Don Colmegna: “Occorre 'stare in mezzo' alla realtà e a raccontarla in modo diverso”
MILANO - "Dire che ci sono 25 mila rom che girano a Milano fa
paura. Il problema è che a volte si punta a scatenare i sentimenti
del pubblico piuttosto che verificare le notizie". Parole di don
Virginio Colmegna, direttore della Casa della Carità, durante il
suo intervento alla quinta edizione di Redattore sociale Milano,
seminario di formazione per giornalisti e operatori della
comunicazione, in corso al Villaggio Barona.
"Mi ricordo un titolo del quotidiano Libero di qualche mese fa,
quando uscì il tema dei respingimenti: 'Finalmente cattivi'. Uno
schiacciamento sulla paura e sulla sicurezza, che oggi anche i
giornalisti sociali stanno subendo", ha detto don Colmegna, prima
di dare i suoi suggerimenti alla platea: "Il primo dato che vorrei
sottolineare è che sul sociale non si improvvisa: esiste tutto un
patrimonio di storie che va regalato alla riflessione, non
all'emozione, bisogna riuscire a scavare la notizia e a restituirla
al pubblico nella sua complessità". Un lavoro possibile anche con
le storie, purché si punti a valorizzare "l'individualità e la
soggettività della persona, che vanno riportate all'interno del
sistema della comunicazione: anche questo deve diventare notizia e
capacità riflessiva", ha proseguito il sacerdote, citando tre
esempi di notizie che i media avrebbero potuto valorizzare.
La prima, la storia di un rifugiato del Mali ospitato nella Casa
della Carità, per la legge italiana un clandestino, che dopo aver
ottenuto un lavoro e il permesso di soggiorno si è reso
protagonista di un'azione di solidarietà concreta nei confronti di
due tunisini che viaggiavano in treno con lui, pagando loro il
biglietto da Napoli a Milano. La seconda, la forte alleanza stretta
tra gli abitanti del quartiere dove sorge il campo rom di via
Triboniano a Milano e gli operatori della Casa della carità che
lavorano per l'integrazione dei rom: "Il frutto di un'azione di
relazione, conoscenza e cambiamento avvenuto attraverso lo 'stare
in mezzo' alle situazioni", ha sottolineato Colmegna. La terza, le
lezioni che ogni sabato il Conservatorio di Milano impartisce a 27
bimbi rom: "Una notizia importante, anche se piccola -ha commentato
Colmegna-. Non per fare una filosofia dolciastra, ma per fare
vedere che si arriva a questi risultati attraverso una relazione
quotidiana e competente con le persone".
Il consiglio di Colmegna ai giornalisti che si occupano di sociale
è quindi quello di mettersi in relazione, ma anche in discussione:
"Non dobbiamo essere solo persone che raccontano, ma dobbiamo
sapere che i legami che stringiamo cambiano anche la nostra
biografia, perché le persone e le realtà con cui entriamo in
contatto possono incidere sulle nostre visioni e i nostri stili di
vita. La vicinanza con le fasce deboli è un grande regalo per
portare la disciplina dei sentimenti dentro di sé e dentro il
proprio lavoro". Un fronte su cui oggi è necessario lavorare,
perché "di fronte a notizie come quella dei bombardamenti sulla
Libia, questa società non può non indignarsi -ha concluso
Colmegna-: la generazione anziana, che ha memorie di solidarietà
viva e di cultura operaia, sta per essere catturata da mentalità
aggressive e di difesa. Bisogna quindi cominciare a 'stare in
mezzo' alla realtà e a raccontarla in modo diverso: a tutti i
livelli, in tutti i modi". (ar)