Ogni volta che i riflettori della cronaca si accendono su "ambienti gay" torbidi e devianti, o l'omosessualità di qualcuno è usata come un'arma di dileggio, ogni volta che transessualità diviene sinonimo di prostituzione e l'orgoglio è trasformato in "esibizionismo", i media italiani allontanano di un passo la conoscenza delle persone LGBT, delle loro lotte, delle loro vite, dei loro diritti. Talvolta è per imbarazzo, talaltra per incompetenza. In molti casi è per pregiudizio, più o meno consapevole.
Così i mezzi di informazione possono rendersi complici di una cultura omofobica che esclude e discrimina le persone LGBT. Omofobia, lesbofobia, transfobia sono forme di avversione irrazionali, "analoghe al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo", secondo la definizione del Parlamento Europeo. Possono esprimersi attraverso discorsi intrisi d'odio e istigazione alla discriminazione, ma anche con l'occultamento e la cancellazione delle identità sessuali e di genere che si discostano da una presunta "norma" eterosessuale. Organizzazioni della società civile, intellettuali, giornalisti, insieme a enti come l'UNAR, promuovono da anni un cambiamento che parta dalla cultura e dal linguaggio. Proprio per questo, l’Italia ha adottato per la prima volta la Strategia nazionale LGBT 2013-2015, nell’ambito del Progetto promosso dal Consiglio d’Europa in attuazione della Raccomandazione CM/REC (2010)5.
Sono lontani oggi i tempi in cui mancava persino un lessico per nominare senza disprezzo la diversità, ma ancora è scarsa o troppo fragile tra gli operatori della comunicazione la conoscenza e la consapevolezza delle "parole per dirlo".
Per questo è necessaria un'azione continua di formazione e dialogo che, senza scadere in atteggiamenti prescrittivi o censori, metta in guardia dai rischi di un cattivo uso delle parole e indichi la via per un'informazione corretta sulle persone LGBT.
E' questo l'obiettivo dei seminari, rivolti a tutti i comunicatori e in particolare ai giornalisti, sia a chi è ancora in formazione sia a coloro che svolgono già la professione, soprattutto con ruoli di responsabilità nella selezione delle notizie e nell'impostazione di titoli e gerarchie.