Violenze sui giornalisti, “si rischia anche a scrivere di scuola”
MILANO - Il boss Rocco Papalia che, appena uscito dal carcere, afferma davanti alle telecamere “la 'ndrangheta siete voi” rivolgendosi a giornalisti e fotografi. La mail ricevuta a tarda sera all'indirizzo del lavoro che recita “stai attenta” e allega un articolo che parla del pestaggio di un collega. Fino agli insulti verbali al bar del paese, le intimidazioni psicologiche, le querele. Sono diverse le tecniche per intimidire i giornalisti.
“Se hai 25 anni, collabori con un giornale locale e, mentre sei in università a sostenere un esame, si presentano i carabinieri a casa dei tuoi genitori per notificarti un atto giudiziario, le prime volte ti senti già un pregiudicato. Scattano anche la vergogna e i timori”. Sceglie questo esempio Cesare Giuzzi, giornalista del Corriere della Sera e presidente del Gruppo cronisti lombardi, per parlare di minacce ai giornalisti. Nel quarantennale dall'assassinio di Peppino Impastato le violenze su chi lavora nel mondo dell'informazione proseguono: 128 atti intimidatori nel 2017 secondo il Viminale. Sono 13 i giornalisti minacciati nel primo squarcio di 2018 solo in Lombardia. Lo scrive Ossigeno, l'osservatorio sui cronisti minacciati e le notizie oscurate promosso da Federazione nazionale della Stampa e Ordine professionale .
Infiltrazioni mafiose, cronaca nera e appalti pubblici sono gli argomenti dove si rischia di più. Ma anche nei settori più inaspettati può volare un pugno in faccia o una querela: “Capita di scrivere un pezzo sulla scuola del paese raccontando un episodio di bullismo e subire ripercussioni da parte della famiglia del bullo”, spiega Giuzzi. Per non parlare delle cronache sportive locali: basta un resoconto poco gradito ai tifosi per beccarsi un insulto al bar o uno sputo. “Non è sufficiente smetterla di occuparsi di un tema per tutelarsi. La Lombardia è la terra delle mafie e questo significa che dalla sagra del paese fino alle piccole realtà sportive in crisi passando per gli appalti pubblici, tutto può toccare gli interessi mafiosi. Capita continuamente a Pavia, Lecco, Desio, Corsico, Buccinasco, Pioltello, in tutta le regione”.
E i giovani cronisti locali sono l'anello debole della catena, “perché spesso sono l'unica voce, isolata, su un territorio. Se basta colpire un singolo obiettivo per fermare il flusso di notizie, è tutto più rischioso”. Ci sono tanti modi per colpire. Uno di questi è la querela temeraria, “la spada di Damocle del risarcimento” come la definisce il presidente dei cronisti lombardi, è lo strumento prediletto al nord per silenziare la stampa: “Se ti vengo a sparare sotto casa finisce il mondo perché c'è un cono di attenzione particolare e perché al nord i giornalisti sono venti volte tanto che al meridione. Ma quando una piccola azienda editoriale si ritrova sulle spalle un milione di euro di richiesta danni smette di scrivere. Quella cifra può essere il budget di un interno anno per pagare trenta collaboratori”. (Francesco Floris)