Il giornalismo sociale cresce sul web. E non significa più pietismo e negatività
MILANO - Immigrazione, lavoro e salute: sono i tre grandi temi
di cui si è occupato il giornalismo sociale negli ultimi 10 anni.
Che predilige ancora la stampa, anche se negli ultimi anni ha
cominciato a farsi sempre più spazio il web. È quanto emerge dalla
ricerca condotta dal Premio giornalismo per il sociale di
Fondazione Sodalitas su un campione di 342 articoli tra quelli
selezionati dalle Commissioni di valutazione del premio stesso.
L'indagine, realizzata da Astarea, è stata illustrata in occasione
del decimo anniversario del riconoscimento che Fondazione Sodalitas
ogni anno assegna a giornalisti e operatori dell'informazione che
si sono distinti per aver approfondito temi di particolare
rilevanza sociale e umanitaria. Oltre 1400 i giornalisti coinvolti
sino a oggi nell'ambito dell'iniziativa, nata per favorire la
crescita di una cultura dell'informazione più attenta ai problemi
sociali.
"Abbiamo deciso di riflettere sull'evoluzione dei contenuti di un
settore dell'informazione che ha assunto, nel tempo, un'importanza
e una strategicità sempre più tangibili - afferma Ugo Castellano di
Fondazione Sodalitas - Lo studio ha evidenziato come il giornalismo
sociale stia crescendo sul web intercettandone le potenzialità, sia
spesso in grado di individuare i reali ambiti di emergenza della
società, preferisca informare piuttosto che stupire e sappia
guardare agli avvenimenti con una prospettiva positiva".
È ancora la stampa il mezzo che ospita il maggior numero di
articoli che riguardano il sociale con particolare riferimento a
quella periodica (media degli anni: 42%), seguita da quella
quotidiana (media degli anni: 34%) e dal web (media degli anni:
19%), che peraltro aumenta sistematicamente nel tempo (più del 30%
degli articoli dal 2010 a discapito della stampa quotidiana che
nello stesso anno si attesta al 23%): una crescita dovuta
probabilmente anche alla sua maggiore efficacia in termini di
tempestività e praticità della diffusione della notizia.
Tra i temi più ricorrenti, il lavoro, in particolare ha registrato
un picco di interesse nelle annate 2007/08 e 2009/10, in
corrispondenza di periodi particolarmente critici per il
Paese, a dimostrazione di come il giornalismo sociale possa
efficacemente dare voce in tempo reale alle urgenze della
collettività. Un fenomeno che però non avviene sempre e in tutti
gli ambiti. Dall'indagine sono infatti emersi come argomenti meno
trattati la scuola, la cultura e lo sport (di cui si parla
complessivamente nel 6% dei casi), oltre che la famiglia e i
diritti civili (10%): una carenza sintomo della scarsa vicinanza
della stampa sociale alle agenzie di socializzazione primaria, non
esenti da criticità profonde.
Chi scrive di sociale preferisce uno stile piano e descrittivo
(61%) finalizzato alla comprensione e all'immediatezza, piuttosto
che l'uso di figure retoriche (22%), o di toni enfatici (13%). I
periodici tuttavia, che per ampiezza, tempo di lettura e lontananza
dalla sezione cronaca consentono un uso più libero della penna,
utilizzano lo stile piano con minore frequenza rispetto ai
quotidiani (52% contro 65%) e al web (68%), il cui orientamento
stilistico è ovviamente influenzato dalle esigenze di
leggibilità e di massima chiarezza. Quanto più l'articolo tende
verso uno stile piano e descrittivo, tanto più il titolo rinuncia a
offrire una sintesi chiara e univoca. Alla funzione prettamente
informativa subentra infatti un'opposta strategia di ricerca di
attenzione, che fa leva piuttosto sulla curiosità e sul
coinvolgimento emotivo.
Il genere giornalistico di gran lunga preferito da chi si occupa
di sociale è il racconto (utilizzato nell'82% dei casi): prevale
l'idea della "presa diretta" e dell'oggettività della
rappresentazione, a discapito dei commenti (7%). Questo approccio è
confermato anche dall'intento con cui il giornalismo sociale si
rivolge ai lettori. Dominante infatti l'invito a capire e
approfondire (67%) anche fenomeni non necessariamente vicini o
familiari ma comunque prioritari. Da non trascurare tuttavia
la percentuale degli elaborati che puntano a un coinvolgimento
diretto di chi legge nelle cause descritte invitando a prendere
posizione (16%). Un orientamento che nella stampa periodica si
rintraccia più di frequente rispetto agli altri mezzi (30%
contro la media del 25%).
Giornalismo sociale oggi non significa più pietismo e negatività.
Quando i giornalisti decidono di raccontare situazioni che
contraddicono le aspettative (30% del totale) lo fanno nella
maggior parte dei casi (63%) dando visibilità a esperienze di segno
positivo, che falsificano aspettative troppo comodamente
pessimistiche. Quello che interessa il giornalismo sociale e che lo
differenzia dalla cronaca - nonostante le crescenti similitudini
sia in termini di stile di scrittura che di contenuti - sono quindi
gli eventi positivi piuttosto che quelli negativi.