XV Redattore Sociale 28-30 novembre 2008

Algoritmi

Io faccio la giudiziaria

Maria Nadotti intervista Rosaria Capacchione

Rosaria CAPACCHIONE

Rosaria CAPACCHIONE

Giornalista di cronaca giudiziaria de Il Mattino di Napoli. Ha ottenuto diversi riconoscimenti tra cui il premio speciale attribuito dal Premio Napoli 2008.

ultimo aggiornamento 28 novembre 2008

Maria NADOTTI

Maria NADOTTI

Giornalista, saggista, consulente editoriale e traduttrice. Ha curato il libro “10 in paura” (Epochè, 2010), dieci racconti di autori italiani.

ultimo aggiornamento 26 novembre 2010

SCARICA IL PROGRAMMA COMPLETO (PDF)

 

TESTO DELL'INTERA SESSIONE*

Maria Nadotti

In questo seminario si è parlato molto di quanto i giornalisti debbano vedersela con il problema del poco tempo a disposizione e del dover saltare da un settore ad un altro, da un argomento a un altro, spesso spediti in paesi di cui non conoscono nulla, neppure la lingua e le culture.
Rosaria Capacchione racconta la storia di casa sua, conosce quel territorio, ne conosce le lingue, è un'inviata in casa. Io vorrei partire proprio da qui, perché Rosaria, dal 1985 scrive regolarmente per Il Mattino di Napoli e dalla scrittura redazionale è poi passata anche alla scrittura di un libro "L"oro della camorra". Che cosa succede dunque quando si fa questo salto?

Rosaria Capacchione

Ero nota a scuola perché facevo molto bene i temi e in maniera molto sintetica, poi crescendo con l'età ho avuto bisogno di più spazio perché ho cominciato a raccontare storie più organiche e non fatti brevi. Mi sono trovata così a stabilire io stessa una spazio rispetto a un argomento e questo è stato una cosa positiva; in questo modo ho cambiato anche forma di scrittura.

Maria Nadotti

Qui un'altra anomalia rappresentata da Rosaria rispetto alla lamentela, in ambito giornalistico, di non essere liberi di scrivere quanto, come, di cosa e perché, c'è sempre una testata, un direttore e una proprietà che comandano; mi sembra di capire invece che Rosaria Capacchione a casa sua sia padrona di fare quello che vuole. È vero? Come te la sei conquistata questa libertà?

Rosaria Capacchione

Lavoro sostanzialmente da sempre a Il Mattino che ha avuto proprietà ingombranti,come il Banco di Napoli, poi con editori privati di vari orientamenti politici e con vario peso, ma io sono convinta che quello sia un alibi, perché non conosco direttore, di qualunque parte politica e qualunque proprietà che di fronte a una notizia, che sia una notizia documentata, dica no. A me non è mai successo. Mi hanno chiesto sempre se potevo dimostrarlo, poi magari è vero che capisci la valutazione che viene data a quella notizia in base a dove viene collocata sul giornale, se viene messo di taglio, di apertura, di piede, o come breve, però che quella notizia non sia stata pubblicata non mi è mai successo, mai!

Maria Nadotti

Questo apre una questione importantissima di cui per esempio né ieri né l'altro ieri si è parlato. Non si parla mai dei lettori e delle lettrici, perché nel buon giornalismo, che racconta la verità e la documenta e quindi non è ideologico, non necessariamente scritto in modo clamoroso, ma che racconta i fatti, il pubblico c'entra tantissimo; noi come lettori e come lettrici, credo sappiamo ancora distinguere tra un pezzo a cui si può credere e un pezzo che ci può anche divertire, intrattenere ma niente altro. C'è un pezzo di pubblico, di lettori e di lettrici italiani anche in Italia che continua ad aver voglia di capire dove siamo e che sa inoltre distinguere. Per cui ti chiedo come nel tuo caso il tuo gruppo di lettori e lettrici abbia giocato nel farti essere libera.

Rosaria Capacchione

In verità non è che tu hai un riscontro immediato come con la televisione, oppure col web, non hai i post, ogni tanto telefona o scrive qualcuno, però è vero che mi è capitato molte volte di andare in posti dove io non conoscevo nessuno, ma gli altri mi conoscevano, per cui te ne accorgi dalla maggiore facilità che hai nell'entrare in certi posti, nell'entrare in certe case, da come ti trattano, quindi anche dell'accesso alle notizie anche in luoghi sconosciuti dove non conosci nessuno.

Maria Nadotti

Vuol dire che tu hai creato con i tuoi lettori e lettrici un rapporto di fiducia in quello che racconti?

