Tre storie, un unico obiettivo: la resilienza “oltre il sisma”

01dic2017

Federica Di Luca, Lucia Della Ceca e Matthias Canapini protagonisti della seconda sessione del Seminario di Redattore Sociale. Hanno raccontato i loro esempi di “umanità resiliente”: dopo il terremoto del 2016 ognuno di loro ha trovato la forza di ripartire

 

 

Tre storie, un unico obiettivo: la resilienza “oltre il sisma”

CAPODARCO - Federica, che da educatrice e direttore del Centro Agri Infanzia di San Ginesio ha fronteggiato il sisma trasferendo e proseguendo la propria attività in una grande tenda yurta. Matthias, che percorrendo a piedi i territori colpiti ha riscoperto una parte di sé e la ricchezza delle comunità dei Sibillini; e poi Lucia, assistente sociale la quale ha continuato con i suoi colleghi a lavorare nella zona rossa del cratere a sostegno della comunità locale. Tre esempi di “umanità resiliente”, non piegatesi al terremoto del 2016 trovando nuove opportunità positive che la vita ha saputo offrire. Sono stati i protagonisti della seconda sessione del XXIII Seminario di formazione per giornalisti, in corso presso la Comunità di Capodarco di Fermo, organizzato da Redattore Sociale(1-3 dicembre).

“L’Agrinido – ha esordito Federica Di Luca – è nato come un’esperienza educativa quotidiana rivolta ai bambini da 1 a 6 anni, a stretto contatto con la natura e la ruralità e a fortissimi connotati sensoriali. Il terremoto ci ha fatto piombare in un’altra dimensione, i bambini hanno dovuto rileggere le relazioni profonde e noi educatori ci siamo trovati nella condizione di dover pensare ai passi da compiere per accogliere e presidiare al meglio i loro bisogni”A più di un anno di distanza la ripresa e la ricostruzione sono ancora difficili. Ma c’è speranza. E c’è chi come Federica lotta contro la rassegnazione. “Mi sono subito rivolta al Comune, e abbiamo fatto in modo che l’agrinido rimanesse fuori dalla zona inaccessibile. Le decisioni andavano prese subito e in un primo momento abbiamo messo da parte la burocrazia. Noi volevamo assolutamente andare avanti e poter essere anche un punto di riferimento per le famiglie, sgravarle dalla necessità di occuparsi dei più piccoli per poter permettere loro di riorganizzare la vita”. 

Da qui l’idea della tenda yurta. “La soluzione è stata quella del trasferimento per la famiglia in quella che una volta era la sala da pranzo dell’agriturismo per lasciare i 15 metri quadrati dell’ex laboratorio a disposizione dell’asilo”. Soli 15 metri quadrati però non erano sufficienti con l’inverno alle porte. “La tenda yurta, una struttura flessibile ma che allo stesso tempo ha dato sicurezza e ha contribuito a creare un clima educativo costruttivo, in grado di mantenere altissima la qualità dell’offerta formativa. La tenda, con la partecipazione degli stessi bambini, di tutto il borgo e delle famiglie, è stata piazzata lì dove c’era l’orto giardino, proprio davanti alla struttura inagibile”.

Lucia Della Ceca si occupa di Programmazione e progettazione dei servizi sociali nello staff dell'ambito territoriale sociale di San Ginesio. “Ci troviamo – spiega – ancora nella fase dove è necessario abbattere muri. L’assistente sociale deve guardare al bisogno della comunità e subito dopo il sisma questa visione era completamente diversa. Ci siamo trovati io e i miei colleghi catapultati nella piazza di Tolentino, a colloquio con gente che ci chiedeva dove poter mangiare la sera stessa o dove andare a dormire. In quei casi occorre capacità di analizzare i singoli bisogni in poco tempo, e le risposte sono talmente urgenti che dovevo saper controllare le mie paure e mettere in campo gli strumenti necessari. Oggi se devo parlare di ‘resilienza’ non so se effettivamente siamo nella fase di risalita, basti pensare che stiamo ancora demolendo la parte inagibile del nostro Centro Diurno e mi rendo conto che le risposte che attende la gente non sono ancora appropriate”. 

Da sinistra, Matthias Canapini, Federica Di Luca, Daniele Iacopini e Lucia Della Ceca
Matthias Canapini, Federica Di Luca, Daniele Iacopini e Lucia Della Ceca - Il mio giardino, Redattore sociale 2017 2

Matthias Canapini gioca a rugby, uno sport nel quale il rialzarsi dopo un placcaggio è all’ordine del giorno. La sua resilienza post sisma lo ha portato, dopo aver raccontato le storie degli ultimi attraverso foto e narrazioni in diverse parti del mondo, a realizzare il progetto “Oltre il sisma”, un cammino sui Sibillini nei borghi colpiti dal terremoto. “Durante la prima scossa del 24 agosto 2016 – spiega - mi trovavo in sud Italia in compagnia di un amico e subito ho sentito la necessità di tornare. Ho raggiunto Amatrice ed è nata l’idea di andare a testimoniare il dramma che stavano vivendo le comunità che avevo vicino casa. Il terremoto mi ha cambiato la vita, è stato un viaggio che ha portato a riscoprire me stesso”. Matthias ha infine ricordato l’episodio che più lo ha colpito nel suo cammino nelle zone del sisma. “Ero a Pievebovigliana, in piazza, ed ho trovato il bar centrale chiuso. Così mi sono spostato nella tensostruttura dove si era trasferito ed ho chiesto agli anziani proprietari il perché avevano deciso di rimanere li nonostante tutto. Mi hanno risposto che se anche l’ultimo bar avesse chiuso i battenti si sarebbe persa la speranza di una comunità che altrimenti era destinata a morire. Un’esperienza– conclude Canapini – che mi h lasciato dentro un grande insegnamento e cioè che abbiamo una ricchezza infinita, ci si riscopre comunità nei momenti più difficili e la forte umanità sopravvive anche nelle maggiori disgrazie”.