Carta di Assisi, contro muri mediatici e hate speech. "Non sarà un alibi"
ROMA - Una comunicazione “non violenta”, capace di creare ponti e non muri, che non teme le rettifiche ma che si faccia portavoce di chi ha sete di pace, verità e giustizia sociale. È quanto chiede la Carta di Assisi, un “manifesto del giornalismo delle buone pratiche” nato già un anno fa proprio nella cittadina di San Francesco e che nei giorni scorsi è stato al centro di un confronto aperto tra gli stessi promotori della Carta (ovvero Articolo 21, Sacro Convento di Assisi, Ordine dei giornalisti, Fnsi, Usigrai e Tavola della Pace) per emendare e arricchire un testo che rappresenta un decalogo argine contro l’istigazione all’odio e la costruzione di muri mediatici.
La sala stampa della Basilica di San Francesco ha così riunito, lo scorso sabato 6 ottobre con il seminario “Le parole non sono pietre”, le organizzazioni promotrici per dar continuità ad un percorso avviato lo scorso anno con la redazione della prima bozza del Manifesto. L’incontro si è svolto alla vigilia della Marcia per la Pace da Perugia ad Assisi e ha coinvolto non solo giornalisti, ma anche giuristi, laici e religiosi e esponenti diverse organizzazioni. Il testo, ha spiegato Beppe Giulietti, presidente della Federazione nazionale della stampa italiana, rappresenta “un'alleanza fra quanti credono nell'accoglienza e nei principi della Costituzione”, tuttavia “non sarà una carta alibi, ma un manifesto non solo per giornalisti ma per chiunque operi nella comunicazione”.
“Stiamo vivendo un momento molto delicato della vita del nostro Paese, della nostra Europa e certamente anche della Chiesa - ha detto Antonio Spadaro, direttore della Civiltà Cattolica -. Le dinamiche conflittuali che stiamo vivendo si esprimono e prendono forma nell’ambiente digitale e comunicativo. Riguardano sia i comunicatori che i giornalisti. Siamo chiamati a impegnarci direttamente in questo mondo e la Carta di Assisi diventa una guida”. Le indicazioni contenute nel Manifesto, infatti, sono quanto mai attuali. “Non scrivere degli altri quello che non vorresti fosse scritto di te”, questo il primo principio alla base del testo che pone l’accento sulla comunicazione “ostile” che diventa una “barriera insormontabile per la comprensione”. Il testo, inoltre, chiede di dare voce “ai più deboli”, rispettando diversità e differenze, di fornire dati utili alla comprensione dei fatti, ma mette anche in guardia sull’uso delle parole: “Sono pietre”, spiega il testo, “se male utilizzate possono ferire e uccidere; cancella dal tuo blog o dal tuo sito i messaggi di morte; denuncia gli squadristi da tastiera e cerca di costruire ponti scalando i muri della censura”. La Carta di Assisi rappresenta anche un appello affinché i cronisti che scrivono di mafie non siano lasciati soli e infine un invito a portare la verità nelle “nuove piazze digitali”.
Ad aprire i lavori del seminario sulla Carta di Assisi sono stati i volti dei giornalisti turchi condannati all’ergastolo in Turchia stampati su dei cartelli mostrati dai partecipanti. Il segretario della Fnsi, Raffaele Lorusso, inoltre, ha ricordato i giornalisti deceduti perché alla ricerca della verità, da Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, a Daphne Caruana Galizia, annunciando la presenza di una delegazione della Federazione il 16 ottobre a Malta nell’anniversario della morte della giornalista uccisa lo scorso anno. “Il giornalismo deve tenere insieme solitudini e mondi oscurati garantendo speranza - ha detto padre Francesco Occhetta, voce della Civiltà cattolica -. Usare le parole come pietre è contro il giornalismo. La mia libertà di poter dire cose false finisce quando incontra la dignità dell’altro. Da Assisi parte una rete, non solo si giornalisti, che sappia interpretare e a contestualizzare le notizie, dare voce a chi ne è privo. Ogni azione del giornalista è già deontologica se è rivolta al servizio della ricerca della verità, al rispetto delle persone e all’indipendenza del giudizio”. Durante l’incontro di Assisi, infine, è stato conferito il premio di Articolo 21 alla cooperativa Auxilium da padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, per “il coraggio e l’umanità di chi ha saputo aprire le braccia anziché mostrare i pugni ai migranti della Nave Diciotti” si legge nella motivazione del riconoscimento consegnato. “Lo spartiacque per noi che lavoriamo nel settore dell’accoglienza è stato il viaggio di Papa Francesco a Lampedusa” ha dichiarato Angelo Chiorazzo il fondatore della cooperativa Auxilium.