Rosaria Capacchione

Io cerco di essere una persona seria, non credo di essere il Padre Eterno quindi sbaglio come tutti, però quando ho sbagliato, quando sbaglio, quando scrivo una notizia che non è esatta, l'ho sempre rettificata, prima che me lo chiedessero, perché è giusto così. Se sbaglio lo faccio sempre in buona fede, non perché abbia un secondo o terzo fine e credo che alla lunga venga apprezzato.
Diversi anni fa ci fu un omicidio a Mondragone, apparentemente si trattava di un signore che aveva denunciato il racket, così risultava, era stato ucciso in maniera bruta, cosa che in provincia di Caserta in tal modo non era mai successa.
Ai funerali di questo signore non andò quasi nessuno, non ci fu nemmeno un'omelia, niente, cosa che mi meravigliò molto e che scrissi, rimarcai. Anni dopo si è scoperto che lui aveva si denunciato il racket, ma per comodità sua, perché era organico a quella struttura e aveva utilizzato lo Stato per i fatti suoi. Io come avevo scritto anni prima che mi meravigliavo dell'accaduto, così ho scritto come si spiegava perché nessuno era andato al funerale, cosa che mi è costata una querela che ho vinto, ovviamente. Anche se a distanza di anni mi sentivo in dovere di chiedere in qualche modo scusa a una comunità.

Maria Nadotti

Mi piacerebbe ci raccontassi qual è il tuo metodo di lavoro, so ad esempio che non hai frequentato scuole di giornalismo.

Rosaria Capacchione

Io ho fatto una scuola seria di giornalismo: s'impara quando ti strappano il pezzo in faccia, quando te lo ridanno tutto scarabocchiato e ti dicono di riscriverlo, quando fai il pezzo troppo dotto pensando di scrivere da inviato speciale invece devi parlare con il macellaio… Quando sei saccente, supponente e te lo rompono, te lo strappano… Drammatico era quando ti davano il foglio senza correzioni e pensavi che allora andava bene e invece no, ti dicevano che faceva schifo.
Ci sono persone che dopo un paio di mesi di questo trattamento hanno cambiato mestiere, perché era giusto che dovessero cambiare mestiere.
Ci sono quelli che invece hanno continuato, con una selezione sul campo molto dura. Io adesso vedo purtroppo - non tutti naturalmente, ci sono delle eccezioni - che ci sono dei ragazzi che se non avessero fatto scuola di giornalismo, non sarebbero stati ugualmente dei bravi giornalisti e questi sono quelli normali; ci sono poi quelli che arrivano che sanno tutto della teoria, ma non solo non sanno nulla della pratica, non vogliono nemmeno farla quella pratica.
Ad esempio chiamano che ne so il portavoce, ma anche io lo chiamo solo che nel frattempo che mi risponda sono già andata a vedere di che si tratta, perché quella del portavoce è una fonte, non è la verità. Le agenzie sono fatte da esseri umani, molte volte sono sbagliate, quasi sempre i nomi sono sbagliati, le età sono sbagliate, i paesi sono sbagliati, moventi di fatti sono sbagliati… lo dice l'agenzia… e chi se ne frega, io non le uso, le controllo.
L'agenzia dice che c'è stato un omicidio, fammi vedere se è vero che c'è stato un omicidio. Parto da quello per andare a verificare e questo bisognerebbe fare, così mi hanno insegnato, non è che io sono nata imparata. Avevo un capo del settore regionale che quando succedeva un fatto grosso, importante, non necessariamente un fatto di camorra ma comunque di cronaca nera, mi chiamava alle 8 del mattino ed io dovevo essere pronta a rispondere; provateci adesso… 

Io abolirei le scuole di giornalismo così come sono strutturate adesso, inserirei ad esempio un sistema di borse di studio diverso perché adesso lo stage gratuito che viene fatto nel giornale non è altro che lavoro nero, non t'insegna niente, perché tu lavori, ma in realtà non puoi lavorare, puoi scrivere ma non puoi firmare, perché non può essere utilizzato il tuo lavoro nella produzione ordinaria… Quando io ero abusiva venivo pagata a pezzo però lavoravo in redazione, non venivo pagata il giusto, ma veniva comunque pagata una parte del mio lavoro e io a fianco dei professionisti imparavo. Questo non è più proponibile oggi, troviamo una via di mezzo, un modo per regolarizzare quella che era la pratica di una volta, cioè praticantato vero, autentico, fatto sul campo. Pensavo quindi a delle borse di studio del tipo, no come adesso due anni di praticantato e via, no, bensì borse di studio rinnovabili secondo i tempi del contratto da praticante: 3 mesi, 1 anno, 18 mesi, 2 anni; se dove stai lavorando ti fanno le note negative perché non è arte tua dopo un certo periodo, la borsa non continua, se invece  superi quei 3 mesi sei pagato fino a un anno e continui…. Siamo noi stessi che stiamo facendo perdere dignità alla nostra professione.

