“Con le parole giuste”: le linee guida per raccontare la devianza minorile
TORINO - La centralità del linguaggio per una corretta
informazione sui migranti: il 4 febbraio con "Le parole giuste"
sono state presentate a Torino le Linee guida per i media relative
ai rapporti fra comunicazione di massa e minori stranieri, in
accordo con i principali organi che si occupano di infanzia e
adolescenza in situazioni di difficoltà e disagio. L'attenzione è
posta ai minori stranieri entrati nei circuiti penali, per il ruolo
e la responsabilità che gli organi di informazione hanno nel
raccontare i fatti di devianza minorile.
Il raccontare implica un'azione sociale che può incidere sugli
interventi di recupero avviato dagli organi competenti: il rischio
dell'etichettamento e di determinare così un clima di ostilità
spesso vanifica gli interventi protettivi dei servizi sociali e
dell'ordinamento giuridico per il 'vuoto sociale' che si era crea
attorno a questi minori.
Il documento, quindi, vuole essere un veicolo di maggiore
sensibilizzazione pubblica a tutela dei minori stranieri, coinvolti
nei procedimenti penali, con l'obiettivo di una deontologia
specifica da parte dei media e di rimarcare le funzioni protettive
dell'intero sistema di Giustizia Minorile.
L'adesione a tali linee richiama i giornalisti alla centralità del
linguaggio per una corretta informazione sui migranti e sul loro
status specifico (richiedenti asilo, vittime della tratta, ecc.)
attraverso alcuni principi fondamentali: l'adozione di termini
giuridicamente appropriati per restituire al lettore ed all'utente
la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l'uso di
termini impropri; la non diffusione di informazioni imprecise,
sommarie o distorte; il rispetto della persona e della sua dignità;
l'assenza di discriminazione per razza, religione, sesso,
condizioni fisiche e mentali e opinioni politiche; il rispetto
della verità sostanziale dei fatti osservati nel trattamento delle
informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le
vittime della tratta e i migranti dentro o fuori al territorio
nazionale.
È un modo anche per contrastare quella prassi quotidiana dei media
che, seppur non intaccando direttamente la dignità della persona,
in alcuni casi utilizzano termini che richiamano un etichettamento
sociale: 'i rumeni', 'i marocchini', ecc. come specifiche categorie
umane e la nazionalità come il primario criterio di
distinzione.
Questo approccio discriminante ha ancor più impatto quando si parla
di minori stranieri coinvolti nei procedimenti penali, in quanto a
questa condizione sono collegati fattori di discriminazione
multipla come l'età e l'esposizione al rischio di disagio
psicologico e sociale, o a rischi particolari come devianza e
sfruttamento.
È necessario quindi porre ulteriore attenzione al come vengono
raccontati i fatti che li riguardano, proprio perché anche con la
scelta del lessico si può contribuire a renderli 'i
diversi'.
Con questo approccio, le Linee Guida elaborate - in accordo con gli
organismi datoriali e sindacali dei media nel progetto promosso
dalla Direzione Generale per i provvedimenti giudiziari del
Dipartimento della Giustizia Minorile ed attuato da Aiccre
(organismo di rappresentanza dei vari livelli di istituzioni
locali), Istituto Don Calabria e Iprs- Istituto per le ricerche
sociali- rappresentano la volontà di sancire un patto tra
istituzioni, società civile e mezzi di informazione. (rf)