Come cambia la scuola, tra tempeste e squarci di sereno

30nov2013
La ''meteorologia della scuola'' nel workshop tenuto da Franco Lorenzoni. “L'insegnante ha il compito di raccogliere le scintille dei ragazzi, creando il nido per trasformarle in fuoco. Spesso invece le lascia morire. Complici l’anzianità, la stanchezza, la precarietà e le poche risorse”

CAPODARCO DI FERMO – “Raccogliere le scintille dei bambini e dei ragazzi, perché possano diventare fuoco”: questa dovrebbe essere “l’essenza” della scuola, come la immagina e cerca di praticarla ogni giorno Franco Lorenzoni, maestro elementare e fondatore della casa-laboratorio di Cenci, in Umbria. Nel workshop dedicato alla “transizione nella scuola”, che si è svolto questa mattina nell’ambito del Seminario  di Redattore Sociale “La sostanza e gli accidenti”, Lorenzoni ha tratteggiato la “meteorologia della scuola italiana, tra tempeste e squarci di sereno”. 

“I bambini, a partire dai 12 anni circa, non credono più nella scuola. E spesso non ci credono neanche i genitori e gli insegnanti stessi”: è questa la prima “tempesta” raccontata da Lorenzoni. “Di conseguenza, no sopravvivono il rapporto con la cultura e soprattutto la relazione con la fatica. Ancora si salva la scuola elementare – ha precisato – perché la vitalità dei bambini è così forte che l’insegnante reagisce”. La seconda tempesta è “lo scempio prodotto nel 2008 da Tremonti, con il taglio di 8,4 miliardi: il primo taglio alla scuola in Italia, l’unico in Europa”. 

Due sono però, nonostante questo, gli squarci di sereno che si aprono nel cielo grigio: innanzitutto, “la scuola elementare resta il principale luogo pubblico di inclusione degli stranieri”. In secondo luogo, l’Italia vanta “la legislazione più avanzata in termini di integrazione degli studenti disabili, come dimostra anche il recente, piccolo ma significativo investimento sulla stabilizzazione degli insegnanti di sostegno. Purtroppo però – ha osservato Lorenzoni – in molti casi la realtà contraddice la legge: soprattutto, quando si mette in atto la delega della disabilità all’insegnante di sostegno, anziché cogliere la sfida e la novità che la disabilità stessa porta in classe. Una novità che dovrebbe stimolare l’insegnante-esploratore, portarlo a ribaltare la prospettiva, a cambiare il proprio modo di fare e a sperimentare nuovi linguaggi. E’ infatti proprio nei luoghi di confine, cioè nelle situazioni di difficoltà, che si accende più facilmente la scintilla della creatività”. 

Quella stessa scintilla che non manca mai ai bambini, ma che spesso la scuola è incapace di cogliere e sviluppare. “Continuamente i ragazzi esprimono vere e proprie illuminazioni, che gli insegnanti non sanno raccogliere e lasciano morire. Comito della scuola è invece soprattutto far acquisire al bambino la fiducia nel proprio pensare, perché è da lì che deriva l’interesse e la motivazione allo studio”. In questo contesto, pesa però significativamente la “stanchezza, l’anzianità e la precarietà di buona parte degli 800 mila insegnanti italiani”. Un capitolo ampio, complesso e di grande attualità, sui cui si è sviluppato il successivo dibattito e le testimonianze di alcuni partecipanti.