Maria Nadotti

C'è un detto di Cindy Brown, una giornalista della Cnn che dice che se un politico afferma che piove e un altro invece che c'è il sole, il giornalista dovrebbe almeno guardar fuori dalla finestra.
Allora per me la pratica del buon giornalismo è non solo guardar fuori dalla finestra, che mi sembra il minimo, ma stare anche fuori con la gente. E lì si aprono due voragini: quella delle fonti perchè non è che parli con la gente e puoi prendere tutto per buono naturalmente e conta inoltre come ti relazioni tu con le persone, perché non è che la gente racconti al primo che arriva e soprattutto a un giornalista la verità subito e nuda e cruda... Allora dentro a questo magma di problematiche qual è la tua pratica e come te la sei inventata, quali sono anche i doni di partenza, perché uno ha anche delle capacità, come dire, empatiche…

Rosaria Capacchione

In parte è così, come raccontavo prima: mi mettono a fare la nera e non sapevo nulla di nera, niente, perché non l'avevo mai fatto, mi buttano a fare questa cosa, mi prendo tutte le figurine, le tessere dei signori che sono nel cassetto dell'archivio, prendevo 15-20 foto, le portavo in questura e mi facevo raccontare le storie di quelle teste, poi scartavo, questo era utile, questo lo conoscemmo perchè era stato arrestato per furto, mentre quegli altri li toglievo di mezzo perché non erano di nessuna utilità e mi segnavo a fianco gli appunti… Insomma ho studiato molto, mi andavo a prendere le sentenze, gli atti… Innanzitutto cercavo di fare domande su cose di cui avevo un po' di conoscenza perché le persone se ne accorgono quando tu fai un'intervista e non sai nulla o quando invece delle cose le sai e poi per tua capacità personale magari riesci a farti dire una cosa in più facendo finta di saperla già e invece non è così… 

C'è la verifica, perché se io apprendo da una persona per strada che sull'omicidio di Pincopallino c'è una Smart, non è detto che ci sia effettivamente una Smart, poteva essere una macchina che sembrava una Smart, potrebbe essere non assolutamente vero, potrebbe essere un depistaggio. Vado oltre, chiedo, controllo. E in questo chiedere e controllare tu acquisisci una serie d'informazioni aggiuntive che a sua volta poi ti vai a controllare.
Se sei pratico del posto e del fatto riesci anche a collocarli subito questi elementi, abbastanza presto, se invece tu arrivi in un posto dove non conosci nessuno tutto diventa più difficile.
Un bravo giornalista dovrebbe saper  distinguere tra la fonte inquinata, tra quello che vede il giornalista e deve fare il buffone, deve dire per forza qualcosa, e quello che invece ti dice qualcosa di utile, te ne accorgi anche visivamente; una volta che ci fu una grossissima rapina di 10 milioni di euro in un caveau a Caserta, io andai a vedere ma non conoscevo nessuno lì e quando arrivai un signore mi fece dei segni per farmi capire che aveva da dirmi qualcosa e avrei dovuto dargli un recapito; mi accorsi anche dalla reazione di un suo collega che cercò di distoglierlo dal parlare con me, dunque veramente aveva qualcosa da dire. A questo però ti aiuta la pratica, non è che c'è una tecnica particolare da imparare, devi stare attento ad osservare, questo fa parte del lavoro.

Maria Nadotti

Quali sono le qualità indispensabili per fare il tipo di giornalismo che fai tu, un giornalismo molto particolare,  un giornalismo indiziario, da investigatore…

Rosaria Capacchione

Io credo di fare la giornalista per la verità e basta, non credo di fare un'altra cosa…

Maria Nadotti

Non fai la cronista?

Rosaria Capacchione

Certo che faccio la cronista e cerco di rispondere chi, come, quando e perché,  fa parte del pacchetto…

Maria Nadotti

Però il cronista è in una posizione strana da un po' di tempo in qua perché viene spedito giorno per giorno per fare l'assoluto presente e il buon giornalismo non si fa con l'assoluto presente…

Rosaria Capacchione

Si fa anche il cronista così, io l'ho fatto fino agli ultimi eventi. Il lavoro nella provincia  io lo farei fare obbligatoriamente a tutti, poi dopo che sei sopravvissuto al periodo di prova alla provincia puoi fare qualunque cosa nella vita, qualunque, puoi fare l'inviato in zona di guerra.

