Giornalisti minacciati e sfruttati in Calabria, “nuovo fronte di guerra”

29nov2010
La testimonianza di Antonino Monteleone al seminario di Redattore Sociale: “Le bombe e le intimidazioni non sono neanche la punta dell’iceberg del corto circuito che esiste in Italia tra potere criminale, economico e politico"

CAPODARCO DI FERMO - Fare i giornalisti nel "nuovo fronte di guerra del 2010, la Calabria". Di questo si è discusso nel corso del 17° seminario di Redattore Sociale "Oltre l'apocalisse", che si è concluso ieri a Capodarco di Fermo. Ospite Antonino Monteleone, uno dei cronisti minacciati dalla 'ndrangheta per le inchieste su Reggio Calabria che ha pubblicato nel suo blog, intervistato da Raffaella Cosentino, collaboratrice di Redattore Sociale e autrice di un e-book, "4per5" sulle intimidazioni ai giornalisti calabresi e sullo sfruttamento (scaricabile sul sito di TerreLibere).
 
"I giornalisti in questo momento sono la categoria più sfruttata sul lavoro - ha detto Cosentino - e questa situazione è esplosa nel caso delle intimidazioni. E' emblematico il caso di Angela Corica, corrispondente di 'Calabria Ora' dalla piana di Gioia Tauro, la cui auto è stata crivellata con 5 colpi di pistola per aver scoperto in una sua inchiesta che i rifiuti della raccolta differenziata venivano bruciati". I problemi sono due: il primo è che Angela Corica lavorava per 4 centesimi al rigo e il secondo è che la gente l'ha incolpata di aver fatto qualcosa più grande di lei. "Il sindacato dei giornalisti a livello nazionale  - ha aggiunto Cosentino - ha difeso i giornalisti, ma livello locale ha detto che non bisogna enfatizzare le intimidazioni e ha ospitato un editoriale sul suo sito dal titolo 'La manifestazione 'No 'ndrangheta' pubblicizza la 'ndrangheta".
 
Antonino Monteleone, che oggi lavora per la trasmissione di La7 Exit ha raccontato poi in prima persona le minacce che ha subìto: il 5 febbraio del 2010 la sua auto è stata incendiata per i suoi articoli che hanno coinvolto i boss. Nel giro di 6 mesi la magistratura ha trovato i responsabili, ovvero affiliati al clan Serraino. La "colpa" di Monteleone è stata quella di ricostruire minuziosamente sul suo blog informazioni che hanno dato fastidio alla 'ndrangheta: un intreccio pauroso e complessissimo tra imprese, clan, magistratura, massoneria.
 
Così Monteleone ha spiegato la situazione dei cronisti in Calabria:  "I giornalisti non sono liberi perché hanno stipendi, quando li hanno, da fame. I giornali in Calabria si reggono su contributi che arrivano dagli enti territoriali, ovvero la pubblicità istituzionale e poi su tre grandi fonti di raccolta pubblicitaria che sono le concessionarie di auto, i grandi centri commerciali e i supermercati. Il problema è che la maggioranza dei centri commerciali sono in mano alla criminalità organizzata. E questo è un grosso freno. Quando ci sono le eccezioni, cioè giornalisti liberi, che diventano bersagli del potere criminale, si mette in imbarazzo l'editore e si diventa disoccupati. Il dramma è che questo non fa notizia a livello nazionale, ma resta confinato nelle cronache locali".
 
Sconcertante il quadro tracciato sulla situazione della regione: "Le bombe contro i palazzi delle istituzioni, le intimidazioni, non sono neanche la punta dell'iceberg del corto circuito che esiste in Calabria tra potere criminale, potere economico e politico, dove la 'ndrangheta ha un giro di affari di miliardi di euro, ai livelli di una manovra economica".
 
Reggio Calabria è ora come Palermo prima delle stragi del 1992? "Mi auguro di no - ha detto il giornalista, spero che Reggio non sia un fronte dove si sta per far fuoco contro magistrati e giornalisti. Io non credo che la 'ndrangheta sia un'organizzazione così suicida, non lo può essere perché la 'ndrangheta ha bisogno di qualcosa dalla politica, ma anche la politica ha bisogno di qualcosa dalla 'ndrangheta".
 
Alla domanda sul perché la situazione calabrese sia importante per tutta l'Italia ha riposto così: "La Calabria è la regione che negli ultimi 15 anni ha assorbito più risorse pubbliche da Stato e Ue, e dove si consumano le più grandi speculazioni energetiche e contributive sistematicamente. Ma la soluzione non è quella del ministro Brunetta e dei teorici della secessione che si dimenticano sempre di dire che in Calabria il tasso di occupazione pubblica è tale che il gettito fiscale è sicuro e diverso dalle decine di migliaia di partite Iva che al Nord evadono le tasse. Il sistema calabrese in piccolo fa capire che il corto circuito è nazionale. Per questo bisogna stare attenti a quello che succede in Calabria".