Lgbt, "gay pride di Palermo raccontato dai media in maniera omologata"

22ott2013
Al seminario di Redattore Sociale e Unar parlano i giornalisti Camarrone, Rizzo e Scarafia. Rizzo caporedattore delle pagine culturali del Giornale di Sicilia: "Vederlo omologato come un evento trasversale non mi è piaciuto molto"
PALERMO – In che modo la pratica giornalistica ha risposto al tema delle persone Lgbt? A partire da questa domanda i giornalisti Davide Camarrone, Salvatore Rizzo e Sara Scarafia  hanno cercato di rispondere citando la loro esperienza professionale.   
“Prendendo come esempio il Pride nazionale di Palermo, credo che questo è stato raccontato in maniera canonica come è avvenuto altre volte - dice Salvatore Rizzo caporedattore delle pagine culturali del Giornale di Sicilia -. L’apertura alla città è stata un’arma a doppio taglio perché vederlo omologato come un evento comune mi ha infastidito. Vederlo omologato come un evento trasversale non mi è piaciuto molto. Non credo che esista un diritto perfetto ma non credo che oggi il racconto giornalistico possa essere aiutato da una legislazione monca presente nel nostro Paese. Sappiamo quanto la cultura dominante tenda ad annientare qualsiasi diversità. Su questo però occorre lavorare molto, lontano dalle rappresentazioni sociali obsolete. Spesso assistiamo ad un lessico assolutamente inadeguato in cui non ci si avvale di una giusta terminologia. L’obiettività giornalistica non esiste semmai ci deve essere l’onestà nel raccontare in maniera rispettosa l’universo Lgbt. Uno dei grandi sbagli che ancora facciamo è quello, per esempio, dell’omosessualità maschile e femminile che viene raccontata in maniera diversa. Quella femminile continua ad essere ancora dal giornalismo purtroppo sommersa”.
 
“Questo Paese continua ad utilizzare l’obiezione e la negazione del diverso come elemento fondamentale della propria arretratezza culturale – afferma Davide Camarrone della Rai -. Viviamo in un Paese in cui le minoranze non vengono valorizzate adeguatamente. Il cuore pulsante di una società sono proprio le minoranze. Esistono minoranze trasversali o considerate tali a cui non viene dato il giusto spazio. Il nostro Paese non può avere solo un’identità precostituita e rassicurante. Il giornalismo ha perso la funzione dialettica e critica piegandosi solo al sistema di potere. Dobbiamo recuperare la nostra intelligenza critica fondamentale nell’esercizio della nostra professione. Occorre percepire le questioni nella loro complessità senza l’utilizzo di termini impropri. Nonostante il giornalismo non è più parte dominante del nostro Paese nel bene e nel male però con gli strumenti che abbiamo oggi si può fare tanto”. 
“Occorre puntare soprattutto nella conoscenza – dice Sara Scarafia redattrice de La Repubblica -. Ho scoperto, trattando questo tema, tante cose facendo appunto l’esperienza conoscitiva che è sicuramente la prima cosa da dover curare. Non sempre è stato semplice raccontare l’omosessualità. A volte bisogna fermarsi mentre scriviamo, cercando di misurare l’uso di termini e parole per il massimo rispetto della persone. A volte un fatto raccontato nel modo giusto, rispettoso e, soprattutto onesto, può essere importante per tutta la società. Dobbiamo sicuramente partire però dalla formazione per riuscire in maniera critica e costruttiva a dare il nostro importante contributo”. (set)