Maria Nadotti

Ci puoi parlare adesso specificamente del tuo lavoro attorno ai processi? Ore e ore ad ascoltare…

Rosaria Capacchione

Ci sono dei processi dove effettivamente la prova si forma in dibattimento e là è bello, è affascinante, perché vedi l'umanità, vedi le persone e diventa anche una palestra di studio dell'animo umano. I processi di camorra sono francamente noiosi, sono carte, poi ci sono i pentiti, che siccome sono sempre gli stessi in tutti i processi, alla fine quello che ha da dire tu lo sai a memoria. Io ho l'abitudine di leggermi le motivazioni delle sentenze, però le leggo ovviamente con un occhio diverso da quello dell'avvocato o del magistrato, perché a me non m'interessa dell'eccezione con la quale vanno a fare appello, vado invece a cercare sempre l'elemento umano e quello traducibile al cittadino comune; cerco di tradurre in linguaggio corrente quelle che sono le astrusità di sentenze, di provvedimenti che vengono emessi tra l'altro in nome del popolo italiano…

Maria Nadotti

Questo è un tema di una centralità assoluta, ad esempio ieri abbiamo ascoltato una relazione sicuramente interessante, ma di cui credo molti di noi hanno capito appena un 15% perché lì si trattava di giornalismo legato alla finanza, un campo già di per sé astruso e criptato.
Io credo che una delle ragioni per cui il famoso Gomorra ha avuto tutto questo successo risiede appunto nel fatto che era talmente accessibile, fin troppo accessibile, che all'improvviso tutti capivano qualcosa. 

Vi voglio leggere soltanto due righe dell'incipit e della chiusa del libro di Rosaria:
"Un calzino è un calzino. Può essere lungo o corto, di cotone o di filo di Scozia, di lana o di kashmir, può essere a quadroni scozzesi o blu lucido, costare 1 euro oppure 100, strumento di seduzione come quello della Lolita di Nabokov, o quello calato della Lulù della Grandes, o antiscivolo, o con i pupazzetti, quasi un giocattolo per bambini. Quello di Pasquale Zagaria è corto, in tutte le gradazioni del grigio, sottile e resistente, adatto ai pantaloni di taglio classico che compra in serie. Di quelli fumo di Londra, per esempio, ne ha ben 7 paia tutti uguali."

Il finale: 
"A luglio del 2008 gli investigatori della sezione anticamorra della squadra mobile di Caserta, perquisiscono un'abitazione in via Santa Lucia a Casal di Principe. È quella di Nicola Schiavone. Il sopralluogo non avrà nessun esito investigativo e quindi non esiste inventario dei beni della casa. Le immagini ritraggono però una cabina armadio lussuosa e ben fornita, ci sono oltre ben 300 camicie, in prevalenza bianche, ma anche a righe colorate e centinaia di paia di pantaloni, di giacche, di maglie di filo, scarpe. Il guardaroba non sembra raffinato come quello di Pasquale Zagaria, pur essendo altrettanto costoso. Ma Nicola è molto più giovane di lui, è ancora un ragazzo e non ha ancora scoperto Brioni".

Ho voluto leggervi queste cose per parlare di accessibilità , perché secondo me, da queste due fotografie del guardaroba di questi due personaggi, una come me che ama il cinema, la narrativa, il buon giornalismo, quello alla Kapuscinski per intenderci, quello fatto di dettagli, di gocce d'acqua che riflettono il mondo, questi due armadi mi fanno capire delle cose. Siccome credo che Rosaria ne sia ben consapevole e quindi abbia fatto una scelta stilistica andando su questo tipo di dettaglio per dirci delle cose, io vorrei che ci raccontassi un po' come sei atterrata su questo tipo di scelta di dettaglio.

Rosaria Capacchione

I miei pezzi sono più o meno fatti così in genere, sono il contrario del soggetto, predicato, complemento, cerco di tradurre anche il linguaggio televisivo, cerco di adeguarmi alla richiesta delle persone, di conoscere i fatti in un modo che possa essere comprensibile, tra cui anche quello dell'immagine. E' anche il mio modo di vedere le cose, non è che io abbia imparato qualcosa, io osservo e molte volte esprimo dei giudizi sulle persone anche da dettagli così, la macchina, la casa… E' il mio modo di vedere il mondo, credo che alcuni segni poi siano rappresentativi nel modo di essere, non solo di un aspetto estetico, soprattutto quando sono ripetuti.

Maria Nadotti

Volevo chiederti un'altra cosa: da quando tu sei costretta a vivere un po' guardinga e tutelata dalle forze dell'ordine, come è cambiato il tuo mestiere?

Rosaria Capacchione

Adesso è diventato fastidioso, non il mio mestiere ma tutto il contesto,  perché guardinga ci vivo da molto, guardata non mi piace, l'accesso alle fonti diventa un po' più complicato. In fondo il nostro segreto professionale non nasce perché dobbiamo difenderci dal magistrato,  ma perché dobbiamo tutelare chi ci dà le informazioni, poi tu ne fai un uso per tutto quello che è possibile.
Devi rispettare la tua fonte quale che sia, quella pubblica, quella ufficiale, quella riservata, hai il dovere di tutelarla in tutti i modi, per cui bisogna organizzarsi, il che significa che perdi più tempo.
Io non amo le interviste, le telecamere, le televisioni, i microfoni, per cui ogni volta che vedo un microfono cerco di rispettare il collega che fa il mio stesso lavoro ma con difficoltà. Vorrei ricordare ai colleghi che io faccio la giornalista e non sono un'attrice, non sono una soubrette.
C'è una cosa che sopporto ancora meno, quelli che mi chiamano per sapere cosa ne penso dell'argomento X, quelli lì invece li tratto male. La mia risposta standard è chiedete al magistrato.
Se ho qualcosa di originale da dire la leggerete domani sul mio giornale, punto.
Per me è intollerabile perché quello è un esempio classico di pessimo giornalismo. Prima non mi calcolava nessuno per mia fortuna e quindi tutti questi problemi aggiuntivi non li avevo. Se potessi esprimere un desiderio mi piacerebbe tornare nel mio sano anonimato, perché stavo molto meglio.

