Il filosofo Natoli a “Sgomberiamoli!”. “Giornalisti, avete il dovere di inquietarvi"

17apr2012
Aperto a Milano il seminario organizzato dall’Agenzia Redattore Sociale in collaborazione con l’Unar. Per il docente di filosofia teoretica all'Università Bicocca, il giornalismo non ha solo un compito "informativo, ma anche formativo"

NatoliMILANO - "Giornalisti, avete il dovere di inquietarvi": per Salvatore Natoli, docente di filosofia teoretica all'Università Bicocca, il giornalismo non ha solo un compito "informativo, ma anche formativo". Nel suo intervento al seminario di Redattore sociale "Sgomberiamoli", organizzato a Milano nell'ex ospedale psichiatrico Paolo Pini, il filosofo ha esordito sottolineando quali sono i due caratteri fondamentali del giornalista: "raccontare i fatti" e "aprire spazi di discussione". "Raccontare i fatti nella loro purezza non è facile perché dipende dal punto d'osservazione e qui si gioca l'onestà intellettuale del giornalista". Ma ciò non basta: "È fondamentale aprire spazi di discussione a partire dai fatti, questo è un esercizio di democrazia".

Il giornalismo può alimentare o alleggerire l'ossessione della diversità."C'è un'ossessione patologica che scaturisce dall'osservazione del diverso - sottolinea Natoli -. È causata da una presunzione di unicità. Quando l'altro è sentito come ingombro, si ha la tentazione di volerlo rimuovere perché  dà fastidio". L'immigrazione, però, scardina ogni certezza."Lo straniero è inquietante - aggiunge il filosofo -. Ma l'inquietudine è un fatto positivo perché rompe la routine. Il quieto vivere è invece frutto della stupidità".

Anche se costa fatica, il futuro sarà frutto dell'incontro tra persone, culture e popoli diversi. "Il diverso ci fa sentire diversi - spiega Natoli -. Per un semplice motivo: ci fa prendere coscienza che il mondo non è più unico. Ma è sempre stato cosi, la promiscuità è il motore della storia. La storia procede per innesti, siamo strutturalmente complessi, siamo tutti misti".
Di fronte alla diversità le reazioni sono di due tipi. "La prima è che ci sentiamo superiori. Il diverso è trattato come essere inferiore. Questo impedisce l'incontro e semmai c'è un uso dell'altro: per questo il migrante viene visto come forza lavoro". Spesso ci si sente superiori inconsapevolmente: "Ci si sente a casa e quando va bene abbiamo un atteggiamento paternalistico verso lo straniero".

Il giornalista può alimentare i pregiudizi. "Si imputa allo straniero l'indole a delinquere. La parola rom voi giornalisti la traducete in delinquente. Dichiarate prima la provenienza delle persone e poi la storia e non viceversa".
"L'altro pregiudizio è di imputare a tutta una comunità il delitto commesso da un singolo", aggiunge Natoli.
Negli ultimi 20 anni la propaganda politica si è basata sulla paura. "E c'è stata una stampa diventata arma di propaganda. Il compito del giornalismo è invece diverso: il migliore è quello d'inchiesta, capace di rivoltare le carte".

Anche chi ha uno sguardo favorevole sull'immigrazione rischia di non accettare lo straniero. "L'integrazione è un concetto rischioso, perché significa anche assimilazione. Io preferisco il termine interazione: è un processo graduale di scambio. Ma bisogna allora creare le condizioni per  l'interazione. Chi è minoranza ha il dovere di non chiudersi, ma tocca alla maggioranza fare il primo passo perché ha più strumenti. Solo dando diritti è possibile chiedere doveri: non basta l'ospitalità, occorre dare cittadinanza al diverso". (Dp)
E' possibile seguire gli incontri anche dall'esterno, attraverso una diretta Twitter su @RedattoreSocial con l'hashtag #sgomberiamoli, sia attraverso i video messi on line su questo sito.