Lucas, consigli ai giovani: “Costruite un giornalismo dal basso, credendoci”

30nov2012
Incontro a Capodarco con uno dei più grandi fotogiornalisti italiani. Che afferma. “La fotografia fa paura, per questo i giornali non la usano. La vecchia formula è finita, allora inventiamoci altro. C’è bisogno di informazione nuova, fresca, credibile”

 

CAPODARCO DI FERMO - Tanti gli spunti e i passaggi interessanti dall'intervento di Uliano Lucas al seminario per giornalisti Redattore Sociale. Dopo aver raccontato gli inizi e il clima dell'Italia degli anni '60, Lucas è passato ad esaminare il presente, lanciandosi poi in una serie di suggerimenti alla giovane platea.
Un Paese dipendente. Aggiunge Lucas: "L'altro giorno su intere pagine di giornale c'era questa straordinaria storia del calendario Pirelli! Basta modelle, adesso c'è il sociale! In realtà c'è da vergognarsi. Chi è stato nel terzo mondo dice: è impossibile che un fotografo come Salgado faccia una campagna per Illi caffè e invece di fotografare i bambini lavoratori fa una campagna pubblicitaria con una bellissima donna indiana che raccoglie chicchi di caffè! Il fatto è che siamo in un Paese dipendente totalmente dalle grandi agenzie. E un Paese così è un Paese che balbetta. Ragionate sulla comunicazione - ha detto, riferendosi ai giovani giornalisti presenti -. L'Italia dipende totalmente dall'informazione straniera. L'80% delle immagini è di provenienza straniera. Non abbiamo fonti, e dall'estero arriva anche il materiale scritto. Il problema, dunque, è come ti arriva l'informazione. E' su questo che vi fregano".
Altri tempi, quelli di Lucas… "Le foto degli ospedali psichiatrici nessuno te le pubblicava - ricorda -. Così come le foto delle case degli operai! C'è voluto il '68 per formare una generazione di giornalisti". Ma l'Italia sembra non avere imparato nulla. "A Sarajevo, durante il conflitto, c'era un solo giornalista che parlava la lingua del posto. Eppure 6 milioni di persone andavano là in vacanza! E oggi in Africa il Corriere, Repubblica, La stampa ecc… non hanno un corrispondente. In America Latina ci sono 3 corrispondenti! Le Monde invece fa piazza pulita. Con 350 mila copie vendute ha 20 corrispondenti in Sud America!".
Quanto al ruolo della fotografia, il destino non è diverso dagli articoli. "La fotografia oggi non è usata. Perchè i giornalisti non hanno mai capito nulla della fotografia. Perché sono stati sempre conto. E perché i direttori non ci capiscono nulla. La fotocronaca nasce in Germania nel 1926. C'è sempre stato grande controllo per l'immagine, che ancora continua".
Come cogliere la realtà. Lucas è un fotografo-giornalista perché ha sempre voluto proporre reportage, che fossero un racconto. Ma come si fa a fotografare una cosa che si sta trasformando? "In tutti i miei racconti sono sempre tornato sui miei passi. Con la psichiatria, per esempio, la fotografia ha svolto un ruolo determinante. Ma io continuo a raccontare la storia della psichiatria ancora oggi. Perché un conto era fotografare l'utente con il pigiama addosso e un conto è raccontare oggi che fanno 4 ragazzotti con disagio mentale, cosa fanno le cooperative. Molti dei miei lavori nascono con il dialogo. Il problema era entrare in quei 2 o 3 posti (fabbrica, carcere, manicomi) e cercare di capire. Poi andare nelle loro case, conoscere le loro storie e le loro famiglie. Capire, insomma. Sarajevo era una città assediata perché l'Europa l'aveva dimenticata". E oggi? "I giornali vogliono il sangue - afferma Lucas; vogliono il bambino, la retorica del bambino. L'Africa, per esempio, è sempre continente di gente con la pancia gonfia. Nessuno parla delle università africana, della nuova borghesia africana. C'è un'altra Africa, fatta di scrittori, di giornalisti, di uomini di cultura! Il problema è che sono fuori dal mercato, l'Africa come l'America Latina. Non c'è un'agenzia africana e sudamericana che dia notizie. Se non sei alfabetizzato su questo, sei un perdente".
L'invito ai giovani. Una fotografia, per capirla, bisogna essere colti. "Perché una foto ti dà tanti rimandi - sottolinea Lucas -, se sei colto. Ti rimanda al cinema, alla poesia, ai quadri, a sensazioni. Ti rimanda a tanto. E più la guardi, più hai rimandi, storie. Se hai letto Freud, se hai dentro materiale. Poi la foto ha una costruzione e un alfabeto. Ci sono delle fotografie potenti, come quelle del Che disteso sul tavolo, perché ci rimanda alla grande pittura del '400, del '500 e del '600. E' questo l'importante. Quando si impone una foto, dietro c'è una storia già nostra".
L'impressione è che oggi sia difficile imporsi. "E' proprio questa paura verso la foto il motivo per cui i giornali non la usano. Il vecchio foto-giornalismo è finito, perché è finita la formula. Il grande coraggio della vostra generazione è quella di mettervi da soli. Costruite un giornalismo dal basso, credendoci, in cooperativa, ed entrando nel mercato. Non c'è altro modo. Io ho sempre pensato: pochi soldi, ma sono libero!".
E conclude: "Si tratta, con grande intelligenza, di fare il salto. I giovani fotografi che tentano di entrare nel mercato non hanno nessuna possibilità. Il mercato è chiuso, Stessa cosa per la scrittura. Allora inventiamoci altro. C'è bisogno di informazione nuova, fresca, credibile. Attraverso nuovi sistemi di comunicazione. Il giovane reporter che pensa di entrare nelle agenzie internazionali uscendo dalle scuole italiane, dequalificate, è un matto! Piuttosto: caporedattori, gli inviati, gli opinionisti, non si vergognano delle condizioni in cui versano le nuove generazioni di giornalisti? Tu sei un caposervizio e di fianco hai dei precari… No, così non si può! C'è silenzio e complicità di uh meccanismo che è collegato alla complicità di tutto il resto. C'è la presa in giro totale. Vogliamo rompere questo meccanismo? Il problema è il ruolo sociale del giornalista. Non ve lo fanno fare? Inventatevelo!". (da.iac)