Maria Nadotti

In Italia sta succedendo che sempre più il buon giornalista viene trasformato in una star, quindi in un personaggio molto vistoso, molto visibile e molto gettonato sul piano dei pareri.
Per cui il buon giornalista si trasforma  in una macchina da opinioni e in uno strumento di pessimo giornalismo, perché chi ti telefona all'ultimo momento della giornata in realtà, vuole che tu gli detti il pezzo, perché ti sta chiedendo un parere che poi andrà direttamente sulla sua pagina, firmato da lui. Viviamo oggi una sorta di trasformazione, quasi alchemica, del buon giornalista in opinionista e in star. Ci sono tanti modi di mettere a tacere un buon giornalista, siamo in un'epoca molto virtuale quindi non c'è bisogno ogni volta di strangolare, pugnalare, ammazzare, siamo avanti sulla tecnologia del silenziamento, e una delle tecniche che secondo me funzionano di più è proprio quella di renderli molto famosi…

Rosaria Capacchione

Forse hai ragione. È una cosa che io non sopporto, mi è fastidiosa. Cominciamo a chiarire, perché è giusto, se ci sono colleghi che si occupano di televisione, che io non amo la televisione, non è uno strumento diabolico, infernale, come qualcuno tenta di dire, semplicemente che levati due o tre programmi al mese, se ne può fare tranquillamente a meno, ed io infatti ne faccio a meno, a casa mia io non ho il televisore da 15 anni, l'ho buttato. Mi sento molto meglio, leggo molto di più, sono libera, non mi piace quell'esposizione, non mi piace questa trasformazione in opinionisti di persone che fanno tutt'altro mestiere. Non mi piace la funzione dell'opinionista: che mestiere è l'opinionista? Certo la mia unica forma di ribellione possibile è di non guardarla e sottrarmi il più possibile alle telecamere, non è che poi possa fare molto.

Maria Nadotti

Ieri è venuto fuori che da qualche anno in Italia il buon giornalismo, quello che va a cercare ciò che non è poi così visibile, viene dal sud Italia e un po', ma non tanto secondo me, dal nord est; sembra un po' finto quello che viene dal nord est, un po' da star mentre da Napoli ad esempio sono arrivate delle cose incredibili che hanno fatto luce sul nord, ma hanno fatto quel po' di luce che si può fare da lontano. Come lo spieghi tu questo fenomeno?

