Randall: “Formare giornalisti più raffinati, meglio formati, più bravi”
ROMA - Se internet può essere un 'pericolo' per i portafogli
dell'editoria, per i giornalisti il problema più grande è quello di
non essere più al passo con l'evoluzione del mondo che cerca di
descrivere, con le fonti e con i nuovi strumenti a disposizione.
Per David Randall, senior editor del settimanale Independent on
Sunday di Londra, intervenuto al seminario di formazione
"Giornalisti nonostante" in corso a Roma, la parola 'crisi'
applicata al giornalismo significa innanzitutto questo, ma tutto
sommato non cambia il ruolo del giornalista. "Magari avessi un euro
per tutte le volte che ho sentito parlare di crisi e difficoltà -
ha spiegato -. Sono un giornalista. Non importa se le mie notizie
arrivano sulla carta stampata o sullo schermo. Non mi interessa.
Internet sta facendo cose straordinarie. Come tutti sappiamo ha
migliorato il modo di fare le ricerche".
Per Randall, però, il web pone il problema del costo delle notizie
e delle fonti. "Vi è un processo incredibile che è soltanto
agli inizi e ha reso il giornalismo più alla portata di tutti.
Abbiamo maggiori feedback, si può utilizzare il video, il sonoro.
Tutto questo è positivo. Il problema è che i titolari dei media, in
particolare dei giornali, si comportano come se volessero
suicidarsi. Dicono: "abbiamo speso milioni e milioni di euro per
produrre questo giornalismo e adesso lo diamo tutto via" ed è
folle". "Io costo abbastanza, lo stesso dicasi per i miei colleghi
- ha aggiunto -. Spendere tutti questi soldi e poi dare via quello
che noi stiamo producendo è una follia. La cosa opportuna è
utilizzare internet in modo diverso, rispetto al dar via le nostre
storie". Una strada percorribile, anche se Randall stesso ci tiene
a sottolineare di non avere le risposte, potrebbe essere
l'abbonamento ai servizi, ma per il giornalista britannico per
trovare una vera soluzione bisogna percorrere strade non ancora
battute.
"Non è una crisi, ma è un fatto che come giornalisti dobbiamo
affrontare - ha spiegato Randall -. Oltre a internet il problema
più grave per la nostra professione è che le capacità e le risorse
di cui dispone non sono progredite quanto sono progrediti Stato,
governo e gruppi di pressione. Sono diventati molto più
professionali e molto più competenti, mentre molti giornalisti non
lo sono altrettanto. Sono diventato giornalista 36 anni fa e
da allora il governo, lo Stato, le grosse aziende e i gruppi di
pressione sono diventati più professionali per quel che riguarda le
relazioni pubbliche e il controllo del flusso delle informazioni.
Quando ero giovane potevo parlare direttamente con chi gestiva i
servizi. Nel frattempo sono nate le divisioni per le relazioni
pubbliche e questo non ha migliorato il flusso delle informazioni
per noi, bensì per loro".
Critico verso il citizen journalism e i blogger, Randall crede
ancora nei media tradizionali, anche se tuttavia non andrebbero
tagliati i ponti con i cittadini sul web. "I media più importanti
dovrebbero costituire dei nessi verso il basso con i cittadini, con
i blogger - ha spiegato -. Spesso mi trovo di fronte ad una storia
importante, ma l'idea che i cittadini giornalisti vadano a
sostituire persone come noi è assolutamente folle. È come parlare
di un cittadino dentista. Quello che noi siamo è una risorsa. La
maggior parte dei blogger sono lì seduti in camera in pigiama, si
grattano la testa e scrivono quello che pensano, ma è semplicemente
quello che pensano". Per Randall, quindi, la professione del
giornalista oggi è ancora più importante. "Ecco perché c'è bisogno
dei media tradizionali, perché le informazioni e i fatti hanno
molto più valore rispetto alle opinioni".
Eppure, secondo Randall, oggi c'è una 'sovrapproduzione' di
giornalisti, tanto da non far combaciare la domanda con l'offerta
di lavoro. "Produciamo troppi giornalisti in pectore - ha aggiunto
-. Ogni anno ci sono decine di migliaia di giovani che dicono di
essere giornalisti perché hanno frequentato un corso, ma non si
diventa giornalisti con dei corsi". Per questo il senior editor di
Independent on Sunday propone di puntare su un nuovo modo di fare
formazione. "Una delle cose che dobbiamo fare è rivoluzionare la
formazione - ha spiegato -, come usare i computer e conoscere
le leggi. Quello che non è facile da capire è rappresentato da
quelle leggine che spiegano i diritti e ci danno facoltà di
intervenire. Dobbiamo insegnare questo ai giornalisti. Molti
pensano che le parole sono belle e i numeri sono un orrore, la
maggior parte dei giornalisti non capiscono più niente di fronte ai
numeri. Credo che dobbiamo mettere a punto dei giornalisti più
raffinati, meglio formati, più bravi".