veniva molto prima del ricorso alla magistratura. Era il tramite tra le persone normali e le istituzioni. Un baluardo per i diritti di tutti”.
Col tempo, tuttavia, le cose sono cambiate e dagli anni ’90 in poi la “stanzetta” dedicata al pubblico è diventata storia. “Non c’erano più lettori da ascoltare, c’era meno interesse. Dai quartieri, dai cittadini, i giornali si voltarono verso i palazzi - ha raccontato Garibaldi -. Si misero a raccontare con maggiore attenzione quello che accadeva a Montecitorio, a Palazzo Madama, dentro i partiti e dentro le sale di comando delle aziende. L’interesse si concentrò sulla conquista, la conservazione, l’ampliamento, la distruzione del potere. Quindi trame, polemiche, cattiverie, sgambetti, pettegolezzi. Ci furono anche degli aumenti di vendite, ma piano piano un certo numero di lettori ebbe la sensazione che i giornali si allontanavano sempre più dalle loro vite quotidiane. I giornali cessavano di essere dalla loro parte, per narrare i giochi di potere. E questa è stata una prima crisi. Poi la seconda, con i giornali già in crisi, aggrediti dal boom digitale”. Eppure, secondo Garibaldi, il metodo giornalistico è “sempre lo stesso e sarà sempre lo stesso: ascoltare, comprendere, raccontare e spiegare. Non da lontano, da vicino. Così si fa buon giornalismo e si aiuta la democrazia a resistere e a crescere. Non è vero che il giornalismo è morto. Se saprà tornare nelle strade avrà un compito fondamentale per salvaguardare la democrazia”.
Diversi gli spunti di riflessione raccolti anche dagli altri relatori intervenuti i cui interventi sono disponibili online sulla pagina Facebook del Giornale Radio Sociale. Tra questi Vittorio Sammarco, giornalista e responsabile comunicazione Labsus; Sissi Ruggi, del Consiglio regionale Odg della Basilicata; Vincenzo Santochirico, presidente Fondazione Sassi; Michele di Gioia, direttore Matera Sport Film Festival; Francesca Petronella, La Città Essenziale; Imma d’Angelo, del Csv Basilicata ; Pasquale Doria, direttore Mathera Trimestrale di storia e cultura del territorio; Giuseppe Salluce infine porterà l’esperienza del laboratorio culturale “Salute mentale” Matera; Roberto Museo, direttore di Csvnet che ha mandato i suoi saluti in un video e Claudia Cannata’, della Fondazione con il Sud. L’intervista con il territorio continua.