Bomprezzi: “Il giornalista sociale non deve essere buono, ma bravo”
MILANO - Quando ci si cimenta con il giornalismo sociale si
oscilla tra due opposti. Da un lato quello di professionisti molto
competenti ma di parte che, proprio per la grande vicinanza alle
realtà che raccontano, tendono a usare toni un po' edulcorati. E
che per questo non sono credibili. Dall'altro l'approccio di chi
non ha sufficienti competenze e che cade in facili stereotipi,
banalizzazioni, veri e propri errori. "Il nodo
principale è sempre quello di verificare la notizia, così come
avviene in tutti gli altri settori dell'informazione -commenta
Franco Bomprezzi, giornalista e blogger-. Il giornalista sociale
non deve essere buono. Deve essere bravo e fare bene il suo
mestiere". Franco Bomprezzi ed Elena Parasiliti, direttore di Terre
di mezzo, hanno animato il dibattito nella prima parte del
seminario "Il tesoretto delle notizie" con un incontro intitolato
"Lei non sa chi sono io... figli, nipoti e orfani dell'informazione
sociale".
Durante l'incontro, sono stati presentati alcuni esempi di come la
stampa italiana (nazionale e locale) ha trattato alcuni temi legati
a vari temi sociali: dalla disabilità all'immigrazione. "Ci ha
stupito leggere sulla prima pagina de La stampa il titolo
Attenti ai cinesi, sono qui per copiare -commenta Elena
Parasiliti-. Nell'articolo si parlava di una ricerca condotta nel
Regno Unito che però veniva legata a una città in cui vivono circa
2mila studenti cinesi". Nel pezzo non veniva data voce alla
comunità cinese e, nei giorni successivi, non è stato dato spazio
alla replica dei giovani di Associna che, ben lontai dall'essere
degli 007 infiltrati nelle università italiane, promuovono
iniziative di integrazione e conoscenza reciproca che coinvolgono
immigrati e italiani.
I relatori hanno chiamato in causa non solo la professionalità del
cronista che scova e costruisce la notizia, ma anche quella di chi,
all'interno della "macchina-giornale" contribuisce a costruire il
sistema dell'informazione. È il caso, ad esempio, del "Gazzettino
di Padova" che ha dato spazio a una notizia fuorviante che riguarda
una donna rom cui viene appiccicata l'etichetta di "falsa
invalida": la donna, che è seguita dalla Caritas locale,
chiede l'elemosina in carrozzella perché non può stare in piedi
troppo a lungo. "Il giornalista che ha scritto il pezzo la osserva
semplicemente, non le ha mai parlato. Se lo avesse fatto, avrebbe
scoperto un'altra realtà", commenta Elena Parasiliti.
Altro caso presentato, quello della copertina del settimanale
Panorama che riporta in copertina la figura stilizzata di un omino
in carrozzina con le sembianze di Pinocchio e il titolo
"Scrocconi". "Questa non è un'inchiesta, ci diversi errori, molti
dei quali grossolani -commenta Franco Bomprezzi- il pezzo si limita
a riportare i dati Inail senza dare voce alle tante associazioni di
disabili che quei dati li hanno contestati".
Ultimo caso, quello dell'asilo "Obra del nino" di via Padova,
gestito da alcune donne peruviane in collaborazione con la
cooperativa Comin. Una piccola realtà che lavora per l'integrazione
dei bambini stranieri, ma che per Il Giornale, diventa
semplicemente "L'asilo dei bambini clandestini". "I bambini non
sono mai clandestini -puntualizza Elena Parasiliti- Se la
giornalista avesse visitato l'asilo e non si fosse limitata a una
telefonata, avrebbe scoperto che la realtà di cui stiamo parlando è
molto più complessa". (is)