Don Colmegna: “Occorre 'stare in mezzo' alla realtà e a raccontarla in modo diverso”

28apr2011
Il direttore della Casa della Carità alla quinta edizione di Redattore sociale Milano. “Sul sociale non si improvvisa: esiste tutto un patrimonio di storie che va regalato alla riflessione, non all'emozione”

MILANO - "Dire che ci sono 25 mila rom che girano a Milano fa paura. Il problema è che a volte si punta a scatenare i sentimenti del pubblico piuttosto che verificare le notizie". Parole di don Virginio Colmegna, direttore della Casa della Carità, durante il suo intervento alla quinta edizione di Redattore sociale Milano, seminario di formazione per giornalisti e operatori della comunicazione, in corso al Villaggio Barona.

"Mi ricordo un titolo del quotidiano Libero di qualche mese fa, quando uscì il tema dei respingimenti: 'Finalmente cattivi'. Uno schiacciamento sulla paura e sulla sicurezza, che oggi anche i giornalisti sociali stanno subendo", ha detto don Colmegna, prima di dare i suoi suggerimenti alla platea: "Il primo dato che vorrei sottolineare è che sul sociale non si improvvisa: esiste tutto un patrimonio di storie che va regalato alla riflessione, non all'emozione, bisogna riuscire a scavare la notizia e a restituirla al pubblico nella sua complessità". Un lavoro possibile anche con le storie, purché si punti a valorizzare "l'individualità e la soggettività della persona, che vanno riportate all'interno del sistema della comunicazione: anche questo deve diventare notizia e capacità riflessiva", ha proseguito il sacerdote, citando tre esempi di notizie che i media avrebbero potuto valorizzare.

La prima, la storia di un rifugiato del Mali ospitato nella Casa della Carità, per la legge italiana un clandestino, che dopo aver ottenuto un lavoro e il permesso di soggiorno si è reso protagonista di un'azione di solidarietà concreta nei confronti di due tunisini che viaggiavano in treno con lui, pagando loro il biglietto da Napoli a Milano. La seconda, la forte alleanza stretta tra gli abitanti del quartiere dove sorge il campo rom di via Triboniano a Milano e gli operatori della Casa della carità che lavorano per l'integrazione dei rom: "Il frutto di un'azione di relazione, conoscenza e cambiamento avvenuto attraverso lo 'stare in mezzo' alle situazioni", ha sottolineato Colmegna. La terza, le lezioni che ogni sabato il Conservatorio di Milano impartisce a 27 bimbi rom: "Una notizia importante, anche se piccola -ha commentato Colmegna-. Non per fare una filosofia dolciastra, ma per fare vedere che si arriva a questi risultati attraverso una relazione quotidiana e competente con le persone".

Il consiglio di Colmegna ai giornalisti che si occupano di sociale è quindi quello di mettersi in relazione, ma anche in discussione: "Non dobbiamo essere solo persone che raccontano, ma dobbiamo sapere che i legami che stringiamo cambiano anche la nostra biografia, perché le persone e le realtà con cui entriamo in contatto possono incidere sulle nostre visioni e i nostri stili di vita. La vicinanza con le fasce deboli è un grande regalo per portare la disciplina dei sentimenti dentro di sé e dentro il proprio lavoro". Un fronte su cui oggi è necessario lavorare, perché "di fronte a notizie come quella dei bombardamenti sulla Libia, questa società non può non indignarsi -ha concluso Colmegna-: la generazione anziana, che ha memorie di solidarietà viva e di cultura operaia, sta per essere catturata da mentalità aggressive e di difesa. Bisogna quindi cominciare a 'stare in mezzo' alla realtà e a raccontarla in modo diverso: a tutti i livelli, in tutti i modi". (ar)