Lgbt, "oggi sono sempre più gli adolescenti a voler cambiare sesso"

18ott2013
Al seminario di Redattore Sociale e Unar "L'orgoglio e i pregiudizi”, parla Paolo Valerio, docente di Psicologia all'università Federico II di Napoli: "Venti anni fa volevano operarsi soprattutto gli adulti"

NAPOLI – Giornalisti e operatori sociali devono allearsi contro stereotipi e pregiudizi, a partire dall’utilizzo di nuovi linguaggi. Ne sono convinti i rappresentanti delle organizzazioni sociali e del mondo dell’informazione che si stanno confrontando nel corso del terzo seminario sul tema del genere e dell’orientamento sessuale “L’orgoglio e i pregiudizi”, organizzato a Napoli da Redattore Sociale con il patrocinio dell’Ordine dei Giornalisti della Campania in corso fino alle 14 al Maschio Angioino. “Anche il mondo della cooperazione sociale deve cambiare linguaggio, non solo i giornalisti – spiega Andrea Morniroli, della coop Dedalus - Dobbiamo essere anche noi operatori sociali a fare autocritica e a cercare di rappresentare quello che facciamo in modo nuovo. Poi, anche la stampa deve fare la sua parte e smettere di rincorrere approcci superficiali o basati sulla logica dell’emergenza. Da qui può partire una nuova alleanza”.

“Le parole possono essere usate come un’arma contro l’omofobia e i pregiudizi – sottolinea il docente di Psicologia clinica dell’università Federico II di Napoli, Paolo Valerio – L’identità di genere subisce cambiamenti radicali nel corso del tempo. Venti anni fa volevano cambiare sesso soprattutto adulti, oggi sempre di più gli adolescenti a volersi operare. I media hanno una grande responsabilità nel raccontare le evoluzioni di questo fenomeno, spesso veicolano messaggi sbagliati”.

Sul modo in cui i media hanno raccontato ieri e raccontano oggi il mondo Lgbt lo storico Andrea Pini: “Studiando il linguaggio di giornali e riviste dagli anni del dopoguerra ai giorni nostri, si scopre che molti passi avanti sono stati fatti. Si è passati da una rappresentazione stereotipata e denigratoria dell’omosessualità, di cui si parlava solo per casi di cronaca nera, ad una visione che condannava il gay come se avesse commesso un reato. Fino ad arrivare al delitto Pasolini del ’75 che, in qualche modo, cambia le cose, crea una cesura, perché si incomincia a parlare del fenomeno in modo nuovo”. Dopo la disamina storico-sociologica, anche un’istantanea sulla situazione attuale: “I media tutto sommato hanno favorito ed accompagnato il percorso di emancipazione del mondo lgbt, anche attraverso firme di intellettuali di spessore così come con la nascita di importanti riviste gay, ma restano tante le cose che non funzionano”.

“Iniziative come questa – dichiara Alessandra Barbieri, dirigente dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (Unar) – hanno lo scopo di sensibilizzare e combattere i pregiudizi. Si pensi che nel 2012 le segnalazioni del Contact service dell’Unar per discriminazioni sessuali sono state 144. Il 36,8% di questi casi si è svolto nella vita pubbliche, ad esempio aggressioni, scritte omofobe, il 33,3% attraverso i mass media. È questa la nuova sfida che ci aspetta, all’interno di una strategia nazionale più complessiva contro le discriminazioni, che intende agire nell’ambito della scuola, del lavoro, della formazione, della sicurezza”. (m. n.)