Persi di vista: la vita “normale” dei non vedenti spiegata ai giornalisti

Il 7 ottobre a Roma seminario di formazione (6 crediti) organizzato da Redattore sociale e Unione italiana ciechi e ipovedenti: “Tra falsi ciechi e falsi miti”, come raccontare il quotidiano di chi non vede? Il programma completo e la scheda per iscriversi

Tra falsi ciechi e falsi miti: i giornalisti e la normalità dei non vedenti

Il 7 ottobre a Roma seminario di formazione (6 crediti riconosciuti dall’Ordine) organizzato da Redattore sociale e dall’Unione italiana ciechi e ipovedenti: i disabili visivi “Persi di vista” e in cerca di una rappresentazione adeguata

San Francisco, 70 media insieme per parlare di senza dimora

Sono oltre 6.600 le persone che vivono per strada nella città californiana. Per provare a fare qualcosa, giornali, siti, radio, tv si sono riuniti per condividere risorse, dati, reportage fotografici, video, siti. Dal 29 giugno sul sito sono on line una serie di storie. Obiettivo? Esplorare soluzioni, costi e fattibilità

Brexit, in crescita l’hate speech: la rete si auto-organizza per contrastarlo

“I nostri vicini ci hanno raccontato di alcuni bambini polacchi che piangevano perché avevano paura di essere deportati”. “Mia figlia a Birmingham ha visto un gruppo di signore urlare a una ragazza musulmana ‘Vattene, abbiamo votato leave’”. “Mio fratello ha 13 anni e a scuola i suoi compagni lo prendevano in giro dicendo ‘ciao ciao adesso te ne vai a casa’. Ha insistito che era uno scherzo ma sono preoccupato”. “Gli amici dei miei figli, che sono neri e inglesi, hanno detto che a scuola i compagni hanno cantato tutto il giorno ‘So long, farewell’. Ridatemi il mio Paese!”. Sono alcuni dei messaggi riportati su “Worrying Signs”, pagina Facebook creata da Sarah Childs, Natasha Blank e Yasmin Weaver di fronte alla crescita di episodi razzisti dopo il voto al Referendum per la Brexit. “Vogliamo che questo gruppo sia uno spazio sicuro dove condividere informazioni e pubblicare foto e screenshot dei segnali preoccupanti e dei casi di razzismo e xenofobia nei quali vi siete imbattuti dopo il risultato del referendum sull’Unione europea. Vi sollecitiamo a denunciare ogni caso al quale assistete alla polizia e a segnalare ogni post che istighi all’odio sui social media, affinché vengano rimossi. Sono tempi bui e pericolosi, ma speriamo di poter diffondere consapevolezza e aiutarci l’un l’altro per sentirci al sicuro”, si legge sulla pagina.

“Il web è uno strumento potentissimo per la controparola per le segnalazioni, per il debunking, è estremamente forte nel contrastare l’hate speech, nel far circolare il bene. Quanto si sta verificando in queste ore è un esempio della forma in cui ciò può avvenire – ha commentato Giovanni Ziccardi, docente all’Università degli studi di Milano e autore di “L’odio online” in un’intervista a Carta di Roma– Oggi non si può combattere l’odio senza tecnologia. Occorrono l’educazione, il diritto con appositi interventi normativi, ma anche la tecnologia è un elemento fondamentale”. Secondo Ziccardi, “la diffusione dei messaggi di odio non ha un andamento omogeneo: è a picchi, strettamente correlati a eventi politici e di cronaca. Non è sorprendente che ora vi siano picchi in cui si registra 3, 4, 5 volte il livello di odio che normalmente circola. Lo abbiamo visto quanto c’è stata la crisi dei rifugiati nei Balcani l’anno scorso e in Italia con il disegno di legge sulle unioni civili e durante le elezioni amministrative. Non è un fatto eccezionale che in un momento così critico, si registri un picco di nazionalismo e di odio”. Al picco segue un ritorno alla normalità: “si intensifica e aumenta per poi crollare improvvisamente o ridimensionarsi. È l’andamento fisiologico dell’odio online”, conclude Ziccardi. (lp)

Razzismo, i commenti sui social inquinano il web. E i media fanno poco

Aumenta l’incitamento all’odio razziale su Internet. Lo denuncia la prima ricerca sull’hate speech online realizzata da Cospe. Giulietti (Fnsi): "Falsa coscienza nelle redazioni". Marincola (Articolo21): "Più sanzioni da parte dell’Ordine". Suber (Carta di Roma): "Coinvolgere anche i lettori"

“Non farò più il corrispondente per i media italiani”

A parlare è Alberto Tetta, giovane giornalista italiano che dal 2005 vive in Turchia, “un Paese in cui si combatte una guerra sanguinosa, il governo è sempre più autoritario e ci sono stragi quotidiane”. Ma ai media sembra non interessare: “In Italia di giornalismo freelance non si vive”