Migranti e media, Carta di Roma: superati i tempi dei “vu’ cumprà”
ROMA – Presentato stamani “Notizie fuori dal ghetto”, il primo rapporto annuale su come il giornalismo tratta il tema dei migranti, dei richiedenti asilo e delle vittime della tratta nella rappresentazione mediatica, a cura dell'associazione Carta di Roma, nata due anni fa per dare attuazione all'omonimo protocollo deontologico siglato nel giugno del 2008 dall'Ordine dei giornalisti e dalla Federazione stampa nazionale. La Carta di Roma non vuole imporre buonismo d'ufficio in nome della correttezza politica, bensì riaffermare la “volontà di riappropriarsi del diritto/dovere di raccontare la realtà nel rispetto di tutti”.
Migranti e fatti di cronaca. Le ricerche sono state condotte da una rete universitaria che collabora con l'Osservatorio Carta di Roma, e hanno evidenziato alcuni mutamenti avvenuti nel 2012, anno preso in esame dal rapporto, a iniziare dalla crescita delle notizie sull'immigrazione e l'asilo legate alla società, cioè a questioni demografiche, lavoro, economia e istruzione. E' diminuito il peso della cronaca, e in particolare di quella nera, che continua a incidere molto solo nei quotidiani locali, dove raggiunge percentuali molto alte: ad esempio, sul Corriere del Veneto, il Giornale di Sicila, Il Messaggero, il Resto del Carlino sono il 50% di tutte le notizie relative alla migrazione, sulla Gezzetta del Mezzogiorno raggiungono il 60%.
Permane comunque, ben marcata, l'etnicizzazione della notizia, cioè i casi in cui l'appartenenza nazionale, o le origini, della persone oggetto del fatto di cronaca viene eletta a unica spiegazione e chiave di lettura dei fatti riportati: nel 32% delle notizie analizzate nel rapporto viene indicata la nazionalità in prima pagina, e si sale al 59% considerando solo quelle di cronaca nera.
Aumentano invece le notizie che riportano casi di razzismo: il 42% di esse sono anche notizie di cronaca nera, mentre c'è un 15% di casi in cui sono definiti razzisti forze politiche, personaggi singoli o commentatori, e un 13% in cui le notizie sul razzismo sono legate al calcio.
I flussi migratori sono raccontati quasi solo attraverso gli “sbarchi”, da ben prima del dramma accaduto a Lampedusa pochi mesi fa. Gli sbarchi, nei media italiani, sono una sorta di “icona mediale” dell'intero fenomeno migratorio, all'interno del quale la questione specifica dei richiedenti asilo è emersa solo quest'anno, dopo le tragedie.
L'invisibilità delle donne migranti. Di tutte le notizie sui migranti analizzate, il 53% riguarda prevalentemente uomini, il 30% i due generi in modo equilibrato, e il 17% prevalentemente le donne: le donne migranti o richiedenti asilo sono invisibili sui media, e continuano a esserlo, paradossalmente, anche quando diventano oggetto di cronaca: finiscono sui giornali quasi sempre per notizie di cronaca nera, per violenze o femminicidi di cui sono vittime, ma per la stampa italiana ci sono, evidentemente, femminicidi di serie A e di serie B. Nei servizi dedicati alle donne straniere uccise, non viene restituito il loro essere persone, non ci sono interviste a parenti o conoscenti, non c'è la descrizione del flusso di una vita normale spezzata dall'omicidio. Sono rappresentate come vittime spersonalizzate, deboli, oppure succubi della cultura patriarcale del Paese d'origine, dipinta come monolitica, immutabile, nei fatti inferiore.
Una nuova rappresentazione dei giovani. Nel corso del 2012 i figli dei migranti hanno conquistato, specie nelle news televisive, un protagosnimo attivo e positivo, con una serie di servizi che raccontano le loro storie e le difficoltà che devono affrontare quotidianamente, legittimando le loro richieste riguardo alla cittadinanza e accomunandoli ai coetanei nati in Italia. La loro rappresentazione è uscita dallo stereotipo di destinatari passivi di iniziative di solidarietà, e anche il velo, per come è rappresentato in questi servizi, assume un significato rivendicativo e di autodeterminazione delle nuove italiane che lo indossano, e non è più, o almeno non solo, simbolo di non italianità, oppressione e passività. Il 13% delle notizie sui migranti ha riguardato minorenni, con un sostanziale rispetto della Carta di Treviso (documento deontologico del 1990, poi aggiornato nel 2006, sulla rappresentazione mediatica dei minori, ndr).
Sempre male il racconto di Rom e Sinti. La rappresentazione dei Rom e dei Sinti è, invece, ancora fortemente critica, nei quotidiani locali come in quello nazionali: a iniziare dal linguaggio scorretto, con l'uso massiccio di termini quali “zingari” e “nomadi”, e con un'etnicizzazione dei reati che colpevolizza e stigmatizza l'intera comunità per fatti criminosi che riguardano dei singoli. A volte la semplice vicinanza tra il luogo dell'evento narrato e quello dove vivono i Rom li rende i primi sospettati.
La situazione complessiva del linguaggio usato dai media italiani per raccontare dei migranti e dei richiedenti asilo sta nel complesso migliorando, anche se, come affermano le stesse conclusioni del rapporto, “Non siamo […] di fronte a un cambiamento dei meccanismi consueti del sensazionalismo o del newsmaking giornalistico, ma si registrano delle novità che la professione giornalistica sta sperimentando per produrre qualcosa di più idoneo a raccontare le sfide contemporanee”. L'Italia sta cambiando, è già cambiata, i nuovi italiani se ne sentono pienamente parte, e spetta al giornalismo, da sempre fonte di informazione ma anche mediazione del nuovo per la gente comune, trovare sul tema migranti nuove forme di narrazione che escano da quelle tradizionali, ormai trite e inadeguate. (Elisa Manici)