Carta del carcere: l’Ordine dei giornalisti approva, ma taglia il diritto all’oblio
ROMA - La Carta del carcere e della pena ha ricevuto
l'approvazione da parte dell'Ordine nazionale dei giornalisti, ma
la parte che riguarda il diritto all'oblio per gli ex detenuti è
stata stralciata. A darne notizia è Gerardo Bombonato, presidente
dell'Ordine dei giornalisti dell'Emilia Romagna, durante il
convegno di presentazione del codice deontologico per giornalisti
che si occupano di persone private della libertà tenutosi in
mattinata presso il carcere di Regina Coeli, a Roma. "L'Ordine
nazionale ha approvato la carta nell'ultimo Consiglio nazionale -
ha spiegato Bombonato -, ma la cattiva notizia è che sono state
tagliate alcune parti che ritenevamo essenziali, come il
riconoscimento del diritto all'oblio, nonostante a livello europeo
si stia lavorando a norme in tal senso su cui ci saranno anche
multe pesantissime".
Un risultato importante, quello annunciato, che però ha smorzato
l'entusiasmo dei promotori. Due, infatti, le colonne portanti della
cosiddetta Carta di Milano: al primo posto la regola l'attenzione
al trattamento delle informazioni riguardanti i cittadini detenuti,
soprattutto nel delicato passaggio del reinserimento nella società
e alle misure alternative, spesso confuse con un ritorno alla
libertà. Secondo pilastro, invece, proprio il diritto all'oblio per
gli ex detenuti, affinché non restino esposti senza limiti di tempo
ai danni che la ripetuta pubblicazione di una notizia può arrecare.
Tuttavia, quest'ultimo punto non ha passato il vaglio del Consiglio
nazionale, ma per Bombonato ci sono ancora i termini per lavorarci.
Questione delicata sottolineata anche da Ornella Favero, direttrice
di Ristretti orizzonti. "La mancanza del diritto all'oblio non
inchioda semplicemente la persona al reato - ha affermato -, ma
anche a come è stato raccontato. Dobbiamo avere il coraggio di dire
che il passato di una persona non può essere una condanna a
vita".
Effetti collaterali della mancanza di tale diritto raccontati
durante i lavori da Luigi Pagano, vice direttore del Dap, che ha
ricordato il caso Vallanzasca, che dopo aver scontato la propria
pena e tornato in libertà ha perso il posto di lavoro per essere
stato "scoperto" da un giornalista. Pagano ha ricordato anche come
il linguaggio giornalistico a volte sia poco rispettoso anche nei
confronti degli operatori che lavorano negli istituti, chiamati
spesso "secondini". "La cattiva stampa non aiuta il processo di
reinserimento e gli sforzi non vengo messi in luce come
meriterebbero - ha detto Pagano -. Nonostante il lavoro che stiamo
facendo per rendere trasparenti gli istituti di pena, tali sforzi
vengono spesso riportati dai media allo stesso livello delle
critiche ingiustificate". Dal vice direttore del Dap, infine,
un'apertura al mondo dei giornalisti e l'annuncio di voler
"riaprire le sale stampa in alcuni istituti e ridare parola ai
provveditorati per comunicare sia eventi critici che notizie
positive".
Apertura confermata anche da Patrizio Gonnella, presidente di
Antigone onlus, soprattutto negli ultimi anni. Nel ribadire
l'impegno delle associazioni nel "lavoro culturale" di supporto al
mondo dell'informazione, Gonnella ha evidenziato però che manca ad
oggi una figura specializzata nelle redazioni giornalistiche. "Non
c'è chi si occupa di questi temi, un penitenzialista - ha detto
Gonnella -. Mentre ci sono e sono tanti i vaticanisti". Ai
giornalisti si è rivolta anche Giovanna Di Rosa, membro togato del
Consiglio superiore della magistratura e in passato magistrato di
sorveglianza a Milano. "I giornalisti hanno una grande
responsabilità perché orientano l'opinione pubblica e quella dei
politici - ha affermato - e la non completa descrizione dei fatti
può diventare fuorviante. Il lavoro dei giudici diventa anche più
efficace quando ben descritto dai giornalisti, mentre quando
prevale il cattivo giornalismo può capitare si verifichino anche
attacchi diretti ai magistrati. Dobbiamo fare un salto di qualità e
dobbiamo farlo tutti insieme".
A margine del convegno, infine, Pagano ha annunciato le prossime
mosse del Dap, come l'apertura di due nuovi istituti penitenziari
in Sardegna, di 3 sezioni in Lombardia, 2 in Calabria e altre
sezioni in Campania, Abruzzo, Emilia e Piemonte. Interventi che
verranno approfonditi durante la conferenza stampa che si terrà
martedì prossimo presso il museo criminologico di Roma. Mentre sul
sovraffollamento, Pagano ha avanzato l'ipotesi dei domiciliari ai
detenuti che devono scontare l'ultimo anno di pena, riducendo così
il numero complessivo di detenuti di 10.200 persone. Dato che
salirebbe a 15mila se venissero presi in considerazione tutti
quelli che devono scontare gli ultimi 18 mesi di pena. (ga)