“Con le parole giuste”: le linee guida per raccontare la devianza minorile

04feb2010
Attenzione posta sui minori stranieri entrati nei circuiti penali, per il ruolo e la responsabilità che gli organi di informazione hanno nel raccontare i fatti di devianza minorile. Documento per una maggiore sensibilizzazione pubblica

TORINO - La centralità del linguaggio per una corretta informazione sui migranti: il 4 febbraio con "Le parole giuste" sono state presentate a Torino le Linee guida per i media relative ai rapporti fra comunicazione di massa e minori stranieri, in accordo con i principali organi che si occupano di infanzia e adolescenza in situazioni di difficoltà e disagio. L'attenzione è posta ai minori stranieri entrati nei circuiti penali, per il ruolo e la responsabilità che gli organi di informazione hanno nel raccontare i fatti di devianza minorile.
Il raccontare implica un'azione sociale che può incidere sugli interventi di recupero avviato dagli organi competenti: il rischio dell'etichettamento e di determinare così un clima di ostilità spesso vanifica gli interventi protettivi dei servizi sociali e dell'ordinamento giuridico per il 'vuoto sociale' che si era crea attorno a questi minori.
 
Il documento, quindi, vuole essere un veicolo di maggiore sensibilizzazione pubblica a tutela dei minori stranieri, coinvolti nei procedimenti penali, con l'obiettivo  di una deontologia specifica da parte dei media e di rimarcare le funzioni protettive dell'intero sistema di Giustizia Minorile.
L'adesione a tali linee richiama i giornalisti alla centralità del linguaggio per una corretta informazione sui migranti e sul loro status specifico (richiedenti asilo, vittime della tratta, ecc.) attraverso alcuni principi fondamentali: l'adozione di termini giuridicamente appropriati per restituire al lettore ed all'utente la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l'uso di termini impropri; la non diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte; il rispetto della persona e della sua dignità; l'assenza di discriminazione per razza, religione, sesso, condizioni fisiche e mentali e opinioni politiche; il rispetto della verità sostanziale dei fatti osservati nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta e i migranti dentro o fuori al territorio nazionale.
 
È un modo anche per contrastare quella prassi quotidiana dei media che, seppur non intaccando direttamente la dignità della persona, in alcuni casi utilizzano termini che richiamano un etichettamento sociale: 'i rumeni', 'i marocchini', ecc. come specifiche categorie umane e  la nazionalità come il primario criterio di distinzione.
Questo approccio discriminante ha ancor più impatto quando si parla di minori stranieri coinvolti nei procedimenti penali, in quanto a questa condizione sono collegati fattori di discriminazione multipla come l'età e l'esposizione al rischio di disagio psicologico e sociale, o a rischi particolari come devianza e sfruttamento.
È necessario quindi porre ulteriore attenzione al come vengono raccontati i fatti che li riguardano, proprio perché anche con la scelta del lessico si può contribuire a renderli  'i diversi'.
Con questo approccio, le Linee Guida elaborate - in accordo con gli organismi datoriali e sindacali dei media nel progetto promosso dalla Direzione Generale per i provvedimenti giudiziari del Dipartimento della Giustizia Minorile ed attuato da Aiccre (organismo di rappresentanza dei vari livelli di istituzioni locali), Istituto Don Calabria e Iprs- Istituto per le ricerche sociali- rappresentano la volontà di sancire un patto tra istituzioni, società civile e mezzi di informazione. (rf)