Rosaria Capacchione

Ho iniziato ad occuparmi di Modena per puro caso e per pura curiosità nel 1991quando c'era in corso una delle tante guerre di camorra della mia zona e ho notato, con mio sommo rammarico, che tutti quelli che venivano uccisi il sabato sera e la domenica mattina soprattutto, perché questi erano i momenti della giornata in cui uccidevano, venivano da Modena e da Reggio Emilia.
Ci fu a Modena una sparatoria tra i miei affezionatissimi clienti, colsi l'occasione, chiesi al direttore: senti ma che fa tutta questa gente a Reggio Emilia e Modena? Io devo andare a vedere, mi mandi? Arrivo a Modena, scendo dal treno per andare in albergo, camminando c'erano una serie di cantieri aperti con dei cartelli dove c'era scritto impresta tal dei tali... Andai alla Gazzetta di Modena per suggerire di farci un pezzo, e lo fecero ma si chiedevano cosa ci facesse un inviato del sud là…
Mi chiedo però come loro che vivevano lì non avessero mai percepito delle realtà dal territorio…
Lo stesso ho fatto in Toscana qualche tempo fa. Devo dire però che pur avendo fatto diversi pezzi su queste storie, non ho visto il corrispettivo nei colleghi locali e mi chiedo il perché. Noi subiamo come una vergogna il fatto di essere appestati dalla camorra, siamo appestati da persone che poi vanno altrove e fanno affari. Non sparano in quelle zone, la sparatoria a Modena fu un'anomalia… Quando io vado a comprare un albergo a Montecatini e lo pago in contanti, io imprenditore che vendo avrei quanto meno la curiosità di sapere perché questo signore gira con 4 milioni di euro in una valigetta invece di farmi un bonifico o un assegno circolare, o un qualunque altro metodo di pagamento e invece non me lo chiedo.
Non me lo chiedo primo perché la legge non m'impone di dovermelo chiedere, quindi sono una persona a posto e secondo perché questo mi consente di dichiarare per la vendita dell'albergo non più 4 milioni di euro, ma uno e sugli altri tre evado il fisco allegramente.
Che mi frega a me se poi al paese suo fa il traffico di droga o fa le estorsioni? Per me è una persona incensurata che ha comprato l'albergo. Noi non abbiamo rifiuti industriali però li smaltiamo, noi non abbiamo l'apparato che consente il riciclaggio, però ricicliamo, per cui dico che questo è un problema italiano, non è un problema del sud, della Campania, della Sicilia…
Quando mi sposto al nord, nel cinico e ricco nord, mi devo confrontare con un imprenditore, il quale vuole fare affari. Io gli propongo un affare per lui vantaggioso, a quello non gliene importa niente. Per cui se il signor Bazzini-Zagaria compra l'immobile di Mondadori ai Navigli e ci fa la speculazione, non gliene importa nulla a nessuno, questo è il problema. Il teorico collega milanese che si trova di fronte a questa transazione, non va, non ha voglia, non ha interesse di vedere cosa c'è dietro. Adesso stanno succedendo cose molto strane sui nuovi progetti della nuova Milano e io passerei le mie giornate per vedere che cosa stanno facendo questi signori. Sono imprese nostre. Cosa fanno lì? Chi sono queste persone? Può essere pure che siano delle persone normalissime e per bene, ma lo voglio sapere. Non lo fa nessuno, perché? Perché conviene, perché fare la lotta alla mafia, la lotta alle mafie in genere, alla criminalità organizzata, deve convenire.
Noi abbiamo la convenienza perché non ce le facciamo più, siamo strangolati o soffocati, gli altri non sono soffocati o strangolati e ci convivono.

Maria Nadotti

Io personalmente ho un'ultima domanda per Rosaria, una domanda che in realtà le faccio da parte del Kapuscinski che venne qui a Capodarco nel 1999 e che disse questa cosa: il vero giornalismo è quello intenzionale, vale a dire quello che si dà uno scopo e che mira a produrre una qualche forma di cambiamento. Non c'è altro giornalismo possibile. Parlo ovviamente di buon giornalismo. Se leggete gli scritti dei migliori giornalisti, le opere di Mark Twain, Ernest Hemingway, Gabriel Garcia Marquez, vedrete che si tratta sempre di giornalismo intenzionale; stanno lottando per qualcosa, raccontano per raggiungere, per ottenere qualcosa, questo è molto importante nella nostra professione, essere capaci di sviluppare in noi stessi la categoria dell'empatia. Come reagisci a questo assunto?

Rosaria Capacchione

Sono in parte d'accordo e in parte no. Io cerco di fare il mio lavoro solo per cercare di capire quale è la verità rispetto al fatto. Credo che questa capacità di cambiamento ce l'abbia la conoscenza della verità, non il giornalista. Io cerco, e qualche volta ci riesco, qualche volta no, di raccontare la verità di una storia. Voglio continuare a credere che la verità di una storia sia più forte delle mistificazioni che puoi trovare su altri giornali, su altre televisioni, nelle voci di popolo, che sia quella verità a cambiare le cose e le persone, non io. Credo che io come giornalista ho un solo obbligo, quello di informare in maniera corretta, descrivendo possibilmente il vero e correggendo quando sbaglio. Io ho questo obbligo e questo cerco di fare. La forza del cambiamento io l'attribuisco alla verità non al giornalista. Io posso anche scriverla la mia opinione, però devo specificare che è la mia opinione.

Dibattito

Francesco Pota (La nuova ecologia)

Mi ha molto colpito il passaggio del perché a Milano non si fanno questo tipo di indagini.
Premesso che in realtà qualche esempio c'è, vedi l'inchiesta sul radicamento della camorra e della 'ndrangheta nel bresciano. Credo che ci sia un problema di fondo: la cittadina da cui vengo si chiama Rozzano, tristemente famosa per alcuni fatti di cronaca nera dato che nel 2003 c'è stata una sparatoria dove sono morte alcune persone; questa sparatoria è stata derubricata come un fattaccio di bassa malavita, in realtà se andiamo a vedere le persone morte, quelle che dovevano essere colpite nella sparatoria, erano tutte originarie di Napoli mentre chi ha sparato è calabrese. Negli ultimi anni la 'ndrangheta sta soppiantando la camorra in tutto il sud di Milano; anche nella mia città sono stati aperti diversi cantieri sui quali c'è un silenzio tombale e quando ho provato a fare domande, perché amo la mia città e non la vorrei vedere trattata come la stanno trattando, da una parte per la cementificazione, dall'altra per i sospetti che ci sono dietro questa cementificazione, il sindaco mi ha risposto: "va be'…ma dov'è tutta questa mafia? A me non hanno mai chiesto niente, a me non hanno mai fatto niente." Io credo che il problema di fondo forse parta proprio da questo, che siamo abituati a questo menefreghismo. La mia domanda è: io ho provato a mettermi a cercare delle informazioni, probabilmente non ne sono stato capace io, tant'è che non sono riuscito a scrivere niente d'interessante, a allora come si fa?

