Cosa rimarrà dei Giochi? Arrigoni: ''Cambierà l'approccio verso la disabilita''
LONDRA - Paralimpiadi di Londra verso la chiusura. Una
Paralimpiade di successo, per diversi motivi. Un successo che, per
fortuna, non è sfuggito agli obiettivi dei media, presenti in massa
e capaci di sviluppare un impegno ottimale sia sul piano
qualitativo che su quello quantitativo. Ma quali sono state le
difficoltà di "raccontare" l'evento e, soprattutto, cosa rimarrà di
questi Giochi nell'opinione pubblica in termini di comprensione
della realtà, di approccio alla disabilità? Lo abbiamo chiesto a
Claudio Arrigoni, giornalista del Corriere della Sera, grande
esperto di sport e disabilità, impegnato a Londra come inviato e
anche commentatore per Rai Sport.
"Cosa rimarrà di questi Giochi paralimpici? Probabilmente qui in
Inghilterra rimarrà molto - afferma Arrigoni -. Penso alle decine
di migliaia di persone che ogni giorno sono nei palazzetti a vedere
le gare. E penso a telespettatori di Channel 4, per esempio, che
tutti i giorni manda ore e ore di gare. Ho l'impressione che
cambierà l'approccio verso la disabilità e verso i temi del sociale
in generale. Eppoi ho visto tante famiglie, tanti giovani. E sono i
giovani che dovranno cambiare il mondo. Ribadisco comunque che i
media stanno dando un apporto molto importante in questo senso. Il
Times ogni giorno ha dato l'apertura sulle Paralimpiadi, stesso
grande spazio da il Guardian e altri giornali. E anche il fatto che
le Paralimpiadi si siano svolte in Europa ha aiutato: ha permesso
una fruizione ottimale dell'evento, a differenza dei giochi svolti
a Pechino o Vancouver, per sempio, dove la differenza di fuso
orario ha inciso in negativo".
E in Italia? "Lo sforzo della Rai è stato importante. La
televisione pubblica ha dedicato un'intera rete alla
manifestazione, inviando a Londra più di 60 persone. Un grande
sforzo organizzativo e produttivo, che ha permesso di colmare anche
qualche lacuna dell'organizzazione inglese. Peraltro ottima.
Insomma, mi sembra giusto sottolineare che per una volta la
televisione pubblica ha reso un ottimo servizio".
Craven, presidente del Comitato paralimpico internazionale, ha
suggerito alla vigilia dei Giochi di parlare degli atleti e non
della loro disabilità. Ci sono poi le difficoltà oggettive di
raccontare le gesta di chi è in gara, attraverso un linguaggio
corretto, rispettoso ma al tempo stesso non enfatico. Quali sono
state le difficoltà nel raccontare le Paralimpiadi? "Non c'è dubbio
che difficoltà di approccio ci sono - ammette Arrigoni -. Ritengo
giusto l'appello di Craven, sia sul piano culturale che su quello
lessicale. Però noi dobbiamo far capire alle persone che lo sport
paralimpico è meraviglioso perché praticato da persone con
disabilità. Dobbiamo far capire gli sforzi, che tali sono perché
compiuti appunto da persone disabili. Se ci soffermassimo solo sul
risultato, daremmo un'informazione parziale e non si comprenderebbe
la prestazione. Abituati infatti ai tempi e ai record dei
cosiddetti 'normodotati', correremmo il rischio di sottovalutare il
risultati paralimpici e non si capirebbe appieno".
"Noi dobbiamo parlare delle persone con disabilità - conclude
Arrigoni -, ma occorre trovare il giusto mix tra rispetto e
comprensione del gesto atletico".