Maria Nadotti

Non si va dal sindaco…

Rosaria Capacchione

Per carità! Il sindaco, è ovvio, mi sembra la persona meno adatta, tutt'al più puoi provare con qualcuno dell'opposizione, in genere è lì che puoi trovare qualche carta interessante, qualcuno che ti spiega qualcosa, qualcosa te la può dare come indicazione il sindacato degli edili… ci stanno tutte quelle operazioni strane che partono apparentemente come truffa, c'è quella dell'impiego, della manodopera in edilizia… vanno in cassa integrazione quando è cattivo tempo per risparmiare sui costi, tu sei in cassa integrazione perché effettivamente piove e poi lavori da un'altra parte… Queste sono informazioni che non devi chiedere per favore, le ottieni normalmente, le ottieni dal capitolato d'appalto, dal direttore dei lavori, vai sul cantiere e lo domandi, vedi le macchine, di chi sono… Per mettere insieme tutti i pezzi ci vuole un po' di pazienza e un po' di buona volontà e non è detto che poi una cosa del genere la riesci a fare, non è detto che la riesci a fare in tempi veloci, però cominci a raccogliere…

Altro intervento

Volevo chiedere quale dovrebbe essere la relazione tra giornalismo e fonti d'informazione; si è parlato spesso a livello politico, di porre dei limiti e delle regole all'accesso dei giornalisti a delle informazioni, soprattutto quando c'è un'inchiesta in corso. In Italia abbiamo avuto sia esempi positivissimi, ossia di giornalisti che in effetti, anche durante un'inchiesta in corso facevano dei veri scoop che poi erano utili, a mio parere, anche all'informazione, alla ricerca della verità come lei diceva prima, ma c'è anche chi ha fa un cattivo uso di queste fonti giudiziarie alimentando anche il voyeurismo delle persone, per cui appunto,vengono  pubblicate le intercettazioni di chiunque, magari anche di gente non coinvolta…

Rosaria Capacchione

Prima ti faccio una domanda banale: voi conoscete qualche collega giornalista che sia stato arrestato perché trovato a rubare una carta nella cassaforte della procura? No, qui non è mai accaduto, il che vuol dire una cosa: siccome le notizie le dà chi le ha, in realtà ci stiamo prendendo tutti in giro e lo sappiamo. Un giornalista, anche bravo e autentico, secondo voi quanti scoop autentici, il che significa che inciampa in una cosa e se la sviluppa da solo, riesce a fare in una vita? Se sei fortunato una volta, forse due…
Gli scoop sono notizie che qualcuno ti dà e le dà solo a te. Ciò detto a me fa ridere che qualcuno voglia impedire di scrivere qualcosa. Se io la so la scrivo, se non la so non la scrivo.
Se nessuno me la dà quella informazione, io non la posso scrivere, poi bisogna vedere perché alcune cose vengono date a una persona invece che a un'altra, perché di un verbale vengono pubblicate dieci righe e non anche le due righe dopo che dicono il contrario… 
Quando io ho avuto per le mani qualche cosa di delicato, di scottante, ben sapendo che ero stata scelta per fare un'operazione sporca, mi sono sempre chiesta se avevo capito a che cosa dovevo servire; quelle notizie le ho utilizzate e ne ho fatto l'uso che ne volevo, non mi sono prestata al gioco del mandante e quindi le cinque righe successive le ho pubblicate.
Il problema è sempre in partenza: tu non fai lo scoop perché sei bravo, fai lo scoop soprattutto sui verbali perché qualcuno te li dà. Allora se sei un giornalista ti devi chiedere e devi rispondere alla domanda: perché me li ha dati? Perché me ne ha dati solo una parte e non tutti? Perché mi ha dato delle parti sottolineate? Rispondi e pubblica. Devi prima rispondere, perché noi non possiamo fare i postini di altri. Le regole siamo noi che dobbiamo rispettarle, sono regole che ci siamo dati liberamente noi, tutto il resto sono chiacchiere.

Siccome il presupposto è che nessuno è stato mai arrestato perché ha forzato la cassaforte di una procura, vuol dire che quei verbali sono usciti da chi ce l'ha. Perché ci dobbiamo prendere in giro? Se noi la smettessimo di prenderci in giro, può potremmo anche cominciare a discuterne. Le intercettazioni che riguardano la vita di un privato e di terzi non indagati, nelle inchieste serie passati per magistrati seri e per polizia giudiziaria seria, non ci sono, perché non vengono trascritte, sono lì a disposizione delle parti, non esistono i verbali che devono essere distrutti… Esiste un'annotazione su un libro dove c'è scritto "non pertinente, conversazione personale".
È annotato che all'ora tot Rosaria Capacchione ha parlato con Gennaro Esposito di un fatto privato, se domani serve la procura la va a prendere, ma non la trascrivono. Ogni tanto alcune cose vengono trascritte. Bisogna chiedere: scusa perché questa cosa? Non perché io l'ho utilizzata ma tu perché l'hai trascritta? Mi è capitata una brutta indagine dove c'era un consigliere regionale arrestato per peculato, tangente, estorsione, ecc., e una parte che riguardava la sua vita privata era oggetto di contestazione, quindi alla richiesta di misura cautelare erano scritti dei passaggi, c'erano dei rapporti con delle prostitute che servivano per corrompere una persona, era un fatto-reato; quando  il gip quando ha scritto la misura cautelare non avendo contestato quel reato, avendo ritenuto che quel reato non era contestabile, perché non era configurabile così come aveva previsto l'accusa, non le ha messe quelle notizie, non c'erano; dopodiché se invece ci sono ed io le utilizzo, faccio pure scandalismo, però non è colpa mia, scandalismo non l'ho fatto io in quel caso ma altri. Io mi devo ancora spiegare perché è stato inserito nei verbali di Ricucci il messaggino della moglie "amore mio ti amo" e allora? Che reato è?

Ida Plisi (Redattore Sociale - Il Mattino di Napoli)

Sono 12 anni che vengo qui e sento da tanti anni parlare di queste cose; ieri abbiamo parlato di Napoli come se fosse una categoria di notizia, sembra quasi che persone come lei rispettabilissime che fanno il proprio mestiere in una maniera rispettabile e onesta distraggono un po' da quelle che sono poi alla fine le cose reali di Napoli che all'esterno si vedono soltanto col caso Saviano e adesso possono vedere anche col suo caso. Io apprezzo molto quello che lei ha detto su come si fa questo mestiere, condivido tutto, ma non crede che forse la sua vita a un certo punto è cambiata e che lei in qualche modo una responsabilità ce l'ha, non dico come opinion leader però almeno come persona che in qualche modo vede fatti e quindi può sollecitare chi ne ha la responsabilità? Sennò a me sembra che lei diventi un mito fatto dalla camorra, così come Saviano è diventato un mito costretto dalla camorra e aiutato dai giornalisti ad esserlo.

Rosaria Capacchione

Io faccio questo lavoro così dal mio primo archivio di nera datato 1° gennaio 1986. Ho ricevuto minacce molto serie, non adesso, ma negli anni passati. Non me ne sono fatta mai né vanto né nulla, ho cercato anche di non far sapere nulla perché ero più preoccupata di tutelare la mia famiglia che non me stessa. Ho messo in conto che certe cose possono accadere, non me ne importa assolutamente nulla, non credo di avere responsabilità nei confronti di terzi, perché questo fatto di delegare sempre le responsabilità agli altri, qualunque lavoro essi facciano, è un bel sistema per deresponsabilizzarsi.
Stiamo parlando di persone adulte e vaccinate, non dei ragazzi di strada di Scampìa, ma di professionisti della mia provincia, laureati, diplomati, ricchi, che hanno scelto di fare parte di un sistema. A me non importa nulla di tutelare queste persone, io racconto dei fatti, le persone possono liberamente scegliere anche di fare i camorristi, non è un problema che mi riguarda, è un problema che riguarda loro, io invece ho il dovere di informare le persone. Io non vado a rappresentare niente e nessuno, io non faccio il politico, faccio la giornalista, ci tengo e lo rivendico questo mio essere una giornalista che informa, non voglio fare altro, altrimenti lo avrei fatto; poi ognuno si deve prendere le sue responsabilità.
La società civile si deve prendere la sua responsabilità, la Chiesa si deve prendere la sua responsabilità, perché c'è la Chiesa impegnata e quella fiancheggiatrice, dobbiamo dire anche questo. Noi cittadini dobbiamo osservare e giudicare nel nostro singolo il racconto e questo è il mio compito, perché dovrei averne un altro? Io non ho nessuna intenzione di prendere deleghe su cose che non mi riguardano, io voto e quando vado a votare scelgo.
Quando vado in chiesa vado nella chiesa che ritengo faccia il suo lavoro e scelgo di non andare dal sacerdote di San Cipriano D'Aversa che fa parte della diocesi di Aversa, dove è morto don Peppino Diana, e che ha intitolato un centro pastorale per i giovani a Dante Passatelli, un camorrista morto…; sono stata attaccata per questo motivo, ma Io rifarei altre 150mila volte, lo scopro, lo fotografo e lo scrivo. Grazie.

* Testo non rivisto dagli autori.